Tuesday, March 21, 2023

Le conseguenze kafkiane della demagogia grillina



Dalle eredità sospette possiamo difenderci, accettandole con beneficio di inventario. I lasciti avvelenati del governo grillino, invece, si trascinano da cinque anni, provocando tuttora conseguenze surreali

di Mauro Suttora

HuffPost.it, 21 marzo 2023 

Ricordate il taglio dei vitalizi? Che sia illegale annullare diritti acquisiti lo si impara al primo anno di giurisprudenza. Ciononostante, il primo governo Conte nel 2018 li cancellò. Ma due anni dopo il tribunale interno del Senato seppe resistere alle pressioni e alle intemperanze grilline, pronunciando una sentenza che ristabilì la legalità e annullò in toto il taglio. Tuttavia la segretaria generale del Senato Elisabetta Serafin (stipendio: mezzo milione annuo) propose subito appello.

Il Consiglio di garanzia del Senato nel gennaio 2022 ha rinviato la causa alla Corte costituzionale. La quale ovviamente ha ribadito che anche il Parlamento deve rispettare i principi elementari del diritto, e quindi salvare i diritti acquisiti. Intanto però il tempo passa, e sei mesi fa il Parlamento viene rinnovato. Tutto, tranne i tribunali interni che a norma di regolamento devono rimanere prorogati finché non pronunciano le sentenze definitive sulle loro cause. E perché non lo fanno? Per imbarazzo. Dovrebbero infatti sancire definitivamente l'illegalità dei tagli effettuati cinque anni fa dai presidenti delle Camere Roberto Fico, Elisabetta Casellati, e dai loro uffici e consigli di presidenza.

Così i parlamentari-giudici interni della scorsa legislatura restano allegramente in carica, con relative indennità. Perfino quelli che non sono stati rieletti: il presidente del Consiglio di garanzia Luigi Vitali (Forza Italia), il grillino Ugo Grassi (poi Lega), i leghisti Pasquale Pepe ed Emanuele Pellegrini, il renziano Ernesto Magorno. Valeria Valente (Pd), rieletta, oggi siede contemporaneamente nel Consiglio di presidenza del Senato, ma anche nel Consiglio di garanzia: cariche incompatibili. Quanto al forzista Enrico Aimi, in gennaio è stato eletto membro laico del Consiglio superiore della magistratura.

Insomma, in Italia il principio di legalità sembra oggi essere stato sostituito da quelli dell’astuzia e dell’ipocrisia. 

Thursday, March 16, 2023

Sequestratori, piromani, usurai: cosa ci insegnano sugli scafisti



Come spezzare il legame perverso che rende complici i trafficanti e le loro vittime? Per affrontare pragmaticamente la questione possono soccorrerci alcuni esempi

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 16 marzo 2023


Davanti al dramma dell'immigrazione irregolare sono inutili gli opposti estremismi (accogliamoli, blocchiamoli tutti), e le reciproche retoriche. Neanche Matteo Salvini parla più di rimpatri: troppo costosi, complicati, crudeli. E Giorgia Meloni ha abbandonato i proclami sui respingimenti. Ma il problema resta: come spezzare il legame perverso che rende complici i trafficanti e le loro vittime? Per affrontare pragmaticamente la questione possono soccorrerci alcuni esempi.

Negli anni '70-'80 vennero sequestrati 700 italiani, e pagati riscatti per circa 800 miliardi di lire. Una vera e propria industria, fiorente soprattutto in Calabria e Sardegna. Che però finì dopo che una legge del 1991 bloccò i beni alle famiglie dei sequestrati, impedendo loro di pagare i riscatti. Fu così spezzato l'interesse comune che univa estorsori e ricattati. 

Anche allora, come oggi, la priorità spontanea, immediata, era quella di "salvare vite umane". Quindi in molti protestarono per la drastica misura. Ma la terribile regola "non si tratta con i banditi" finì per annientarli, così come i brigatisti rossi furono sconfitti dopo il "non si tratta con i terroristi" che sacrificò Aldo Moro.

E allora: come si fa oggi a non sottostare ai ricatti dei mafiosi libici, turchi, tunisini? Bloccandoli alla partenza. Una volta che barche e barconi sono in mare, è già troppo tardi. Ma per avere l'energia di farlo bisogna innanzitutto divincolarsi mentalmente dal cosiddetto "trucco del piromane". Ecco il secondo esempio. Perché è evidente che l'urgenza assoluta, di fronte a incendi appiccati per i più vari motivi (rendere edificabili zone verdi, coltivabili zone boschive), è quella di spengerli. 

Tuttavia, per non trasformare i pompieri in forzati di Sisifo, nonché ong e guardie costiere in operatori eterni sulla seconda tratta della tratta, occorre anche qui agire alla radice. Quindi a Tripoli, Bengasi, Smirne, Sfax. Non in mare, dove possiamo soltanto trasbordare e salvare. E importa poco che si tratti di emergenze artificiali, create a bella posta dai trafficanti.

Terza similitudine: le vittime dell'usura. Anche loro spesso spinti dalla disperazione. In mancanza di banche che prestino soldi, si affidano ai mafiosi. Così come i migranti, i quali scelgono la via clandestina in mancanza di consolati che concedano visti. Esistono però i reati di usura e di immigrazione clandestina, proprio per colpire chi approfitta di queste disperazioni.

