Dal libro 'Mussolini segreto' (ed. Rizzoli)
Corriere della Sera, lunedì 16 novembre 2009
5 gennaio 1938. Mussolini riceve l’amante a Palazzo Venezia. Tenero e appassionato, ricorda la serata precedente. E lei riporta così le sue parole.
«Lo sai amore che ieri sera a teatro ti ho spogliata tre volte almeno? Quando mi sono alzato in piedi dietro a mia moglie sentivo di prenderti. Avevo un folle desiderio di te. Mi dicevo: 'Il suo piccolo corpo, la sua carne di cui io sono folle, domani sarà mia'. Ti vedevo, e quando sei salita su ti sei accorta che ti spogliavo. Ti guardavo, ti svestivo e ti desideravo come un folle. Dicevo: 'Il suo corpicino delizioso è mio, è tutto mio. Io la prendo, vibra per me, è un tutt’uno con il mio corpo'. Vieni, ti adoro. Come puoi pensare che io, schiavo della tua carne e del tuo amore, pensi ad altre».
19 febbraio 1938. Al monte Terminillo, Claretta amareggiata rinfaccia a Mussolini le scappatelle con altre donne. Lui si scusa.
«Sì amore, faccio male, tanto più che ti amo sempre di più, e sento che mi sei necessaria più di ogni cosa. Ti adoro e sono uno sciocco. Non ti devo far soffrire, anche perché questa tua sofferenza si riversa su di me, perché io soffro di ciò che soffri»
17 luglio 1938. Mussolini e Claretta sono al mare, a Ostia. Lei riferisce un suo sfogo.
«Ah, questi italiani, io li conosco bene, li vedo nelle viscere. E so che sto sullo stomaco a molti. L’entusiasmo è un’apparenza. La verità è che sono stanchi di me, che li faccio marciare»
4 agosto 1938. I due amanti sono in barca. Venti giorni prima è uscito il Manifesto della razza.
«Io ero razzista dal ’21. Non so come possano pensare che imito Hitler, non era ancora nato. Mi fanno ridere. (...) Bisogna dare il senso della razza agli italiani, che non creino dei meticci, che non guastino ciò che c’è di bello in noi».
28 agosto 1938. Sono insieme sulla spiaggia. Mussolini legge, poi scatta.
«Ogni volta che ricevo il rapporto dell’Africa ho un dispiacere. Anche oggi cinque arrestati perché convivevano con le negre. (...) Ah! Questi schifosi d’italiani, distruggeranno in meno di sette anni un impero. Non hanno coscienza della razza».
1 ottobre 1938. Il Duce racconta all’amante i retroscena della conferenza di Monaco, nella quale Francia e Gran Bretagna hanno accettato le pretese di Hitler sulla Cecoslovacchia.
«Le accoglienze di Monaco sono state fantasti che, e il Führer molto simpatico. Hitler è un sentimentalone, in fondo. Quando mi ha veduto aveva le lagrime agli occhi. Mi vuole veramente bene, molto. (...) Ma ha degli scatti di una violenza che solo io riuscivo a frenare. Faceva faville, fremeva, si conteneva con sforzo. Io invece, l’imperturbabile. (...)
«Ormai le democrazie devono cedere il passo alle dittature. Noi eravamo una forza sola, avevamo un significato, rappresentavamo un’idea e un popolo. Lui con la camicia bruna, io in camicia nera. Loro così, umiliati e soli. Ti sarebbe piaciuto davvero, essere lì a vedere. (...)
«La vittoria è ormai delle dittature. Questi regimi vecchio stile non vanno più, sono creatori di disordine. Uno solo deve essere al timone, e comandare. Oggi la Germania è la più grande potenza del mondo. Sono ottanta milioni di uomini che bisogna pensarci, prima di attaccarli. (...) Dovevi vedere con che affetto, simpatia e devozione mi hanno accolto ovunque lungo la strada. Hanno compreso anche là che l’artefice della pace, l’unico che poteva far desistere Hitler da qualsiasi movimento, ero io. Lo smacco della politica rossa è insormontabile. No, è falso, non abbiamo mai mangiato insieme a Daladier e a Chamberlain. Sempre fra nazisti e fascisti, e mi sono trovato benissimo».
