Tuesday, July 17, 2001

Vertice G8 Genova: radicali filoglobal

di Mauro Suttora

Il Foglio, 17 luglio 2001

Figurarsi se si lasciavano scappare un’occasione così ghiotta. I radicali, sempre felici di cantare fuori dal coro, si lanciano a testa bassa nel dibattito sul vertice G8 di Genova.
 
La loro posizione è netta, radicale appunto: «Globalizzazione? Sì, grazie». È lo slogan del convegno che organizzano oggi a Roma, nella sala dell’Europarlamento, alla vigilia dell'apertura del vertice. 
Un motto che capovolge quello di un quarto di secolo fa: il famoso «Nucleare? No, grazie» di cui a lungo i radicali furono alfieri solitari in Italia, assai prima dei verdi e del referendum vittorioso contro l’atomo civile nel 1987.

Questa volta Marco Pannella ha buon gioco nell’inserirsi dentro una polemica in cui nessuno, tranne i radicali e Rifondazione comunista sul versante opposto, è disposto ad assumere posizioni estreme. Da una parte denuncia «l’esibizionismo rituale e inutile del vertice G8», mentre dall’altra riduce sarcasticamente il popolo di Seattle a «rumorosa eco, assicurata generosamente proprio da una multinazionale: quella mediatica». 

La prova? «In tv gli antiglobalizzatori hanno avuto cittadinanza pressoché esclusiva. Le voci liberali e liberiste sono state cancellate o relegate ai margini della comunicazione». Colpa dei media? Non solo: «Anche i politici, sia di destra che di sinistra, hanno giocato di rimessa, sulla difensiva».

Ci pensano i radicali, dunque, a colmare il vuoto e ad assumersi il ruolo dei pasdaran della globalizzazione. La quale, lungi dall’essere un male, «può produrre nel mondo maggiore sviluppo e libertà». Unica cautela dubitativa, quel «può».
 
Qualche radicale, per rendere ancora più incisivo il messaggio filoglobal, si era spinto fino a proporre un presidio a favore di McDonald’s, davanti a qualcuno degli sventurati punti vendita genovesi della polpetta Usa. Idea accantonata, troppo kamikaze, ma la sostanza resta. 

Così alcune delle migliori menti del liberismo italico (dall’ormai viceministro Mario Baldassarri all’eurodeputato FI Renato Brunetta, dal professor Lorenzo Infantino della Luiss ad Angelo Maria Petroni dell’università di Bologna) sono state convocate da Pannella e Bonino al contro-controvertice, in cui spiegheranno come la liberalizzazione degli scambi sia un fenomeno di inclusione e non di esclusione, un’occasione di riscatto per i più poveri e di aumento degli spazi di libertà per miliardi di persone.

Ai radicali ovviamente sta a cuore soprattutto la globalizzazione della democrazia e dei diritti della persona. Proprio ieri hanno festeggiato il terzo anniversario della nascita del Tribunale penale dell’Onu, da loro fortissimamente voluto (come quelli su ex Jugoslavia e Ruanda), e che entrerà in funzione quando altri 25 Stati ratificheranno il trattato.

Ma, fatalmente, è sui temi economici che si finisce per scivolare quando si parla di globalizzazione. Così l’iniziativa odierna dei radicali rappresenta una loro rentrée sulla trincea liberista e libertaria. 
Dopo le disastrose incertezze della campagna elettorale (in cui Emma Bonino si era ridotta in extremis a sollecitare solidarietà a sinistra, da Franca Rame e dintorni, disorientando così l’elettorato che l’aveva premiata con l’otto per cento nel '99), i pannelliani tornano alle battaglie per la modernizzazione economica che hanno caratterizzato le loro lotte degli anni Novanta. 

Con la sua proverbiale icasticità concreta, ora la Bonino denuncia che «ogni bovino europeo riceve un dollaro al giorno di sussidi, cioè più del reddito con cui tentano di sopravvivere centinaia di milioni di persone».

Insomma, i radicali non vogliono farsi schiacciare a destra, e attualizzano la loro campagna degli anni Ottanta contro la fame nel mondo puntando il dito contro gli sprechi dell’assistenzialismo. Da bravi libertari, non pretendono neanche che la politica «governi» la globalizzazione, ma si limitano ad auspicare che la «accompagni». 

«Gli intellettuali liberali hanno il dovere di dire le cose come stanno, contro il millenarismo dei rimasugli delle culture egemoni, il cattolicesimo e il marxismo», spiega il professor Gaetano Quagliariello, editorialista del Messaggero e relatore al convegno assieme a esponenti della sinistra come il senatore ds Franco Debenedetti, e liberisti classici come Carlo Pelanda e Alessandro De Nicola, presidente dell’Adam Smith Society. 

Iniziativa fuori tempo massimo? «Macchè, il timing è perfetto», assicura l’eurodeputato radicale Benedetto Della Vedova, «noi qui e loro lì a Genova. Quanto alle presunte vittime della globalizzazione, gli africani per esempio, l’apertura delle relazioni commerciali è l’ultimo dei loro problemi».

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