Wednesday, December 13, 2006

Pena di morte

No alla condanna a morte, la pena più giusta è il perdono

Incontriamo i sopravvissuti al patibolo e i familiari delle vittime.
Shuja Graham è stato scagionato dopo quattro processi. Mario Flores ha studiato Legge in carcere per dimostrare la sua innocenza. Renny Cushing, figlio di un assassinato, ha gridato: "Niente vendette". Anche perché dove è in azione il boia i delitti non calano. Le storie di chi ha rifiutato la legge "occhio per occhio, dente per dente"

di Mauro Suttora

13 dicembre 2006

La buona notizia è che sempre meno Stati applicano la pena di morte: erano 60 due anni fa, oggi sono 54. La brutta notizia è che non si sa quanti siano i giustiziati: in Cina, dove si effettua il 90 per cento delle esecuzioni nel mondo, le stime variano da cinque a ottomila. Seguono Iran (113), Arabia Saudita (90), Corea del Nord (75) e Stati Uniti (60). In Europa solo la Bielorussia ha eseguito due condanne a morte nel 2005. Il 30 novembre si è celebrata la Giornata internazionale contro la pena di morte.

A Roma lo scrittore Sandro Veronesi ha presentato il suo libro Occhio per occhio (Bompiani) presso l' associazione Nessuno tocchi Caino. E la Comunità di Sant' Egidio ha organizzato un convegno con testimoni giunti dall' unico Paese occidentale che ancora applica la pena di morte: gli Stati Uniti. Ecco le loro storie.

Shuja Graham: "Sono stato liberato dal braccio della morte di San Quentin in California nel 1981, diventando così il ventesimo condannato a morte riconosciuto innocente". La sua era un' umile famiglia afroamericana di contadini che lavorava duramente tra sfruttamento e discriminazioni nelle grandi piantagioni del Sud. Il teatro della adolescenza furono le strade dei sobborghi poveri di Los Angeles. Le porte degli istituti giovanili di rieducazione si aprirono spesso per lui. A 18 anni l' ingresso nel carcere di Soledad. Divenne il leader del movimento "Black Prison", in collegamento con il gruppo delle "Pantere Nere". Imparò a leggere e a scrivere, cominciò a studiare, divenne un uomo istruito.

"Nel 1973 fui coinvolto nell' assassinio di una guardia carceraria a Stockton. La comunità afroamericana di tutta la California si mobilitò per la mia difesa. Entrai nel braccio della morte di San Quentin nel 1976, dopo essere stato condannato da una giuria di soli bianchi. Nel ' 79 la Corte Suprema della California commutò la sentenza capitale. Ma io volevo dimostrare che ero innocente. Mi ci sono voluti quattro processi prima di provare la mia estraneità ai fatti".
Dopo il rilascio Graham ha continuato a impegnarsi per il sostegno ai detenuti di colore delle carceri californiane e contro i metodi brutali della polizia carceraria. Si è trasferito nel Maryland, si è sposato e ha avuto tre bambini.

Mario Flores, 41 anni, deve ringraziare il governatore dell' Illinois George Ryan, che lo ha graziato assieme a tutti i condannati a morte del suo Stato nel 2003, dopo 19 anni passati nel braccio della morte: "Sono nato a Città del Messico, e a sette anni la mia famiglia emigrò a Chicago. A tredici anni, per evitare che frequentassi le gang giovanili nel quartiere, i miei mi mandarono in una scuola privata. Diventai un bravo tuffatore dal trampolino, speravo di partecipare alle Olimpiadi. Nell' 84 iniziò una guerra sanguinosa nelle strade di Chicago tra le diverse gang, che provocò vari morti: sia membri delle bande, sia passanti uccisi nelle sparatorie. La polizia mi accusò di essere il capo di una banda, e venni arrestato con l' accusa di aver ucciso il leader di una banda rivale, Gilbert Perez. I poliziotti convinsero due altri capi ad accusarmi. Nell' 85 fui condannato a morte, ma sapendo di essere innocente, iniziai a studiare diritto, e anche la Bibbia". Gli avvocati di Mario cominciarono in tutte le maniere a ritardare la data dell' esecuzione, lui prese una laurea in Legge e iniziò a dipingere quadri a olio. Divenne uno dei migliori avvocati nel braccio della morte dell' Illinois, e nel 2000 i suoi quadri ebbero successo in mostre a Chicago, Città del Messico e Malaga (Spagna). Nel ' 99 lo stato dell' Illinois accettò l' uso della prova del Dna, e il test cominciò a dimostrare che diversi condannati a morte erano innocenti. Il governatore Ryan decretò allora una moratoria di tutte le esecuzioni, finché si raggiungesse la certezza che nel braccio della morte non ci fossero innocenti. E quattro anni dopo annunciò che la pena capitale non poteva funzionare: nel braccio della morte c' erano ancora degli innocenti, che avrebbero dovuto essere liberati. Uno dei quattro fortunati era Flores. Mario è riuscito a reintegrarsi con successo nella società, grazie al sostegno della famiglia e dei tanti amici che si è conquistato nel mondo. Oggi lavora come consulente legale per uno Stato del Messico e continua la sua attività di pittore, oltre a viaggiare per il mondo per chiedere l' abolizione della pena capitale.

Bill Pelke. È il nipote dell' anziana signora uccisa con 33 coltellate dalla quindicenne di colore Paula Cooper nel 1986, per impossessarsi di dieci dollari da spendere in una sala giochi dell' Indiana. Il caso della Cooper divenne famoso, finché la sua pena non fu commutata nell' 89 in 60 anni di carcere. "Mia nonna Ruth non avrebbe voluto la morte di quella ragazzina, ne sono sicuro", dice Pelke, "e sono tornato per ringraziare i due milioni di italiani che firmarono l' appello per la commutazione della sua pena. Ho imparato la lezione più grande della mia vita: guarisce il perdono, non la vendetta". Dopo aver lavorato in acciaieria per trent' anni il pensionato Pelke è diventato presidente della "Coalizione per l' abolizione della pena di morte negli Stati Uniti".

Renny Cushing: "Dopo l' assassinio di mio padre un amico mi disse: "Spero proprio che il killer venga fritto sulla sedia elettrica, affinché la tua famiglia possa trovare un po' di pace". Sapevo che quell' uomo voleva soltanto darmi conforto. Invece mi stava dicendo una cosa orribile". Robert Cushing, padre di Renny, venne ucciso nel 1988 con due colpi di fucile sparati da uno sconosciuto attraverso la porta di casa, nel New Hampshire (Stati Uniti).
La morte del padre incise in maniera decisiva sulla attività e sul futuro di Renny, che sentì in sé una forte vocazione a dedicare la propria vita nel tentativo di far incontrare due mondi distanti: quello delle vittime e quello dei condannati, senza dimenticare le pene sofferte dalle famiglie, da una parte e dall' altra.
È diventato deputato, portando avanti iniziative di legge per abolire la pena capitale e creare un fondo a favore delle vittime, e per anni è stato giudice di pace. Ha fondato l' associazione Murder Victims' Families for Human Rights (l' Associazione dei familiari delle vittime per i diritti civili), e viaggia spesso per testimoniare lo spirito di riconciliazione a nome delle vittime che si oppongono alla pena capitale, cercando la loro riconciliazione con chi è accusato dell' omicidio. È stato consigliere di diversi familiari di vittime e li ha sostenuti durante i processi e le esecuzioni. Aiuta spesso anche le famiglie dei condannati a morte a superare i propri traumi.

Mauro Suttora

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