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Saturday, May 31, 2025

Mauro Suttora: "Un mondo ecologico è necessario"

Intervista a Gazzetta di Parma, 31 maggio 2025:
Da Celentano fino a Greta Thunberg, sono sessant’anni che il movimento verde anche in Italia ha una coscienza rispettosa dell’ambiente: ma un mondo ecologico è ancora possibile?
“È non solo possibile, ma necessario. Quando nacque Italia nostra nel 1955, quindi 70 anni fa, il concetto di ‘centro storico’ non esisteva.
Si costruiva all’impazzata demolendo preziosi quartieri antichi. Oggi nessuno lo farebbe. E dopo la nascita del Wwf nel 1966 si sono moltiplicati parchi e aree protette, che ora coprono il 21 per cento dell’Italia. Allora invece i parchi erano solo quattro: Gran Paradiso, Abruzzi, Circeo e Stelvio. Nel libro racconto le incredibili vicende delle prime aree protette Wwf, con l’impegno di Fulco Pratesi e del geniale marchese Incisa della Rocchetta”.
Tra fauna e flora, quali gli esemplari a rischio immediato? Quali perdite irrimediabili potrebbe subire il pianeta?
“Legambiente pubblica la lista delle biodiversità a rischio. La Lipu, Lega italiana protezione uccelli, avverte che sono più di 200 le specie in difficoltà. Mare vivo e Sea Sheperd lanciano l’allarme per la pesca troppo intensiva. La diminuzione delle api minaccia tutto l’equilibrio della flora, per le mancate impollinazioni. Gli orsi bruni marsicani sono ridotti a 60. Buone notizie invece per gli stambecchi e per le tartarughe Caretta Caretta, con molte associazioni ecologiste impegnate a proteggerne le nidificazioni sulle spiagge”.
Rispetto al resto dei Paesi europei l’Italia è diligente o poco attenta nella salvaguardia ambientale?
“Siamo nella media, anche se nelle regioni flagellate dalle mafie i cosiddetti ‘ecoreati’ rovinano l’ambiente. Basti pensare alla Terra dei fuochi nel casertano, con le discariche abusive. Nel libro pubblico l’elenco di tutti gli ‘ecomostri’ abbattuti sulle coste italiane, grazie alle pressioni ambientaliste”.
Le cordate politiche dei verdi che hanno dato la scalata a comuni, regioni e parlamento, spesso con risultati modesti, hanno ancora un peso reale o hanno perso visibilità e interesse?
“Le liste verdi hanno debuttato nel 1985, ma non sono mai riuscite a superare il 6% in Italia, mentre in Germania e Francia hanno raggiunto il 20. In Finlandia il candidato verde alle presidenziali un anno fa ha sfiorato la vittoria col 49%. Ora i verdi italiani sono confluiti in Avs (Alleanza verdi sinistra), però nel libro ricordo che erano nati con lo slogan ‘Nè a destra né a sinistra, ma davanti’. Curiosamente i grünen tedeschi, che erano antimilitaristi, oggi invece appoggiano l’aiuto militare all’Ucraina. Ma la frattura fra ecologisti e pacifisti risale al 1999, quando i verdi che erano al governo in Italia e Germania appoggiarono l’intervento umanitario Nato contro la Serbia di Milosevic, per proteggere i civili del Kosovo”.
Su quali personaggi politici nei vari Paesi europei oggi possiamo identificare la lotta ecologista per un mondo che ha bisogno di ripristini urgenti?
“È proprio questo il problema degli ecologisti oggi. Tramontata la stella di Greta Thunberg, la ragazza svedese che nel 2018 aveva infiammato il mondo ma che ora si batte soprattutto per i palestinesi e contro Israele, non ci sono più personaggi di rilievo. Mentre nel libro dedico tre capitoli a leader carismatici del passato che hanno popolarizzato l’ecologia: Alex Langer in Italia, Petra Kelly in Germania, Daniel Cohn-Bendit in Francia. Langer, in particolare, è stato un vero e proprio profeta. Diceva che i comportamenti ecologisti non possono essere imposti dall’alto, ma devono nascere da una nostra consapevolezza spontanea che ci faccia rispettare l’ambiente. L’ho conosciuto, lui per primo non aveva l’auto, si spostava col non inquinante treno. Purtroppo si tolse la vita nel 1995, disperato perché di fronte agli attacchi serbi contro Sarajevo la nonviolenza che predicava si rivelò impotente, e quindi si rese conto che un intervento armato dell’Onu era inevitabile per proteggere i civili”.
Con la situazione economica in peggioramento si parla già di rinviare certe iniziative della green economy per evitare dannose ripercussioni. È cominciata la marcia indietro?
“Sì, il Green deal adottato dall’Europa nel 2020 è stato una fuga in avanti con l’imposizione delle auto elettriche entro il 2030. Non parliamo degli Usa, dove Trump spinge sul petrolio e sull’export di gas liquido in Europa. Ma è solo una questione di velocità: la transizione verde verso le energie rinnovabili è inevitabile, perché conveniente: sole, vento e idroelettrici sono gratis. Nel libro affronto lo spinoso problema del ‘greenwashing’, cioè di industrie inquinanti che cercano di darsi una ripittata verde fingendo di essere ‘sostenibili’ solo perché danno un po’ di soldi per piantare qualche albero. Lo ha fatto la società farmaceutica Roche, responsabile del disastro di Seveso con la diossina nel 1976, piantumando un’area verde nella vicina Monza”.
Le associazioni (sono tante) per la salvaguardia della natura tipo Wwf politicamente come sono schierate? A sinistra, a destra o al centro?
“L’unica schierata a sinistra è Legambiente, nata nel 1980 nell’area Pci. Le altre sono neutrali, specialmente Italia nostra, Lipu e gli animalisti. Fra questi c’è l’associazione di Vittoria Brambilla, deputata di Forza Italia. La più combattiva è Greenpeace, approdata in Italia negli anni ’80: privilegia le azioni dirette nonviolente, come i nuovi climattivisti di Extinction rebellion e Ultima generazione. I quali per fortuna ora hanno abbandonato i danneggiamenti e i blocchi stradali, per i quali erano stati accusati di ecovandalismo. Una delle loro ultime azioni si è svolta a Brescia il 15 gennaio di quest’anno, quando hanno bloccato i camion all’entrata dell’industria bellica Breda del gruppo Leonardo. Greenpeace è l’unica grande organizzazione che non accetta soldi né dallo stato né dalle aziende, e quindi non subisce condizionamenti. Il suo principale avversario è l’Eni, accusato di non impegnarsi abbastanza sulle energie rinnovabili”.



