Roma, 10 marzo 2006
Ci risiamo. A un mese dalle elezioni, Silvio Berlusconi è stato incriminato per l’ennesima volta. Ora a metterlo nei guai sono 500 mila euro che la procura di Milano lo accusa di aver girato nel 1999 all’avvocato inglese David Mills, in cambio di testimonianze favorevoli in due processi: quello sulla Guardia di Finanza nel '97 e l’All Iberian nel '98. In entrambi i procedimenti il presidente del Consiglio è stato assolto. L’ipotesi di reato, però, ora è di «corruzione in atti giudiziari»: Mills avrebbe reso testimonianze addomesticate, e per queste sarebbe stato ricompensato. Chi paga un testimone per condizionarlo di solito commette il reato di «subornazione». Ma in questo caso Mills testimoniava in aula, assumendo la veste di pubblico ufficiale. Di qui l’accusa più grave di «corruzione».
L’avvocato Mills è stato il creatore, negli anni Novanta, del sistema off-shore di conti esteri di Fininvest. Nulla di illegale: tutte le grandi società hanno disponibilità finanziarie in banche di varie parti del mondo. Soprattutto nei cosiddetti «paradisi fiscali», dove le tasse sono più basse o addirittura inesistenti. Il problema, però, è che Berlusconi è accusato di aver usato alcune sue società off-shore (Accent e Timor, poi diventate Century One e Universal One) per aggirare il fisco italiano e creare fondi neri, a disposizione per pagare eventuali tangenti come quella a Mills, o a politici italiani. Una vera e propria «tesoreria occulta» dei gruppi Fininvest e Mediaset, insomma. Almeno secondo la pubblica accusa.
Gli imputati hanno sempre respinto questa ricostruzione, sostenendo di non avere mai avuto fondi neri e di aver agito rispettando le regole di trasparenza a tutela degli investitori. Fininvest e Mediaset sono infatti società quotate in Borsa: eventuali distrazioni di fondi da parte degli azionisti di maggioranza (Berlusconi e i suoi figli) rappresenterebbero un danno per quelli di minoranza.
L’inchiesta che si è conclusa venerdì 10 marzo con la richiesta di rinvio a giudizio deriva da un altro procedimento, in mano agli stessi procuratori Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo: quello sull’acquisto di diritti tv e cinematografici di società Usa per 470 milioni di euro, effettuato da Fininvest attraverso le sue due società off-shore nel 1994-1999. La procura ipotizza che le major americane abbiano ceduto i diritti alle società berlusconiane, le quali li avrebbero poi rivenduti con una forte maggiorazione di prezzo a Mediaset. Si sarebbe quindi creato lo spazio per fondi neri ed evasione di tasse. Per questo filone principale nel febbraio 2005 sono state incriminate quattordici persone, fra le quali il premier, il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e l’avvocato Mills. Tra le ipotesi di reato ci sono falso in bilancio, frode fiscale, appropriazione indebita, riciclaggio e ricettazione. Questo processo si trova ora nello stadio dell’udienza preliminare.
Dall'inchiesta principale sono nati due «stralci». Nel primo sono indagati i due figli maggiori di Berlusconi, Pier Silvio e Marina (vice presidente Mediaset e presidente di Mondadori), indicati da Mills come beneficiari economici delle società off-shore. Il secondo è quello dei 500 mila euro (600 mila dollari) a Mills, per i quali il gup (giudice delle udienze preliminari) Fabio Paparella dovrà ora fissare l’udienza (probabilmente a maggio) in cui deciderà se accogliere le richieste dei pubblici ministeri o prosciogliere gli imputati.
La difesa di Berlusconi sostiene che il versamento dei 500 mila euro è stato effettuato dal conto alle Bahamas di Diego Attanasio, armatore salernitano. Il quale però nel giorno del bonifico risulta essere stato in carcere, e quindi impossibilitato a effettuarlo. Mills non nega di aver ricevuto la somma, ma sostiene che era per conto di Carlo Bernasconi, manager Fininvest nel frattempo deceduto, come ringraziamento per «gli spettacolari guadagni di oltre il 70 per cento» da lui realizzati grazie ai consigli finanziari di Mills. In una lettera precedente, tuttavia, Mills aveva collegato la somma direttamente a Berlusconi. In ogni caso, il difensore del premier Niccolò Ghedini protesta soprattutto per l’incriminazione avvenuta in periodo di campagna elettorale.
L’inchiesta sta provocando un terremoto politico anche in Gran Bretagna. L’avvocato Mills, infatti, è marito del ministro della Cultura e degli spettacoli Tessa Jowell. Il 26 febbraio il Sunday Times ha svelato che i 500 mila euro sarebbero serviti per estinguere il mutuo per una casa di Londra comprata dalla coppia. Impossibile che la signora non conoscesse l’origine sospetta di quei soldi. Il 4 marzo, colpo di scena: la Jowell annuncia la separazione dal marito. Ma l’opposizione continua a chiederne le dimissioni. Il 6 marzo il premier Tony Blair in persona è stato costretto a sostenerla: «Deve andare avanti nel suo lavoro». Diranno lo stesso gli elettori italiani a Berlusconi il 9 aprile?
Mauro Suttora