Tuesday, September 23, 2025

Ciro Grillo condannato un’era geologica dopo

Allora suo padre furoreggiava, ora non più. Conte era al governo, ora non più. Lui era un ragazzino, ora è laureato in legge. Ha un senso una sentenza sei anni dopo? E qulla definitiva arriverà quando avrà 30 anni? Intanto per il ponte Morandi, sette anni dopo, non c'è ancora la sentenza di primo grado

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 23 settembre 2025 

Ere geologiche. È passata un’epoca dal 2019, quando Ciro Grillo fu denunciato per stupro collettivo. Sei anni fa era tutto diverso: politicamente, privatamente, giudiziariamente. Beppe Grillo furoreggiava come padre padrone del più grande partito italiano, 32,68%, undici milioni di voti, e governava indifferentemente con la Lega o con il Pd. 

Negli stessi giorni agostani della violenza nella sua villa al Pevero di Porto Cervo, Matteo Salvini faceva harakiri al Papeete di Milano Marittima. E il premier grillino Giuseppe Conte si produceva in uno dei più strabilianti salti della quaglia nella storia italiana, da destra a sinistra in poche ore ma rimanendo in sella.

Il “povero del Pevero”, velenoso soprannome del comico genovese, si lasciò andare a un imbarazzante videosfogo in favore del figlio quando fu incriminato, giustificabile solo dalla cecità dell’amore paterno. Ora Grillo senior non conta più nulla in politica. Cancellato da Conte.

Anche privatamente siamo in un altro mondo. Ciro, oggi 24enne, decise di iscriversi a legge dopo il primo interrogatorio, e l’anno scorso si è laureato a Genova con 110 e lode. Tesi in procedura penale, discussa sotto gli occhi dell’orgoglioso papà. Praticante nello studio del suo avvocato difensore, a palazzo di giustizia ha conosciuto una collega dalla quale aspetta un figlio a dicembre. Forse farà il concorso per magistrato.

La sua vittima, una coetanea italonorvegese, è riuscita a difendere il proprio anonimato. Si sa solo che vive e lavora a Milano. Dopo le 1.675 domande cui ha dovuto rispondere nell'aula di Tempio Pausania la aspetta il calvario del processo d’appello.

Giudiziariamente, possiamo congratularci con tutti. Tranne che con magistrati. Quasi nessun politico e giornalista, infatti, ha usato le disgrazie familiari di Grillo junior per attaccare il senior. Niente replay delle speculazioni che atterrarono Attilio Piccioni, erede di Alcide De Gasperi, o il presidente Giovanni Leone. E che hanno logorato, a parti invertite, Matteo Renzi e Maria Elena Boschi per le accuse ai loro padri.

Complimenti a Giulia Bongiorno, difensore della vittima, la quale allarga il valore dei 30 anni complessivi (8 per Grillo) comminati ai quattro ragazzi a tutto il genere femminile: “Spero che questa sentenza stimoli le ragazze che non hanno il coraggio di denunciare le violenze subìte”. Neanche lei, senatrice leghista, l’ha buttata in politica per attaccare Grillo. Chissà se la famiglia della sua assistita dovrà accendere un mutuo per ricompensarla.

I magistrati, invece. Sia quelli dell’accusa che i giudicanti. Sei anni per una sentenza di primo grado sono troppi. Ma il punto non è neanche questo. Il vero problema è che ormai ci siamo tutti assuefatti ai tempi biblici dei nostri tribunali. Nessuno protesta. Ci sembra quasi normale, siamo abituati. Ciro Grillo avrà 30 anni quando arriverà la sentenza definitiva di Cassazione? Potrà fare il concorso di magistratura?

A Genova c’è un altro processo che grida vendetta: quello sul ponte Morandi. Sette anni dopo il crollo, non abbiamo neanche uno straccio di sentenza di primo grado. A Renzo Piano ne sono bastati due per ricostruire il ponte. 

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