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Tuesday, February 03, 2015

Vendiamo il Quirinale

LUSSO INTOLLERABILE IN TEMPO DI CRISI: 1.200 STANZE PER UNA PERSONA SOLA. E INVECE DI RISPARMIARE, LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA SI È ESPANSA IN ALTRI TRE PALAZZI VICINI

di Mauro Suttora

Oggi, 28 gennaio 2015

Approfittiamo di queste due settimane d’interregno, in cui non rischiamo di offendere nessuno. Per favore, vendete il Quirinale. Ci costa 237 milioni di euro all’anno: il doppio rispetto a 17 anni fa, il triplo sul 1986. Ma è soprattutto il confronto con l’estero a far capire l’assurdità di questa spesa. In Germania la presidenza della Repubblica ha un bilancio che è un decimo della nostra: 20 milioni di euro. A Buckingham Palace la regina Elisabetta se la cava con 60 milioni annui: un quarto dell’Italia. Il presidente francese, che ha compiti ben più importanti del nostro, riceve 90 milioni.
Noi invece manteniamo un esercito di 1.636 dipendenti: 871 civili e 765 militari. Ci sono i 260 corazzieri a cavallo,  ma per non far torto agli altri corpi anche centinaia di poliziotti, una settantina di guardie di finanza, 21 vigili e 16 guardie forestali (per la tenuta di Castelporziano).

L’imperatore giapponese ha mille dipendenti, il presidente degli Stati Uniti e il re spagnolo mezzo migliaio, a Londra ce ne sono 300, a Berlino 160.

Al Quirinale, invece, ci sono due persone solo per controllare gli orologi a pendolo, due doratori, tre ebanisti, sei tappezzieri, 14 addetti all’ufficio postale interno, 41 autisti per 35 auto blu. Nelle cucine una decina di cuochi, e 26 camerieri.

«Abbiamo ricevimenti di Stato con decine di ospiti, a volte centinaia», si giustificano i dirigenti quirinalizi (un’ottantina, con stipendi medi da 10 mila euro al mese, buona presenza di parenti di politici). Certo, ma non tutti i giorni. E flessibilità vorrebbe che per questi pranzi saltuari si ricorresse, come nel resto del mondo, al catering.

Insomma, nel centro di Roma il colle più alto è occupato da una concentrazione di velluti e ori, maggiordomi in livrea che si inchinano, lussi inimmaginabili e pompa borbonica. Non è possibile che una Repubblica fondata sul lavoro e devastata dalla crisi peggiore della sua storia si permetta sprechi simili.

Un paradosso: il segretario generale del Quirinale guadagna il doppio dello stesso presidente: 490 mila euro contro 239 mila. Perché i presidenti passano, ma i grandi burocrati restano.

L’elefantiasi della presidenza della Repubblica ha una causa precisa: nel tempo, ma soprattutto negli ultimi vent’anni, quelli che un tempo erano semplici consiglieri del presidente, ciascuno con un piccolo ufficio, si sono trasformati in veri e propri ministeri. Così oggi abbiamo il consigliere giuridico con uno staff degno del dicastero della Giustizia, quello militare per la Difesa, il diplomatico per gli Esteri, e poi gli Affari interni, e così via.

Obietta l’ufficio stampa del Quirinale (anch’esso sovradimensionato): «Il presidente guida anche il Csm (Consiglio superiore della magistratura) e il Csd (Consiglio supremo della difesa)». Certo, ma magistrati e forze armate dispongono già di fior di palazzi in centro a Roma, con strutture e funzionari.

L’aspetto più incredibile è che il Quirinale, nonostante le sue 1.200 sale e stanze, dagli anni Ottanta chissà perché ha avuto bisogno di espandersi in vari palazzi limitrofi: apparentemente, infatti, non riesce ad accomodare le proprie sempre crescenti esigenze, comprese quelle per appartamenti privati graziosamente concessi a vari fortunatissimi dirigenti. 
E così, giù in via della Dataria verso la fontana di Trevi, ecco i palazzi San Felice e della Panetteria: sono stati annessi alla Presidenza. Dal 2009 anche palazzo Sant’Andrea in via del Quirinale, per l’archivio. Quanto ai corazzieri, caserma e stalle per i 60 cavalli stanno poco più in là, nell’ex convento di Santa Susanna.

Insomma, chiunque sarà il nuovo presidente, ha ampli margini per risparmiare e tagliare. Sono  ormai passati otto anni da quando Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, con il libro La Casta, hanno squarciato il velo di deferenza e quasi omertà sulle spese del Quirinale.

