Barbara, Eleonora e Luigi contro Marina e Pier Silvio: a tutti il 20% del patrimonio, o 17% per i primi e 25% per i secondi?
di Mauro Suttora
Oggi, 2 settembre 2009
Fossero soltanto i figli dell’uomo più ricco d’Italia, già farebbero notizia. Poiché papà è anche presidente del consiglio, doppia notizia. Se poi papà diventa «papi», sballottato per mesi da scandali rosa, triplo riflettore. A questo aggiungete che mamma ha chiesto rumorosamente il divorzio: tutti quindi a scrutare il minimo segnale di un loro pencolamento da una parte o dall’altra.
Ma ora i cinque figli di Silvio Berlusconi ci aggiungono del loro. Perché la primogenita ventenne di secondo letto (Barbara) insidia il primato della primogenita quarantenne di primo letto (Marina), dichiarando in pubblico il suo interesse per l’azienda di cui la sorellastra è presidente, mentre lei per ora «soltanto» consigliere d’amministrazione (immaginate il clima alla prossima riunione del cda Mondadori...). E minaccia apertamente: «Se mio padre sarà giusto ed equo nella divisione dei suoi beni, fra noi non ci saranno conflitti».
Con quel «se» si rischia di andare dritti verso uno spiacevole «clima Agnelli», con famiglia scarnificata da lotte e processi. Perché il divorzio anticipa ad adesso tutte le divisioni ereditarie. In breve: quote eguali del 20 per cento a tutti i figli, come vuole Veronica, oppure metà ai due del primo matrimonio (che quindi avrebbero ciascuno il 25%) e metà ai tre del secondo (che varrebbero solo il 17%)? Per non parlare degli eventuali fondi all’estero: dovranno «riemergere» tutti, per essere conteggiati nel patrimonio.
Insomma, estate calda quella 2009 per i berluschini. Ormai pericolosamente divisi: c’è voluta tutta l’arte magica del povero padre (come se non gli bastassero Noemi e Gheddafi, Patty e Fini...) per convincere Marina ad accettare la presenza di Barbara alla sua festa di compleanno del 10 agosto in Sardegna. E se i maggiori se ne stanno lontani e tranquilli nelle ville in Francia e Bermuda, i tre figli di Veronica impazzano con codazzo di amici nei principali locali di Costa Smeralda (Blu Beach, Sottovento e Billionaire, tutto in poche ore) e poi di Milano, al rientro (Ricci, «bar dei ricchi», e ristorante Giannino).
Cosa succede? Tutti gli anni di rigorosa educazione steineriana impartiti dalla mamma si stanno sfaldando all’impatto col glamour? Per capirne di più, consultiamo la massima berlusconologa côté Macherio: Maria Latella, che ha appena aggiornato il suo fortunato libro Tendenza Veronica del 2004. Con una velenosa ipotesi di ricovero di nonno Silvio in una clinica per maniaci sessuali...
«I tre figli di Veronica stanno studiando sodo», ci dice Latella, dissipando i sospetti su un’eventuale sindrome da figli di papà, viziati e sfaccendati: «Barbara, che all’università propendeva per economia gestionale, ha seguito il proprio istinto e ha scelto filosofia. E nonostante i due figli, in autunno si laurea con tesi su Etica aziendale. Relatore: Guido Rossi».
Ah: nemico del padre, parrocchia De Benedetti.
«È stato il suo professore di filosofia del diritto all’università San Raffaele. Eleonora invece si è laureata in Business management alla St. John University di New York, e ora farà uno stage di un anno in una tv americana. Anche Luigi, nonostante studi economia alla Bocconi, è attratto dall’estero: quest’estate e la scorsa ha lavorato a Londra nella finanza, ed è in partenza per un anno di Erasmus in Cina».
Barbara sta fissa con Giorgio Valaguzza, padre dei suoi figli, Eleonora ha fidanzato/i americano, Luigi ha avuto una storia con la nipote di Salvatore Ligresti.
«Non so molto della loro vita privata. Quel che è certo, è che Barbara ha scelto consapevolmente di avere presto i figli, per poi dedicarsi alla carriera».
Il contrario di quel che succede abitualmente.
«Ma sempre più frequente, almeno fra chi se lo può permettere».
E non si è sposata.
«In famiglia il matrimonio ritardato è una costante: è capitato anche a suo padre con Veronica, e a Marina, che ha sposato Maurizio Vanadia soltanto nove mesi fa, ben sei anni dopo la nascita del primo figlio».
Nel libro racconti che Veronica ha seguito molto da vicino l’educazione dei figli.
