PARMALAT ALLA LACTALIS, MA ALTRE AZIENDE TORNANO ITALIANE
di Mauro Suttora
15 giugno 2011
Aziende che vanno, aziende che vengono. La multinazionale francese Lactalis sta comprando il nostro sfortunato gigante Parmalat che, nonostante i suoi 4,3 miliardi di ricavi e 280 milioni di utile nel 2010, dopo il crac di Calisto Tanzi è diventata una preda appetibile. E ormai parlano francese quasi tutte le grandi marche industriali italiane di formaggi: Lactalis ha cominciato lo shopping nel 1997 acquisendo Locatelli da Nestlè, sei anni dopo Invernizzi da Kraft, poi Cademartori da Bel Group e infine Galbani nel 2006 da Danone, che l’aveva comprata nell’89.
Un vero innamoramento, quello di Lactalis per l’Italia. Né si può imputarle di averci «preso» tutti i latticini, perché da molti anni le storiche famiglie proprietarie avevano trovato conveniente vendere ad acquirenti esteri. I primi furono i Locatelli, che cedettero a Nestlé addirittura mezzo secolo fa (in quello stesso anno, 1961, Tanzi fondò a Parma il suo «gioiellino»).
Nell’ultimo decennio, però, altre famose società alimentari italiane che erano finite in mano straniera sono tornate a casa. Agnesi, la pasta più antica d’Italia fondata nel 1824 a Imperia, è stata acquistata dalla Colussi nel 1999. Lo storico marchio con il bastimento a vela (la nave che portava nel mulino ligure il grano duro dal mare d’Azov, allora considerato il migliore del mondo) era passato alla francese Danone, la quale a sua volta per qualche anno fu degli Agnelli, e sponsorizzava la Juventus.
Giri di valzer all’estero anche per i salumi Negroni, nati a Cremona nel 1907: «La società è stata della famiglia fino agli anni 80, quando venne acquisita dal gruppo Kraft», dice a Oggi il dirigente Massimiliano Ceresini, «per poi essere ceduta al gruppo Malgara. Dal 2002 è entrata a far parte del gruppo Veronesi». Cioè la quarta azienda alimentare italiana, che fattura 2,3 miliardi di euro con il pollo Aia e i salumi Montorsi, Fini e Daniel.
Nel 2005 la famiglia napoletana Pontecorvo ha acquistato, sempre da Danone, le acque minerali Ferrarelle (Caserta) e Boario (Brescia). Ferrarelle e Sangemini erano state vendute nell’87 dalla famiglia Violati (Giulio è il marito di Maria Grazia Cucinotta), che cinque anni dopo ha riacquistato Sangemini.
Nel 2008 è la volta di Charms e Sanagola: le caramelle lanciate negli anni 60 da Motta-Alemagna rientrano alla Fida di Castagnole delle Lanze (Asti) dopo una peregrinazione fra multinazionali svizzere, inglesi e olandesi. Nello stesso anno Angelo Mastrolia di Newlat (Polenghi, Giglio, Optimus, Ala, Torre in Pietra) rileva la pasta Buitoni da Nestlè, che però conserva oil marchio per surgelati, pasta fresca e salse.
Nel 2009 l’olio Dante, nato a Genova nel 1854, viene rilevato dagli oleifici Mataluni di Montesarchio (Benevento), che hanno i marchi Topazio e Oio. Per un solo anno Dante era stato della spagnola Sos Cuetara (Carapelli, Sasso, Bertolli), dopo 23 anni di Unilever.
Motta e Alemagna, infine. Le due storiche società sono state vendute due anni fa dalla Nestlè alla Bauli di Verona. Il che rappresenta la vittoria del pandoro industriale sul panettone. I gelati Motta però continuano a essere della Nestlè.
E adesso? Il governo italiano può impedire che Parmalat, senza debiti e anzi con un miliardo e mezzo di liquidità, finisca alla Lactalis indebitata già per tre miliardi, che aumenteranno a sette dopo l’acquisto? In base alle leggi di mercato, no. Ma nel 2005 il governo francese le ignorò, quando bloccò la scalata dell’americana Pepsi alla francese Danone.
Mauro Suttora