Thursday, October 05, 2023

Il Comune di Milano casca nella stupida burocrazia. E io mi dimetto da ecologista dopo mezzo secolo

Permessi auto. Tutto funzionava perfettamente. Perché cambiare?

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 5 ottobre 2023
  
Esattamente mezzo secolo fa, il 6 ottobre 1973, scoppiò la guerra del Kippur con l'attacco di Egitto e Siria a Israele. L'embargo petrolifero dei Paesi Opec fece esplodere i prezzi energetici, nacque l'austerity, si diffuse la coscienza che le risorse del pianeta sono limitate e occorre risparmiarle. In una parola, ecco l'ecologia.
 
Singoli illuminati come Aurelio Peccei e movimenti ambientalisti denunciavano da anni i mali dell'inquinamento, del cemento e dell'assalto alla natura. Erano nati il Wwf, gli Amici della Terra. Forse a livello di cultura popolare in Italia il più efficace fu Adriano Celentano, con Il Ragazzo della via Gluck (1966) e Un albero di 30 piani (1972).
 
All'oratorio già raccoglievamo la carta usata per finanziare i missionari; come molti giovani, abbracciai con entusiasmo la nuova filosofia dei "limiti dello sviluppo". E negli anni '80 partecipai alla fondazione delle Liste Verdi, con l'allegro simbolo del Sole che ride. Oggi rimango un maniaco della raccolta differenziata, in città mi sposto con i mezzi o in bici, preferisco il treno all'auto e all'aereo. La mia impronta ecologica è minima, cerco di essere sostenibile.
 
Tuttavia. Quattro giorni fa, il primo ottobre, il Comune di Milano ha dimezzato da 50 a 25 i permessi annuali per circolare in quasi tutto il suo territorio (zona B) a carico delle auto diesel euro 5 come la mia, comprata nel 2015. È uno spreco energetico spingere a rottamare veicoli con appena otto anni di età; è un controsenso farlo mentre in contemporanea finanziamo con miliardi i molto più inquinanti tir, tramite gli sconti sulle accise del gasolio. Io uso l'auto solo per trasportare mia madre 90enne alle visite dal dottore. Ho provato ad affidarmi ai tassisti, con i risultati tragici che tutti i clienti di taxi conoscono.
 
