Macché mangiauomini! Sei una dolce Alba solitaria
Oggi, 17 agosto 2000
Galeotta fu l' intervista: la showgirl si lascia andare a confessioni intime sui suoi amori col nostro cronista. Lui perde la testa e la insegue, innamorato e speranzoso, fino in Sardegna. E li' succede che...
di Mauro Suttora
È simpatica, calda, accessibile, disponibile. Da dieci anni esatti sta facendo impazzire gli italiani, da quell’indimenticabile estate in cui si appollaiò su uno sgabello di Telemontecarlo e cominciò a discettare di calcio. Fra le cosce di Schillaci e le sue, non ci fu battaglia. I nostri calciatori persero Italia ‘90, ma lei i Mondiali li vinse. E ha continuato a vincerli per tutto questo decennio.
Alba Parietti ormai è un classico, fa parte del paesaggio, anzi quasi dell’arredamento. «E certo», scherza lei, «mi sono trasformata in un elettrodomestico, sto dentro la tv e la gente si è abituata a vedermi lì dentro. Infatti quando mi incontrano per strada mi danno del tu, Alba di qua, Alba di là, sono convinti di conoscermi personalmente, sanno tutto di me, seguono con assiduità le mie vicende sentimentali... Paesaggio, arredo? No, no: io ormai per molti faccio parte addirittura della famiglia».
Confesso: anch’io. Anche io, come buona parte dei maschi italiani, sono segretamente innamorato di Alba. E spero che il direttore di Oggi e l’editore della Rizzoli non mi licenzino, se ammetto di avere usato questa intervista per motivi personali. Chissà se per causa di Alba sarò radiato dall’Albo: quello dell’Ordine dei giornalisti, che vieta di trarre in inganno l’interlocutore, spacciandosi per un altro. Io ieri pomeriggio, in quell’afoso bar della periferia di Milano, ho mentito ad Alba quando mi sono presentato come giornalista. In realtà di fronte a lei c’erano soltanto un cuore che batteva, una mano che tremava e un uomo che sudava.
«Perché non intervisti la Parietti?»: questa è la domanda che tutti i cronisti vorrebbero sentirsi rivolgere dal proprio direttore. A me era già capitato una volta. Fu nove anni fa, quando la interrogai sull’argomento «soldi»: chiedevo a dei personaggi famosi qual era la cifra mensile di cui si sarebbero accontentati per vivere di rendita. Lei rispose testualmente: «Tre miliardi». Ma subito dopo aggiunse: «Beh, no: ammetto che è una risposta un po’ paracula».
Sincera e brutale come sempre, Alba. Però quella fu un’intervista al telefono, durò solo un quarto d’ora. Invece questa volta ho un’ora di tempo. A tu per tu. Mi sono fatto dare il suo numero di telefonino dalla segreteria, l’ho chiamata, ha subito risposto lei in persona. Pensando a tutte le divette che si circondano di addetti stampa, manager, agenti e segretarie, la sua semplicità mi ha fatto subito un’ottima impressione. Niente filtri inutili, andiamo al dunque.
«Un’intervista? Va bene. Dove e quando?». Speravo che Alba si trovasse nella villa che, come tutte le estati, affitta in Costa Smeralda. Aereo, mare, sole, già immaginavo un romantico incontro al tramonto. Invece, che sfortuna: «Sono rientrata per pochi giorni a Milano, dopodomani devo posare per un fotografo, ci vediamo lì?» E subito, oltre all’indirizzo, mi dà il numero di telefono dello studio, un altro numero di riserva e il cellulare del fotografo. Stordito da tanta folgorante efficienza, azzardo: «Lei è una bravissima segretaria...» «Di me stessa? Sì, lo so, non ho voglia di farmi organizzare la vita da qualcun altro. Così è tutto meno complicato, no?»
Come no. Mi preparo meticolosamente al rendez-vous. Mi vesto sportivo, niente giacca, niente cravatta, niente calze. È estate, e poi leggo in una vecchia intervista che il suo fidanzato storico, Stefano Bonaga, ha detto: «Non spendo mai più di 400 mila lire all’anno per il mio guardaroba». Le piacciono gli uomini un po’ «scaciati». Ho chiesto all’archivio tutto quello che hanno su di lei. Mi rispondono: «Ma ti si è fuso il cervello? Non possiamo mica mandarti giù un’enciclopedia di fotocopie. Accontentati degli articoli degli ultimi sei mesi».
Così scopro che ha regalato 15 milioni per il restauro della biblioteca di Tolstoi in Russia. Allora vado nella libreria Rizzoli e le compro un libro di Tolstoi. Mentre sono in auto per andare da lei (dall’altra parte della città, sulla circonvallazione), mi accorgo che ho dimenticato penna e taccuino. Accosto, parcheggio, compro una bic da un tabaccaio. Per la carta fa niente, scriverò sul retro di una fotocopia dell’archivio. A piazzale Brescia mi fermo davanti a un fioraio, le compro una rosa rossa. Pensate che sia scemo? E allora il mio collega di stanza, che si è eccitato pure lui e mi ha dato una rivista anarchica con dedica da regalarle («Fatti fotografare con lei mentre gliela dai»)?
