Saturday, October 11, 1986

Sono diventato padre Ligio

Alla scoperta di Mondo X / Il francescano terribile dagli scandali alla redenzione dei drogati

di Mauro Suttora


Ricordate quando sotto il saio fratello Eligio Gelmimi portava slip traforati? Quando lo si incontrava alla feste e beveva champagne? Le vie del cielo sono infinite, ed eccolo oggi caritatevole, altruista, generoso. Un santo? Forse, ma con il dente avvelenato


Europeo, 11 ottobre 1986



C'è un anarchico in Lomellina. Padre Eligio Gelmini, frate francescano di 56 anni, famoso negli anni Settanta come consigliere spirituale del Milan di Gianni Rivera, ha compiuto il grande gesto. Ha rifiutato il contributo che lo stato, dopo anni di richieste, sollecitazioni e polemiche, si è deciso a elargire alle comunità private per il recupero dei tossicodipendenti.

Padre Eligio, Peligio per gli amici, ne ha tante di queste comunità: 22 sparse per l'Italia intera, dal Tonale alla Sicilia. Ospitano in tutto circa 600 drogati ("Sì, chiamiamoli così, senza tanti giri di parole e finti pudori", dicono i suoi collaboratori), e questo fa di Peligio uno dei principali combattenti contro l'eroina, a fianco di altri personaggi famosi come Vincenzo Muccioli della comunità San Patrignano, don Mario Picchi e come il fratello di padre Eligio, don Pierino Gelmini.

Ma, a differenza di tutti questi nobili crociati che si battono contro la 'morte bianca', Peligio ha fra i suoi bersagli anche lo stato. E s'indigna che proprio quello che lui considera, assieme alle altre istituzioni ("Sì, mettiamoci dentro anche la Chiesa"), il principale responsabile della disperazione che porta i giovani alla droga, adesso tenda loro una mano.

Le parole che usa sono forti: "Lo stato non ha assolutamente niente da dire ai ragazzi di oggi. Che cosa possono offrire i ministeri, i partiti, i politici, a un giovane più sensibile e fragile di altri che, di fronte allo squallore della società, comincia a bucarsi? Nulla, proprio nulla. L'unica cosa che sono capaci di fare è prendere i diciottenni per un anno e insegnar loro a uccidere, durante il servizio militare. Quindi, che adesso lo stato voglia aiutare le comunità è ipocrisia pura".

La solita lagna dei poveri drogati vittime della società cattiva? "No, assolutamente. Gli eroinomani non sono malati: dopo quattro giorni la crisi d'astinenza passa. Ma poi ci vogliono quattro anni per ricostruire un uomo vero, responsabile, indipendente. E quindi la vita che proponiamo nelle nostre comunità di Mondo X è di duro lavoro e stretta disciplina, senza condizionamenti dai partiti o dallo stato: anche per questo rifiuto i soldi pubblici".

Benedetto frate. Eccolo che passeggia in borghese, attorniato da qualche discepolo, nei viali attorno al suo castello di Cozzo Lomellina, al confine tra le province di Pavia e Vercelli. E poco a poco il suo carisma, la parlantina diretta e concreta, il fuoco interiore contagiano o per lo meno ammansiscono anche il più scettico degli interlocutori. Sepolti da una valanga di parole e citazioni della Bibbia e del Vangelo, i dubbi di fronte a questo controverso francescano si attenuano, e sembrano lontane le polemiche pruriginose di qualche anno fa.

Ricordate? Il frate che sotto la sottana portava slip rossi traforati; il frate amico di finanzieri bancarottieri come Francesco Ambrosio; il frate che andava in Jaguar e si attorniava di belle fanciulle; il frate che, invitato ai parties dei ricconi, trangugiava champagne tanto da farsi etichettare con il nomignolo di Don Perignon. Il frate che dieci anni fa finì anche un mese in prigione, per una faccenda di truffe e consolati onorari dalla quale però è uscito a testa alta nel 1985: prosciolto con formula piena.

Ma, purtroppo per tutti e anche per Peligio, le buone notizie fanno meno notizia delle cattive, e quindi nessun giornale ha stampato grossi titoli quando le accuse sono finite nel nulla. L'ultimo equivoco strillato dai giornali è di pochi mesi fa: "Padre Eligio ha il cancro". Macché, è in ottima salute. Fresco come una rosa e roseo come il contadino lodigiano che è, Peligio ci accoglie nel suo castello con un affettuoso improperio: "Fratello, sei così giovane e già ti hanno dato la licenza di uccidere?". Perché lui si è sentito ucciso, a volte, "da quell'arma potente che voi giornalisti avete in mano: la penna".

