VIAGGIO A MADRID DOPO L'ABDICAZIONE DI JUAN CARLOS
dall'inviato Mauro Suttora
Oggi, 11 giugno 2014
Plaza de Toros de Las Ventas, la maggiore di Spagna,
trabocca di spettatori. Prima delle corride in 25mila si alzano ad applaudire
re Juan Carlos, accanto al sindaco di Madrid Ignacio Gonzalez. Gli applausi
durano per tutto l'inno nazionale, che in presenza dei reali viene eseguito
nella versione lunga.
Il re è commosso. Da mesi, da anni non veniva accolto così.
«Gli battono le mani solo perché ha abdicato tre giorni fa», sibila uno
spettatore repubblicano. «Macché, l'entusiasmo è genuino», commenterà con Oggi
il sindaco Gonzalez (Partito Popolare), «Juan Carlos ci ha assicurato
prosperità e progresso per 39 anni».
Il nuovo re di Spagna è Felipe VI, suo figlio. I toreri che
hanno matato Juan Carlos sono i cinque milioni di spagnoli che alle europee del
25 maggio hanno tolto il voto ai due principali partiti, socialisti e popolari.
La crisi è precipitata. Certo, le foto del re allegramente a caccia in Botswana
con l'amante tedesca, fra lo sconcerto di milioni di disoccupati, lo hanno
condannato. E i 17 anni di carcere che rischia suo genero, causa tangenti
milionarie per Cristina, figlia del re. E poi il fisico malfermo: tumore benigno ai polmoni, femori e anche a pezzi, sette operazioni in due anni. Ma il re non si è
aggrappato alla salute come scusa. Lo ha detto chiaramente: «Abdico per il bene
della Corona e della Spagna».
Lo ha fatto proprio il 2 giugno, anniversario del referendum
monarchia/repubblica italiano. Juan Carlos, nato a Roma, conosce la nostra
storia. Sa che l'abdicazione di re Vittorio Emanuele III non servì a salvare
casa Savoia. Ma sa anche che, se avesse rimandato la decisione, sarebbe stato
peggio: il segretario monarchico del Psoe (Partido socialista obrero espagnol) è
dimissionario, in autunno c'è il voto amministrativo, nel 2015 le politiche. E
in cambio dell'abdicazione lui ha chiesto l'immunità perpetua dai processi.
Regalo che gli può garantire soltanto l’attuale Parlamento, non certo quelle in
cui estrema sinistra e il nuovo partito «grillino» Podemos (Indignati)
arrivassero al 20%, come alle europee. Quindi abdicazione subito, e addio sogno
di raggiungere 40 anni di regno.
Con Felipe re, diventa regina la controversa Letizia Ortiz
Rocasolano. Dieci anni dopo le nozze, l'ex giornalista sale al trono proprio
nel momento in cui due spagnoli su tre reclamano un referendum su monarchia o
repubblica. Nel caso improbabile che venisse tenuto, i sondaggi danno ancora
una prevalenza di monarchici. Ma Letizia, contrariamente all'inglese Kate, non
suscita grandi simpatie.
«È un'arrivista susseguiosa», dice a Oggi la sua ex collega
Mariam Gomez. Contrastata da Juan Carlos perché non nobile, è riuscita a
sposare Felipe solo perché quest'ultimo, dopo il veto opposto dalla famiglia
reale a una modella norvegese suo grande amore, si è impuntato.
Se Felipe mostra un'inquietante somiglianza con il dittatore
siriano Bashar Assad, Letizia fa di tutto per sembrare Rania di Giordania.
Operazioni plastiche comprese.
Gli spagnoli la criticano su tutto. Ha fatto due figlie
bionde e stupende? Sì, però non ha provato una terza volta, per dare alla
Spagna un erede maschio. Così prossima regina sarà l’infanta Leonor. Che però
ha soli otto anni. E se - Dio non voglia - a Felipe capitasse qualcosa, sarà
Letizia reggente fino alla maggiore età della figlia.
«Non solo è “plebeya”, come curiosamente i nostri altezzosi
nobili chiamano tutti i borghesi», spiega Mariam Gomez, «ma in gioventù era
repubblicana, figlia di repubblicani, è divorziata, forse anoressica, e in più
pare abbia abortito e sia finita in carcere per possesso di hashish».
«Es una encantadora», Letizia è incantevole, ha invece
dichiarato l’attuale regina Sofia da New York, dove si trovava nei giorni
dell’abdicazione. Sublime diplomazia di una signora abituata da decenni a dire
bugie e subire centinaia di corna dall’esuberante marito.
Ha voglia la povera Letizia a scapicollarsi assieme al
principe ereditario in centinaia di appuntamenti per tutta la Spagna. Anche
diversi al giorno in posti lontanissimi: per esempio, mentre re Juan Carlos
assaporava gli applausi quasi postumi alla corrida, Felipe e Letizia erano al
mattino in Navarra a consegnare un premio, e nel pomeriggio a Barcellona dagli
industriali.
Gli impegni di corte che annichilirono Lady Diana vengono
affrontati con professionalità da Letizia. Eppure la criticano anche su questo,
perché pretende che almeno i fine settimana siano liberi per stare con le
figlie.
Ora Felipe abita con Letizia in una villa vicino al palazzo
della Zarzuela, residenza di Juan Carlos e Sofia, circondati da un parco
immenso (15mila ettari) alle porte di Madrid. Per educazione non li
sfratteranno. E per sobrietà non inviteranno i capi di Stato e gli altri nove
re europei alla cerimonia di intronazione. Si eviteranno così le polemiche di
un anno fa sul costo del cambio della guardia in Olanda, otto milioni. Il
modello è il Belgio, dove re Alberto ha abdicato per la modica cifra di 600
mila euro, niente fuochi d’artificio per il figlio. E neppure una messa solenne
per Felipe, nella ex cattolicissima Spagna.
D’ora in poi Felipe non potrà più viaggiare sullo stesso
mezzo dell’erede Leonor, per ragioni di sicurezza. Passerà da uno stipendio di
150mila euro ai 300mila di suo padre. Le due attuali «infante» sue sorelle non
faranno più parte della casa reale e non incasseranno appannaggi. Il bilancio
della Corona sarà di otto milioni annui (contro i 150 del nostro Quirinale).
Insomma, l’ambiziosa Letizia dovrà rassegnarsi a fare la regina low-cost.
Perlomeno finché dura la crisi economica. Ma da quel fronte giungono buone
notizie: 200 mila occupati in più in Spagna a maggio. Se torna la prosperità,
anche la monarchia si salverà.
Mauro Suttora