di Clementina Gily, docente di Estetica all'Università di Napoli
4 febbraio 2010
Istituto Italiano per gli Studi Filosofici - Via Monte di Dio - Napoli
Antonio Alosco, Clementina Gily, Antonio Sarubbi
presentano il libro curato da Mauro Suttora:
Claretta Petacci, Mussolini segreto (Rizzoli)
coordina Nico Pirozzi
Testo dell'intervento:
Questo diario è un documento storico, i personaggi sono tutti noti, le storie anche – nei risvolti quotidiani, nei commenti personali, nulla c’è di eccezionalmente diverso da quella storia letta nei libri. Colpa forse anche del lavoro di ritaglio fatto da chi, per molti anni, ha tenuto gelosamente riposti questi diari, resistendo alle richieste che ne faceva la famiglia Petacci, i genitori e la sorella Myriam, cioè i sopravvissuti alla vicenda. Perché non sopravvissero dei Petacci né Marcello, il fratello, 35 anni, né Claretta, 33, alla tragedia finale di Mussolini, 63 –
sull’età c’è da tornare – e, sappiamo dalle parole dell’allora piccolissimo Ferdinando, figlio di Marcello, non sopravvisse nemmeno la mente del fratellino più grande.
Ferdinando, la cui vita è stata così duramente segnata da quegli eventi, ipotizza che tanta difficoltà nel concedere i manoscritti di Claretta indichi che i fratelli dovessero essere”spie o tramite tra Churchill e Mussolini”: se no, perché tanta decisione nell’esecuzione e tanta prudenza nel tutelare gli scritti? Potevano rendere difficili i rapporti internazionali dell’Italia, nel clima teso della guerra fredda. Ipotesi che nel libro non trova conferma né smentita: sarà perché tutto quel che poteva confermare è stato soppresso, o perché forse una spia non avrebbe trascritto nel diario anche cose pericolose – non è dato sapere.
Il libro perciò è un diario, che conviene commentare come tale. È una scrittura interessante, e val la pena di mettere quanto possibile tra parentesi la politica: allora come ora, avvelenerebbe il discorso, porterebbe ad affermazioni fuori luogo. Mentre il diario è particolare ed inaspettato: non è esattamente un libro che si legge di un fiato, perché ovviamente ripete sempre un po’ gli stessi temi ed atteggiamenti – nonostante Mauro Suttora abbia agito sul testo limando le ripetizioni più frequenti, come si fa quando si passa dai testi di una scrittura privata alla stampa.
Il diario insiste per forza su fatti personali, che anche per i personaggi storici sono sempre gli stessi. Le mogli, i figli, le amanti, la gelosia, i discorsi da innamorati, le telefonate a ripetizione: più o meno, ci sono in ogni pagina. E quando il racconto è giornaliero e minuzioso - “verbalizza”, dice Suttora per indicare la scrittura di Claretta – ci si affida all’eterno ritorno della storia.
Eppure, è un libro di piacevole lettura. Certo, c’è il gusto del gossip, del privato un po’ spiato, vero luogo cult del contemporaneo: e nella discrezione, nel palpito, ha il pregio di ricordare a chi ha qualche decennio di troppo, come fosse affascinante, finché rimaneva pieno di curiosità e di garbo, i protagonisti si nascondevano – non questa esibizione di oggi, volgare anche quando non sia puro commercio. Sono personaggi che palpitano per i pettegolezzi e le spiate continue, persino il prepotente Duce conserva remore e pudori, mostra una umanità ricca e spesso rispettosa delle regole comuni – non si può fare quel che ad altri non è concesso, quindi almeno l’apparenza...
Ma, soprattutto, quel che rende il libro molto interessante è che Claretta scrive bene, ricerca la forma migliore tra i pronomi personali ed il racconto in terza persona, il resoconto dei dialoghi e la prosa, introduce percorsi ad effetto tra le affettuosità da innamorati; trascrive con una puntigliosità che fa pensare Claretta sentisse profondamente il proprio ruolo di testimone della storia.
