Thursday, December 20, 2007

La casta non si mette a dieta

Avevano promesso di tagliare gli sprechi. L'hanno fatto?
Dopo tanti annunci, i politici hanno concluso poco. I risparmi rimangono una promessa, i tagli ai superstipendi subiscono troppe eccezioni. Anzi, molte spese crescono

di Mauro Suttora

Oggi, 26 dicembre 2007

Avevano promesso che avrebbero tagliato i costi della «Casta». Invece, facendo un bilancio di fine anno, poco o nulla è cambiato. Anzi, in alcuni casi gli sprechi dei politici sono addirittura aumentati.

«Cosa vuole che le dica? Qui in Parlamento le lobbies hanno sfondato», allarga le braccia sconsolato Massimo Villone, il senatore che due anni fa ha scritto assieme al collega Cesare Salvi (entrambi ex Ds, ora Sinistra democratica) il libro 'Il costo della democrazia', dando il via alla rivolta contro gli eccessi della nomenklatura. «L’unico nostro emendamento accolto in pieno è quello che riduce a dodici i ministri e a sessanta i membri del governo, contro gli attuali 102». Ottima cosa, ma la legge Bassanini da anni imponeva un dimagrimento.

Contro le altre due proposte di Villone e Salvi per la legge finanziaria appena approvata (riduzione spese per Camera, Senato, Quirinale e Corte costituzionale, e tetto ai superstipendi pubblici) si è alzato un fuoco di sbarramento. «Abbiamo ottenuto solo un impegno», spiega Villone, «da parte di Presidenza della Repubblica e Corte costituzionale a non aumentare le spese oltre l’inflazione programmata».

Il Quirinale però quest’anno ha speso 241 milioni di euro contro i 224 preventivati. Già quella cifra, sbertucciata nel libro 'La casta' di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, aveva suscitato indignazione: è il quadruplo di Buckingham Palace. Ma i duemila dipendenti hanno avuto aumenti perché i loro stipendi sono collegati a quelli del Senato. E anche per i prossimi tre anni sono previsti incrementi di oltre il due per cento.

Stesso discorso per la Camera dei deputati: quest’anno ci è costata un miliardo e 200 milioni di euro, il 2,4% in più del 2006. I rimborsi ai deputati, rivela il radicale Sergio D’Elia, sono addirittura raddoppiati rispetto all’anno scorso: 300 mila euro contro 185 mila. Le spese di viaggio degli onorevoli sono aumentate del 25%. Ma anche gli ex hanno diritto a sconti per tutta la vita, e quest’anno sono ammontati a un milione e 250 mila euro.

Unica sforbiciata: le pensioni dei parlamentari. Ora ci vorranno almeno due legislature per ottenerle. Ma anche qui c’è il trucco: solo quelle future. Chi è andato già in pensione può stare tranquillo, anche i deputati rimasti in carica solo un giorno che pigliano duemila euro al mese.

L’ultimo emendamento Salvi-Villone stabiliva un tetto di 274 mila euro per tutti gli stipendi pubblici. «È il compenso annuo del primo presidente di Corte di Cassazione», spiega Villone, «e viste le retribuzioni da fame di insegnanti e poliziotti ci pareva il minimo per ristabilire un po’ di equità». Più di diecimila euro netti al mese non sembra effettivamente poco, neppure per i dirigenti più alti.

Eppure, anche qui la Casta si è scatenata. Prima hanno imposto che il tetto non si applichi ai contratti di tipo privatistico già in essere. Poi sono stati esentati gli «artisti» Rai, con la scusa che altrimenti fuggirebbero tutti a Mediaset. Poi hanno ottenuto la grazia la Banca d’Italia e le «authorities» (antitust, comunicazioni, privacy, energia, ecc), proliferate negli ultimi anni al di là di ogni necessità, che assicurano ai fortunati assunti stipendi tripli rispetto a quelli dei poveri ministeriali.

Ancora: per proteggere proprio tutti, il governo ha ottenuto 25 «eccezioni» da applicare agli stipendi scandalosamente alti (alcuni esempi nella tabella nella pagina accanto). Così si potranno mantenere vistose incongruenze, come la retribuzione doppia del capo della Polizia (650 mila euro annui) rispetto al comandante dei Carabinieri (380 mila euro), nonostante le uguali responsabilità.

Infine, chi cumula vari incarichi (abitudine diffusissima nella Casta parastatale romana) vedrà la sua attuale retribuzione ridursi soltanto del 25 per cento annuo, fino a rientrare nel «tetto».

Ma il malcostume degli stipendi d’oro non è una prerogativa di Roma: l’avviso di garanzia e la richiesta di rimborso della Corte dei Conti arrivati al sindaco di Milano Letizia Moratti per le retribuzioni da 250 mila euro e oltre distribuiti ai propri dirigenti e consulenti dimostra che in tutta Italia ci si arricchisce a spese dei contribuenti.

Comunità montane e province si sono salvate, eppure molti le considerano enti inutili. Verranno solo tagliati un po’ di consiglieri, ma dal 2010. È sparito il limite altimetrico di 500 metri per essere considerati comuni di montagna: così rientrano Domodossola, Susa, Lanzo, Feltre, Vallombrosa.

