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Friday, July 13, 2012

Josefa Idem

«ALL'OTTAVA OLIMPIADE NON SONO ANCORA STANCA»

Josefa Idem, la campionessa più longeva del mondo

A PECHINO MANCÒ IL SECONDO ORO PER 4 MILLESIMI. «COSÌ ORA A 48 ANNI VOGLIO LA RIVINCITA», DICE. PER QUESTO OGNI MATTINA VA IN ACQUA ALLE OTTO CON IL MARITO ALLENATORE E SOLLEVA 120 TONNELLATE. ANCHE SE IL SUO SEGRETO STA IN UN MARE DI LIBRI

dal nostro inviato Mauro Suttora

Ravenna, 4 luglio 2012

Alle dieci del mattino ha già finito l'allenamento in acqua. Due ore allo spasimo. Tempo di tirar su la canoa. La trasporta lei, 13 chili in spalla, nell'hangar della Canottieri di Ravenna. Un'ex cava riempita d'acqua accanto al parco giochi Mirabilandia.

Signora Idem, non la aiuta nessuno? Sorride: «Cosa vuole che siano, 13 chili? Dopo, nella palestra di casa, ne solleverò 30 mila». 30 mila chili? Sono 30 tonnellate. «Sì, quattro volte ogni settimana. Totale 120 mila».

Josefa Idem. Una leggenda dello sport. Nessuna donna in tutta la storia dello sport ha collezionato otto olimpiadi. «È un record mondiale, ma non l'ho voluto io. Il merito, o la colpa, è dei giudici che a Pechino mi tolsero l'oro per soli quattro millesimi di secondo. Non lo potevo accettare. E allora eccomi qui, pronta per la rivincita a Londra».

COME I MITICI FRATELLI D'INZEO
Eguaglierà i fratelli D'Inzeo, che gareggiarono nell'equitazione da Londra 1948 a Montreal '76. Josefa invece cominciò a Los Angeles '84. Aveva 20 anni, era tedesca e vinse il bronzo di coppia. Suo padre, poliziotto severo, la battezzò così perché voleva un maschio, e voleva chiamarlo Josef. Lei detesta il suo nome, preferisce Sefi. Era andata come il padre a scuola di polizia, in caserma con la pistola.

Poi, un quarto di secolo fa, mentre si allenava a Praga con la nazionale tedesca, incontrò un allenatore di pallavolo romagnolo che era lì per seguire un corso. Non fu un colpo di fulmine. Lei era timidissima. Lui ci mise una settimana per conquistarla con le sue risate contagiose.

Oggi Sefi è una signora bellissima, dolce, colta, e vive a Santerno (Ravenna) con quell'allenatore. Guglielmo Guerrini è diventato suo marito e anche il suo tecnico personale. Santerno è famosa per avere dato il nome a una delle prime tv private d'Italia, nel '76.

Nella villona di famiglia abitano con i due figli: Janek, 17 anni, media del nove al liceo classico, e Jonas, 8. Janek, in piena rivolta adolescenziale, non ne può più dei giornalisti: quando arriviamo si trincera nella sua camera al piano di sopra. Sua madre era incinta di lui da dieci settimane quando vinse il bronzo ai Mondiali in Messico nel '95.

«MI SENTIVO UNA MADRE ORRENDA»
«Diciotto giorni dopo il parto ripresi ad allenarmi, piena di sensi di colpa. Mi sentivo una madre orrenda», ha raccontato Josefa a Giovanni Malagò e Nicoletta Melone nel libro Storie di sport, storie di donne (Rizzoli 2012). Ma sul podio per il bronzo di Atlanta '96 si riscatta: la foto con il figlio di 15 mesi appeso al collo fa il giro del mondo. «E quando a 39 anni ho avuto Jonas è stato lo stesso», sorride: un'altra medaglia (d'argento) ad Atene 2004, quindici mesi dopo il parto.

Oggi Sefi si ritrova a sfidare il tempo contro avversarie che potrebbero essere pure loro figlie sue, visto che hanno la metà dei suoi anni. Ma mentre seguiamo una sua giornata fra il bacino d'allenamento e casa, scopriamo che è dotata di calma «olimpica», e che è appassionata di libri.

Forse è questo il segreto che le permette di andare avanti a età impensabili per tutte le altre donne del mondo. «Sono una grande lettrice, dai tempi in cui divoravo i libri di Hermann Hesse. Il mio preferito? Narciso e Boccadoro. E adesso L'arte di non essere egoisti di Richard David Precht».

Ce n'è voluta, di filosofia, per accettare quel verdetto della giuria nell'agosto 2008 a Pechino. Seconda per quattro millesimi di secondo. I millesimi di secondo corrispondono a millimetri di distanza, quindi non vengono misurati in quasi nessuno sport, tranne la Formula Uno. Non nei 100 metri d'atletica, non nel nuoto. «E le piscine, a differenza dei campi di gara di canoa e canottaggio, hanno distanze fisse», ci spiega Guerrini. «Eppure anche lì gli strumenti potrebbero essere falsati da una piastrella che sporge più di un'altra quando viene toccata all'arrivo».

Insomma, doveva essere un oro ex aequo. Ma la federazione italiana non protestò. Per questo Sefi, testarda come una tedesca, continua. «Il problema è che fino al 2009 aveva tre-quattro avversarie al suo livello», dice Guerrini, «mentre improvvisamente due anni fa sono sbucate una quindicina di nuove canoiste forti, in grado di fare i 500 metri sotto il minuto e 50, quindi in zona medaglie».

TUTTO IN 2 MINUTI FRA ETON E WINDSOR
Tutto si giocherà quindi in meno di due minuti la mattina del 7 agosto a Eton, fuori Londra. Batterie e semifinali lo stesso giorno, poi il 9 agosto la finale. Sefi, grazie alla sua età e condizione di donna sposata con famiglia, è esentata dall'obbligo di risiedere nel villaggio olimpico. La famiglia salirà tutta in albergo a Windsor, e oltrepasserà il Tamigi per assistere alle gare.

Ma chi non ha visto Sefi allenarsi, la mattina alle otto nel suo bacino di Ravenna, non può capire lo sforzo che ci vuole per prepararsi a questi due minuti ogni quattro anni. Guglielmo la sfianca stando su un barchino accanto a lei, in piedi, e assieme a lui due ragazzi la filmano in ogni suo movimento. Sempre.

MISURANO I BATTITI DEL SUO CUORE
«Ora stiamo lavorando sull'acido lattico», mi dice il collaboratore di Guerrini. A questi livelli di eccellenza planetaria, le misurazioni sono scientifiche. I dati immagazzinati dalla telecamera e dai sensori vengono trasferiti sul computer di casa. E lì Guglielmo e Sefi, dopo ogni allenamento, controllano secondo dopo secondo i diagrammi con la velocità, i colpi di pagaia, i battiti del cuore.

I battiti del cuore. Il grande cuore di Sefi nel quale c'è posto per l'amore verso lo sport, ma anche verso i figli, il marito, la famiglia. E la doppia appartenenza, Italia e Germania, che in questi giorni le fa dire: «Crisi economica? La crisi c'è sempre per chi deve mantenere una famiglia di quattro persone con 1.600 euro al mese. I miei sacrifici fisici per lo sport sono poca cosa in confronto a quelli».

Mauro Suttora