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Thursday, January 23, 2025

Lobby o advocacy? Per fare digerire il Green Deal l'Europa spende un miliardo

Per la consapevolezza ecologica, diranno soddisfatti a sinistra. Per farci inghiottire il rospo, ringhiano furibondi a destra

di Mauro Suttora

www.huffingtonpost.it, 23 gennaio 2025

Il quotidiano olandese De Telegraaf rivela che la Commissione Ue ha dato 700mila euro all'Eeb (European environmental bureau) per fare lobbying verde presso gli eurodeputati. Esisterebbero contratti 'segreti' firmati dall'ex commissario Ue all'ambiente, Frans Timmermans.

In realtà i finanziamenti sono molti di più, ma tutti alla luce del sole. Da una ventina d'anni infatti si sono moltiplicate le spese Ue per l'ambiente. Nessun problema finché si tratta di interventi concreti: costruire depuratori o argini di fiumi, bonificare terreni inquinati, gestire oasi naturalistiche. Un po' più complicato lo status di altri finanziamenti che possono essere definiti 'autolobbying', o più crudamente propaganda.

L'Eeb è un coordinamento di 180 associazioni ambientaliste di 40 Paesi. Otto sono italiane. Le più grandi sono Legambiente e Pro Natura. Gli altri sono piccoli gruppi: Cielo buio (contro l'eccessiva illuminazione notturna), Cittadini per l'aria, Free rivers, Genitori antismog, Società speleologica italiana e, dall'anno scorso, Green impact. Mancano Wwf, Greenpeace, Italia nostra.

Ebbene, il bilancio di questo Ufficio europeo per l'ambiente è di 7,6 milioni annui (dati 2023), dei quali due milioni versati dalla Ue. Si tratta quindi di un ente anfibio, un po' ufficiale (e infatti è inserito nel sito web della Commissione), un po' espressione delle ong. Ha un'ottantina di dipendenti, i cui salari costano cinque milioni annui. Le associazioni versano solo 336mila euro. Il resto del bilancio è coperto  oltre che dalla Ue, da ministeri per l'ambiente di Paesi europei nordici e da fondazioni private. Fra queste, per la gioia dei complottisti, la Open society di George Soros (al quarto posto nella classifica dei donatori) e Bloomberg.

Ma cosa fa esattamente l'Eeb? "Ci battiamo per far avanzare le politiche di protezione dell'ambiente", spiegano loro stessi. Lobby? Certo, infatti la sede è a Bruxelles, vicino all'Europarlamento. Legittima? Come no, anzi benemerita, per chi ha a cuore la miriade delle campagne ecologiste e animaliste. Un po' meno per le destre europee, che infatti hanno amplificato lo scoop del Telegraaf mettendo nel mirino i "finanziamenti pubblici occulti all'ideologia green". 

La parola chiave è 'advocacy'. Se si traduce in italiano con l'inoffensivo 'patrocinio', è comprensibile che la Ue, come tutti gli enti pubblici (stati, regioni, comuni), lo conceda destinando anche qualche soldo a manifestazioni, convegni e studi per le cause più disparate. Ma se significa lotta, promozione o propaganda (in una parola: lobby), è fatale che chi ha idee diverse si irriti per l'uso di danaro pubblico. E ancora peggio se i fondi sono concessi dalla Commissione Ue per influenzare il Parlamento Ue: due bracci della stessa istituzione che cercano di influenzarsi a spese degli ignari cittadini.

Un esempio concreto. Fra i programmi Eeb finanziati dalla Ue c'è il Dear (Development education e awareness raising: aumento di sensibilizzazione ed educazione allo sviluppo). Uno dei suoi trenta progetti, Change of climate, è costato dieci milioni in tre anni e mezzo ed è stato coordinato dall'ente italiano WeWorld e dall'università di Bologna. È servito a "far comprendere a studenti e opinione pubblica il collegamento fra crisi climatica e immigrazione": ovvero, gli abitanti di zone del Terzo mondo colpite da eventi estremi che diventano 'rifugiati ambientali'. 

Tema controverso, soprattutto per gli elettori del centrodestra che gridano all'indottrinamento. Immaginiamo il putiferio se programmi simili fossero organizzati non indirettamente dalla Ue sotto sigle astruse, ma da un qualsiasi ministero o assessorato italiano.

Bene, moltiplicate per cento i progetti simili finanziati parzialmente o totalmente ogni anno dalla Commissione europea con le sue varie sigle Horizon, Life, NextGen, e si raggiunge facilmente la cifra di un miliardo. Per la consapevolezza ecologica, diranno soddisfatti a sinistra. Per farci inghiottire il Green deal, ringhiano furibondi a destra

Sunday, October 24, 2021

L'internazionale anti Soros da Erdogan a Meloni

Il caso Kavala riporta in auge il bersaglio preferito della destra planetaria. Complottisti, fascisti, no-euro e novax, tutti contro il finanziere di 91 anni

di Mauro Suttora

HuffPost, 24 ottobre 2021

Essere ancora così odiati a 91 anni è un record mondiale cui George Soros rinuncerebbe volentieri. Perfino Berlusconi a 85 anni comincia a far tenerezza. Invece il finanziere ungherese-americano rimane il punchball preferito della destra planetaria: dai complottisti ai fascisti, dai noeuro ai novax, non c’è personaggio più bersagliato nella subcultura social. Basta la parola: Soros, possibilmente scritto con le due esse in grafia SS.

