HuffPost, 25 aprile 2021
“Non fummo tutti ‘Italiani brava gente’. Non scegliere è immorale”. Mario Draghi sferza gli indifferenti: quelli del 25 aprile 1945, ma anche quelli che oggi subiscono “il fascino perverso degli autocrati”.
Questa volta non sbaglia parola: aveva definito Erdogan “dittatore”, mentre tutto sommato il presidente turco è stato eletto.
Ma, visitando questa mattina il museo della Liberazione di via Tasso a Roma, il premier ha superato di nuovo l’ecumenicità dei discorsi istituzionali, senza temere di tuffarsi nella polemica politica dei nostri giorni. “Assistiamo sgomenti a una perdita della memoria della Resistenza e a troppi revisionismi”, ha detto, nelle stanze dove i nazisti torturarono gli antifascisti. “Constatiamo l’appannarsi dei confini tra democrazie e regimi autoritari”.
Regimi che anche oggi sono tanti: dalla Cina alla Russia, dalla Turchia all’Iran, dalla Bielorussia al Venezuela. E tanti sono gli italiani “indifferenti”: “Insieme ai partigiani vi furono molti che si voltarono dall’altra parte, in cui, come dice Liliana Segre, è più facile far finta di niente”. E anche adesso “i persecutori delle libertà civili” vengono spesso fatti passare addirittura per “vendicatori di torti subiti”.
Insomma, fuori dai rituali il 25 aprile ha ancora molto da dire e noi molto da fare. Il dilemma è sempre lo stesso: il quieto vivere contro il rischio dell’impegno.
Quanti di noi - io per primo - avrebbero avuto il coraggio di salire in montagna a combattere contro l’invasore 78 anni fa? Ma quanti oggi sono disposti a rinunciare a lucrosi affari con gli stati autoritari, che anche senza ammazzare i giovani come in Birmania ci garantiscono prodotti a prezzi bassi conculcando le libertà dei loro sudditi?
Ogni volta che i regimi vengono colpiti da sanzioni, salta fuori qualche nostro politico a protestare. Proprio come Mussolini protestava per le “inique sanzioni” contro il regime fascista.
Bravo Draghi, quindi. Contro il pericolo degli anniversari imbalsamati, gli ignavi meritano sempre la collocazione che inflisse loro Dante: fuori perfino dall’Inferno perché disprezzabili più dei ‘cattivi’, che almeno scelsero fra il bene e il male.
Mauro Suttora