LO TSUNAMI D'AMERICA
Oggi, 1 settembre 2005
Migliaia di morti e dispersi, violenze e saccheggi, rabbia e polemiche: dopo "Katrina" e' il caos
«Improvvisamente sono finita sott'acqua, completamente sommersa. Sentivo le urla disperate e poi sempre più soffocate dei vicini. Poi più nulla. Quando sono riemersa, non ero più dentro il mio appartamento. Non vedevo niente. Ma mi sembrava di nuotare in mare aperto. Ero terrorizzata, non riuscivo a capire dov'ero. A un certo punto mi sono accorta che intorno a noi galleggiavano automobili. Abbiamo dovuto scansarle per continuare a nuotare, trascinati dalla corrente».
Joy Schovest, 55 anni, parla con difficoltà, piange, singhiozza. Abitava negli appartamenti di Quiet Water Beach, sul lungomare di Biloxi, nello stato del Mississippi. Un nome ironico: «Spiaggia dell'acqua quieta». Invece è proprio qui che è passato l'occhio del ciclone, ed è qui che si è consumata (per quanto se ne sa finora) la strage peggiore di Katrina, lo tsunami d'America: una trentina di vittime, rimaste schiacciate, intrappolate, soffocate, annegate sotto le pareti di legno del condominio. «Il vento aumentava sempre più, il suo rumore era diventato fortissimo, terrificante», continua la signora Schovest. «Poi abbiamo capito che si stava alzando anche il mare, le onde si sono fatte sempre più grosse, ma era tutto il mare che ci veniva addosso. All'inizio speravamo che la casa tenesse, poi abbiamo capito che era impossibile, tutto si muoveva e tremava, come se fossimo in una scatola di cartone. Ormai era troppo tardi per uscire e scappare. Eravamo intrappolati. Le assi di compensato che alcuni avevano messo alle finestre per proteggere i vetri di sono trasformate nelle pareti delle loro bare. Non ci restava che pregare. Speravamo che prima o poi l'uragano finisse, passasse, o almeno diminuisse di forza. Invece aumentava sempre di più».
Uno dei pochi sopravvissuti di quella maledetta casa di Biloxi è il diciannovenne Landon Williams. E' riuscito a salvarsi, correndo fuori dall'appartamento e trascinandosi dietro la nonna e lo zio prima che il tetto crollasse. Anche loro hanno dovuto nuotare nell'acqua che formava dei mulinelli, facendosi largo fra i detriti: «Il vento era feroce, abbiamo visto la nostra casa che poco a poco si disintegrava. Sentivamo il rumore di grandi pareti di legno che si incrinavano e poi si spaccavano. Non riesco neanche a descrivere a parole quella situazione, avevo troppa paura, l'unico modo per capirla è starci dentro. Tutti i nostri vicini sono morti, hanno recuperato alcuni corpi che galleggiavano nell'acqua putrida. Li ho visti, ma dopo un po' ho dovuto smettere di guardare perchè mi veniva da vomitare. Non so come facciano a lavorare i pompieri che devono affrontare queste cose e portar via i cadaveri...»
Harvey Jackson è disperato. Ha perso la moglie Tonette dopo che l'acqua ha sommerso la sua casa: «Il mare cresceva, cresceva, così siamo saliti sul tetto in cerca dell'ultimo rifugio. Ci tenevamo per mano con il nostro nipotino, ma a un certo punto la marea ha spaccato in due la casa e il tetto. Non ce l'ho fatta più a tenere Tonette, le stringevo la mano fortissimo, più forte che potevo, ma lei veniva trascinata via. Dopo un po' lei stessa mi ha urlato 'Non puoi più tenermi, pensa al bimbo, salva lui!' E' sparita, non l'ho più trovata, neanche il suo corpo... Non so più dove andare, ho perso tutto, non abbiamo più niente, non sappiamo cosa fare».