La differenza è che i taglieggiati dagli strozzini non vengono puniti, così come le prostitute sfruttate dai protettori o i drogati avvelenati dagli spacciatori; mentre i clandestini diventano tali nel momento in cui mettono piede in Italia (reato bipartisan, perché introdotto dalla legge di sinistra Turco-Napolitano nel 1998 e solo aggravato con la misura dell'arresto dalla legge di destra Bossi-Fini nel 2002).

Anche qui, però, il problema sostanziale rimane: come spezzare la complicità diabolica fra strozzini e strozzati, così simile a quella fra migranti e trafficanti? Non illudiamoci che la soluzione stia nella parola magica "corridoi umanitari", ora tanto amata e pronunciata in automatico dai politici. 

Le associazioni antiusura vi dimostreranno che anche allargando le maglie dei fidi bancari ci sarà sempre qualcuno in cerca di prestiti. Così come anche con quote più generose di immigrazione legale ci saranno sempre esclusi che correranno il rischio di quella illegale.

Monday, March 06, 2023

Videoprocesso. Tribunale, abbiamo un problema: Crisanti




di Mauro Suttora

Andare in tv a commentare l’inchiesta sul Covid di cui è perito della procura non sembra una grande idea. Gli avvocati di Fontana se ne lamentano, e non hanno torto: come ci si difende da un dibattimento anticipato ai telespettatori?

Huffingtonpost.it, 6 marzo 2023


Lo dice la parola stessa: parlamentare, pagato per parlare. Quindi è difficile chiedere ad Andrea Crisanti di contenersi, limitando le sue esternazioni televisive. Non lo faceva prima di essere eletto senatore con il Pd a settembre, figurarsi adesso. Il problema è che ora lui è diventato il principale accusatore nel processo di Bergamo sul Covid, perché sua è la perizia di 80 pagine più 10mila di allegati con cui la procura chiede l'incriminazione di tutti i 19 massimi politici ed esperti che fronteggiarono l'epidemia in Lombardia. 

Perciò ogni suo commento rappresenta un anticipo di arringa, e allora il povero avvocato Jacopo Pensa, difensore del governatore lombardo Attilio Fontana, chiede invano una par condicio: "Siamo esterrefatti per l'ultima delle sue quotidiane apparizioni in tv, in cui Crisanti ha ribadito le teorie accusatorie. L'apparente contraddittorio con il professor Matteo Bassetti era asimmetrico, perché quest'ultimo era in collegamento esterno, e ciò conferisce significato meno 'pesante' alla persona".

A questo siamo arrivati. Perfino i difensori si accorgono che il vero dibattito nella giustizia videosommaria di oggi avviene su Raitre, non più in aula. E quindi pretendono guarentigie catodiche, se non misure più drastiche: "La procura di Bergamo ha il dovere di diffidare il proprio consulente da tali insistenti apparizioni". 

E pensare che tre anni fa Crisanti era l'eroe di Vo', il paese padovano che limitò brillantemente le vittime del virus grazie alla strategia di tamponi e alla chiusura inventata da questo microbiologo dell'Università di Padova. L'esatto opposto della tragedia di Bergamo, con la mancata zona rossa. Quindi con merito Crisanti è diventato una presenza tv familiare per tutti gli italiani: apocalittico, spesso bellicoso, assicurava sempre un picco di audience. Tanto che Maurizio Crozza lo ha trasformato con successo in lugubre macchietta surreale: "Dovrete stare in isolamento per altri cinque anni!". 

È comprensibile allora che la procura di Bergamo, pressata dai familiari delle vittime, si sia affidata a lui. Certo, Crisanti è microbiologo e non infettivologo, né tantomeno epidemiologo: quindi la gestione complessiva di una pandemia non sarebbe il suo campo. Ma pazienza, nell'emergenza un esperto vale l'altro. Più che altro è la precisione della sua stima dei morti in più causati dalla mancata zona rossa a sconcertare: 4.148, non uno in più o in meno. Ma chi siamo noi per dubitare del "metodo matematico" che Crisanti si vanta di utilizzare nella sua perizia di parte?

 Lui spiega così la necessità di un processo: "Dire 'siamo tutti assolti, va tutto bene' significa aprire la strada a una situazione di impreparazione la prossima volta". Poi però frena: "Questo non vuol dire che chi ha fatto male è colpevole, perché un errore non è colpa, e io non ho fatto nessun atto d'accusa nella mia perizia".

 Assolviamo il buon Crisanti per la sua ignoranza del diritto penale. Confidiamo nei giudici dell'udienza preliminare per evitare gli anni e i milioni che costerebbe un processo agli immaginari untori di un'epidemia il cui virus, come in tutte le epidemie, "is blowing in the wind", soffia nel vento dylaniano. Siamo dilaniati anche noi, come i parenti delle vittime, per la sicura, enorme, imperdonabile responsabilità dell'allora premier Giuseppe Conte, dei ministri e degli esperti: ebbero un mese per reperire mascherine e non lo fecero; avevano già mandato i carabinieri a sigillare Alzano e Nembro e fecero marcia indietro; eccetera eccetera.

Ma fu responsabilità politica, non penale. Perché in tribunale bisogna dimostrare i rapporti causa-effetto, e temiamo che i "modelli matematici" di Crisanti, magari convincenti in tv, lì abbiano meno valore, seppur matematici. E quindi difficilmente riusciranno a cacciare in galera per epidemia e 4.148 omicidi in val Seriana i miti e mitici professori Silvio Brusaferro e Franco Locatelli.