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Thursday, June 05, 2025

Storia critica dell'ambientalismo. Dalla via Gluck a Greta Thunberg



di Mauro Suttora

Il pianeta sta male, ma chi se ne occupa sta decisamente meglio: da associazioni storiche a nuovi protagonisti, da grandi progetti a recenti successi, come ecologia e animalismo hanno cambiato le nostre vite. Mauro Suttora ci parla del suo ultimo libro

Huffingtonpost.it, 5 giugno 2025

Dov’è finita Greta Thunberg? La ragazzina svedese che nel 2018 scosse il mondo protestando contro il cambiamento climatico è sparita dalla scena ambientalista. A 22 anni si è riconvertita in proPal, quattro giorni fa è salpata da Catania in barca a vela verso Gaza con la Freedom flotilla, ma pochi se ne sono accorti. Anche se ha cambiato rotta agitatoria, emette sempre dichiarazioni apocalittiche. Tuttavia i suoi seguaci (soprannominati ‘gretini’ dagli avversari) sono diminuiti: nei Fridays for future sfilavano in milioni, oggi sono ridotti a migliaia.

Eppure il riscaldamento globale, benché offuscato da pandemia e guerre, continua a scaldare il dibattito politico del pianeta. Il Green deal europeo e le altre misure per la decarbonizzazione sono il principale bersaglio delle destre mondiali, quanto se non più di immigrazione e woke.

“Drill, baby, drill!”, è lo slogan di Donald Trump: forza, estraiamo petrolio e gas, vendiamo quello liquido all’Europa al posto della Russia, avanti con la vecchia energia fossile.

E dall’altra parte chi c’è? Che fine hanno fatto i verdi, dopo aver raggiunto il 20% in Francia e in Germania, aver sfiorato la presidenza Usa con Al Gore nel 2000 e in Finlandia un anno fa con Pekka Haavisto?

Gli ecologisti sono vivi e vegeti. E godono di ottima salute. Il Wwf International ha un bilancio di un miliardo di dollari all’anno, l’americano Sierra Club vanta tre milioni e mezzo di iscritti nonostante Trump – o forse grazie a lui. Da noi Italia Nostra festeggia il settantesimo compleanno, il Wwf va per i 60, Legambiente compie 45 anni. Greenpeace, sbarcata in Italia nel 1986, ora rivolge le sue azioni dirette nonviolente contro l’Eni, accusandolo di inerzia sulla transizione energetica. 

E accanto alle grandi associazioni sono nati i nuovi ‘climattivisti’ di Extinction rebellion e Ultima generazione. Che si mobilitano online come gli animalisti di Essere animali e Animal equality, autori di blitz e video che infiammano il dibattito. Per fortuna hanno smesso di bloccare raccordi anulari e danneggiare quadri, per evitare la nomea di ecovandali 

La scorsa settimana gli zoofili (Lipu, Lav, Enpa, Leidaa, anticaccia, pet-friendly) hanno festeggiato l’approvazione della nuova legge che protegge cani e gatti dai maltrattamenti.

Ecologia e animalismo sono le due gambe del movimento verde. Che negli anni 70 e 80 ne aveva una terza, l’antimilitarismo, evaporata dopo l’appoggio dei verdi tedeschi e italiani governativi agli interventi umanitari Onu e Nato in Bosnia (1995) e Kosovo (1999). Oggi i Grünen in Germania appoggiano l’aiuto militare all’Ucraina e il riarmo europeo. Mentre i verdi italiani, alleati con l’estrema sinistra in Avs e beneficiari dell’effetto Ilaria Salis che li ha issati al 6% alle europee 2024, rimangono pacifisti.

Queste vicende racconto nel libro 'Green, storia avventurosa degli ecologisti da Celentano a Greta' (ed. Neri Pozza), ricordando la prima canzone ambientalista dell’Adriano nazionale: Il ragazzo della via Gluck, eliminata a Sanremo 1966. Pochi mesi dopo Fulco Pratesi fondò il Wwf Italia. E da allora i verdi ci hanno cambiato la vita: molto secondo i sostenitori, troppo per i detrattori. Fatto sta che oggi tutto sembra dover diventare ‘sostenibile’, negli spot pubblicitari come nei proclami politici. Conviene quindi conoscere bene i protagonisti della lobby verde, le loro idee e metodi, i bilanci, le strategie. E anche qualche segreto: finanziamenti imbarazzanti, complicità col greenwashing di aziende dubbie.

