Tutti gli ex radicali delle sponde opposte
di Mauro Suttora
Libero, sabato 24 gennaio 2009
E pensare che si chiama come la Madonna. Mercedes Bresso, 64 anni, la governatrice del Piemonte che sul caso di Eluana Englaro ha dato dell’«ayatollah» all’arcivescovo di Torino, deve il proprio nome alla mamma, devota della chiesa Vergine della Mercede a Sanremo.
Diventata leader dei laici italiani, la Bresso è coerente con le proprie origini anticlericali. Infatti, prima che il Pci la eleggesse nel 1985 consigliere regionale piemontese, era dirigente radicale. Fece parte della segreteria nazionale nel ’75, anno caldo delle lotte sull’aborto, quando Emma Bonino finì in carcere.
Curiosamente, quello stesso posto di dirigente del partito di Marco Pannella lo occupò nell’81 (anno del doppio referendum sull’aborto) pure Eugenia Roccella, oggi sottosegretario al welfare e vicinissima al Vaticano, ma allora accesa femminista. Segretario radicale era in quegli anni un 27enne Francesco Rutelli, anch’egli irriconoscibile rispetto a oggi.
Ex pannelliani, insomma, occupano posti opposti in palcoscenico nella disputa sul diritto alla vita. Ma la diaspora radicale coinvolge molti altri nomi noti della politica italiana, alcuni dei quali sorprendenti.
Giorgio Stracquadanio, per esempio. Il 49enne ghost writer e spin doctor di Silvio nonché consigliere di Maria Stella Gelmini potrebbe passare da deputato a sottosegretario alla presidenza del Consiglio se il portavoce Paolo Bonaiuti fosse promosso viceministro. A Milano Stracquadanio era attivo radicale negli anni ’80, e portaborse dell’allora antiproibizionista Tiziana Maiolo assessore comunale nel ’90.
Anche l’ex presidente del Senato Marcello Pera può essere catalogato come ex radicale (dal ’92 al ’94), così come il ministro Elio Vito (portaborse del consigliere comunale Pannella a Napoli negli anni ’80, poi deputato) e il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello (vicesegretario nell’81 con Rutelli).
Fra i deputati c’è il rutelliano Roberto Giachetti, mentre nel centrodestra spiccano Benedetto Della Vedova e Giuseppe Calderisi (autore del progetto di nuova legge elettorale per le imminenti europee). Fuori dal Parlamento ma vicino al cuore di Silvio sta Daniele Capezzone, segretario radicale fino a due anni fa e ora portavoce di Forza Italia.
Stefano Rodotà lasciò i radicali per il Pci nel ’79 perché Pannella non gli garantì l'elezione. In quegli stessi anni scalpitava fra i radicali salernitani Alfonso Pecoraro Scanio.
Sono stati candidati della Rosa nel pugno Gianni Vattimo, Barbara Alberti, Fernanda Pivano, Luca Boneschi (oggi avvocato dei giornalisti milanesi), Giorgio Albertazzi, Salvatore Samperi, Tinto Brass, Riccardo Chiaberge (direttore del supplemento domenicale del Sole 24 Ore), Massimo Alberizzi (inviato "africano" del Corsera) e il costituzionalista Michele Ainis.
Gli editorialisti Angelo Panebianco (Corsera), Massimo Teodori (Giornale) e Piero Ignazi (Sole ed Espresso) sono ex radicali. Perfino Eugenio Scalfari è stato vicesegretario nazionale del Pr prima di Pannella e consigliere comunale a Milano nel '60 (quando l’attore Arnoldo Foà fu eletto a Roma).
Ma lista dei giornalisti politici ex radicali è sterminata: Lino Jannuzzi (direttore di Radio radicale fino all’81), Paolo Liguori, il notista politico del Tg1 Bruno Luverà, Marco Taradash (inventore delle rassegne stampa radiofoniche), Daniele Bellasio e Christian Rocca del Foglio, Laura Cesaretti (Giornale e Velino), Vittorio Pezzuto (ex segretario nazionale dei club Pannella negli anni ’90, oggi portavoce di Renato Brunetta), Stefano Andreani (cronista parlamentare di Radio radicale, poi potente capo di gabinetto di Andreotti nell'era Caf, ora dirigente Invitalia – la ex agenzia Sviluppo), Roberto Iezzi (ufficio stampa Camera).
Carlo Romeo, oggi capo del "segretariato sociale" Rai, è stato fino al ’95 direttore del mitico tg radicale di Teleroma 56, da cui passarono Mauro Mazza, Michele Plastino, Gianni Cerqueti, Giancarlo Dotto, Fabio Caressa, Paola Rivetta... Infine Iuri Maria Prado, commentatore di Libero: pure lui pannelliano fino al 2006, quando i radicali (ri)svoltarono a sinistra.
Mauro Suttora
2 comments:
I radicali sulle sponde opposte rappresentano un po' le contraddizioni del sistema maggioritario, che pur hanno sempre voluto e preteso.
Un sistema che li costringe ad aberranti compromessi, nonché scarsamente democratico in un Paese come il nostro che ha una storia ed una cultura politica assai diversa dalle grandi democrazie anglosassoni (vorrei aggiungere in un Paese come il nostro, a scarsissima vocazione - dell'elettorato stesso - democratica).
Riflettevo proprio oggi sul sistema maggioritario e sugli aberranti sbarramenti al 4 o 5 %. Riflettevo sul fatto che, da quando ho acquisito il diritto di voto, non sono MAI riuscito ad eleggere nemmeno un deputato alla camera ed al senato (nel 2001 votai radicale, nel 2006 non votai e nel 2008 votai liberale).
E la colpa è tutta di un sistema elettorale profondamente ingiusto, che non ammette le preferenze e che oltretutto impone le coalizioni-minestrone.
Pensando poi ai radicali, mi convinco una volta di più che hanno maggiore spazio là ove regna una certa anarchia intellettuale, ovvero nel PdL.
Per il resto, ad ogni modo, rabbrividisco.
rabbrividire mi pare eccessivo.
al massimo sorridere
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