Arrivo nello studio del fotografo. Alba è in posa da due ore per le foto da protagonista della commedia che debutterà il 3 ottobre al teatro Manzoni di Milano («Nei panni di una bionda»). Quando finisce, una tenda si apre e lei appare. Stupenda. Bellissima, più di come la vediamo nelle foto e in Tv. Le offro la rosa, mi ringrazia, il fotografo ci immortala. Il libro di Tolstoi. «Andiamo in un bar per l’intervista?» Certo. Usciamo. Ma prima invita tutti (fotografo, assistente, segretarie): «A casa mia domani, alle sei». Camminiamo per cinquanta metri fra la polvere delle macchine. Entriamo in un bar di viale Ranzoni. Un gruppo di uomini al banco si volta per guardarci. Diciamo che guardano lei. Quanto a me, mi scrutano per indovinare se sono un amico o un fidanzato.
«Ci sediamo qui?»
No, meglio dentro, un po’ più appartati. Lei forse pensa che voglia garantire l’esclusiva, io in realtà desidero guadagnare intimità.
Fa molto caldo, ma è meglio non stare vicino alla vetrina con Alba Parietti accanto. Chiedo al barista di far girare la ventola sul soffitto. E due spremute d’arancia. Prima domanda: da dieci anni lei ha un gran de successo, non esce mai dalla classifica delle prime 5-10 donne più desiderate dagli italiani. Come si sente?
Mi guarda con occhi incredibili da gatta. «Grande successo? Guardi, contrariamente a ciò che sembra io sono pigra e poco ambiziosa. Il su. Il successo è arrivato casualmente, e grazie a un decimo del talento che avevo. Perché in realtà sono una persona scostante e interessata soprattutto alla mia vita privata. Se fossi una studentessa, direbbero il classico “È brava, ma non si applica”. Nel momento in cui ottengo qualcosa non mi interessa più, è già superato. Ho avuto la fortuna di godere di un successo forte, violento, spaventoso. Tutto sommato l’ho assaporato e mi ha fruttato poco. Ma sono orgogliosa di averlo ottenuto senza raccomandazioni, senza protettori politici o di letto...»
Mentre parla, mi accorgo di avere commesso un errore: non ho il registratore. Non lo uso quasi mai, perché di solito gli appunti scritti bastano per ricordarsi la sostanza di un’intervista. Però Alba sforna a raffica concetti non banali, parla bene e denso. Difficile starle dietro con la penna. Lei se ne accorge e mi chiede: «Ce la fa a scrivere?» Mento: «Certo, e poi se una cosa è importante mi resta in testa».
Ma il registratore sarebbe stato prezioso anche perché avrei potuto guardarla in viso mentre parlava. Avete presente le gatte che socchiudono gli occhi quando fanno le fusa? Ma forse è meglio così: lo sguardo di Alba non è sostenibile a lungo. Almeno per me. Lei intanto continua, inesauribile: «...Sono sopravvissuta a detrattori, mitomani, profittatori e chirurghi estetici. Ora sto leggendo Schopenauer..»
Alt! Pure lei?
«Perché?»
Anche Vasco Rossi due anni rivelò di esser alle prese con Schopenauer.
«Sospetto che abbiamo lo stesso fornitore».
Non le conviene usare la parola «fornitore» se c’è di mezzo Vasco Rossi...
«Ma no», sorride, «penso che sia Bonaga ad aver dato i libri di Schopenauer sia a me che a lui. E anche a Patty Pravo».
Ma saranno dei mattoni.
«Macché, senta che titoli attraenti: L’arte di ottenere sempre ragione, L’arte di essere felici, L’arte di insultare...»
Senta, visto che nel 2001 compie i suoi primi 40 anni, perché non scrive anche lei un libro?
«Nessuna crisi degli “anta”, al contrario di molte donne per me l’età è una bandiera al valore. Ho il privilegio di essermi rifatta il seno e le labbra e di averlo dichiarato...»
Ora è «in» dichiararlo.
«Sì, ma quando l’ho ammesso io, no. Mi hanno sputt... Io faccio quello che diventa di moda dopo due anni. Per esempio, le signore bene milanesi...»
Squilla il suo telefonino: «Pronto, amore della mia vita! Sto facendo un’intervista, ci vediamo a cena? Dove vuoi tu: al Torre di Pisa, da Bice...» Tristezza improvvisa: allora è già impegnata, non ho speranza... Chi era?
«Una mia amica. Dov’eravamo?»
Le signore milanesi.
«Ah, quelle! Sono sempre lì paurose che qualcuno gli rubi il marito, ti invitano a casa a colazione, a pranzo, a cena, ma se c’è il marito si ingelosiscono».
