Saturday, April 24, 2004

Il neocon Kagan fa marcia indietro

Foglio, sabato 24 aprile 2004 - prima pagina

SAPER FARE LE ALLEANZE

Il Foglio, 24 aprile 2004

di Mauro Suttora

Ora il neocon Kagan dice che Rumsfeld se ne deve andare, e che Bush sa affrontare i nemici ma non gli amici

New York. Robert Kagan, 46 anni, autore del manifesto neocon "Paradiso e potere", ribadisce la sua richiesta: "Donald Rumsfeld se ne deve andare". Ma accanto al segretario della Difesa mette pure il segretario di Stato: "Dopo l'uscita del libro di Bob Woodward anche la posizione di Colin Powell è diventata insostenibile".

Gran folla l'altra sera alla Japan Society per un dibattito fra le due K più prestigiose nella politica estera americana: Kagan e il clintoniano Charles Kupchan, autore nel 2002 di "The End o f the American Era".

"È vero", ammette subito Kagan, "Bush non sta facendo un buon lavoro in Iraq. È stato bravo nell'affermare il diritto alla difesa preventiva, nel sollecitare la riforma del mondo arabo e nell'affrontare con realismo la questione palestinese. Ma non riesce a gestire bene il nuovo mondo unipolare, una situazione confusa e senza precedenti dai tempi dell'impero romano. Occorre coltivare le alleanze, anche con accordi e compromessi, perchè la questione della legittimità conta molto in politica estera: è importante ciò che il mondo pensa di noi, non possiamo ignorarlo.  Dobbiamo riconciliare il nostro potere con l'ordine internazionale, per riassicurare coloro che normalmente starebbero dalla nostra parte".

Parole di moderazione sorprendenti in bocca a un neocon, ma anche Kagan deve fare i conti con gli scricchiolii della Coalizione dei volenterosi: dopo la Spagna, anche la Polonia si è messa a borbottare. "Gli europei comunque non si illudano", avverte, "anche con un eventuale presidente Kerry non sarà automatico trovare un accordo. Ormai fra Europa e America c'è una grande divisione. E prima o poi ci ritroveremo davanti i problemi di Iran e Corea del Nord: rimandarli non significa risolverli. Chi oggi tanto invoca Onu e Consiglio di sicurezza sa bene che questi organismi non hanno mai funzionato. Insomma, si accusa l'amministrazione Bush di aver distrutto una trama di relazioni internazionali che in realtà non era stata mai tessuta, a cominciare dall'intervento in Kosovo non autorizzato dall'Onu".

"Il più grosso equivoco nel quale si cullano gli europei", dice Kagan, "è che la politica estera americana sia improvvisamente caduta in mano a un gruppetto di estremisti. In realtà il desiderio di cacciare Saddam è enormemente condiviso, è sempre esistito un consenso bipartisan su questo. E non c'è voluto l'11 settembre per convincerci. Andate a rileggervi i discorsi di Clinton dal '97 al '99: avrebbe potuto pronunciarli chiunque, nell'attuale amministrazione. E' inutile domandarsi chi scatena le guerre, perchè la risposta non è mai univoca. Chi provocò la guerra contro la Spagna del 1898, per esempio? Teddy Roosevelt, William Randolph Hearst? No, tutti gli Stati Uniti la volevano, non era solo l'isteria di qualcuno, e il presidente William McKinley era popolarissimo. Stesso discorso su Pearl Harbor o il Vietnam, che non fu certo un'avventura solitaria di Robert McNamara".

"Quella del Kosovo fu una guerra illegale ma legittima, questa in Iraq è legale ma illegittima", ribatte Kupchan, "e mi spiego: avrei voluto che l'asticella del livello di pericolo necessario per attaccare preventivamente l'Iraq fosse messa più in alto. La minaccia non era così imminente. Insomma, il concetto di guerra preventiva è giusto, ma è stato sbagliato inaugurarlo con l'Iraq, discreditandolo. Ci siamo bruciati le dita, e ora sarebbe molto più difficile attaccare, che so, la Corea del Nord. Gli Stati Uniti non sono più visti come la soluzione ma come il problema, perchè l'unipolarismo funziona solo se il polo unico è considerato legittimo. La nostra arma principale non sono le  portaerei o gli aerei F16, ma il prestigio. Non è vero che è meglio essere temuti che amati".

