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Sunday, October 13, 2024

Milano ha la sua quinta metro, Roma solo ritardi e stazioni saltate. Il Terzo mondo funziona meglio

Nuova Delhi ha appena completato le dieci linee della nuova metropolitana iniziate nel 1999: 24 anni. Altro che Capitale

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 13 ottobre 2024
Ieri è stata inaugurata la quinta linea della metropolitana di Milano. Anzi la sesta, considerato il passante ferroviario. Si chiama M4 perché era stata progettata prima della 5, aperta però in anticipo per via dell'Expo 2015. Quindi, sessant'anni dopo il primo metrò, quello rosso del 1964, ecco aggiunte altre 21 fermate del blu che collega Milano da est a ovest: dall'aeroporto di Linate direttamente in centro (San Babila, Policlinico, Santa Sofia, Vetra, De Amicis, Sant'Ambrogio) per poi allungarsi verso i quartieri Giambellino e Lorenteggio.

Nella giusta euforia delle cerimonie odierne nessuno parla del macigno finanziario che graverà sul comune di Milano nei prossimi vent'anni: i tre miliardi e mezzo del costo di questi 15 chilometri, infatti, dovrà ripagarli al ritmo di 174 milioni annui. E già oggi i ben 2,20€ del prezzo del biglietto coprono solo la metà del bilancio Atm (Azienda trasporti milanesi). Ci vorrà quindi un aiuto statale. Ma Milano se lo merita, perché almeno le metropolitane le fa. Mentre Roma si dibatte in ritardi da terzo mondo.

Il confronto è impietoso. La prima metro (che nella capitale è femmina) fu iniziata dal fascismo per collegare la stazione Termini all'Eur. La galleria fino a Piramide servì da rifugio antiaereo durante la guerra. Finita nel 1955, è stata prolungata fino a Rebibbia e Montesacro. La seconda linea è del 1980. Poi più nulla fino a dieci anni fa, quando si aprì la linea C ma solo nel tratto fino a San Giovanni. Progettata nel 1990 per il giubileo del 2000, la terza linea romana è diventata leggendaria: non sarà pronta neanche per i giubilei 2025 e 2033.

Ma il tratto Colosseo-Farnesina è entrato nel guinness dei primati anche perché sarà la prima metro al mondo senza fermate in centro. Da piazza Venezia a San Pietro, infatti, sono state cancellate le stazioni di largo Argentina e piazza Risorgimento. Resta solo quella di Chiesa Nuova, su corso Vittorio. Ma è distante ben un chilometro e 200 metri da piazza Venezia. Disperati, tre mesi fa alcuni consiglieri comunali hanno chiesto di spostarla verso le piazze Navona, Farnese e Campo dei Fiori, per farla diventare più “baricentrica”.

Una delle regole fondamentali delle metropolitane è che ci sia una fermata almeno ogni 400 metri, al massimo mezzo chilometro. Altrimenti non servono a nulla, bisogna camminare troppo. 
La stazione Argentina è saltata 16 anni fa per il ritrovamento di reperti archeologici. Il problema è che tutto il centro ha sottoterra le rovine dell'antica Roma. Quindi, se si rimane prigionieri della smania conservazionista, non si può scavare da nessuna parte. E chi se ne importa se i reperti rimarranno comunque sepolti, perché non si possono certo abbattere le case per 'valorizzarli', come fece Mussolini con i Fori imperiali e gli altri quartieri sventrati.

Insomma, alla fine ci vorrà mezzo secolo per completare la terza linea metro di Roma, contro i nove anni per la sesta di Milano. Costerà sei miliardi e forse più, rispetto ai due previsti. Ma al comune non importa molto, perché con la scusa dei giubilei e delle varie leggi per Roma Capitale a pagare è lo stato, e non la città come a Milano. Intanto, Nuova Delhi ha appena completato le dieci linee del nuovo metro iniziate nel 1999: 24 anni. Quindi ci scusiamo: il paragone di Roma col Terzo mondo è errato.

Thursday, September 10, 2020

Incubo covid per giornalista spagnola a Milano

Lunedì 7 settembre arriva in aereo a Milano un'importante giornalista spagnola. Non aspetta l'esito del tampone fatto in patria prima di partire. Scende al Grand Hotel et de Milan, 5 stelle in via Manzoni. Fa compere nei negozi dell'albergo. Nel mattino di martedì 8 riceve il risultato dell'esame. Positiva. 

Invece di essere scortata in camera a trascorrere la triste quarantena, viene presa in carico dall'Ats, prelevata e portata subito al centro della Croce Rossa a Linate, nella zona militare dell'aeroporto. È la palazzina riservata ai contagiati che non hanno alcun posto dove passare gli almeno 15 giorni di isolamento. Dopo la chiusura dell'hotel Michelangelo accanto alla stazione, prende in carico extracomunitari, persone senza fissa dimora, soggetti disagiati o in difficoltà. Attualmente ha una ventina di ospiti, la metà della capienza massima.

Lì, con la sua maxivaligia e i sacchetti dello shopping, la signora si accascia sulla sedia, si guarda intorno, e con un filo di voce protesta che non è il suo posto, che nessuno le ha chiesto dove vivere l'isolamento. Dice che non è giusto che si premi così la sua onestà, l'aver dichiarato spontaneamente il risultato del tampone.

Non ci sono spettatori per questa sua tragedia. Sale in una camera doppia: le assegnano la migliore, quella in cui abitavano gli ufficiali dell'aeronautica. Le danno il cestino per i rifiuti, le lenzuola, coperta e cuscino. Scende dopo mezz'ora, e cosa vede davanti a sé? L'aereo privato di Felipe, il re di Spagna, incredibilmente parcheggiato nella piazzola che lo scalo militare condivide con quello vip. 

La giornalista riesce a individuare l'ambasciatore spagnolo, si sbraccia, vorrebbe superare le transenne per raggiungerlo. Riesce ad attirare l'attenzione del diplomatico, che si avvicina cautamente con la scorta. La signora è una giornalista di peso, l'ambasciatore si ferma ad ascoltarla, annuisce, telefona, le passa il suo cellulare. Viene chiamato il direttore del giornale, bisogna fare qualcosa, ci sono dei ragni in stanza, non c'è wifi. Evidentemente le autorità sanitarie milanesi non hanno capito la situazione, visto che dal grand hotel la sventurata signora è stata catapultata in una sistemazione per gente indigente. 

L'ambasciatore scompare. La signora risale in camera per organizzare l'affitto di una casa per la quarantena. E l'aereo reale spagnolo? Parte, e nessuno nel centro della Croce Rossa capisce se trasportava il re di Spagna o qualche suo familiare. Il giorno dopo la giornalista, con l'interessamento del viceprefetto di Milano, si trasferisce in un miniappartamento in affitto.
Mauro Suttora