Il presidente uscente Giorgio Napolitano ha fatto quel che ha potuto: è riuscito a fare a meno di 460 dipendenti rispetto al 2006, anno della sua elezione, e ha bloccato le spese, rimaste ai livelli di quell’anno. Ma le 1.200 stanze per una persona sola e con pochi poteri nel Palazzo più bello e grande di Roma, prima residenza del Papa, poi dei re Savoia, sono uno spreco immenso e intollerabile. Perfino la regina Margherita rifiutò di andarci, preferendo la più sobria e discreta villa Ada.
In quegli spazi potrebbero collocarsi molti uffici pubblici oggi costretti a pagare l’affitto. Il corpo centrale e il parco andrebbero aperti al pubblico pagante, come il palazzo Reale di Madrid. Va bene che a Roma già ci sono molti musei, ma dal Quirinale la vista è impagabile. Qualche ala secondaria potrebbe essere trasformata in residence di lusso, per produrre reddito. E, senza scandalo, c’è perfino lo spazio per ricavare preziosi garage sotterranei. Così, invece di spendere ogni anno la metà di quel che costa tutto il Senato, ricaveremmo qualche miliardo. 

Non dimentichiamo che la regina Elena durante la Prima guerra mondiale trasformò il palazzo in ospedale per i soldati feriti. Oggi a essere ferita dallo sfarzo della Casta è tutta l’Italia.
Mauro Suttora

Friday, June 13, 2008

Bush a Roma: caos

LO SFOGO: TROPPI DIVIETI

Pedoni perquisiti e code infinite
Una città bloccata senza motivo

di Mauro Suttora

Libero, venerdì 13 giugno 2008

Sono filoamericano. Adoro i cheeseburger McDonald’s, e penso che Bush abbia fatto bene a cacciare Saddam. Sono felice che al presidente degli Stati Uniti piaccia Roma, e che ci torni ogni anno. Questa volta però, scusatemi, ma ha rotto le balle. Non lui, ma chi per proteggerlo ha bloccato mezza capitale d’Italia per tre giorni. Non so chi sia: il ministro dell’Interno, il prefetto, il questore, o la Cia che avrà chiesto misure di sicurezza eccessive. Ma qualcuno ha esagerato. Hanno raddoppiato i divieti rispetto all’anno scorso, ampliato a dismisura le zone proibite. Perché?

«Non sa che giorno è oggi?», mi sussurra il funzionario di polizia che mi blocca mercoledì mattina in via Aldrovandi mentre vado a lavorare. Il mio ufficio sta vicino a villa Taverna, residenza privata dell’ambasciatore americano. «Undici giugno. E ai terroristi piace colpire l’11 del mese…»

Okay. Quindi niente auto, niente parcheggi, niente taxi. Ma neanche il tram 19 e i bus. Tutti deviati. Il problema è che il loro nuovo percorso, tre chilometri da viale Bruno Buozzi ai viali Liegi e Regina Margherita, è così intasato di auto che l’autista ci consiglia di scendere: «A piedi fate prima».

Va bene. Però mezzo chilometro prima di villa Taverna controllano i documenti ai pedoni. Bloccano tutti i non residenti, e chi non lavora in zona. Passo, perché la mia società risulta nell’elenco in mano a un poliziotto. Obietto: «Sono le nove del mattino, Bush arriva nel tardo pomeriggio, l’anno scorso avete fatto scattare i divieti solo due ore prima, perché questo inasprimento?» «Dotto’, obbediamo agli ordini».

All’una esco per andare a pranzo in centro. Per tutta la mattina i clacson del traffico fermo in piazza Ungheria ci hanno assordato. Rifaccio il percorso di quattro ore prima, alle transenne ritiro fuori la carta d’identità. No, non si può più passare: «Giri per via Paisiello». «Ma stamane sono passato di qui». «Mi spiace». Cammino un chilometro fino a via Pinciana, dove passano il 52, il 53 e il 910. Fermata soppressa. Un inutile giro vizioso, visto che è impossibile tagliare per Villa Borghese. Arrivo con mezz’ora di ritardo, sudato, dopo cinque chilometri a piedi.

Ieri mattina, peggioramento ulteriore. Via Aldrovandi tutta proibita anche ai pedoni, chissà come faranno i Caltagirone e Nancy Brilli a uscire di casa. Due interi quartieri, Parioli e Pinciano, paralizzati.

Nel 2004 ero a New York per la Convention repubblicana. Anche lì c’era Bush. Ma la polizia non fece tutto questo casino. Chiuse tre strade, però i pedoni passavano. E comunque lì la metropolitana (che in questa parte di Roma non c’è) ha sempre funzionato. Nessuno si sognerebbe di bloccare i traffici di mezza metropoli.

Caro Bush, facciamoci del male. Quest’anno al corteo contro di te c’erano solo quattro gatti. Ci hanno pensato le autorità a far maledire l’America da decine di migliaia di romani, impotenti e imbufaliti al volante.