Anche Kupchan converge al centro e ammette: "Bush ha fatto cose buone, per esempio l'antiterrorismo non militare: è notevole che da due anni e mezzo non ci siano attentati negli Stati Uniti, anche se prima o poi mi sembra inevitabile che qualcosa accada. Un altro punto su cui Bush ha ragione è che l'Onu limita il nostro potere. È vero, ma è esattamente questo il motivo per cui al resto del mondo l'Onu piace. Cosa ci costava, per esempio, avvertire preventivamente Xavier Solana del nostro sì all'ultimo piano di pace di Ariel Sharon? Dimostriamo una straordinaria assenza di tatto... Ma dò ragione a Kagan: con Kerry non cambierà molto. L'internazionalismo liberal del nordest è ormai tramontato, negli Stati Uniti. E dall'Iraq non possiamo andarcene".
Mauro Suttora

Monday, April 12, 2004

Mauro of Manhattan

NO SEX IN THE CITY

New York Observer, April 12, 2004

by Mauro Suttora


We are done with Sex and the City here in Manhattan, but in Italy they’re still airing last year’s episodes and dubbing the final series. Many Italians are crazy about it, and ask me how the real thing is in New York. 
After one year of living in the city (and witnessing one episode being shot right where I work, at the Rizzoli bookstore on 57th Street), I can reply: Liza, Manhattan, in her mid-30′s. Tall, beautiful, sexy: an irresistible smash. Let’s be scientific: My friend Andrea Califano, professor of genomics at Columbia University, explains that Liza is the perfect phenotype, meaning a genotype (the universal “fashion victim”) who can be detected only in a specific environment (Upper East Side).
The night we met, I walked her home. She was heavily drunk, but found the lucidity to enter a deli and buy Altoids (giant American mints for your breath). In the phenotype language, that means “Kiss me.” Downstairs from her apartment, she muttered something about Eros Ramazzotti and Laura Pausini. I jumped right in: “Let me translate them for you.”
“You come and you go”, she ordered imperiously, pretending to get back in control. I was soon to learn that “pretending” and “control” are two main features of the Upper East Sider. Other key words are “stress” and “relax.”
“Let’s put on some relaxation music …. ” She stopped me when our lips touched. She kissed like a princess. She wore luscious leopard pants. But in bed, she turned out as warm as a Mont Blanc glacier. Nevertheless, I fell for her.
Frigidity is considered a minor problem by New Yorkers: They rely on 12-steps programs or yoga to overcome it. Once I went to bed with an exquisite divorcée. I tried hard to please her. “Don’t worry, I never come the first time,” she finally told me.
I couldn’t wait for the second time. Same scene, until she smiled: “I seldom come.”
This phenotype utilizes her vagina mainly to have monologues with. The 10021 zip code (richest on earth) is the empire of finger and clitoris: “The quickest way to a woman’s heart is through her clit,” wrote comedian Wanda Sykes on Esquire a few months ago. “When we say ‘Harder! Harder!’ that means ‘Take it out and touch my clit.’”
No wonder “vibrant” has become the most used positive adjective here.
Liza and me have been together for a few weeks. She was very affectionate: Every two to three hours, she called me or sent me e-mails and cell messages. She showered me with attentions and gifts: heart-shaped chocolates, little funny letters, candies against cough. We shared lunch breaks, she would come to pick me up at work, we slept together. She drank a lot. “I’ll dry you up,” I joked her. She didn’t appreciate. And I didn’t enjoy paying the fantastic wine bills in restaurants.
She wore Prada shoes, Bulgari watches, Helen Yarmak furs. She used to carry her $2,000 Dolce and Gabbana bag hanging on her arm protruded in front of her, strutting majestically as if she held some imaginary cup in her hand. 
She would rarely venture west of Sixth Avenue and south of 50th Street: “I don’t like downtown; it’s dirty.” She couldn’t walk with her impressive high heels on, so plenty of taxis were essential. She was constantly in debt: rescheduling, consolidating, refinancing it.
She didn’t mention children, although her child-bearing time was running out. It’s incredible how New York women believe they can easily be mothers at 40. Little by little, she took more time for herself: girlies’ nights, gym, jogging, shopping, hairdresser, errands, bikini wax, facials, sunbathing on the rooftop …. Nails, most of all.
“I am stressed, I have to relax, I need my space,” she would tell me while canceling dates.
“Have you ever thought of incorporating me in your relaxation time, or making love is just one more tiresome activity for you?” I mildly protested.
She dumped me by e-mail. Suddenly, she didn’t want to see me nor even say a word on the phone. The day before, she was talking about us meeting her parents and making plans for a trip to Italy: schedules, planes to book, places to visit. The day after, she couldn’t stand me. 
“It is best to go our separate ways,” she wrote, “I feel suffocated. I tried to make things work but it was not there for me, I got caught up in the moment …. Who would not want to go to Italy? You are too much, I am overwhelmed.”
The cheapest Italian beach playboy would flush his used women down the toilet with more grace. Or perhaps we Eurotrash are too sentimental. I don’t mind being ditched, it was just the speed from sweet to sour which surprised me. I blamed this oligophrenia on the booze. I asked her the real reason for the turnaround.
“To be quite honest with you, I am in love with another man,” she replied. Ah, the usual Upper East Side sport: double dating, overbooking …. Poor him:Where was he during that month? There are many Lizas on those blocks. Not all necessarily gold diggers, nor man-eaters. Just “fear of commitment,” I am told. Or “decline of desire.” No sex in the city.
-Mauro Suttora