“Feccia di Soros”: così ora il presidente turco Erdogan definisce il suo oppositore Osman Kavala, in carcere da quattro anni senza processo. Stesso epiteto per gli ambasciatori dei dieci Paesi (i più civili del mondo, tutti gli scandinavi) che hanno osato chiederne la liberazione, ottenendo così la propria espulsione da Istanbul. 

Quanta ingratitudine. Perché “feccia di Soros” Erdogan potrebbe chiamare anche sua figlia, che in un’associazione di Soros fu accolta per uno stage, e perfino se stesso. Nel 2003 infatti lo incontrò cordialmente a Davos, chiedendogli di aiutarlo a entrare nell’Unione europea. E due anni dopo lo ospitò con ogni onore in Turchia.

Il miliardario dal cognome palindromo contraccambiò. Arruolò vari pesi massimi della politica europea per perorare la causa di Istanbul a Bruxelles, fra i quali l’ex premier francese Rocard e la nostra Emma Bonino. Missione fallita, e forse anche per questo il ducetto del Bosforo gli si è rivoltato contro. Ora lo definisce sprezzante “ebreo ungherese”.

Ed è proprio qui il problema. Gigantesco. Perché fino a una dozzina di anni fa soltanto i neonazi osavano brandire la parola ‘ebreo’ come insulto. Poi a re-hitlerizzare il dibattito politico è arrivato un altro beneficiato da Soros: il premier ungherese Viktor Orban, mandato nel 1989 a studiare liberalismo a Oxford a spese dal magnate compaesano. Il quale poi, fiducioso e generoso, una volta caduto il comunismo finanziò il partito allora liberale Fidesz fondato da Orban, e addirittura impiantò proprio a Budapest la più grande università della sua Open Society. Cacciata dall’irriconoscente Orban, che imputò a Soros l’ondata migratoria dei profughi siriani nel 2015.

Open Society, società aperta. È questo il concetto che fa impazzire tutti i fasciocomunisti, da Trump a Putin, da Milosevic (fatto cadere da Soros) a Xi Jinping, da Salvini alla Meloni. Il giovane George lo apprese a Londra dal filosofo Karl Popper, quando approdò alla London School of Economics dopo essere sfuggito a nazisti e comunisti (i ‘liberatori’ che violentarono sua madre). La ‘società aperta’ di Popper rappresenta l’abc del liberalismo, ma anche di mondialismo, cosmopolitismo, umanitarismo: tutte bestie nere delle destre (e di qualche autoritario a sinistra).

Soros è uno speculatore? Certo, come tutti i finanzieri. Ma anche come ciascuno di noi, quando investiamo i nostri risparmi cercando il massimo rendimento. Soros ha affossato la lira nel 1992? Probabilmente. Ma solo uno venuto giù con la piena o un Di Battista possono accusarlo di averlo fatto da solo, e non assieme alle decine di fondi plurimiliardari da New York a Tokyo, da Londra a Shanghai. Perché nessun singolo finanziere possiede la massa critica per attaccare una valuta sovrana: al massimo quelli più bravi e perspicaci iniziano la valanga scommettendo a loro rischio.

Soros ha rischiato, ha vinto (tanto), e poi ha deciso di fare il filantropo. Così, essendo appassionato di politica, ha investito un decimo della propria fortuna finanziando prima i dissidenti antisovietici, poi gli antiproibizionisti sulla droga (ricordo nel 1988 un convegno a Bruxelles della Lia, la Lega italiana antiproibizionista del radicale Marco Taradash), poi i gruppi di base per la democrazia che liberarono Serbia, Georgia e Ucraina dai loro dittatori (le famose rivoluzioni pacifiche arancioni).

Tutte cause meritorie e alla luce del sole, nei bilanci rendicontati della Open Society Foundation, compreso il contributo a +Europa della Bonino. Differentemente dalle tentate tangenti sul petrolio di Putin di qualche faccendiere leghista, o come i finanziamenti di un magnate russo a Ecr, il partito europeo di estrema destra presieduto da Giorgia Meloni.

Chiunque può controllare online sul sito di Soros le sue elargizioni. Le più contestate sono quelle per l’integrazione dei migranti. Attenzione: non per il recupero dei clandestini, le ong specializzate nei salvataggi ricevono già abbondanti microdonazioni da un vasto pubblico. 

Ma una volta arrivati nei nostri Paesi, ogni euro di assistenza fornito da Soros per i richiedenti asilo è un euro risparmiato dall’erario. Quindi dovrebbe essere ben visto a destra.

Niente da fare: i sovranisti imputano a lui e a Kalergi una oscura manovra per ‘sostituire’ la popolazione bianca (ariana?) con genti di altri colori. Da qualche anno è Soros stesso a essere sostituito nelle paranoie cospirazioniste sul web da un altro personaggio, ricco quanto lui, ma appassionato più di vaccini che di democrazia: Bill Gates. Peccato che non sia ebreo.

Mauro Suttora