Ed ecco che conviene riflettere sulle età degli amanti, trent’anni di differenza lasciano pensare ad un tranello del potere verso la ragazzina – i primi contatti precedono di molto il rapporto amoroso. Ma è la ragazzina, vicina di casa, che si fa trovare dovunque, che manda bigliettini intraprendenti – forse anche pensando alle raccomandazioni, cha fa, anche se sia lui che lei protestano la loro onestà, è una protesta relativa, non assoluta, si capisce da quel che dicono – ed è lui che nicchia, che pensa ad una infatuazione di ragazza. Claretta ha probabilmente già a scuola appreso a guardare al Duce, che ha coltivato da subito il mito; lui giornalista e futurista, spinto dalla povertà e dal bisogno di potere, da una vita di pericoli e di difficoltà, ha ben compreso l’importanza dei rituali politici. È la lezione di tutte le monarchie e di tutte le leadership, anche democratiche.
Ne ha fatto l’apoteosi moderna, ma così ha trasformato le forze negative in positive; non ha rispetto della libertà del cittadino, ma il credere nel culto del migliore e della forza, lo spinge ad essere tale, a superare gli altri in cultura e prontezza. Non stringe trame e mafie: cerca di possedere quelle doti che vanta nel popolo italiano, che dice sagace e di azione eccellente, contro i commercianti inglesi, i corrotti francesi, i troppo teorici tedeschi (racconta che se un tedesco vedesse una porta con su scritto 'Paradiso' e un’altra 'Conferenza sul Paradiso', non avrebbe dubbi a scegliere la seconda).
Queste doti ritiene di averle al massimo, coltiva una enorme fiducia in sé, nella propria forza e bellezza, vuole
elevarsi al di sopra di tutti – è il merito che si attribuisce anche grazie alle donne. Nei loro confronti l’apoteosi dell’uomo dà luogo ad un vero e proprio harem (prima di stancarmi ho segnato Sarfatti, Pallottelli, Dalser, Ceccato, Brambilla Carminati, e l’onnipresente Ruspi, ospitata in Villa Torlonia… non mancano ritrattini spinti di Maria José col suo principe un po’…): è la sofferenza costante di Claretta, quando dopo la ragazzina viene la donna, che d’istinto sa tra tante chi è il pericolo; lamenta di tutte, non della moglie – che pure era destinataria di molte circospezioni, da parte del Duce, che ancora ha rabbia per un tradimento di Donna Rachele. Quanta più improntitudine c’è oggi! L’apoteosi del sesso conserva un minimo rispetto, pur scatenando la guerra delle donne.
Il Mussolini segreto ha momenti di difficoltà, di pessimismo persino, di desiderio di conferma, di ricordi della gioventù: ma soprattutto compare colto e capace; sa che la sua lettura dei giornali e della storia vale più degli altri, e la tiene allenata: sta spesso a leggere, con Claretta, parla di politica e di musica, ha gusti alti se non d’elite, si occupa di cinema, in cui gode il sostegno del figlio Vittorio. Di Hitler critica l’egocentrismo, l’esaltazione del sé, lui sa stare al suo posto, sa i suoi limiti.
Nel Diario di Claretta compare un uomo, discutibile come tutti, ma un uomo intelligente ed autocritico, che conosce il pericolo e la storia, si tormenta e si misura – sembrerebbe una strategia più che una qualità, la prepotenza, di chi sa che gli uomini, soggiogati, consentono le imprese - meglio che se liberi. Ovviamente, un liberale fa scelta diversa: ma non è violenza, è ideologia. Tutto da discutere – io ho scritto una monografia su
Ugo Spirito e conosco il corporativismo come teoria – pertanto, vi esimo dai miei giudizi, visto che sono già stati espressi.
Concludiamo: è un libro da leggere. Soprattutto, è un libro che fa pensare con nostalgia a quanto l’oggi sia più modesto e più banale. Non possiamo leggere ancora diari: ma poi di chi? Chi li va scrivendo mai? Forse Ghedini, o Bonaiuti… ma cosa saprebbero imitare di questo stile? Il suo valore non è nella retorica, è nel cuore fresco, che anche nella verbalizzazione risulta sincero, e mostra chiare doti d’intelligenza e sensibilità. Potrebbero le chiacchieratissime ragazze d’oggi, che tanto sgomitano per una comparsata commercialissima, essere capaci di questo stile, che, si arguisce dai pochissimi sic di Suttora, dimostra che la ragazza che si era fermata al ginnasio, evidentemente curava la sua scrittura con lo stesso amore del suo cuore?
http://www.giornalewolf.it/public/W%20Gily%20Memoria%20Viva%20Claretta.pdf"
1 comment:
Anche il commento qui sopra ha un che di "segreto" :-)
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