8 ottobre 1938. Mussolini è indignato con Pio XI, che ha dichiarato «spiritualmente siamo tutti semiti» e chiede di riconoscere la validità dei matrimoni religiosi misti tra ebrei e cattolici.
«Tu non sai il male che fa questo papa alla Chie sa. Mai papa fu tanto nefasto alla religione come questo. Ci sono cattolici profondi che lo ripudiano. Ha perduto quasi tutto il mondo. La Germania completamente. Non ha saputo tenerla, ha sbagliato in tutto. Oggi siamo gli unici, sono l’unico a sostenere questa religione che tende a spegnersi. E lui fa cose indegne. Come quella di dire che noi siamo simili ai semiti. Come, li abbiamo combattuti per secoli, li odiamo, e siamo come loro. Abbiamo lo stesso sangue! Ah! Credi, è nefasto.
«Adesso sta facendo una campagna contraria per questa cosa dei matrimoni. Vorrei vedere che un italiano si sposasse con un negro. Abbiamo veduto che anche i matrimoni con i bianchi stranieri portano, in caso di guerra, alla disgregazione delle famiglie. Perché l’uno e l’altro coniuge si sentono in quell’attimo assolutamente per la propria Patria. Perché l’hanno nel sangue. Di qui naturalmente l’impossibilità d’accordo, e le famiglie a rotoli. Lui dia pure il permesso, io non darò mai il consenso. (...) Ha scontentato tutti i cattolici, fa discorsi cattivi e sciocchi. Quello dice: 'Compiangere gli ebrei', e dice: 'Io mi sento simile a loro'... È il colmo».
11 ottobre 1938. Al mare con Claretta, il Duce si scaglia contro gli ebrei.
«Questi schifosi di ebrei, bisogna che li distrugga tutti. Farò una strage come hanno fatto i turchi. Ho confinato 70 mila arabi, potrò confinare 50 mila ebrei. Farò un isolotto, li chiuderò tutti là dentro. (...) Sono carogne, nemici e vigliacchi. Non hanno un po’ di gratitudine, di riconoscenza, non una lettera di ringraziamento. La mia pietà era viltà, per loro. Dicono che abbiamo bisogno di loro, dei loro denari, del loro aiuto, che se non potranno sposare le cristiane faranno cornuti i cristiani. Sono gente schifosa, mi pento di non aver pesato troppo la mano. Vedranno cosa saprà fare il pugno d’acciaio di Mussolini. (...) È l’ora che gli italiani sentano che non devono più essere sfruttati da questi rettili».
10 novembre 1938. Il governo approva il decreto legge sulla razza che entrerà in vigore una settimana dopo. Benito ne parla a Claretta.
«Oggi abbiamo trattato la questione degli ebrei. Certamente sua Santità solleverà delle proteste, per ché non riconosceremo i matrimoni misti. Se la Chiesa vorrà farne, faccia pure. Però noi, Stato, non li riconosceremo, e saranno come amanti. Di conseguenza, nemmeno i figli. Tutti quelli che si sono fatti cattolici fino ad oggi, e quindi i figli, rimarranno come adesso. Dalla data stabilita in poi non si ammetteranno più. Diversamente si farebbero tutti cattolici pur di potersi sposare, e allora la questione della razza non avrebbe ragion d’essere. Questo il Papa non lo vuol capire, quindi faccia come crede».
16 novembre 1938. Nuovo sfogo contro Pio XI.
«Ah no! Qui il Vaticano vuole la rottura. Ed io romperò, se continuano così. Troncherò ogni rapporto, torno indietro, distruggo il patto. Sono dei miserabili ipocriti. Ho proibito i matrimoni misti, e il papa mi chiede di far sposare un italiano con una negra. Solo perché questa è cattolica. Ah no! A costo di spaccare il muso a tutti».