Quanto alle Regioni, «il loro diritto allo spreco è costituzionalmente garantito», ironizza Villone: governo e Parlamento non possono toccarle, è ciascuna di loro a dover diminuire spese e posti. Campa cavallo. E anche per il taglio dei 950 parlamentari (gli Usa, con il quintuplo dei nostri abitanti, ne hanno 535) occorre una legge costituzionale, con tempi lunghissimi.

«Ormai, fra stipendiati e consulenti, in Italia campa di politica mezzo milione di persone», denuncia Villone. I consiglieri comunali strepitano contro l’intenzione di ridurre i loro stipendi mensili da 2.000 a 1.500 euro: «Perché non tagliate prima quelli dei consiglieri regionali, che arrivano a 14 mila euro?».
Dimenticano che fino a quindici anni fa quella di consigliere comunale non era una professione, ma un onore (e un onere) civico, che si espletava per una o due sere alla settimana in cambio di un semplice gettone di presenza da 50 mila lire. E le nostre città non erano governate peggio.

Insomma, dopo tanti annunci sui tagli agli sprechi, di concreto è stato fatto poco. Del disegno di legge Santagata si sono perse le tracce. Il decreto Lanzillotta limita a tre i consiglieri d’amministrazione nelle società a partecipazione pubblica. Ma anche qui una vasta esenzione: le società con più di due milioni di capitale possono averne cinque.

Sarà forse per questo che ora Beppe Grillo raccoglie un 57 per cento di simpatie, contro il 49% per Fini, il 48 per Veltroni, il 39 per Berlusconi e appena il 29 per Prodi. E che il libro La casta continua a vendere: ormai ha raggiunto un milione e 200 mila copie. Nessun saggio in Italia, neanche quelli di Oriana Fallaci o dei papi, ha mai ottenuto tanto successo in così poco tempo. Ora si è aggiunto anche 'Sprecopoli' di Mario Cervi e Nicola Porro. Ma i politici di professione sembrano non essersi ancora accorti che il vento è cambiato.

Mauro Suttora

Wednesday, December 19, 2007

intervista a Giovanna Mezzogiorno

"VORREI ESSERE PIU' VECCHIA"

In 'L'amore ai tempi del colera' il suo personaggio arriva fino a 70 anni. E le è piaciuto

di Mauro Suttora per il settimanale Oggi

Roma, 19 dicembre 2007

La migliore attrice italiana è disoccupata. E questo dice tutto sulla salute del nostro cinema. «In Italia dovrebbero rapire la gente per ficcarla nelle sale a vedere film», scherza (ma non troppo) Giovanna Mezzogiorno, 33 anni. Che non ha problemi a rivelarci di non avere lavoro né progetti per i prossimi mesi: «Nessun contratto firmato, nessuna proposta interessante».

E lei è fortunata, perché può permettersi di dire no ai copioni che non le piacciono. Così, proprio un mese dopo il suo debutto negli Stati Uniti con L’amore ai tempi del colera e a una settimana dall’arrivo sugli schermi italiani (venerdì 21 dicembre) di questo film tratto dal famoso romanzo del premio Nobel Gabriel Garcia Marquez, la splendida Giovanna dai perforanti occhi blu diventa un simbolo della crisi italiana.
Siamo veramente «il Paese malato dell’Europa», come ci ha appena definito da New York Fareed Zakaria, direttore di Newsweek, «governato da vecchi e quindi privo di energia»?
«Mah, io è da anni che non seguo più la politica sui giornali», risponde la Mezzogiorno, «e ne soffro, perché l’educazione civica mi è stata inculcata da piccola, per me è un dovere etico interessarsi della cosa pubblica. Ma mentre prima era un piacere, ora faccio una gran fatica».

L’amore ai tempi del colera è stato girato dal regista Mike Newell, quello di Quattro matrimoni e un funerale e di Harry Potter, che ha voluto fortemente Giovanna nei panni della protagonista Fermina dopo il provino a Los Angeles. Ha dovuto battere il nazionalismo degli studios di Hollywood, i quali premevano invece per un’attrice americana.
Il coprotagonista Florentino (interpretato dallo spagnolo Javier Bardem, nominato agli Oscar per Il mare dentro) riesce a sposarla soltanto quando sono vecchi, cinquanta anni e 600 amanti dopo il loro primo incontro. E mentre Florentino da giovane è interpretato da un altro attore, Giovanna adeguatamente truccata copre tutta una vita, da venti ai settant’anni.

Il film negli Stati Uniti è stato vietato ai minori per le scene di sesso, l’ultima delle quali si può definire di «gerontosesso» visto che documenta la prima notte di nozze di Fermina e Florentino ormai settuagenari. I visi sono quelli degli attori, i corpi nudi appartengono invece a controfigure dalle pelli avvizzite, «attaccati» poi con trucchi elettronici alle teste di Mezzogiorno e Bardem.

Il film, in odore di premio Oscar, ha incassato finora cinque milioni di dollari in America nonostante sia stato distribuito in «soli» 800 cinema. Il New York Times ha definito Giovanna Mezzogiorno «attractive and sultry» (bella e torrida), paragonandola a Elizabeth Taylor.

