Alla scoperta delle tante storie dei confini italiani con Mauro Suttora
di Roberto Roveda
Unione Sarda, 13 giugno 2021
A cavallo del Terzo millennio ci siamo sentiti tutti un po’ globalizzati e i confini sono sembrati retaggio di un passato destinato a cedere sempre più il passo alla libera circolazione delle persone, dei prodotti e delle idee. Nel giro di pochi anni però le cose sono cambiate rapidamente e drammaticamente, facendo tornare d’attualità le frontiere. Prima le crisi economica, poi l’aumento dei flussi migratori ed infine la pandemia da Coronavirus hanno fatto riapparire quei controlli sulle linee di confine che erano scomparsi da anni.
Abbiamo così in un certo senso riscoperto che l’Italia prima o poi “finisce” per lasciare posto ad altre terre, lingue, culture e amministrazioni. Già, ma dove nascono i confini terrestri della nostra Penisola? E veramente, come si pensa spesso, coincidono con le Alpi e sono rimasti immutati nel corso dei secoli?
Le cose non sono così semplici, come ci racconta il giornalista Mauro Suttora nel suo Confini (Neri Pozza, 2021, pp. 288, anche e-book), vera miniera di storie, aneddoti e segreti riguardanti le frontiere italiane. Nel libro riviviamo, infatti, le tante vicissitudini attraverso le quali si sono formati i limiti geografici e linguistici del nostro Paese.
Storie ricche di sorprese, dato che abbiamo terre patrie in cui si parla il tedesco (Alto-Adige), francese (Valle d’Aosta) e lo sloveno (nel Friuli) mentre l’italiano è l’idioma più diffuso in alcune aree della Svizzera ai confini con la Lombardia.
Storie inaspettate se pensiamo che per qualche decennio la Sardegna ha “confinato” addirittura con il Principato di Monaco, come ci conferma proprio Mauro Suttora:
“Per più di trent’anni, dal 1815 al 1848, il regno di Sardegna, che riuniva oltre all’isola, il Piemonte e la Liguria, aveva i propri confini in comune con il Principato monegasco, che all’epoca era grande dieci volte di più rispetto ad oggi e comprendeva anche Roccabruna e Mentone. Allo stesso tempo il regno sardo confinava con la vicina Francia. Insomma, per quanto sia un’isola la Sardegna non è per nulla estranea alle dinamiche di confine. Anzi, alla fine, la Sardegna è forse il regno antecedente all’Italia di cui mi occupo di più data la complessità delle vicende della nostra frontiera occidentale, quella con la Francia. E i sardi non sono estranei per nulla alle vicende delle nostre frontiere orientali come insegnano le vicende della Prima guerra mondiale”.
Ma cosa c’entra la Sardegna con i confini durante la Grande guerra?
“Per conquistare Gorizia nell’agosto 1916 muoiono cinquantamila soldati italiani contro quarantamila austriaci. In particolare, la battaglia di Doberdò del 6 agosto è ricordata come una delle più sanguinose della Prima guerra mondiale: cinquemila morti italiani, tremilacinquecento austriaci. Viene soprannominata “battaglia dei popoli” perché combattuta dai sardi della brigata Sassari contro reparti asburgici anch’essi a forte connotazione etnica: ungheresi, rumeni e sloveni”
Quello di Gorizia è un confine veramente tribolato…
“Come tutto il confine orientale, la cui costruzione è costata all’Italia seicento mila morti durante la Prima guerra mondiale e altre migliaia durante la Seconda, con tutto il corollario di esodi di popolazioni, stragi, foibe. Basti dire che Gorizia è passata di mano ben sette volte tra il 1916 e il 1946, un record mondiale!”.
Ma tutti i confini nazionali sono stati il frutto di lotte tanto terribili?
“Fortunatamente no. Il confine con la Svizzera è in pace da più di cinquecento anni, con l’eccezione delle guerre per il controllo della Valtellina, in Lombardia, che è stata occupata dagli Svizzeri dal 1512 al 1797. Il confine con la Francia ha una vicenda molto movimentata, piena di storie da raccontare però non ci è costato in termini di lutti quanto la frontiera orientale”.
Davvero la Francia ha cercato anche annettersi la Valle d’Aosta in anni non lontanissimi?
“Si, accadde nel 1945 e a favorire il tentativo fu il generale De Gaulle. A fermarlo fu una inedita convergenza d’intenti tra partigiani e fascisti”.
Ma noi italiani conosciamo i nostri confini?
“Assolutamente no. Siamo rimasti fermi a Mazzini che diceva che il nostro Paese ha i confini più belli, addirittura ‘sublimi’, perché è delimitato dalle Alpi a nord e dal mare a sud”.
E non è così?
“Ci sono moltissimi posti dove il confine terrestre con coincide con lo spartiacque delle Alpi. Come dico nel libro la pipì degli abitanti di Livigno (Sondrio), San Candido (Bolzano) e Tarvisio (Udine) non finisce nel Po, ma nel mar Nero, attraverso il Danubio. In Lombardia, la Val di Lei, in provincia di Sondrio, fa parte invece del bacino idrografico del fiume Reno. Se aggiungiamo il fatto che spesso confini linguistici e geografici non coincidono per nulla - con il tedesco, il francese e lo sloveno parlato in terra italiana - abbiamo già capito quanto ci sia da scoprire sulla storia delle nostre frontiere”.
Roberto Roveda
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