Segreti dell'informazione: in un libro 200 anni di rapporti con i politici
CHE SVIOLINATE A TUTTI I POTENTI!
Foscolo e gli austriaci. Longanesi che schiaffeggia Toscanini. Montanelli sull'attenti dal duce. Comunisti nelle riviste fasciste. E anche oggi, troppe riverenze
di Mauro Suttora
Oggi, 3 dicembre 2014
Marzo 1815. Napoleone scappa dall’isola d’Elba e punta su Parigi. Titoli di prima pagina sul giornale Moniteur: «Il mostro è fuggito dall’esilio» (9 marzo); «Il tiranno è a Lione (13 marzo); «L’usurpatore è a 60 ore di marcia dalla capitale» (18 marzo); «Bonaparte avanza a tappe forzate» (19 marzo); «Napoleone arriverà domani» (20 marzo); «L’Imperatore è a Fontainebleau» (21 marzo); «Sua maestà l’Imperatore è arrivato alle Tuileries. Niente può superare la gioia universale» (22 marzo).
E niente può superare la vergogna di certi giornali che voltano gabbana e si offrono al potente di turno. Pier Luigi Vercesi li castiga nel libro Ne ammazza più la penna (Sellerio), tracciando una storia dei giornalisti che hanno fatto la storia d’Italia negli ultimi due secoli.
Con qualche sorpresa: per esempio Ugo Foscolo che, spinto dal bisogno, aveva accettato l’offerta di dirigere un giornale filoaustriaco. Fortunatamente il conte Federico Confalonieri lo dissuase. Oppure Leo Longanesi, brillante giornalista ma anche fascista al punto di schiaffeggiare Arturo Toscanini perché non eseguì Giovinezza, inno del regime.
Quanto al principe dei giornalisti italiani, Indro Montanelli, pure lui con qualche peccatuccio di gioventù. Per esempio, quando si mise sull’attenti davanti al Duce a palazzo Venezia con i colleghi di un nuovo giornale. Per non parlare dei tanti comunisti (Alicata, Pintor, Guttuso, Trombadori) che scrissero sul giornale razzista Primato.
E oggi, Vercesi?
«Il rapporto tra giornalismo e potere è cambiato. Le direzioni dei giornali non sono più un trampolino per la politica. Berlusconi, Renzi e Grillo arrivano direttamente al pubblico più sprovveduto con tv e Rete. Ma Grillo è già in declino».
Sicuro?
«Mi ricorda il senatore McCarthy nell’America degli Anni 50, quello della caccia alle streghe. Aveva trovato il modo di “manipolare” l’informazione, ma non durò. I giornalisti lo seppellirono».
Meglio i giornali di tv e Rete?
«Se si pensa di essere informati perché si seguono i social network si commette una terribile ingenuità. La Rete, da apparente luogo democratico per eccellenza, si sta trasformando in uno strumento pubblicitario e di marketing, anche politico, che, attraverso la semplificazione e gli slogan, può anche far credere che gli asini volano. Così l’Italia rischia di trasformarsi in un immenso bar sport. Con conseguenze che non sappiamo. Ma che possiamo immaginare».
Mauro Suttora
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