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Wednesday, October 01, 2008

Pranzo di Ferragosto

IL FILM CON LE NOVANTENNI SBANCA IL BOTTEGHINO

Oggi, 1 ottobre 2008

di Mauro Suttora

Sono di una simpatia travolgente anche nella realtà, le quattro protagoniste di Pranzo di Ferragosto. Le vecchiette che hanno fatto conquistare al film di Gianni Di Gregorio il terzo posto nella classifica degli incassi per sala stanno diventando celebri. Chi le vede al cinema si innamora, e il passaparola ha fatto sì che gli spettatori abbiano già ripagato in pochi giorni il costo del film: 500 mila euro, un’inezia in confronto ai colossal americani.

«Sono un po’ stanca, la celebrità è faticosa», ammette Grazia Cesarini Sforza, 90 anni, appena tornata nella sua casa nel quartiere romano della Piramide dopo una mattina passata da Michele Cucuzza su Raiuno.
Invece la più giovane del gruppo, Marina Cacciotti, 85 anni, è piena di energia e si diverte come una matta: «Ci stanno invitando dappertutto, da Gorizia al Sud. Un bel cambiamento, rispetto alla vita noiosa di prima».

Il film lo hanno girato in cinque settimane, un anno fa, dentro a una casa di Trastevere. E la cronaca di due giorni a cavallo di ferragosto in cui il protagonista (lo stesso Di Gregorio, anch’egli «giovane» debuttante sessantenne alla regia) accoglie nella propria casa, dove vive con la mamma 93enne, altre due signore anziane parenti dell’amministratore del condominio. Poi arriva il suo medico, che lo visita ma gli affibbia la madre. E di fronte a questo poker di ospiti che gli invadono l’appartamento e lo espellono a dormire in una sdraio sul balcone, al povero Gianni non resta che attaccarsi alla bottiglia.

Ma alla fine l’esuberanza delle vecchiette travolge pure lui, e… Non sveliamo il finale, anche se il fascino del film non è nella trama. Fin dalla prima scena, infatti, con la mamma Valeria (De Franciscis, 93 anni, decana del quartetto) che si fa leggere I tre moschettieri per addormentarsi, sono le parole e le facce degli attori (compreso Di Gregorio) a conquistare, con il loro brio malinconico.

La signora De Franciscis, per esempio, ha il vezzo di intercalare le sue frasi con parole francesi: «Peut-etre…», forse, mormora a tavola al figlio insinuando che il suo amico sia un ubriacone. E poi tutte queste sue coetanee parcheggiate a casa sua improvvisamente, «d’emblée”…
Parlando con Valeria scopriamo divertiti che queste interiezioni in francese non erano previste dal copione, perché lei parla veramente così: «Abbiamo improvvisato, e io parlo francese da quando abbiamo avuto una mademoiselle in casa per tenere nostra figlia. L’ho imparato da piccola, mio padre ci teneva che parlassimo francese, perché era una lingua che faceva da trait d’union con l’estero…»

Vedova del giocatore di polo Gianni Bendoni, scomparso nell’81, Valeria è stata reclutata perché da piccolo il produttore del film, Matteo Garrone, abitava nel suo stesso palazzo sulla collina Fleming: «Mi ha preso come comparsa in qualche suo film, e ho partecipato anche a un programma di Gianni Ippoliti in Rai». Ma tutte le protagoniste sono attrici debuttanti, «prese dalla strada» come i bambini di De Sica e Rossellini. Solo che ai tempi del neorealismo loro erano già delle signorine ventenni.

Molto diverso il loro destino. Valeria, «figlia di famiglia» della Roma bene, non ha mai lavorato, e seguiva il marito che giocava a polo a Deauville o Vittel. Le sue due figlie oggi lavorano a Blob e per il musicista Nicola Piovani.
Marina, invece, perse il marito calzolaio di Ostia che aveva trent’anni e due figli da crescere: «Presi in mano il negozio, e assunsi un lavorante. Solo che questo cominciò a farmi la corte, e allora lo mandai via. Ma tutti gli operai che prendevo s’innamoravano subito, così alla fine ne ho sposato uno e buonanotte. Era siciliano, gelosissimo. Poverino, è morto dodici anni fa. Siccome i soldi non bastavano, quando aprirono l’aeroporto di Fiumicino nel ‘61 lasciai a lui il negozio e mi feci assumere. Cominciai facendo le pulizie con strofinaccio e spazzolone, poi mi promossero all’ufficio dogane: controllavo le stecche di sigarette e i liquori e profumi che vendevano sugli aerei. Lavorare mi piaceva, peccato mi abbiano obbligato a pensionarmi a 55 anni».

Ora i suoi figli sono sessantenni, proprio come quelli del film: le è mai capitato di passare il ferragosto da loro? «Ma figurarsi, con le nuore… Semmai sono loro che vengono da me». Frequentatrice del centro anziani sul lungomare di Ostia, la signora Cacciotti non vede l’ora di prendere lezioni di ballo liscio: «Non trovavo mai un cavaliere, ma ora che sono famosa non avrò problemi!»

Grazia Cesarini Sforza, scelta perché è la zia del regista («Sono una raccomandata», scherza), si era laureata in etruscologia prima della guerra. Poi ha insegnato lettere al liceo di Civitavecchia («Ero quasi coetanea dei ripetenti»), infine ha sposato il fotografo Ezio Graffeo e ha lavorato con lui. Nel film fa la parte della golosa che mangia di nascosto le lasagne di notte: «Lo sono anche nella realtà, non ne posso più di stare a dieta».

E non ha dovuto fingere neppure Maria Calì, 87 anni, siciliana, «scoperta» dal regista in un centro anziani sulla Tuscolana. E lei la cuoca delle magiche lasagne di ferragosto: «Ma che siano buone lo dicono tutti, a cominciare dai miei figli», precisa orgogliosa. Che cast, ragazzi.

Mauro Suttora