Illustro filosofia e proposte dei pionieri: Alex Langer in Italia, Petra Kelly in Germania, Daniel Cohn-Bendit in Francia. Ammoniva Langer 30 anni fa: “L’ecologia deve diventare desiderabile, i comportamenti virtuosi non possono essere imposti dall’alto. La responsabilità ambientalista può affermarsi non perché un dittatore illuminato dice: ‘Devi bere poca acqua, usare poca elettricità, viaggiare meno in auto, mettiamo il carabiniere accanto ai funghi per controllare che tu non ne prenda troppi’, ma per libero convincimento. Una logica burocratica e repressiva difficilmente può convincere. Occorre una forte spinta etica in positivo”.

Un appello libertario valido tuttora, per difenderci da quei politici irresistibilmente attratti dall’eterna tentazione di “mettere le mutande al mondo”. Per compiacere Greta, com’è accaduto col Green deal del 2020, o per qualche altra ottima intenzione. Il tecnodirigismo diventa meno autoritario se è dipinto di verde? O quando provoca 20mila licenziamenti alla Volkswagen? Il dilemma oggi è tutto qui. 

Saturday, May 31, 2025

Mauro Suttora: "Un mondo ecologico è necessario"

Intervista a Gazzetta di Parma, 31 maggio 2025:
Da Celentano fino a Greta Thunberg, sono sessant’anni che il movimento verde anche in Italia ha una coscienza rispettosa dell’ambiente: ma un mondo ecologico è ancora possibile?
“È non solo possibile, ma necessario. Quando nacque Italia nostra nel 1955, quindi 70 anni fa, il concetto di ‘centro storico’ non esisteva.
Si costruiva all’impazzata demolendo preziosi quartieri antichi. Oggi nessuno lo farebbe. E dopo la nascita del Wwf nel 1966 si sono moltiplicati parchi e aree protette, che ora coprono il 21 per cento dell’Italia. Allora invece i parchi erano solo quattro: Gran Paradiso, Abruzzi, Circeo e Stelvio. Nel libro racconto le incredibili vicende delle prime aree protette Wwf, con l’impegno di Fulco Pratesi e del geniale marchese Incisa della Rocchetta”.
Tra fauna e flora, quali gli esemplari a rischio immediato? Quali perdite irrimediabili potrebbe subire il pianeta?
“Legambiente pubblica la lista delle biodiversità a rischio. La Lipu, Lega italiana protezione uccelli, avverte che sono più di 200 le specie in difficoltà. Mare vivo e Sea Sheperd lanciano l’allarme per la pesca troppo intensiva. La diminuzione delle api minaccia tutto l’equilibrio della flora, per le mancate impollinazioni. Gli orsi bruni marsicani sono ridotti a 60. Buone notizie invece per gli stambecchi e per le tartarughe Caretta Caretta, con molte associazioni ecologiste impegnate a proteggerne le nidificazioni sulle spiagge”.
Rispetto al resto dei Paesi europei l’Italia è diligente o poco attenta nella salvaguardia ambientale?
“Siamo nella media, anche se nelle regioni flagellate dalle mafie i cosiddetti ‘ecoreati’ rovinano l’ambiente. Basti pensare alla Terra dei fuochi nel casertano, con le discariche abusive. Nel libro pubblico l’elenco di tutti gli ‘ecomostri’ abbattuti sulle coste italiane, grazie alle pressioni ambientaliste”.
Le cordate politiche dei verdi che hanno dato la scalata a comuni, regioni e parlamento, spesso con risultati modesti, hanno ancora un peso reale o hanno perso visibilità e interesse?
“Le liste verdi hanno debuttato nel 1985, ma non sono mai riuscite a superare il 6% in Italia, mentre in Germania e Francia hanno raggiunto il 20. In Finlandia il candidato verde alle presidenziali un anno fa ha sfiorato la vittoria col 49%. Ora i verdi italiani sono confluiti in Avs (Alleanza verdi sinistra), però nel libro ricordo che erano nati con lo slogan ‘Nè a destra né a sinistra, ma davanti’. Curiosamente i grünen tedeschi, che erano antimilitaristi, oggi invece appoggiano l’aiuto militare all’Ucraina. Ma la frattura fra ecologisti e pacifisti risale al 1999, quando i verdi che erano al governo in Italia e Germania appoggiarono l’intervento umanitario Nato contro la Serbia di Milosevic, per proteggere i civili del Kosovo”.
