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Wednesday, August 21, 2013

Antonio Esposito


CHI È IL GIUDICE CHE HA CONDANNATO BERLUSCONI

di Mauro Suttora
Oggi, 14 agosto 2013 

Avrebbe fatto meglio a seguire il consiglio di Piero Calamandrei, il povero Antonio Esposito, presidente della sezione feriale della Corte di cassazione: «I magistrati dovrebbero condurre vita riservata, evitando ogni occasione di dibattito pubblico».

Anche le cene nei club Lions e Rotary, dove c’è sempre qualche giornalista. Come Stefano Lorenzetto, grande penna de Il Giornale, che una sera di quattro anni fa a Verona sentì Esposito lasciarsi andare a confidenze privatissime su Silvio Berlusconi.

I salaci pettegolezzi a cena
Allora il magistrato napoletano tutto poteva immaginare, tranne che sarebbe passato alla storia come il giudice che ha inflitto la prima condanna definitiva all’ex premier. Quattro anni di reclusione, sentenza pronunciata il 1° agosto. La revisione del processo d’Appello è arrivata per puro caso sul suo tavolo, perché fino a maggio Esposito non sapeva che avrebbe presieduto la sezione feriale (estiva) della suprema corte.

Lorenzetto si è ricordato di quella cena, e ha raccontato i salaci pettegolezzi pronunciati da Esposito su Berlusconi: in particolare, sulle due deputate che lo avrebbero intrattenuto con presunte e speciali doti erotiche.

Esposito ha subito annunciato querela contro Lorenzetto. Sarà facile stabilire la verità, perché la sera del 2 marzo 2009 al ristorante veronese Due Torri c’erano parecchi testimoni.

Si fidava dell’amico giornalista
Un altro giornalista ha inguaiato Esposito pochi giorni dopo. Antonio Manzo, del quotidiano napoletano Il Mattino, gli telefona. Passano una mezz’oretta a commentare la storica sentenza. I due sono amici, entrambi originari di Sarno (Salerno), si conoscono da quarant’anni. 

Il giorno dopo la conversazione viene pubblicata. Apriti cielo. «Berlusconi è stato condannato non perché “non poteva non sapere” [dell’evasione fiscale Mediaset da 7 milioni di euro, ndr], ma perché Tizio, Caio o Sempronio gliel’aveva detto», avrebbe rivelato Esposito.

«L’ho raccomandato io»
«Non è vero, nel testo che ho approvato via fax per la pubblicazione quella frase non c’era», protesta il magistrato. «Manzo ha tradito la mia fiducia, doveva essere un’intervista su temi generali. E pensare che se fa il giornalista lo deve solo a me».

Il Mattino replica pubblicando l’audio della frase incriminata. E, in effetti, sembra che Esposito parlasse in termini astratti. Ma sicuramente Manzo non ha avuto bisogno della sua raccomandazione per entrare al Mattino: era demitiano, e trent’anni fa questo apriva quasi tutte le porte a Napoli.

Ormai la sentenza contro Berlusconi è passata in giudicato, è pressoché impossibile impugnarla ancora dopo tre gradi di giudizio. Ma le motivazioni devono ancora uscire, e su questo appiglio punta qualche difensore estremo dell’ex premier: un magistrato non dovrebbe commentare le sentenze che ha emesso, tanto meno a caldo su questioni delicatissime.

Dopodiché, il Giornale manda due inviati a Sarno per cercare di scoprire altri imbarazzanti altarini nel passato di Esposito. E per giorni lo attacca in prima pagina su trasferimenti chiesti al Csm, doppi lavori, auto di lusso in prestito.
Risultato: Esposito finirà pure lui sotto processo davanti al Csm il 5 settembre. 

La famiglia nella bufera
Gli “schizzi” lambiscono tutta la famiglia. Il figlio di Esposito, Ferdinando, è sostituto procuratore a Milano. Qualche mese fa è entrato nelle cronache perché ha avuto una breve avventura con l’ex consigliere regionale Pdl Nicole Minetti. Proprio durante il processo in cui lei è stata condannata (e proprio su richiesta della procura di Milano) a cinque anni di carcere per favoreggiamento di prostituzione nelle cene di Berlusconi ad Arcore.

Il fratello di Esposito, infine: Vitaliano, emerito procuratore generale della Cassazione. Brillante carriera, con molti incarichi extragiudiziali (commissario Ilva fino a pochi mesi fa, in precedenza cinque anni alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo) assegnati ovviamente da ministri politici. Di destra e di sinistra. Ma anche Vitaliano è rimasto vittima di voci e veleni causati dalla sentenza pronunciata dal fratello.
Mauro Suttora