Incurante degli scandali, il frate ha messo in piedi, dal 1974 in poi, la sua piccola grande battaglia contro la droga, usando armi controverse ma efficaci. Quella più appariscente: i due ristoranti di lusso che ha fatto installare nelle sue principali comunità, a Cozzo e a Cetona (Arezzo). Prezzo medio: 80mila lire. Non è poco frugale per un frate minore francescano che si è votato alla povertà? "Il prezzo è basso, per il servizio che offriamo: basta fare il confronto con un qualsiasi ristorante di questa categoria".

L'onestà c'è, quindi. Ma anche qualcosa di più: la straordinaria capacità di quest'uomo nell'attirare a sé persone ricche e nel far loro finanziare le comunità per i tossici. "Sono convinto che se venisse San Francesco e vedesse i ristoranti mi direbbe: 'Peligio, sei più forte di me!'", scheda questo francescano atipico. È anche grazie ai ristoranti, insomma, che Peligio adesso può permettersi di rifiutare l'aiuto dello stato. E i suoi facoltosi amici gli hanno regalato qualche mese fa un'intera isola abbandonata delle Egadi, Formica, al largo di Trapani (prezzo di vendita 600 milioni). Adesso cinquanta tossicodipendenti sono al lavoro per rimetterne in piedi le rovine diroccate.

I vip benefattori di Peligio restano anonimi. Filtrano solo alcuni nomi, Rivera e l'enologo Luigi Veronelli. Ma il frate ha anche un altro asso nella manica: i suoi collaboratori. I più stretti sono una trentina, quasi tutti laici, tutti volontari, e lo hanno incontrato negli anni Sessanta, quando Eligio era attivo a Milano. I centri di Mondo X aiutavano i diseredati, poi nel 1964 è salpata la grande avventura di Telefono amico. Ventiquattr'ore su 24 a raccogliere telefonate di ogni tipo. Gente sola, disperati, malati, aspiranti suicidi, o anche semplicemente persone in cerca di una piccola informazione in provabile nella grande metropoli.

L'avventura continua ancor oggi, e il centralino milanese con dieci linee in via Numa Pompilio, proprio di fronte alle mura del carcere di San Vittore, viaggia verso il record dei due milioni di telefonate ricevute, al ritmo di 300 al giorno. "Anche per quest'attività non abbiamo mai chiesto, né ci è mai stato offerto, alcun contributo pubblico", dice Valeria, 30 anni, a fianco di Peligio da quando ne aveva 18. Telefono amico costa 120 milioni all'anno, ma tutti coloro che rispondono alle chiamate, selezionati severamente, lo fanno gratis. Molti di loro sono ex drogati.

Un'altra volontaria entusiasta, stipendio niente, ferie quasi inesistenti "ma soddisfazioni moltissime" è Mariolina, 50 anni, la metà dei quali passati dietro a Peligio. È lei ad accoglierci in una delle comunità più recenti di Mondo X, quella di Saiano, aperta l'anno scorso vicino a Brescia. Il posto è incantevole, come d'altronde lo sono tutti i centri di Eligio ("San Francesco amava la bellezza"): un convento di francescani installato in cima a una collina verdissima.

Sono 62 i tossicodipendenti che lo abitano (dieci ragazze), e che piano piano lo stanno rimettendo a nuovo. Due ettari di vigna e sette di orto danno u n grande lavoro. La sveglia, in sintonia con le abitudini dei frati, è alle cinque e venti del mattino, d'inverno alle sei e mezzo. Ginnastica fino alle sei, alle sette colazione, poi il lavoro, interrotto solo da pranzo, cena e studio. Tutti a letto alle dieci e mezzo. I tavoli della biblioteca vengono costruiti in falegnameria, e fra le materie di studio spiccano micologia (funghi), erboristeria e apicoltura. Ogni tanto da Merate arriva padre Vincenzo che istruisce il coro. Nei cortili i prati sono all'inglese, con erba finissima, curatissima e innaffiatissima: "A padre Eligio piacciono così", spiega Pietro, 29 anni, da Riva del Garda (Trento), laureato al Dams di Bologna, in cura da un anno e mezzo. "È stato lui a insegnarci come mantenerli". 

