VERSO UN DOPPIO EURO?
Oggi, 3 maggio 2010
di Mauro Suttora
1) Cos’è successo alla Grecia?
Il governo greco negli ultimi anni ha speso molto più di quel che ha incassato con le tasse. Quindi, senza il maxiprestito da 110 miliardi di euro (di cui sedici dall’Italia) concesso dall’Unione europea il 2 maggio, sarebbe fallito. Non avrebbe avuto più i soldi per pagare i creditori alla scadenza dei suoi titoli di stato fra due settimane.
«Se fanno porcherie anche gli stati, come i privati, possono fallire», spiega Lorenzo Marconi, autore con Marco Fratini del libro Vaffankrisi! (Rizzoli).
«Ma agli altri Paesi europei una bancarotta della Grecia non conviene», precisa Massimo Gaggi, editorialista del Corriere della Sera da New York e autore di La Valanga, dalla crisi alla recessione globale (Laterza), «perché costerebbe più del suo salvataggio. Anche gli Stati Uniti sono preoccupati, perché sarebbe il primo fallimento di un Paese Ocse, cioè di economia avanzata. E l’“effetto domino” renderebbe più costoso anche il rimborso del debito americano, che nei prossimi anni aumenterà a livelli spaventosi».
2) Di chi è la colpa?
«Dei politici greci, che hanno addirittura falsificato i dati di bilancio», dice Fratini. Quelli del governo di centrodestra sconfitto alle ultime elezioni, secondo i quali il deficit del 2009 sarebbe stato di poco superiore ai limiti imposti dal tratto di Maastricht, tre per cento sul Pil, mentre era del tredici. «Ma c’è anche una responsabilità da parte delle autorità monetarie europee, che hanno fatto finta di niente mentre la tempesta si stava avvicinando. Per attrarre finanziatori, infatti, i bot greci hanno dovuto offrire interessi del sei per cento, mentre in tutti gli altri Paesi, Italia compresa, data la bassa inflazione gli interessi sono quasi inesistenti. Tutti sapevano che la bolla prima o poi sarebbe scoppiata.
3) Cosa rischia l’Italia?
L’Italia ha lo stesso livello di debito pubblico della Grecia rispetto al Pil: 115 per cento. «Però è un debito meno preoccupante non solo di quello greco», dice Gaggi, «ma anche di quello della Spagna, che è di appena il 53%, per tre ragioni. Primo: gran parte dei nostri titoli di stato sono in mano a noi stessi, contrariamente a quelli di altri Paesi. I titoli del debito degli Usa, per esempio, sono stati comprati da Cina o Paesi arabi, e questo li rende più vulnerabili. Secondo: l’Italia ha già riformato le pensioni, il che rende più gestibili i bilanci pubblici dei prossimi anni. Terzo: l’Italia non ha dovuto salvare le proprie banche, come invece hanno fatto Usa, Gran Bretagna e Germania. Anche con la Grecia, le nostre banche sono esposte per appena quatto miliardi, contro gli ottanta delle banche tedesche e francesi».
4) Cosa rischiano le nostre tasche?
«Se possediamo obbligazioni di stato greche, ma anche spagnole o portoghesi, e le vendiamo ora, subiremo delle perdite», avverte Marconi. «Se invece le teniamo, è una scommessa. Se ci sarà un default, finiranno come i bond argentini: carta straccia. Ma questo rischio attualmente è ben remunerato: anche il sei per cento. E la Grecia, per ora, è stata salvata».
5) Come si può risolvere questa crisi?
«Secondo la cancelliera Angela Merkel e l’80 per cento dei tedeschi bisogna punire chi ha sbagliato, e quindi far fallire la Grecia», risponde Gaggi. «Ma questa strada si è dimostrata impercorribile, perché poi sarebbe stata la volta del Portogallo, della Spagna, dell’Irlanda, con un effetto a catena dagli esiti catastrofici. Anche la banche Bear Sterns e Lehman Brothers erano state fatte fallire. Ma questo non aveva bloccato la crisi, anzi». Quindi, soldi alla Grecia in cambio di tagli e risparmi.
6) Che fare per evitare altre crisi simili in futuro?
«Deve entrare in campo la politica», dice Lorenzo Fontana, eurodeputato della Lega Nord. «Noi passiamo per euroscettici, ma questa crisi dimostra che se l’Europa si basa solo sull’economia, rimarrà una creatura artificiale. Ci vuole rigore sui conti pubblici, a cominciare dall’Italia che ha il terzo debito statale più alto al mondo dopo Usa e Giappone. L’euro, così com’è stato impostato dieci anni fa, dev’essere rivisto. Occorrono strumenti per imporre disciplina fiscale agli stati, e dentro gli stati alle regioni»
7) I tedeschi che non volevano salvare i greci sono egoisti?
«No, le regole vanno rispettate», dice Fontana, «ci vuole responsabilità. E se ora hanno accettato di finanziare la Grecia, non si pensi che lo fanno per generosità. La Germania vuole salvaguardare i quaranta miliardi di crediti delle proprie banche verso la Grecia».
8) Cosa succederà all’euro?
«Non è un mistero che molti in Germania ipotizzino un euro a due velocità», spiega Fontana: «Uno per i Paesi nordici più competitivi, e un Euro 2 per i Paesi mediterranei, che possa attuare delle svalutazioni competitive. Io vengo da verona, e ricordo che grazie alla svalutazione della lira del ‘92 l’export del Nordest verso Germania e Usa decollò, portando grande ricchezza».
Oggi, se non fosse costretta nell’euro, la Grecia potrebbe svalutare aiutando le sue esportazioni e attraendo turisti. «Ma per un’Europa a due velocità ci vorrebbe un altro trattato», frena Gaggi, «e questo attualmente non è ipotizzabile».
9) È vero che alcuni grandi speculatori americani si sono accordati per attaccare l’euro?
«I giornali hanno addirittura riportato la data di una sera di febbraio in cui a New York George Soros e altri gestori di hedge fund avrebbero cenato e concordato un attacco simultaneo all’euro», dice Marconi. «Ma prendersela con gli speculatori è come criticare il leone perché attacca la gazzella ferita invece di inseguire quelle veloci e imprendibili. Le economie sane non soffrono le speculazioni».
10) Sarà almeno più conveniente andare in Grecia in vacanza quest’estate?
«Se Atene potesse uscire dall’euro e svalutare, sì», risponde Marconi, «ma con la moneta unica i prezzi diminuiranno al massimo del dieci per cento. Sarà meglio per i turisti americani venire in Europa, con l’euro sotto quota 1,30 invece che a 1,50. Disperati come sono, i greci dovranno abbassare un po’ i prezzi, ma non più di tanto. Piuttosto, si prevede un drastico calo di arrivi dei 2,3 milioni di tedeschi, perché la crisi colpisce anche lì. E non verranno rimpiazzati dal milione di italiani che ogni estate vanno in Grecia».
Mauro Suttora