«Sì. Mai avuto una babysitter. Quand’erano piccoli leggeva loro un paio di articoli di giornale ogni sera a cena, e sollecitava commenti. La passione di Barbara per la carta stampata deriva da lì. Ma Veronica non è mai stata una madre soffocante o apprensiva: quando a 15 anni Luigi volle correre in go-kart glielo permise, anche se è notoriamente pericoloso: “Il rischio i giovani maschi se lo vanno comunque a cercare”, disse, “tanto vale che lo facciano per sport”. Dopo la scuola steineriana a Milano tutti e tre hanno frequentato il liceo Villoresi di Monza...»
Vicino a casa.
«Sì, in tutti loro c’è attaccamento per il territorio. Gli amici dei figli sono in gran parte ancora quelli del liceo, Barbara e Valaguzza si sono conosciuti lì. Spesso i figli dei ricchi vengono mandati in collegio in Svizzera, o in una boarding school americana. Barbara invece non ha voluto neppure prendersi una casa a Milano: vive col suo Giorgio e i figli in una dépendance della villa di Macherio. E Pier Silvio abita ad Arcore con la sua Silvia Toffanin».
Anche papà Silvio sta allestendo un nuovo villone con megaparco a Gerno di Lesmo (Monza), a metà strada fra Arcore e Macherio. Gira e rigira, Bermuda o Portofino, sempre in Brianza si torna. A proposito, lui condivide le scelte dei tre figli minori?
«Penso di sì. L’unico dispiacere di Berlusconi, forse, è che Eleonora, arpista dalla voce bellissima, non canti mai in pubblico. Barbara suona il piano. E Luigi ha fatto teatro con corsi al Piccolo teatro. Quand’era piccolo se ne uscì con questa frase: “Ma come faccio a fare l’attore se non sono gay?”»
Comè che Barbara se n’è uscita con quelle imbarazzanti allusioni sulla Mondadori e la divisione dei beni? Non ha un ufficio stampa che controlla le sue interviste?
«No. Niente addetti stampa. Tutto da soli».
Mauro Suttora
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Wednesday, September 09, 2009
Wednesday, June 10, 2009
Sartori su Berlusconi
"E' un sultano. Ma furbissimo, si salverà"
di Mauro Suttora
Oggi, 3 giugno 2009
«Berlusconi ormai è un sultano. Mi diverto a chiamarlo così perché il termine islamico evoca, insieme, fasto e potere dispotico. Il Cavaliere sultaneggia su un partito prostrato ai suoi piedi. Nomina ministri e ministre chi vuole. Li caccia come se fossero personale di servizio. Nessuno fiata. I ministri del partito di sua proprietà sono tali per grazia ricevuta. E tornano a casa senza nemmeno un gemito, se così decide il padrone. Non manca nemmeno un gradevole harem di belle donne. Il sultanato era un po’ così».
Perfido toscano, il professor Giovanni Sartori, 85 anni, è il massimo politologo italiano. E commenta il «caso Noemi» che scuote l’Italia, suscitando commenti sghignazzanti nel resto del mondo. Le parole riportate sopra, però, non ce le ha dette adesso. «Le ho scritte in prefazione al mio ultimo libro, Il sultanato, pubblicato tre mesi fa da Laterza. E mi pare vadano benissimo per commentare il ‘caso Noemi’. Che è una storia sgradevole su cui non ho scritto né scriverò editoriali sul Corriere della Sera. Ma in qualsiasi altro Paese occidentale, un presidente del Consiglio impelagato in un infortunio del genere o si discolpa, o si dimette».
Berlusconi si è discolpato.
«Perché non è tipo da dimettersi. Ma continua a dare versioni diverse».
Sono fatti suoi, dicono i suoi.
«Non dopo che lui stesso è andato in tv a Porta a Porta rendendo pubblica questa vicenda scandalosa».
C’è una somiglianza con il caso Monica Lewinsky, che undici anni fa portò il presidente Usa Bill Clinton sull’orlo dell’impeachment?
«Clinton spergiurò davanti a un tribunale. Poteva rifiutarsi di rispondere, e sarebbe stato condannato per disprezzo della corte. Ma condannato a che? Il presidente era lui. Invece cadde nella trappola: fu incriminato non per il fatto in sè, ma per la menzogna sul fatto».
Sua moglie Hillary lo difese, mentre ora Veronica Berlusconi chiede il divorzio lanciando accuse tremende contro il marito.
«Ma Berlusconi è un genio della furbizia, ha trovato subito un diversivo. Per distrarre l’opinione pubblica i dittatori arrivavano a scatenare guerre. Lui non ne ha bisogno, perché controlla quasi tutti i mass media. Quindi, con un colpo d’ala, lancia l’idea di ridurre a cento i deputati, come nel Senato degli Stati Uniti. E tutti parlano di quello. È la trovata di un uomo di spettacolo genuino».