Su quali personaggi politici nei vari Paesi europei oggi possiamo identificare la lotta ecologista per un mondo che ha bisogno di ripristini urgenti?
“È proprio questo il problema degli ecologisti oggi. Tramontata la stella di Greta Thunberg, la ragazza svedese che nel 2018 aveva infiammato il mondo ma che ora si batte soprattutto per i palestinesi e contro Israele, non ci sono più personaggi di rilievo. Mentre nel libro dedico tre capitoli a leader carismatici del passato che hanno popolarizzato l’ecologia: Alex Langer in Italia, Petra Kelly in Germania, Daniel Cohn-Bendit in Francia. Langer, in particolare, è stato un vero e proprio profeta. Diceva che i comportamenti ecologisti non possono essere imposti dall’alto, ma devono nascere da una nostra consapevolezza spontanea che ci faccia rispettare l’ambiente. L’ho conosciuto, lui per primo non aveva l’auto, si spostava col non inquinante treno. Purtroppo si tolse la vita nel 1995, disperato perché di fronte agli attacchi serbi contro Sarajevo la nonviolenza che predicava si rivelò impotente, e quindi si rese conto che un intervento armato dell’Onu era inevitabile per proteggere i civili”.
Con la situazione economica in peggioramento si parla già di rinviare certe iniziative della green economy per evitare dannose ripercussioni. È cominciata la marcia indietro?
“Sì, il Green deal adottato dall’Europa nel 2020 è stato una fuga in avanti con l’imposizione delle auto elettriche entro il 2030. Non parliamo degli Usa, dove Trump spinge sul petrolio e sull’export di gas liquido in Europa. Ma è solo una questione di velocità: la transizione verde verso le energie rinnovabili è inevitabile, perché conveniente: sole, vento e idroelettrici sono gratis. Nel libro affronto lo spinoso problema del ‘greenwashing’, cioè di industrie inquinanti che cercano di darsi una ripittata verde fingendo di essere ‘sostenibili’ solo perché danno un po’ di soldi per piantare qualche albero. Lo ha fatto la società farmaceutica Roche, responsabile del disastro di Seveso con la diossina nel 1976, piantumando un’area verde nella vicina Monza”.
Le associazioni (sono tante) per la salvaguardia della natura tipo Wwf politicamente come sono schierate? A sinistra, a destra o al centro?
“L’unica schierata a sinistra è Legambiente, nata nel 1980 nell’area Pci. Le altre sono neutrali, specialmente Italia nostra, Lipu e gli animalisti. Fra questi c’è l’associazione di Vittoria Brambilla, deputata di Forza Italia. La più combattiva è Greenpeace, approdata in Italia negli anni ’80: privilegia le azioni dirette nonviolente, come i nuovi climattivisti di Extinction rebellion e Ultima generazione. I quali per fortuna ora hanno abbandonato i danneggiamenti e i blocchi stradali, per i quali erano stati accusati di ecovandalismo. Una delle loro ultime azioni si è svolta a Brescia il 15 gennaio di quest’anno, quando hanno bloccato i camion all’entrata dell’industria bellica Breda del gruppo Leonardo. Greenpeace è l’unica grande organizzazione che non accetta soldi né dallo stato né dalle aziende, e quindi non subisce condizionamenti. Il suo principale avversario è l’Eni, accusato di non impegnarsi abbastanza sulle energie rinnovabili”.



Thursday, January 23, 2025

Lobby o advocacy? Per fare digerire il Green Deal l'Europa spende un miliardo

Per la consapevolezza ecologica, diranno soddisfatti a sinistra. Per farci inghiottire il rospo, ringhiano furibondi a destra

di Mauro Suttora

www.huffingtonpost.it, 23 gennaio 2025

Il quotidiano olandese De Telegraaf rivela che la Commissione Ue ha dato 700mila euro all'Eeb (European environmental bureau) per fare lobbying verde presso gli eurodeputati. Esisterebbero contratti 'segreti' firmati dall'ex commissario Ue all'ambiente, Frans Timmermans.

