Tuesday, May 01, 2001

Digiuno radicale

Il Foglio, 1 maggio 2001

di Mauro Suttora

C’è un modulo da riempire, intitolato «Adesione al grande satyagraha radicale». Si compila scrivendo nome, cognome e indirizzo, data di nascita e professione. Poi bisogna indicare le caratteristiche dello sciopero: data di inizio, durata e tipo. Si può scegliere fra fame, sete, autoriduzione dei farmaci e «altro». Finora hanno risposto in trecento, tutti elencati sul sito internet www.radicali.it.

Soltanto Emma Bonino e tal Stefano Aiello, nascosti nell’ordine alfabetico del computer, hanno scelto fame+sete. Però Aiello non ha mangiato e bevuto solo per un giorno. Sulla durata del digiuno della Bonino, invece c’è scritto: illimitato. Ma per quanto tempo si può smettere di bere? «Poche decine di ore», concordano gli esperti. Neppure Gandhi, l’inventore dei digiuni come arma politica, rinunciò mai all’acqua.

Sui manifesti elettorali della Lista Bonino si invoca «Libertà della ricerca». Ma forse, con uno di quei calembour di cui Marco Pannella è maestro («Giustizia giusta», «Vita del diritto e diritto alla vita», «Scienza e coscienza»), bisogna capovolgere lo slogan e annunciare che i radicali sono alla «Ricerca della libertà». Però questa non è una notizia: è da quarant’anni che la cercano, la libertà. E ne trovano sempre troppo poca, in questa Italia conformista. Né ha il sapore della novità lo sciopero della fame: Pannella ne ha fatti 18, cominciando con un digiuno a Parigi per gli «insoumis» contro la guerra d’Algeria, poi la Cecoslovacchia nel ‘68, e l’anno dopo ce ne volle uno anche per far approvare la legge sul divorzio.

Questa volta il «grande vecchio» radicale, che domani compie 71 anni (auguri) è rimasto fuori dalla mischia. Con bypass multipli e ischemie alle spalle, sarebbe suicidio. Sul «forum» di internet un iscritto lo ha sollecitato: «Fai lo sciopero del fumo, Marco». Tentativo fallito.

Alla voce «altro» Lucio Berté, candidato radicale nel collegio Lombardia Due, ha scritto: «Staziono 24 ore su 24 davanti all’Osservatorio di Pavia». Che non ha nulla a che fare con le stelle, ma molto con l’obiettivo dell’attuale «lotta» radicale (guai a chiamarla «protesta», loro si arrabbiano): la disinformazione. Quell’osservatorio, infatti, cronometra lo spazio dato da Rai e Mediaset ai politici. E i radicali da mesi producono dossier su dossier sulla propria «cancellazione», sul proprio «annientamento». Poi li portano a Carlo Azeglio Ciampi chiedendogli di farsi valere, almeno lui. Ma il Presidente risponde sempre (affettuosamente) alla Bonino che egli al massimo può segnalare la questione ai presidenti delle Camere. I radicali, invece, vogliono che Ciampi ammetta che «qualcosa» non ha funzionato, nella Tv di Stato.

Solo questo? «Solo questo», assicura la Bonino. Nessuno spazio in più per i radicali? «No. Solo più dibattito sui veri temi della campagna elettorale». Che magari sono proprio quelli individuati da Adriano Celentano: eutanasia, donazione degli organi. Sarebbe una manna, per i radicali, poterne discutere in prima serata. Invece il monologo del Molleggiato, senza contraddittorio, è stato sale sulle loro ferite.

Così ora la Bonino parla con i bollettini medici dell’ospedale San Paolo: «Disidratazione, dolori muscolari, fotofobia, cefalea, diuresi contratta, acidosi metabolica...»
Il metabolismo: il rischio principale, nei digiuni, è che a lungo andare salti. E i danni irreversibili? «Quelli non si possono prevedere in anticipo», ammette il medico personale di Emma, che surrealmente si chiama Augusto Magnone. C’è un altro medico personale che partecipa a questo digiuno: Ennio Boglino, assistì Pannella nei suoi scioperi storici degli anni ‘70. Ora è gravemente ammalato, va a avanti a morfina, ma ha voluto pure lui autoridursi la terapia del dolore.

Tre cappuccini al giorno, 150 calorie: questa è la formula dei digiuni radicali, che valsero a Pannella l’epiteto di «Gandhi di via Veneto». Oggi invece nessuno prende più in giro i pannelliani. Brutto segno: anche l’assuefazione degli italiani è diventata irreversibile?

Loro, i radicali, non si danno pace, e durante gli scioperi della fame e della sete diventano se possibile perfino più attivi. Altro che il giaciglio dell’ashram dove si accoccolava il Mahatma. «Noi siamo inermi ma non inerti», tuona Pannella. Indomabili, bisogna ricoverarli coattivamente e inflebarli, com’è capitato ieri a Biagio Crescenzo di Salerno, diabetico che si era ridotto l’insulina. A Roma Antonio Brivio fa il «walk-around»: gira attorno alla Rai di viale Mazzini con un cartello.

Invece il quindicenne Alessandro Rosasco di Genova alle voce «altro» si è inventato lo «sciopero della parola»: da quattro giorni sta sempre zitto. Proprio come parecchi italiani vorrebbero ridurre i radicali. Perché nessuno ha il coraggio e il cattivo gusto di ammetterlo, ma l’auspicio di qualcuno è per una fine come quella dei venti prigionieri turchi, o degli irlandesi di Bobby Sands vent’anni fa. Quelli ci hanno messo sei mesi per farsi morire. Emma perde un chilo al giorno. Ma pesa solo 50 chili. E la sete è assai più rapida della fame.

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