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Tuesday, May 09, 2023

Democrazie e dittature? Ancora oggi per qualcuno pari sono



Nell'articolo principale di questa settimana de La Lettura, Manlio Graziano, docente di geopolitica a Parigi, scrive che Usa e Cina "si scambiano provocazioni con tanta aggressività e leggerezza"

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 9 maggio 2023 

"Taiwan è diventata la posta principale di un gioco al rialzo da cui nessuno vuole recedere. Né Joe Biden né Xi Jinping possono permettersi di mostrare segni di cedimento al pubblico di casa". Nell'articolo principale di questa settimana de La Lettura, supplemento letterario del Corriere della Sera, Manlio Graziano, docente di geopolitica a Parigi, scrive che Usa e Cina "si scambiano provocazioni con tanta aggressività e leggerezza" quanto quelle che portarono alla Prima guerra mondiale nel 1914 e all'attacco del Giappone contro gli Stati Uniti nel 1941. 

"Giocare con il fuoco dei ricatti reciproci, senza considerare che la situazione è per certi aspetti più grave di allora, è una prova del sonnambulismo degli attuali 'responsabili' politici", scrive Graziano. Il quale mette quindi sullo stesso livello un dittatore come il cinese e un presidente eletto come l'americano. Entrambi responsabili ma scritti tra virgolette, perciò in realtà irresponsabili. Anche se Xi non deve rispondere a nessuno, mentre Biden fra due anni sarà liberamente valutato dai suoi elettori. 

Graziano riconosce l'impossibilità dell'equivalenza, ma solo per dire che Xi è più vulnerabile: "Il leader autoritario, privo di legittimazione elettorale, è forse più esposto del leader democratico, perché quando perde la legittimità interna trascina nella caduta il suo regime". Come accadde ai colonnelli greci dopo il golpe di Cipro nel 1974, o ai generali argentini dopo la sconfitta delle Falkland/Malvine nel 1982. 

Graziano però precisa che anche la legittimazione elettorale di Biden "è da alcuni contestata". Questi 'alcuni' sarebbero Donald Trump e i suoi teppisti di Capitol Hill? Proseguendo nell'equiparazione, il professore cita un sondaggio con il 70% dei cinesi favorevoli all'uso della forza per "riunificare" (alias attaccare) Taiwan, e uno di Newsweek con "più della metà degli americani pronta ad appoggiare un intervento degli Usa in difesa di Taiwan". Come se in Cina esistesse un'opinione pubblica libera di esprimersi. E come se attaccare e difendere siano la stessa cosa. 

Graziano poi scrive che davanti alle coste cinesi ci sarebbe "una catena di isole controllate da Paesi rivali, spada di Damocle sui suoi traffici", riecheggiando la paranoia da accerchiamento di Vladimir Putin. Ma i traffici della Cina sono indirizzati verso l'intero mondo libero, il quale quindi non ha alcun interesse a bloccarli. 

L'affermazione più sconcertante di Graziano arriva quando dà credito alla prima teoria complottista del dopoguerra: l'accusa a Franklin Roosevelt di avere "scientemente provocato" Pearl Harbour. "Secondo alcuni storici" scrive lui; i quali però si riducono a un contrammiraglio Usa cacciato dopo una sconfitta, e a un fotografo.

La conclusione di Graziano è in linea con la sua idea di equipollenza fra democrazie e dittature. Accusa santorianamente "i 'responsabili' politici delle potenze minori [come la Ue, ndr]" di "accodarsi all'uno o all'altro dei due contendenti". I quali per lui pari sono. Dimenticando che invece a Taiwan, come in Ucraina, c'è un enorme lupo che minaccia un piccolo agnello. 

Povero Angelo Panebianco, l'editorialista del Corsera che ancora pochi giorni fa ammoniva a rendersi conto dell'ineliminabile conflitto di valori fra il mondo libero e le autocrazie (Cina, Russia). L'illusione della neutralità è forte anche nel suo stesso giornale.