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Tuesday, October 14, 2008

Ponti inutili a Roma

VENTI MILIONI PER DUE PONTI CICLOPEDONALI
L'eredità folle di Rutelli e Veltroni

Libero, martedì 14 ottobre 2008

di Mauro Suttora

Il Comune di Roma butta quasi venti milioni di euro per costruire due ponti che non servono a nulla. Oggi cominciano i lavori per il Ponte della Musica (11,8 milioni) e quello della Scienza (6,2 milioni). Dio solo sa quanto il traffico di Roma abbia bisogno di ponti sul Tevere per alleggerire la fiumana di auto che blocca la città. Soprattutto nelle zone dove i ponti sorgeranno: il primo a nord, fra il lungotevere Flaminio e il Foro Italico, il secondo a sud, fra i quartieri Ostiense e Portuense. Lì c’è veramente carenza di collegamenti fra le due rive, perché i ponti più vicini distano quasi due chilometri.

Ebbene, l’assessore all’Urbanistica Marco Corsini oggi inaugura invece due ponti «ciclopedonali». Sui quali le auto non possono passare, e men che meno tram e bus. Quindi inutili, perché da quelle parti pedoni e bici non si avventurano. Roma ha già tre bellissimi ponti pedonali antichi: il Milvio reso famoso dai lucchetti degli innamorati di Moccia, e in centro quelli di Castel Sant’Angelo e il Sisto, che da Trastevere porta a Campo dei Fiori. Servono a turisti e cittadini, sono stretti, vietarli alle auto è stato saggio.

Questi nuovi ponti, invece, sono una follia. Uno spreco di soldi pubblici. La colpa non è dello sventurato assessore Corsini: i progetti «ecologissimi» sono infatti un’eredità di Rutelli e Veltroni. Il bando di concorso risale al 2000, ben otto anni fa. E la nuova giunta Alemanno non può buttare nella pattumiera tutti i progetti del passato, come ha fatto col parcheggio del Pincio. Tuttavia, sfidiamo chiunque ad andare sul lungotevere Cadorna o sotto il gasometro Ostiense e contare le persone, i cani e le bici che vi transitano ogni giorno, non vedendo l’ora di attraversare il Tevere.

Il ponte della Musica è stato leggiadramente battezzato così perché, nei piani fantasmagorici di Rutelli e Veltroni, dovrebbe collegare l’Auditorium della Musica, il nuovo museo Maxxi e perfino il parco di Villa Glori (molto più indietro) al Foro Italico, attraverso via Guido Reni. Peccato che si tratti di un percorso lunghissimo perfino per i clienti con zaino dell’ostello della Gioventù, che infatti ci arrivano in bus.

Ma le vette della poesia si raggiungono per l’altro ponte, chiamato «della Scienza» perché in quelle aree industriali oggi dismesse, dove si rischia lo stupro, invece di utili case il Comune minaccia di costruire un ennesimo museo, della Scienza appunto.

Ecco come i tre progettisti dello studio APsT presentano il loro ponte, in puro stile «architettese»: «Il ponte metafora del collegamento, dell’unire, si pone come mezzo attraverso il quale tentare una “ricucitura” con le due parti della città, ma soprattutto con il tempo perduto. Il rapporto con il luogo viene, infatti, istituito mediante l’individuazione di corrispondenze atte a rivelare una percezione emotiva, un carattere, una presenza anziché un riferimento più o meno diretto. L’intenzione alla base della concezione del progetto è quella di cercare, di preservare e rendere evidente questo carattere negato, obliato. L’idea che il tempo si sia fermato e che quest’area custodisca un tempo “altro” da quello che si vive quotidianamente, attribuisce notevole interesse e valore al progetto del ponte della Scienza.

« (…) La strategia del progetto del ponte, mediante la concezione di una struttura portante “scarnificata” sin nei minimi termini, appesa ad un filo, vuole testimoniare non un atto d’intelligenza bensì una violenza subita che ci toglie la calma e ci induce alla ricerca di un significato che ristabilisca una condizione di equilibrio che procede per opposizioni e corrispondenze. L’interpretazione di questi segni, della loro realtà noumenica è come un alfabeto senza fine. L’obiettivo è quello della risemantizzazione della forma architettonica attraverso un vocabolario di dissonanze che sottolineano la complessità percettiva e costruttiva. Questa metodologia diacronica ed asimmetrica viene applicata dalla scala urbana a quella di progetto fin nei dettagli (…)»
Italiani popolo di poeti, più che di costruttori…

Mauro Suttora