Corriere della Sera, lunedì 16 novembre 2009
5 gennaio 1938. Mussolini riceve l’amante a Palazzo Venezia. Tenero e appassionato, ricorda la serata precedente. E lei riporta così le sue parole.
«Lo sai amore che ieri sera a teatro ti ho spogliata tre volte almeno? Quando mi sono alzato in piedi dietro a mia moglie sentivo di prenderti. Avevo un folle desiderio di te. Mi dicevo: 'Il suo piccolo corpo, la sua carne di cui io sono folle, domani sarà mia'. Ti vedevo, e quando sei salita su ti sei accorta che ti spogliavo. Ti guardavo, ti svestivo e ti desideravo come un folle. Dicevo: 'Il suo corpicino delizioso è mio, è tutto mio. Io la prendo, vibra per me, è un tutt’uno con il mio corpo'. Vieni, ti adoro. Come puoi pensare che io, schiavo della tua carne e del tuo amore, pensi ad altre».
19 febbraio 1938. Al monte Terminillo, Claretta amareggiata rinfaccia a Mussolini le scappatelle con altre donne. Lui si scusa.
«Sì amore, faccio male, tanto più che ti amo sempre di più, e sento che mi sei necessaria più di ogni cosa. Ti adoro e sono uno sciocco. Non ti devo far soffrire, anche perché questa tua sofferenza si riversa su di me, perché io soffro di ciò che soffri»
17 luglio 1938. Mussolini e Claretta sono al mare, a Ostia. Lei riferisce un suo sfogo.
«Ah, questi italiani, io li conosco bene, li vedo nelle viscere. E so che sto sullo stomaco a molti. L’entusiasmo è un’apparenza. La verità è che sono stanchi di me, che li faccio marciare»
4 agosto 1938. I due amanti sono in barca. Venti giorni prima è uscito il Manifesto della razza.
«Io ero razzista dal ’21. Non so come possano pensare che imito Hitler, non era ancora nato. Mi fanno ridere. (...) Bisogna dare il senso della razza agli italiani, che non creino dei meticci, che non guastino ciò che c’è di bello in noi».
28 agosto 1938. Sono insieme sulla spiaggia. Mussolini legge, poi scatta.
«Ogni volta che ricevo il rapporto dell’Africa ho un dispiacere. Anche oggi cinque arrestati perché convivevano con le negre. (...) Ah! Questi schifosi d’italiani, distruggeranno in meno di sette anni un impero. Non hanno coscienza della razza».
1 ottobre 1938. Il Duce racconta all’amante i retroscena della conferenza di Monaco, nella quale Francia e Gran Bretagna hanno accettato le pretese di Hitler sulla Cecoslovacchia.
«Le accoglienze di Monaco sono state fantasti che, e il Führer molto simpatico. Hitler è un sentimentalone, in fondo. Quando mi ha veduto aveva le lagrime agli occhi. Mi vuole veramente bene, molto. (...) Ma ha degli scatti di una violenza che solo io riuscivo a frenare. Faceva faville, fremeva, si conteneva con sforzo. Io invece, l’imperturbabile. (...)
«Ormai le democrazie devono cedere il passo alle dittature. Noi eravamo una forza sola, avevamo un significato, rappresentavamo un’idea e un popolo. Lui con la camicia bruna, io in camicia nera. Loro così, umiliati e soli. Ti sarebbe piaciuto davvero, essere lì a vedere. (...)
«La vittoria è ormai delle dittature. Questi regimi vecchio stile non vanno più, sono creatori di disordine. Uno solo deve essere al timone, e comandare. Oggi la Germania è la più grande potenza del mondo. Sono ottanta milioni di uomini che bisogna pensarci, prima di attaccarli. (...) Dovevi vedere con che affetto, simpatia e devozione mi hanno accolto ovunque lungo la strada. Hanno compreso anche là che l’artefice della pace, l’unico che poteva far desistere Hitler da qualsiasi movimento, ero io. Lo smacco della politica rossa è insormontabile. No, è falso, non abbiamo mai mangiato insieme a Daladier e a Chamberlain. Sempre fra nazisti e fascisti, e mi sono trovato benissimo».