Ma le fortune internazionali di Giovanna non si fermano qui. A novembre ha finito di girare anche l’ultimo film di Wim Wenders (che per ora si chiama The Palermo Shooting), ambientato fra Sicilia e Germania, avendo accanto come attori i miti della musica rock Patti Smith e Lou Reed. «E fra i film non ancora usciti ho lavorato in L’amore non basta, diretto da un giovane regista italiano, Stefano Chiantini», annuncia. E poi nulla. Il cantiere è vuoto.

Beh, può approfittare di questa pausa per sposarsi e fare un figlio.
«Ma che dice? Queste cose mica si fanno da una settimana all’altra, no?»

Però era stata proprio lei a dichiarare: «Ho 33 anni, mi sento pronta per un figlio. Anche se dopo che ho faticato tanto per ottenere certi risultati, mi spaventa l’idea di essere limitata nel mio lavoro».

Fidanzata e convivente da quattro anni con il tecnico cinematografico Daniele Anzellotti, la Mezzogiorno col cuore ha svolazzato poco: è sempre stata coinvolta in relazioni stabili e lunghe, fra cui quella con Stefano Accorsi. Ora avrà tempo anche per dedicarsi ai suoi hobby preferiti, che sono i libri e il cinema.
«L’ultimo film che ho visto, due giorni fa, lo raccomando a tutti: Nella valle di Elah. Con i libri, invece, sono sempre in affanno: ne compro così tanti che poi sono sempre indietro nella lettura. Ora sto leggendo Carver, John Fante e Agota Kristof...»

Agota? Vuol dire Agata, forse?
«Cooome? Non conosce Agota Kristof? Le consiglio di leggere la sua trilogia della città di K.»
Non sarà un libro triste e pesante, quei mattoncini che piacciono tanto a voi intellettuali di sinistra?
«Beh, tanto allegro non è...»

Vabbè, passiamo ad altro. Mi ha colpito una sua recente affermazione: “Non mi sento una grande attrice”. Eppure, da quando ha debuttato dieci anni fa, non ha sbagliato un film: dal Viaggio della sposa di Sergio Rubini all’Ultimo bacio di Gabriele Muccino, dalla Finestra di fronte di Fernan Ozpetek a La bestia nel cuore di Cristina Comencini, nominato all’Oscar. E tanti altri, molti memorabili. Fino all’ultimo, delizioso Lezioni di volo di Francesca Archibugi, pochi mesi fa.
Almeno «brava» attrice, se non «grande», lo accetta?
«La verità è che non mi sento né arrivata, né nel pieno della mia maturità artistica. Sto ancora imparando, e ho la sensazione di poter crescere ancora».

Anche con ruoli non più da ventenne, forse. In 'Lezioni di volo', per esempio, in cui ha interpretato una ginecologa volontaria di una Ong in India, era curioso il contrasto fra la sua maturità psicologica e intellettuale, di donna piena, e il suo aspetto di ragazzina. Sembrava quasi la sorella del protagonista diciottenne. E infatti se ne innamora.
«Sì, ho deciso che d’ora in poi non accetterò più ruoli di donne più giovani della mia età».

Ah, ecco perché è rimasta disoccupata. Ma se dimostra dieci anni di meno, che pretende?
«E che devo fare, darmi cazzotti in faccia per sembrare più vecchia? In fondo ne La finestra di fronte, quattro anni fa, ero la madre di due bambini...»

È vero che detesta fare shopping e uscire la sera?
«Sì, tranne qualche blitz quando devo comprare un po’ di vestiti. E frequento gli amici in casa, la mia o la loro».

Anche Cristiana Capotondi e altre giovani attrici romane mi hanno detto la stessa cosa. Perché vi ritirate nel privato, non vi piace la mondanità?
«Mah, adesso va di moda giurare che non si fa vita mondana, lo dicono tutte. Poi però le foto sono lì a dimostrare il contrario».

La ammiro perché riesce a cenare da sola nei ristoranti, quando è in giro per il mondo durante le riprese dei suoi film. Io piuttosto che sedermi solo vado da McDonald’s. Lei invece ha un buon rapporto con la solitudine?
«Sì, non m’imbarazza mangiare senza compagnia, so che non è molto comune. Comunque mentre si aspetta si può leggere, si può telefonare...»

Lei non si è mai spogliata per una rivista.
«Lo trovo macabro».

Perché ha il seno piccolo?
«Senta, una volta un tizio è riuscito a dirmi in faccia: perché non ti rifai le tette? “Ma rifattele tu”, gli ho risposto».

Le è piaciuta Hollywood, l’America?
«No. Non ci vivrei mai. Già alla dogana ti trattano come un criminale, ti mettono in soggezione. E questo primo messaggio di violenza poi resta. Altro che terra della libertà: non si può neanche fumare...»

Possiamo titolare «Scoop: la Mezzogiorno disoccupata!»?
«La psicologia contorta dei giornalisti che inventano i titoli mi affascina. Riuscireste a mettermi in bocca qualsiasi cosa».

Mauro Suttora