Berlusconi ha commesso reati?
«La ragazza era sicuramente minorenne all’epoca dei fatti, ma bisogna appurare quali fatti».
Succederà?
«Ne dubito. Ormai Berlusconi è riuscito a creare una fede attorno alla propria persona. Repubblica può insistere finché vuole, ma lui come sempre si atteggia a vittima. I media gli garantiscono consenso. E gli italiani - i maschi, almeno - dicono “Boh, chi non ha peccato scagli la prima pietra”».
I politici hanno diritto alla privacy, oppure la loro vita privata dev’essere irreprensibile?
«Ma Berlusconi non è un politico qualunque. È il presidente del Consiglio. Dev’essere al di sopra di ogni sospetto. Invece lui ha fatto l’esatto contrario: si è messo al di sopra di ogni legge. Il lodo Alfano gli garantisce l’impunità».
A volte i sultani affogano nel ridicolo.
«Berlusconi merita di essere cacciato. Ma non per le sue marachelle sessuali».
Mauro Suttora
di Mauro Suttora
Oggi, 3 giugno 2009
«Berlusconi ormai è un sultano. Mi diverto a chiamarlo così perché il termine islamico evoca, insieme, fasto e potere dispotico. Il Cavaliere sultaneggia su un partito prostrato ai suoi piedi. Nomina ministri e ministre chi vuole. Li caccia come se fossero personale di servizio. Nessuno fiata. I ministri del partito di sua proprietà sono tali per grazia ricevuta. E tornano a casa senza nemmeno un gemito, se così decide il padrone. Non manca nemmeno un gradevole harem di belle donne. Il sultanato era un po’ così».
Perfido toscano, il professor Giovanni Sartori, 85 anni, è il massimo politologo italiano. E commenta il «caso Noemi» che scuote l’Italia, suscitando commenti sghignazzanti nel resto del mondo. Le parole riportate sopra, però, non ce le ha dette adesso. «Le ho scritte in prefazione al mio ultimo libro, Il sultanato, pubblicato tre mesi fa da Laterza. E mi pare vadano benissimo per commentare il ‘caso Noemi’. Che è una storia sgradevole su cui non ho scritto né scriverò editoriali sul Corriere della Sera. Ma in qualsiasi altro Paese occidentale, un presidente del Consiglio impelagato in un infortunio del genere o si discolpa, o si dimette».
Berlusconi si è discolpato.
«Perché non è tipo da dimettersi. Ma continua a dare versioni diverse».
Sono fatti suoi, dicono i suoi.
«Non dopo che lui stesso è andato in tv a Porta a Porta rendendo pubblica questa vicenda scandalosa».
C’è una somiglianza con il caso Monica Lewinsky, che undici anni fa portò il presidente Usa Bill Clinton sull’orlo dell’impeachment?
«Clinton spergiurò davanti a un tribunale. Poteva rifiutarsi di rispondere, e sarebbe stato condannato per disprezzo della corte. Ma condannato a che? Il presidente era lui. Invece cadde nella trappola: fu incriminato non per il fatto in sè, ma per la menzogna sul fatto».
Sua moglie Hillary lo difese, mentre ora Veronica Berlusconi chiede il divorzio lanciando accuse tremende contro il marito.
«Ma Berlusconi è un genio della furbizia, ha trovato subito un diversivo. Per distrarre l’opinione pubblica i dittatori arrivavano a scatenare guerre. Lui non ne ha bisogno, perché controlla quasi tutti i mass media. Quindi, con un colpo d’ala, lancia l’idea di ridurre a cento i deputati, come nel Senato degli Stati Uniti. E tutti parlano di quello. È la trovata di un uomo di spettacolo genuino».
Berlusconi ha commesso reati?
«La ragazza era sicuramente minorenne all’epoca dei fatti, ma bisogna appurare quali fatti».
Succederà?
«Ne dubito. Ormai Berlusconi è riuscito a creare una fede attorno alla propria persona. Repubblica può insistere finché vuole, ma lui come sempre si atteggia a vittima. I media gli garantiscono consenso. E gli italiani - i maschi, almeno - dicono “Boh, chi non ha peccato scagli la prima pietra”».
I politici hanno diritto alla privacy, oppure la loro vita privata dev’essere irreprensibile?
«Ma Berlusconi non è un politico qualunque. È il presidente del Consiglio. Dev’essere al di sopra di ogni sospetto. Invece lui ha fatto l’esatto contrario: si è messo al di sopra di ogni legge. Il lodo Alfano gli garantisce l’impunità».
A volte i sultani affogano nel ridicolo.
«Berlusconi merita di essere cacciato. Ma non per le sue marachelle sessuali».
Mauro Suttora
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