Tutti sanno che la Parietti è reduce da una storia d’amore con il finanziere milanese Jody Vender. E il passatempo preferito delle sciure bene meneghine lo scorso inverno era quello di scommettere se sarebbe finita prima la relazione fra loro due, oppure quella fra Marco Tronchetti Provera e Afef Jnifen. Tifando accanitamente contro entrambe le belle estranee, bollate come «arriviste». Acqua passata, per Alba: «No, non detesto nessuno. Non mi viene voglia neanche di ricordarmi come si chiamano. Odio soltanto le persone che ho amato, e dopo un po’ le riamo».
All’inizio di luglio ha festeggiato il compleanno assieme a due o tre suoi ex. A proposito: un regista, un attore... Ha mai provato con un giornalista? Ma la domanda mi muore in gola: troppo diretta. Mi esce invece un neutrale: perché è così buona? Ride: «Sono una persona di cui non si può fare a meno. E io non posso fare a meno degli altri. Non riesco a stare da sola. Devo telefonare, o leggere».
Beh, si legge da soli.
«No, si possono anche leggere cose l’uno all’altro, ad alta voce».
Mamma mia.
«Perché, lei non l’ha mai fatto?»
E perché tu continui a darmi del lei?
«Ah, davo del tu a tutti, poi mio padre si arrabbiò quando lo diedi a uno al Maurizio Costanzo Show, diceva che era un tipo poco chiaro».
Chi era?
«Parretti».
Ma avete il cognome quasi uguale.
«Boh, era sospettato di qualcosa».
L’ora sta finendo. Mi sto abituando ad Alba, mi sembra quasi naturale avere accanto la donna che è collocata in cima alla lista dei pensieri proibiti degli italiani. Sì, magari possiamo tradirla sa per una slava di passaggio, ma nessuna «ova» o «enko» potrà mai placarci la voglia di strapparti a tutti quegli stranieri, attori famosi o avvocati di successo, a tutti quei ricconi che ti conquistano e dopo un po’ finisce, e non si riesce neanche a capire bene se sei tu a lasciare loro, o viceversa.
Senti, Alba, ho letto che siccome ti senti sola la tua tournée teatrale in autunno si limiterà a Milano dove abiti, a Bologna dove c’è Bonaga, e a Torino che è la tua città.
«No, hanno aggiunto anche Napoli, Palermo, Verona e Viterbo. Ma io, sì, ho paura di stare da sola. Spero di farcela. Di notte prima di addormentarmi scrivo».
Se nessuno ti risponde ti posso scrivere io. Tu che scrivi?
«Lettere. Scrivo tantissimo. Ho scritto anche un giallo. E mando pure i messaggi sul telefonino».
Pubblichiamo qualche lettera?
«Dopo morta».
Il programma più bello che hai fatto in questi dieci anni?
«Galagoal e Macao. Ma la mia specialità sono gli Uno contro tutti da Costanzo».
La porto sull’argomento prediletto (da me, ma abbastanza anche da lei): l’amore. L’uomo ideale?
«Non ho la puzza sotto il naso».
Cioè?
«Non dev’essere né ricco né bello...»
Beh...
«Perché, Bonaga è ricco o bello?»
È affascinante.
«Appunto. Il mio uomo ideale è intelligente e spiritoso. E poi c’è la famosa pelle...»
Prego?
«No, non quella del divano. Intendo la chimica. Quella o c’è o non c’è, scatta subito».
Quindi io non ho speranza?
Sorride: «Chissà».
Allora ecco il mio numero di telefono: chiamami quando ti senti sola. Magari una sera, da Viterbo...
Mi ha già richiamato due volte. La prima voleva sapere se questo articolo avrà la copertina. La seconda, dopo cinque giorni, era già tornata in Sardegna. «Che coincidenza, anch’io vado spesso in Sardegna», le ho detto.
«Ma guarda, quando vieni?»
Presto...
«Vediamoci!»
Certo. Poi mi ha chiesto ancora se la sua foto andrà in copertina.
Alla fine l'ho richiamata io. Lei è in Sardegna, è stupita. Volo a Olbia. Mi faccio «soffiare» da un paparazzo il nome dello yacht su cui è ospite: Atlantica, dell'industriale Manuli. Affitto un canotto a Capriccioli, la «abbordiamo» (nel vero senso della parola) all'isola di Mortorio, di fronte a Porto Cervo. Il risultato lo vedete nelle foto di quest'articolo. In spiaggia, niente da fare. Ma alla fine, per educazione, ci fa salire sullo yacht.
Alba è in uno dei suoi (rari) momenti da single, tento il tutto per tutto. Al tramonto, eccomi con un'altra rosa rossa in mano davanti al suo residence di Porto Cervo, a cala Romantica (!) Lei è spiritosa, la butta sul ridere. La intercetto di nuovo mentre prende un aperitivo in Piazzetta, un'altra rosa smisurata, gliela offro in ginocchio. La gente assiepata per chiederle autografi mi applaude. In Costa Smeralda si sparge la voce della mia corte assidua, finisco nella rubrica mondana di Maramalda, sul quotidiano Unione Sarda...
Sono tornato a Milano, proprio mentre scrivo questo articolo Alba mi chiama. Batticuore. Vuole sapere di nuovo quali foto mettiamo. Ma io lo so che è soltanto una scusa.
Mauro Suttora
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