In realtà i finanziamenti sono molti di più, ma tutti alla luce del sole. Da una ventina d'anni infatti si sono moltiplicate le spese Ue per l'ambiente. Nessun problema finché si tratta di interventi concreti: costruire depuratori o argini di fiumi, bonificare terreni inquinati, gestire oasi naturalistiche. Un po' più complicato lo status di altri finanziamenti che possono essere definiti 'autolobbying', o più crudamente propaganda.

L'Eeb è un coordinamento di 180 associazioni ambientaliste di 40 Paesi. Otto sono italiane. Le più grandi sono Legambiente e Pro Natura. Gli altri sono piccoli gruppi: Cielo buio (contro l'eccessiva illuminazione notturna), Cittadini per l'aria, Free rivers, Genitori antismog, Società speleologica italiana e, dall'anno scorso, Green impact. Mancano Wwf, Greenpeace, Italia nostra.

Ebbene, il bilancio di questo Ufficio europeo per l'ambiente è di 7,6 milioni annui (dati 2023), dei quali due milioni versati dalla Ue. Si tratta quindi di un ente anfibio, un po' ufficiale (e infatti è inserito nel sito web della Commissione), un po' espressione delle ong. Ha un'ottantina di dipendenti, i cui salari costano cinque milioni annui. Le associazioni versano solo 336mila euro. Il resto del bilancio è coperto  oltre che dalla Ue, da ministeri per l'ambiente di Paesi europei nordici e da fondazioni private. Fra queste, per la gioia dei complottisti, la Open society di George Soros (al quarto posto nella classifica dei donatori) e Bloomberg.

Ma cosa fa esattamente l'Eeb? "Ci battiamo per far avanzare le politiche di protezione dell'ambiente", spiegano loro stessi. Lobby? Certo, infatti la sede è a Bruxelles, vicino all'Europarlamento. Legittima? Come no, anzi benemerita, per chi ha a cuore la miriade delle campagne ecologiste e animaliste. Un po' meno per le destre europee, che infatti hanno amplificato lo scoop del Telegraaf mettendo nel mirino i "finanziamenti pubblici occulti all'ideologia green". 

La parola chiave è 'advocacy'. Se si traduce in italiano con l'inoffensivo 'patrocinio', è comprensibile che la Ue, come tutti gli enti pubblici (stati, regioni, comuni), lo conceda destinando anche qualche soldo a manifestazioni, convegni e studi per le cause più disparate. Ma se significa lotta, promozione o propaganda (in una parola: lobby), è fatale che chi ha idee diverse si irriti per l'uso di danaro pubblico. E ancora peggio se i fondi sono concessi dalla Commissione Ue per influenzare il Parlamento Ue: due bracci della stessa istituzione che cercano di influenzarsi a spese degli ignari cittadini.

Un esempio concreto. Fra i programmi Eeb finanziati dalla Ue c'è il Dear (Development education e awareness raising: aumento di sensibilizzazione ed educazione allo sviluppo). Uno dei suoi trenta progetti, Change of climate, è costato dieci milioni in tre anni e mezzo ed è stato coordinato dall'ente italiano WeWorld e dall'università di Bologna. È servito a "far comprendere a studenti e opinione pubblica il collegamento fra crisi climatica e immigrazione": ovvero, gli abitanti di zone del Terzo mondo colpite da eventi estremi che diventano 'rifugiati ambientali'. 

Tema controverso, soprattutto per gli elettori del centrodestra che gridano all'indottrinamento. Immaginiamo il putiferio se programmi simili fossero organizzati non indirettamente dalla Ue sotto sigle astruse, ma da un qualsiasi ministero o assessorato italiano.

Bene, moltiplicate per cento i progetti simili finanziati parzialmente o totalmente ogni anno dalla Commissione europea con le sue varie sigle Horizon, Life, NextGen, e si raggiunge facilmente la cifra di un miliardo. Per la consapevolezza ecologica, diranno soddisfatti a sinistra. Per farci inghiottire il Green deal, ringhiano furibondi a destra