Sembra di risentire le stesse scene infernali di appena otto mesi fa, quando lo tsunami dell'oceano Indiano spazzò centinaia di chilometri di coste. Ma allora furono colpite zone povere e lontanissime. Questa volta, invece, la furia della natura ha colpito il Paese più ricco e potente del mondo. New Orleans è (era) una delle città più belle e antiche degli Stati Uniti. Un centro turistico e industriale, la culla del jazz. Ma è incredibile come nel giro di poche ore anche zone avanzatissime e dotate di ogni comodità si possano trasformare, tornando all'età della pietra.
«Sembra di essere a Hiroshima», ha mormorato il governatore dello stato del Mississippi sorvolando le zone disastrate. Non funziona più nulla. Non c'è elettricità per milioni di persone, di notte cala un buio pesto. Sono saltate tutte le comunicazioni, telefoni, computer, tv. Anche i telefonini. Funzionano solo le radio, per coloro che hanno trovato ancora qualche pila ai piani alti. «Nessuno sa più nulla dei propri parenti e amici», spiega il sindaco di New Orleans, «la nostra città ha mezzo milione di abitanti, ma assieme ai sobborghi si arriva a parecchi milioni. Il giorno prima dell'uragano abbiamo dato l'ordine di evacuazione, però molti sono rimasti barricandosi in casa. E ora non possiamo raggiungerli, perchè tutte le strade sono allagate».
Improvvisamente sono mancate tutte le cose elementari per sopravvivere: acqua, cibo, un giaciglio per dormire, un riparo, vestiti asciutti. New Orleans si trovava sul delta del Mississippi ma sotto il livello del mare, protetta da argini. Che all'inizio avevano tenuto: per un giorno, anche dopo il passaggio dell'uragano. Poi però la pressione dell'acqua è stata troppo forte, e quasi tutta la città è stata invasa dall'acqua. «Un'acqua pericolosa», avvertono quelli della Protezione Civile statunitense, «perchè contiene le carcasse di animali morti, e putroppo non solo di animali».
Per salvare i suoi gattini Ann Griffin ha rischiato di morire: «Non li avrei mai lasciati da soli, così sono salita al secondo piano della mia casa e ho aspettato. Dopo molte ore è arrivata una barca guidata da un privato, il signor Rayes, che ha salvato me e il mio compagno James». Nei giorni successivi al disastro la situazione, invece che migliorare, è peggiorata. Il Genio dell'esercito non è riuscito a ricostruire gli argini artificiali con sacchi di terra, per cui le pompe idrovore non hanno potuto mettersi in azione. Molte macchine della polizia sono rimaste anch'esse bloccate nei loro parcheggi, galleggiando nell'acqua. Le fogne sono saltate, e un puzzo insopportabile ha avvolto la città. «Abbiamo avvisato i sopravvissuti di non avventurarsi in acqua neppure nuotando, perchè c'era il pericolo di imbattersi in un coccodrillo o in un serpente d'acqua velenoso», ha detto il capo dei pompieri di Gulfport Pat Sullivan.
Il peggior disastro naturale nella storia degli Stati Uniti dopo il terremoto di San Francisco del 1906 si è così dipanato per giorni e giorni sotto gli occhi impotenti delle telecamere tv sugli elicotteri, unici mezzi oltre alle barche per raggiungere decine di migliaia di superstiti. E poi si sono scatenati gli sciacalli. Perchè nel centro di New Orleans, così come in quasi tutti i centri storici delle città americane (tranne Manhattan), ormai sono rimasti ad abitare soltanto i più poveri. Le classi medie e alte sono andate quasi tutte nei verdi sobborghi. Ed è stata troppo forte la tentazione, per chi comunque non aveva già niente oppure aveva perso tutto, di andare a saccheggiare negozi, supermercati, appartamenti privati. «Sono dentro, con un cane feroce e armato di fucile», ha scritto un negoziante con lo spray fuori dal suo negozio. Ma per qualche giorno New Orleans, oltre che nel fango, è precipitata anche nel medioevo delle bande armate. «E' una tragedia enorme, ci vorranno anni per ricostruire», ha dovuto commentare sconsolato il presidente George Bush junior.
Mauro Suttora
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