Ma pazienza. Un po' di spirito civico e di sacrifici contro il cambiamento climatico sono accettabili. Trovo inaccettabile, però, la stupidità. Il problema è che il Comune di Milano ora costringe a chiedere in anticipo online il permesso per ognuno dei 25 permessi annuali. Il che è un delirio, perché bisogna ogni volta caricare il fronte e retro del libretto di circolazione, mettendoci almeno un quarto d'ora.
 
Non si capisce perché sia stato abbandonato il sistema precedente, dell'anno terminato il 30 settembre: iscrizione online della targa dell'auto una tantum, e poi registrazione automatica da parte del sistema degli ingressi ogni volta che se ne usufruiva, con l'indicazione di quelli residui (risultavo in credito di venti). Tutto funzionava perfettamente. Perché cambiare?
 
L'unica spiegazione è che si voglia dare gratuitamente fastidio agli automobilisti moltiplicando senza motivo per 25 la burocrazia a loro carico. Pensavo fosse un disguido tecnico dei primi giorni o un mio errore, non riuscivo a credere a una simile ottusità. Invece il Comune mi ha confermato che ora è così, e basta.
 
Immagino che ci sia un'ondata di proteste da parte dell'Aci e delle organizzazioni degli automobilisti contro una misura così platealmente inutile e vessatoria. Nel mio piccolo, dopo mezzo secolo mi dimetto da ecologista militante e praticante.

Monday, April 03, 2023

Sapessi com'è strano piantare alberi a Milano


Li mettono in vasi sopra il cemento, oppure sui grattacieli. La tendenza dei parchi a bassa intensità di alberi sta dilagando in tutta la città. Forza sindaco Sala, un piccolo sforzo in più: sotto l'asfalto c'è la terra

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 3 aprile 2023 

Nuova moda a Milano: invece di piantare gli alberi in terra, li mettono in vasi sopra il cemento e asfalto. Come in via Beroldo, una traversa di viale Brianza in zona Loreto, davanti al rinomato liceo classico Giosué Carducci. L'hanno appena pedonalizzata, e questo è lo squallido risultato. Altro che "forestare Milano"! Gli alberelli non potranno crescere più di tanto, non avendo terra per le radici. Dovranno essere sempre innaffiati, non potendo succhiare l'acqua dalla falda. Lodevole l'idea di installare due tavoli da ping pong in cemento, e qualche panchina. Ma per quanto riguarda il verde, ci sarebbe posto per ben altro: una trentina di alberi a medio fusto.

Forza sindaco Sala, un piccolo sforzo in più: sotto l'asfalto c'è la terra. 

Un'altra stupenda perversione tutta milanese è quella di togliere gli alberi dai parchi e di metterli sui grattacieli. È il concetto che ha trionfato con il famoso Bosco verticale dell'architetto Stefano Boeri. La torre è bellissima, ma sotto c'è una spianata ricoperta da un immenso prato, con sparuti alberelli che fanno poca ombra a viali e panchine. Si salva solo una piccola zona affollata di sontuosi salici piangenti. È una specie di desolata prateria, e infatti non hanno avuto il coraggio di chiamarla Parco. L'hanno battezzata "Biblioteca degli alberi". Si è così avverata la previsione di Adriano Celentano nella sua canzone di mezzo secolo fa, "Albero di 30 piani". 

Ma vedo che la tendenza dei parchi a bassa intensità di alberi sta dilagando in tutta la città. Il nuovo spazio di Citylife è egualmente spoglio. Un mese fa è stato inaugurato (dopo trent'anni) il parco 8 marzo dove sorgeva la stazione Porta Vittoria. È bello, ma anch'esso assomiglia più a una steppa/savana che a un parco. Gli alberi, piantumati col contagocce, sono così rari che vengono enumerati col loro nome scientifico nelle mappe che adornano gli ingressi. Ottima idea quella di presentarceli uno ad uno, ma lì c'è posto per il quadruplo di fusti. Come succede negli adiacenti parchi Marinai d'Italia e di piazzale Martini, creati decenni fa. 

Insomma, tutti parlano di "riforestazione urbana", però ogni volta che viene risistemata un'area, una piazza, una via, trionfa sempre il marmo. Come in largo Treves, a metà via Solferino, dove ci sarebbe spazio per molti più alberi. O dietro il palazzo di Giustizia.

Gli esperti mi dicono che gli alberi urbani sono detestati dai tecnici comunali perché le loro radici intralciano condutture, tubi, fogne, fibre ottiche wifi e altri fili e cavi elettrici che passano sotto i marciapiedi. Così anche quando i nuovi alberelli vengono collocati non in vaso ma in piena terra, i loro spazi sotterranei sono delimitati da uno strato di calce che fodera preventivamente i buchi della piantumazione. 