8 ottobre 1938. Mussolini è indignato con Pio XI, che ha dichiarato «spiritualmente siamo tutti semiti» e chiede di riconoscere la validità dei matrimoni religiosi misti tra ebrei e cattolici.
«Tu non sai il male che fa questo papa alla Chie sa. Mai papa fu tanto nefasto alla religione come questo. Ci sono cattolici profondi che lo ripudiano. Ha perduto quasi tutto il mondo. La Germania completamente. Non ha saputo tenerla, ha sbagliato in tutto. Oggi siamo gli unici, sono l’unico a sostenere questa religione che tende a spegnersi. E lui fa cose indegne. Come quella di dire che noi siamo simili ai semiti. Come, li abbiamo combattuti per secoli, li odiamo, e siamo come loro. Abbiamo lo stesso sangue! Ah! Credi, è nefasto.
«Adesso sta facendo una campagna contraria per questa cosa dei matrimoni. Vorrei vedere che un italiano si sposasse con un negro. Abbiamo veduto che anche i matrimoni con i bianchi stranieri portano, in caso di guerra, alla disgregazione delle famiglie. Perché l’uno e l’altro coniuge si sentono in quell’attimo assolutamente per la propria Patria. Perché l’hanno nel sangue. Di qui naturalmente l’impossibilità d’accordo, e le famiglie a rotoli. Lui dia pure il permesso, io non darò mai il consenso. (...) Ha scontentato tutti i cattolici, fa discorsi cattivi e sciocchi. Quello dice: 'Compiangere gli ebrei', e dice: 'Io mi sento simile a loro'... È il colmo».
11 ottobre 1938. Al mare con Claretta, il Duce si scaglia contro gli ebrei.
«Questi schifosi di ebrei, bisogna che li distrugga tutti. Farò una strage come hanno fatto i turchi. Ho confinato 70 mila arabi, potrò confinare 50 mila ebrei. Farò un isolotto, li chiuderò tutti là dentro. (...) Sono carogne, nemici e vigliacchi. Non hanno un po’ di gratitudine, di riconoscenza, non una lettera di ringraziamento. La mia pietà era viltà, per loro. Dicono che abbiamo bisogno di loro, dei loro denari, del loro aiuto, che se non potranno sposare le cristiane faranno cornuti i cristiani. Sono gente schifosa, mi pento di non aver pesato troppo la mano. Vedranno cosa saprà fare il pugno d’acciaio di Mussolini. (...) È l’ora che gli italiani sentano che non devono più essere sfruttati da questi rettili».
10 novembre 1938. Il governo approva il decreto legge sulla razza che entrerà in vigore una settimana dopo. Benito ne parla a Claretta.
«Oggi abbiamo trattato la questione degli ebrei. Certamente sua Santità solleverà delle proteste, per ché non riconosceremo i matrimoni misti. Se la Chiesa vorrà farne, faccia pure. Però noi, Stato, non li riconosceremo, e saranno come amanti. Di conseguenza, nemmeno i figli. Tutti quelli che si sono fatti cattolici fino ad oggi, e quindi i figli, rimarranno come adesso. Dalla data stabilita in poi non si ammetteranno più. Diversamente si farebbero tutti cattolici pur di potersi sposare, e allora la questione della razza non avrebbe ragion d’essere. Questo il Papa non lo vuol capire, quindi faccia come crede».
16 novembre 1938. Nuovo sfogo contro Pio XI.
«Ah no! Qui il Vaticano vuole la rottura. Ed io romperò, se continuano così. Troncherò ogni rapporto, torno indietro, distruggo il patto. Sono dei miserabili ipocriti. Ho proibito i matrimoni misti, e il papa mi chiede di far sposare un italiano con una negra. Solo perché questa è cattolica. Ah no! A costo di spaccare il muso a tutti».