Il Foglio, 10 dicembre 2002
di Mauro Suttora, da New York
Povero William Clay Ford junior, 45 anni, bisnipote del fondatore del colosso di Detroit. Un anno fa aveva preso in mano l'azienda, cacciando Jacques Nasser che con una sola mossa - l'avventato acquisto di Kwik-Fit, catena europea di centri di riparazione - aveva fatto perdere alla Ford piu' di un miliardo di dollari. Un altro miliardo si era volatilizzato a causa delle speculazioni sul palladio, il metallo usato per i dispositivi antinquinamento delle auto.
Cosi' arriva il Bisnipote, che esattamente undici mesi fa - l'11 gennaio 2002 - annuncia un piano lacrime e sangue: 23 mila licenziati (senza cassa integrazione, sconosciuta negli Usa), quattro fabbriche chiuse, prestito di cinque miliardi per coprire le perdite. Ma oggi il bilancio e' misero: le azioni sono crollate di un ulteriore 50%, toccando i minimi decennali; difetti di produzione hanno costretto al piu' vasto e costoso richiamo di vetture della storia; Standard and Poor's ha retrocesso il rating del debito Ford fin quasi al livello di junk, spazzatura.
In novembre le vendite di auto negli Usa sono diminuite del 13%, ma Ford e' riuscita a far peggio crollando del 20% rispetto a un anno fa. Così la sua quota di mercato si e' ridotta dal 23 al 21%, mentre le giapponesi avanzano inesorabili. Quindi il 2003, invece di essere anno di festa per il centenario, sara' un altro periodo di incubi e cinghia stretta. Scenario tanto piu' drammatico in quanto inaspettato: solo tre anni fa Ford era la societa' automobilistica che guadagnava di piu' al mondo, oltre sette miliardi di dollari di utile nel '99.
Il Bisnipote (con la famiglia Ford) non controlla una grossa percentuale del capitale societario: ai prezzi attuali il suo investimento in azioni ordinarie non vale piu' di una cinquantina di milioni di dollari. Ma grazie alle azioni con diritto di voto rinforzato (e lui ne ha 3,2 milioni) la sua parola conta molto. Peccato che, come ha rivelato il New York Times domenica, con uno di quegli articoli di "investigative journalism" alla Watergate che scorticano piu' di una requisitoria, nella Ford conti molto anche la parola di un suo vecchio amico.
Lo scandalo, l'ennesimo negli Usa in quest'anno di "enronite", ha un nome e cognome: si chiama John Thornton, ha 48 anni, e ha frequentato lo stesso collegio del Bisnipote: la prep school per figli di papa' di Lakeville nel Connecticut, dove William Ford junior approdo' nel 1971, esattamente come fecero suo padre e suo zio. Grandi amici e poi, mentre il bisnipote se ne va a Princeton a laurearsi in storia, Thornton passa per Harvard, Oxford, Yale, piu' uno stage estivo nell'ufficio di Ted Kennedy a Washington (dove pero', secondo i maligni, il suo compito principale era quello di giocare a tennis col senatore).
Il curriculum impeccabile di Thornton gli apre le porte della banca Goldman Sachs, e negli anni '80 l'aggressivo ragazzo esporta nella sonnolenta Londra i metodi da squalo dei finanzieri americani. Anche il Bisnipote nel frattempo, dopo un master in management al Mit, emigra nel vecchio contineente: si fa le ossa alla Ford Europa. Cosi' i due amici, dopo aver sposato entrambi due laureate della classe 1982 a Princeton, si ritrovano. E nel 1989 Thornton assiste la Ford nello sciagurato acquisto della Jaguar: pagato due miliardi e mezzo di dollari, il marchio inglese anche nel 2002 sta perdendo mezzo miliardo.
Da allora Thornton segue per la Goldman ogni affare della Ford, incassando ogni volta laute consulenze (per un totale di 90 milioni di dollari negli ultimi sei anni). Nel '96 ne diventa consigliere d'amministrazione. Conflitto d'interessi? Finche' gli affari vanno bene, nessuno protesta. Ma Thornton incassa anche quando la Ford perde: decine di milioni sul disastro del palladio, altre commissioni per la consulenza a capocchia su Kwik-Fit. In ottobre il Congresso ha scoperto un possibile motivo: Thornton ha garantito al Bisnipote 400mila azioni di Goldman nell'ultima appetitosa offerta pubblica.
Insomma, la Ford e' sull'orlo del disastro, ma i due amici guadagnavano entrambi. Thornton ha dovuto dimettersi dal consiglio d'amministrazione Ford. Il Congresso ha proibito ai consiglieri d'amministrazione di incassare consulenze dalle societa' che guidano. E il Bisnipote trema.
Mauro Suttora