Risultato: i poveri alberi crescono rachitici, e la metà muore dopo due o tre estati secche. È quel che è successo nel parcheggio dietro la Rizzoli a Crescenzago. Speriamo che la campagna 'Riforestiamo Milano' (guidata anch'essa dall'architetto Boeri) ci regali invece dei veri polmoni verdi, con tanti alberi e soprattutto tantissime foglie che mangino la Co2 e ci restituiscano ossigeno. Per non parlare della temperatura nelle strade e zone alberate: sempre inferiore di vari gradi rispetto alle altre nelle calure estive.

Sunday, May 02, 2021

Una politica appesa a Fedez

Il rapper dice che la Rai è lottizzata, e improvvisamente se lo ricordano tutti. Sul merito, il ddl Zan, soprattutto il centrosinistra sconta vent'anni di smemoratezze

di Mauro Suttora

HuffPost, 2 maggio 2021

Ricordavo la deliziosa Ilaria Capitani portavoce di Walter Veltroni nel 2007, quando intervistai l'allora sindaco di Roma. Mai avrei immaginato si trasformasse in feroce belva della censura contro tal Federico Lucia da Buccinasco, tatuatissimo cantante con faccia e voce attraenti quanto quelle di Morgan.

C'eravamo liberati da appena una settimana di Grillo, suicidatosi col video sugli stupri, mo ecco Fedez. L'ennesimo famoso solo per essere famoso (trovate qualcuno che sappia canticchiare qualche sua canzone) che pretende di comiziare di politica coi miei soldi (via Rai). Anche Celentano sproloquiava, ma almeno lui aveva all'attivo decenni di inni ecologisti.

Dato il mio cognome, ogni tanto qualcuno mi ammonisce: "Sutor, ne ultra crepidam!" Ciabattino, non (andare) oltre la scarpa. E gli inglesi chiamano "ultracrepidarian" i saccenti che dispensano giudizi su questioni che oltrepassano la loro competenza.

Invece noi, tramontato il comico a 5 stelle, abbiamo il rapper "tanta roba" come nuovo maître-à-penser.

Il quale ci rivela, in ritardo di mezzo secolo su Pannella, che la Rai è lottizzata. E che, essendo servizio pubblico, magari non può concedere proprio a tutti di vomitare insulti in diretta tv contro un politico davanti a milioni senza contraddittorio.

Ovviamente, poi, il populismo abbisogna di vittimismo. Quindi il povero rapper che si chiama come un corriere espresso lamenta di avete subìto una tentata castrazione verbale da parte dell'incantevole Capitani. Ma lo fa in modo simpatico, stile 'Le vite degli altri': registrando e pubblicando la loro telefonata privata. E, come nella Ddr, tagliandone gli spezzoni che non gli convengono.

Tuttavia l'avvenimento più stupefacente di queste ore è che si è scatenato il 'dibattito'. Letta e Zingaretti, di sinistra, se la prendono con una dirigente Rai di sinistra. L'inevitabile Di Maio loda Fedex: "Una persona che in tutto quello che fa ci mette il cuore", col 'ci' rafforzativo molto millennial. E ci mancherebbe: Fedez si esibiva sui palchi grillini quando loro erano arroganti come lui adesso, prima della ripulita.

Gli addetti ai social di tutti i politici li hanno costretti a esprimersi sull'argomento del giorno. Resistono solo Draghi, Cartabia e Mattarella.

Quanto al contenuto del "messaggio" del nuovo EmilioFedez progressista, ricordo che la prima proposta di legge contro l'omofobia porta la firma di Franco Grillini (cui i grillini con la minuscola hanno tagliato il vitalizio nonostante abbia un tumore). È del 2001: sono passati vent'anni, il Pd ha governato per dieci, nel frattempo Salvini ha fatto pure in tempo a cambiare idea ("Allora era d'accordo con me", dice Grillini).

La legge Zan merita sicuramente una discussione seria e approfondita: come proteggere gli lgbt, per esempio, senza ledere le libertà di parola e opinione?

Dilemmi importanti, mettere d'accordo gli eterni Capuleti e Montecchi della scena pubblica italiana sarà difficile.

Per carità, anche Jean-Paul Sartre era fazioso. Ma più cauto di Fedez: la sua compagna Simone De Beauvoir non possedeva decine di milioni di follower.

Mauro Suttora