Processi: siamo i peggiori d'Europa
In Italia cinque milioni di giudizi aperti, cinquecento giorni per una sentenza e il record di avvocati per abitante
Libero, 10 ottobre 2008
di Mauro Suttora
Per fortuna il Consiglio d’Europa pubblica il suo Rapporto sull’efficienza della giustizia soltanto ogni quattro anni, perché ogni volta per l’Italia sono dolori. Il disastro sta tutto in tre numeri. Il primo, tre milioni e 688 mila, è la quantità delle cause civili pendenti. Il secondo è l’arretrato dei processi penali: un milione e 200 mila. Il terzo è il tempo che occorre in media per ottenere giustizia: 507 giorni prima di una sentenza civile di primo grado. I dati risalgono al primo gennaio 2007. Da allora sono peggiorati.
Il dramma è che siamo di gran lunga soli al comando in tutte queste classifiche. Sui 47 Stati che compongono il Consiglio d’Europa (compresi Azerbaigian e Georgia), nessuno riesce a far peggio. Anzi, per la verità sì: in Bosnia il processo civile dura 701 giorni, e in Croazia un mese più che in Italia. Ma il confronto con l’Europa anche balcanica è impietoso.
Lasciamo perdere gli inarrivabili scandinavi, con arretrati di appena settemila processi in Norvegia e 17 mila in Svezia. La Francia, seconda in classifica e con gli stessi nostri abitanti, ha un milione di cause pendenti: un terzo dell’Italia. La Germania mezzo milione, e 287 mila sono i suoi processi penali (meno di un quarto). Ma tutti, proprio tutti, ci surclassano: dalla Spagna alla Turchia, dalla Polonia alla Russia (25 giorni per una sentenza a Mosca).
Di chi è la colpa? L’unico innocente è forse l’attuale massimo responsabile del carrozzone Giustizia, il ministro Angelino Alfano, da troppo poco in carica: cinque mesi. La sua riforma è passata alla Camera, ora è al Senato. Semplificherà e velocizzerà, ferie estive ridotte da 45 a trenta giorni, una trentina di riti aboliti, aumentate le cause smaltite dai giudici di pace.
Intanto, però, prendiamocela anche con noi stessi. Siamo i più litigiosamente incontinenti del continente: quasi tre milioni di nuove cause all’anno, e quindi un arretrato che aumenta di 200 mila ogni dodici mesi. Vantiamo il record degli avvocati, 290 ogni centomila abitanti. Ci superano solo i greci che però ne contano dodici per ogni giudice, mentre noi ne abbiamo più del doppio. I Paesi normali come la Francia hanno sette avvocati per giudice, sei Germania e Svizzera, tre Svezia e Inghilterra. A Londra gli azzeccagarbugli sono quattordici volte meno dei nostri, a Parigi un quarto, a Berlino la metà: «Causa che pende, causa che rende».
Dobbiamo fare di necessità virtù, cosicché svettiamo nella graduatoria del minor numero di divorzi contenziosii: appena 34 ogni centomila abitanti, contro 90 dei secondi classificati Portogallo e Austria, 127 in Spagna, 170 in Francia, 285 in Svezia e addirittura 368 in Lettonia.
I nostri divorziandi si vogliono ancora bene, ed evitano quindi di litigare? Macchè. Il problema è che la durata media di una nostra causa di divorzio è di ben 634 giorni, quasi due anni. E quindi tutti cercano la consensuale: ci si mette d’accordo prima, i giudici servono solo per il timbro. Nella libertina Olanda invece basta aspettare 25 giorni. Ma non è questione di religione, perché la cattolicissima Lituania scioglie i matrimoni in 39 giorni. Tre mesi ci mettono i danesi, cinque i turchi.
Siamo indietro con i computer, spendiamo solo l’1,7 del bilancio giustizia, contro l’otto dell’Irlanda, il sei dell’Austria e il 2,2 della Germania. In compenso, il 69% va in stipendi di magistrati e cancellieri, contro il 57% in Germania, il 47 in Francia, il 45 in Irlanda.
Sulle retribuzioni dei nostri magistrati nel rapporto di Strasburgo c’è un piccolo trucco. Vengono indicate solo quelle degli appena assunti (37 mila euro annui) e i massimi, da giudici di cassazione (seimila netti al mese). Dimenticando che appena tre anni dopo il concorso i magistrati incassano 3.200 mensili, che dopo tredici anni tutti, bravi e asini, scattano automaticamente a 4.500, che per il massimo di seimila bastano vent’anni d’anzianità. Che i giudici amministrativi ci arrivano già dopo otto anni. E che le indennità per le «sedi disagiate» al Sud, in discussione proprio in questi giorni, ammontano a ulteriori 45 mila euro annui, più undicimila per il trasloco.
Intanto, però, in certi uffici mancano perfino i soldi per i toner delle stampanti.
Chiunque di noi, d’altronde, entrando in un qualsiasi tribunale, ha la sensazione di tornare non al secolo scorso, ma a due secoli fa. Come nell’Ottocento, infatti, i fascicoli vengono accatastati nelle cancellerie, l’informatizzazione è un sogno, e gli avvocati civilisti sono costretti a scrivere da soli i verbali, con la penna. A volte la biro sostituisce la stilografica. Ma non sempre…
Mauro Suttora