di Mauro Suttora
Andare in tv a commentare l’inchiesta sul Covid di cui è perito della procura non sembra una grande idea. Gli avvocati di Fontana se ne lamentano, e non hanno torto: come ci si difende da un dibattimento anticipato ai telespettatori?
Huffingtonpost.it, 6 marzo 2023
Lo dice la parola stessa: parlamentare, pagato per parlare. Quindi è difficile chiedere ad Andrea Crisanti di contenersi, limitando le sue esternazioni televisive. Non lo faceva prima di essere eletto senatore con il Pd a settembre, figurarsi adesso. Il problema è che ora lui è diventato il principale accusatore nel processo di Bergamo sul Covid, perché sua è la perizia di 80 pagine più 10mila di allegati con cui la procura chiede l'incriminazione di tutti i 19 massimi politici ed esperti che fronteggiarono l'epidemia in Lombardia.
Perciò ogni suo commento rappresenta un anticipo di arringa, e allora il povero avvocato Jacopo Pensa, difensore del governatore lombardo Attilio Fontana, chiede invano una par condicio: "Siamo esterrefatti per l'ultima delle sue quotidiane apparizioni in tv, in cui Crisanti ha ribadito le teorie accusatorie. L'apparente contraddittorio con il professor Matteo Bassetti era asimmetrico, perché quest'ultimo era in collegamento esterno, e ciò conferisce significato meno 'pesante' alla persona".
A questo siamo arrivati. Perfino i difensori si accorgono che il vero dibattito nella giustizia videosommaria di oggi avviene su Raitre, non più in aula. E quindi pretendono guarentigie catodiche, se non misure più drastiche: "La procura di Bergamo ha il dovere di diffidare il proprio consulente da tali insistenti apparizioni".
E pensare che tre anni fa Crisanti era l'eroe di Vo', il paese padovano che limitò brillantemente le vittime del virus grazie alla strategia di tamponi e alla chiusura inventata da questo microbiologo dell'Università di Padova. L'esatto opposto della tragedia di Bergamo, con la mancata zona rossa. Quindi con merito Crisanti è diventato una presenza tv familiare per tutti gli italiani: apocalittico, spesso bellicoso, assicurava sempre un picco di audience. Tanto che Maurizio Crozza lo ha trasformato con successo in lugubre macchietta surreale: "Dovrete stare in isolamento per altri cinque anni!".
È comprensibile allora che la procura di Bergamo, pressata dai familiari delle vittime, si sia affidata a lui. Certo, Crisanti è microbiologo e non infettivologo, né tantomeno epidemiologo: quindi la gestione complessiva di una pandemia non sarebbe il suo campo. Ma pazienza, nell'emergenza un esperto vale l'altro. Più che altro è la precisione della sua stima dei morti in più causati dalla mancata zona rossa a sconcertare: 4.148, non uno in più o in meno. Ma chi siamo noi per dubitare del "metodo matematico" che Crisanti si vanta di utilizzare nella sua perizia di parte?
Lui spiega così la necessità di un processo: "Dire 'siamo tutti assolti, va tutto bene' significa aprire la strada a una situazione di impreparazione la prossima volta". Poi però frena: "Questo non vuol dire che chi ha fatto male è colpevole, perché un errore non è colpa, e io non ho fatto nessun atto d'accusa nella mia perizia".
Assolviamo il buon Crisanti per la sua ignoranza del diritto penale. Confidiamo nei giudici dell'udienza preliminare per evitare gli anni e i milioni che costerebbe un processo agli immaginari untori di un'epidemia il cui virus, come in tutte le epidemie, "is blowing in the wind", soffia nel vento dylaniano. Siamo dilaniati anche noi, come i parenti delle vittime, per la sicura, enorme, imperdonabile responsabilità dell'allora premier Giuseppe Conte, dei ministri e degli esperti: ebbero un mese per reperire mascherine e non lo fecero; avevano già mandato i carabinieri a sigillare Alzano e Nembro e fecero marcia indietro; eccetera eccetera.
Ma fu responsabilità politica, non penale. Perché in tribunale bisogna dimostrare i rapporti causa-effetto, e temiamo che i "modelli matematici" di Crisanti, magari convincenti in tv, lì abbiano meno valore, seppur matematici. E quindi difficilmente riusciranno a cacciare in galera per epidemia e 4.148 omicidi in val Seriana i miti e mitici professori Silvio Brusaferro e Franco Locatelli.