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Tuesday, July 21, 2020

19 anni dopo la mattanza della Diaz

G8 di Genova e mattanza alla Diaz, 19 anni dopo. Giustizia è fatta?
La Cassazione si è espressa, il processo è finito. Ma per ammissione degli stessi pm e delle sentenze, gli autori materiali dei pestaggi non sono stati individuati

Mauro Suttora

21 luglio 2020, Huffington Post


articolo sull'HuffPost

“Roma locuta, causa finita”, scrisse sant’Agostino. La Cassazione si è espressa, il processo è finito. Il 21 luglio 2001, diciannove anni fa, 82 attivisti no global furono picchiati selvaggiamente nella scuola Diaz di Genova, dopo le manifestazioni contro il vertice G8.
Ma per ammissione degli stessi pm e delle sentenze, gli autori materiali dei pestaggi non sono stati individuati. Sono stati processati e condannati 28 fra dirigenti e agenti. Tuttavia sulla colpevolezza di sette capisquadra presenti nell’edificio, condannati per non avere impedito le violenze, restano molti dubbi.

Il giornalista Roberto Schena ha appena pubblicato un libro-inchiesta sul reparto cui appartenevano, il VII Nucleo sperimentale antisommossa del Primo reparto mobile di Roma: “G8. Processo al processo” (Springedizioni).
“Credo sia la prima volta che un intero reparto di polizia sia stato condannato per violenze gratuite”, dice Schena.
Il nucleo, composto da 67 agenti, è stato accusato in blocco di essere stato il maggiore responsabile del pestaggio: 61 attivisti finirono in ospedale, tre in prognosi riservata, il giornalista inglese Mark Covell in coma.

“La mia indagine è approdata a conclusioni opposte alle sentenze: il VII Nucleo non ha commesso errori, i sette sottufficiali condannati non sono responsabili delle violenze”, afferma Schena.
Il nucleo era nato pochi mesi prima, durante il governo Amato, proprio per fronteggiare i black bloc e proteggere l’ordine pubblico sia nelle strade che negli stadi dalle frange più violente di manifestanti politici e tifosi. È stato smantellato, anche se era il più preparato nella gestione dei momenti di tensione. 
“A parte la sfortunata parentesi di Genova”, sostiene Schena, “i suoi uomini hanno fatto scuola per la gestione di situazioni difficili”.

Le sette condanne penali sono piovute come tegole sulle teste dei capisquadra. In realtà il VII Nucleo, nonostante in quei giorni avesse subìto turni massacranti, come ampiamente riconosciuto dalle sentenze, rimase sostanzialmente immune dagli eccessi del G8.
“Il motivo è semplice: era troppo professionale e autosorvegliato per commettere errori”, spiega Schena.

Il reparto che avrebbe dovuto costituire il fiore all’occhiello nella carriera di molti poliziotti si è così trasformato in un incubo per i capisquadra che ne facevano parte e per le loro famiglie. I condannati devono risarcire allo Stato i costi sostenuti nei processi, e ripagare le parti civili con milioni di euro. Somme spaventose per dipendenti statali, che hanno impegnato stipendi, liquidazioni, abitazioni, risparmi.
Le condanne sono state comminate automaticamente solo a chi ha siglato i verbali d’arresto dei 93 ospiti della scuola, quasi tutti manganellati. L’accusa è di avere partecipato o di non avere impedito la “macelleria messicana”, come un funzionario del VII Nucleo definì la mattanza alla Diaz. Il problema è che non è stato verificato il comportamento di tutti gli altri agenti, quelli estranei al VII Nucleo ma entrati anch’essi nella scuola.

A partecipare infatti furono quasi 400 agenti, pochissimi dei quali auditi, per scelta dei pm e del tribunale.  
I sette capisquadra sono stati inseriti fra i 28 imputati di alto grado solo perché hanno firmato le relazioni di servizio. “Hai relazionato? Dunque c’eri. Quindi,  indipendentemente da quanto hai scritto, hai partecipato ai pestaggi senza impedirli”. 
Chi invece, fra tutti gli altri reparti presenti al blitz, non presentò relazioni, non ha corso neanche il rischio di finire sul banco degli imputati. Per le sentenze i 67 agenti del VII Nucleo sarebbero i principali responsabili delle percosse. In realtà, anche secondo il riscontro dei testimoni durante il processo, fu il reparto che si comportò meglio, l’unico che aiutò le decine di fermati presi a manganellate.

“Gli altri 333 agenti estranei al nucleo romano che hanno partecipato al blitz nella scuola, molti dei quali entrati nell’edificio prima del VII Nucleo, come si sono comportati?”, chiede Schena. “Hanno assistito impassibili con le braccia conserte, dormivano?”
Dei 122 manganelli sequestrati, per esempio, 62 sono “tonfa”, bastoni speciali provvisti di manico. Gli altri 60 sono gli sfollagente solitamente impugnati per motivi di ordine pubblico. Dei 62 tonfa sequestrati al VII Nucleo e analizzati, solo due presentavano tracce ematiche. È sufficiente per stabilire che l’intero nucleo è responsabile dei pestaggi?

A 19 anni di distanza resta ancora da capire il vero motivo dell’assalto condotto con 400 agenti raccolti ‘alla garibaldina’, quando sarebbero bastati i 67 del VII nucleo, reparto di uomini scelti, professionalmente preparati, che non si erano mai lasciati andare a violenze contro inermi cittadini, né a menzogne per coprire malefatte. Vestiti e bardati come samurai giapponesi, dotati dell’efficacissimo tonfa, il più delle volte bastava che i violenti li vedessero apparire sugli spalti di uno stadio per essere dissuasi.
“Insomma, a mio avviso una serie di errori commessi dai magistrati e dai vertici dell’ordine pubblico hanno stritolato un reparto scelto e causato vent’anni di ansia e amarezze a sette capisquadra. Il mio libro cerca di far luce su questo”, conclude Schena.
Mauro Suttora