di Mauro Suttora
Oggi, 22 luglio 2015
L’accordo del 13 luglio non ha risolto il conflitto Ue-Grecia. Le trattative continueranno per mesi e anni. D’altronde, il buco di bilancio è stato confessato dal governo di Atene nel 2009. E da allora è stato un susseguirsi di negoziati.
Ora c’è la richiesta di tagliare parte del debito greco, che ha raggiunto i 330 miliardi di euro (180% del Pil). Una cifra «insostenibile» anche secondo il Fmi (Fondo monetario internazionale) e la Bce (Banca centrale europea), ovvere due dei tre membri della Troika (il terzo è la Commissione europea) che tratta con la Grecia. Anche gli Usa chiedono una parziale cancellazione, perché temono che la Grecia lasci la Nato e vada con la Russia.
La cancelliera tedesca Angela Merkel però non concede il taglio, perché teme il voto degli antieuropeisti alle prossime elezioni in Germania. Anche gli altri Paesi del Nord ed Est Europa sono per l’austerità. E perfino Spagna e Portogallo sono severi con la Grecia, perché hanno seguito i sacrifici imposti dalla Troika senza sconti (e sono usciti dalla crisi).
Ci sarà quindi un compromesso. Non sull’abbassamento dei tassi d’interesse, che già oggi grazie ai 240 miliardi di prestiti Ue (più gli 86 in arrivo) sono scesi al 2,2%: un livello uguale a quello che paga l’Italia sul proprio debito di 2.200 miliardi. La ristrutturazione del debito greco riguarderà i tempi. Verranno concesse dilazioni: già oggi alcuni rimborsi scadono nel 2055. Oppure «periodi di grazia»: ma solo sospensioni, per non far imbestialire le opinioni pubbliche nordeuropee.
Insomma, l’Europa si abituerà a «mantenere» la Grecia, senza rischiare di strozzarla. Una solidarietà simile a quella dell’Italia settentrionale verso il nostro Sud. Perché i creditori hanno tutto l’interesse che i debitori restituiscano le somme ricevute, anche poco per volta e con tempi biblici. I greci, nel frattempo, impareranno a pagare le tasse: oggi sono i peggiori evasori d’Europa. La carenza di contanti ha un aspetto positivo: fa emergere il nero.
Mauro Suttora