La disciplina è dura. Niente tv, radio, sigarette, giornali, musica... Perché niente musica? "Perché fa astrarre troppo, e i ragazzi non devono galoppare con la fantasia indietro nel passato", dice Mariolina. La filosofia delle comunità di Mondo X è che quello dei drogati è un problema umano, non sanitario; dalla droga non si guarisce, "ci si riconcilia alla vita"; i giovani sono in crisi di valori, e gli 'pseudovalori' (potere, denaro, dominio, possesso) non riescono a soddisfare le loro esigenze più profonde di onestà, lealtà, credibilità; ai giovani non vengono più insegnati i doveri, e la mentalità del diritto acquisito impedisce loro di crescere.

I tempi di 'riconciliazione alla vita' sono lunghi. Il primo anno serve solo per 'svelenirsi'; durante il secondo anno si prende coscienza che esiste un altro possibile modo di vivere; solo nel terzo anno di vita in comunità gli ex drogati cominciano a far tesoro delle nuove esperienze. "E al quarto anno la percentuale di guarigioni è del 100 per cento", sostiene Mariolina. "Abbiamo creato degli uomini forti, che hanno scoperto la bellezza del mondo della natura, e che non fuggono la solitudine aggrappandosi a macchine, vestiti firmati o amicizie..."

Come, le amicizie non vanno bene? "Non quando servono solo a riempire il vuoto del proprio mondo interiore. Noi per esempio separiamo per un po' i ragazzi quando si innamorano, perché solo dopo qualche mese di lontananza si scopre se si tratta di una cosa seria o solo di un amorucolo. Troppo spesso si usa il mondo dell'altro solo per colmare le proprie lacune". La ricostruzione della volontà attraverso la disciplina richiede anche un taglio dei legami familiari: non più di una lettera al mese ai parenti, e una visita ogni quattro.

Da Brescia scendiamo in provincia di Reggio Emilia, a Luzzara. Qui una bella villa del '500, un'ex tenuta dei Gonzaga con otto ettari di terreno fertilissimo, è stata donata da una vedova alla Caritas, e da questa a padre Eligio. Alcuni dei 26 ospiti della comunità hanno problemi di Aids: sono portatori sani, e quindi a tavola ciascuno usa le proprie posate e sempre lo stesso bicchiere. Il pranzo è sempre allietato da fiori sul tavolo, come vuole la gioiosa consuetudine di Mondo X. A capotavola c'è Jack, 30 anni, di Milano, che dopo quattro anni passati in comunità ha deciso di rimanerci, diventandone il responsabile. Ogni tossico dei centri di padre Eligio è ospitato gratis, ed è libero di andarsene. Ma poi non può essere riammesso.

La completa riconciliazione alla vita dev'essere però sancita dalla comunità: chi non è ancora ritenuto maturo per affrontare il mondo esterno viene invitato a rimanere per qualche mese in più. "Troppo tempo? Non direi", sostiene Mariolina, "se lo paragoniamo ai cinque anni che ci vogliono per una licenza elementare. E qui si tratta di costruire degli uomini".

Mario Di Bergamo, 34 anni, è bell'e ricostruito. Ma anche lui, dopo quattro anni in comunità, non è affatto impaziente di andarsene, e adesso fa l'aiutante di Mariolina. Con lei affronta le assemblee inferocite degli abitanti locali impauriti dai drogati ogni volta che si apre una nuova comunità. In quei casi lui all'inizio si presenta come 'operatore', ma quando i locali scoprono i suoi trascorsi è proprio lui a rappresentare la miglior garanzia di serietà che possa essere esibita.

I contatti dei tossicodipendenti con i paesi che li ospitano sono resi sicuri dal fatto che solo i più anziani hanno il permesso di uscire. Quando invece scappano quelli arrivati da pochi mesi, Mariolina è inesorabile. "Ci ha ripresi dopo dieci minuti", racconta Antonella, una bolognese 25enne che aveva cominciato a drogarsi nove anni fa spinta dal suo ragazzo, "e il giorno dopo ci ha espulsi. Ma dopo quattro anni le ho telefonato. Ero disperata e lei mi ha riaccolta".

L'orgoglio della comunità di Luzzara sono i taxodium, alberi maestosi vecchi cent'anni originari della Florida. Li curano, sterrano le radici aeree, li mostrano ai visitatori. L'orgoglio di Peligio, invece, sono tutti quelli che lui chiama 'i ragazzi del Duemila' e che strappa alla siringa uno ad uno, educandoli per anni. Così il frate chiacchierato che litigava con gli arbitri adesso lancia appelli accorati: "Chiamateci al Telefono amico, al 4384 di Milano. Il tempo di un colloquio, e accoglieremo tutti. Dovete scoprire anche voi quant'è bella la vita".



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