Showing posts with label italia nostra. Show all posts
Showing posts with label italia nostra. Show all posts

Thursday, June 05, 2025

Storia critica dell'ambientalismo. Dalla via Gluck a Greta Thunberg



di Mauro Suttora

Il pianeta sta male, ma chi se ne occupa sta decisamente meglio: da associazioni storiche a nuovi protagonisti, da grandi progetti a recenti successi, come ecologia e animalismo hanno cambiato le nostre vite. Mauro Suttora ci parla del suo ultimo libro

Huffingtonpost.it, 5 giugno 2025

Dov’è finita Greta Thunberg? La ragazzina svedese che nel 2018 scosse il mondo protestando contro il cambiamento climatico è sparita dalla scena ambientalista. A 22 anni si è riconvertita in proPal, quattro giorni fa è salpata da Catania in barca a vela verso Gaza con la Freedom flotilla, ma pochi se ne sono accorti. Anche se ha cambiato rotta agitatoria, emette sempre dichiarazioni apocalittiche. Tuttavia i suoi seguaci (soprannominati ‘gretini’ dagli avversari) sono diminuiti: nei Fridays for future sfilavano in milioni, oggi sono ridotti a migliaia.

Eppure il riscaldamento globale, benché offuscato da pandemia e guerre, continua a scaldare il dibattito politico del pianeta. Il Green deal europeo e le altre misure per la decarbonizzazione sono il principale bersaglio delle destre mondiali, quanto se non più di immigrazione e woke.

“Drill, baby, drill!”, è lo slogan di Donald Trump: forza, estraiamo petrolio e gas, vendiamo quello liquido all’Europa al posto della Russia, avanti con la vecchia energia fossile.

E dall’altra parte chi c’è? Che fine hanno fatto i verdi, dopo aver raggiunto il 20% in Francia e in Germania, aver sfiorato la presidenza Usa con Al Gore nel 2000 e in Finlandia un anno fa con Pekka Haavisto?

Gli ecologisti sono vivi e vegeti. E godono di ottima salute. Il Wwf International ha un bilancio di un miliardo di dollari all’anno, l’americano Sierra Club vanta tre milioni e mezzo di iscritti nonostante Trump – o forse grazie a lui. Da noi Italia Nostra festeggia il settantesimo compleanno, il Wwf va per i 60, Legambiente compie 45 anni. Greenpeace, sbarcata in Italia nel 1986, ora rivolge le sue azioni dirette nonviolente contro l’Eni, accusandolo di inerzia sulla transizione energetica. 

E accanto alle grandi associazioni sono nati i nuovi ‘climattivisti’ di Extinction rebellion e Ultima generazione. Che si mobilitano online come gli animalisti di Essere animali e Animal equality, autori di blitz e video che infiammano il dibattito. Per fortuna hanno smesso di bloccare raccordi anulari e danneggiare quadri, per evitare la nomea di ecovandali 

La scorsa settimana gli zoofili (Lipu, Lav, Enpa, Leidaa, anticaccia, pet-friendly) hanno festeggiato l’approvazione della nuova legge che protegge cani e gatti dai maltrattamenti.

Ecologia e animalismo sono le due gambe del movimento verde. Che negli anni 70 e 80 ne aveva una terza, l’antimilitarismo, evaporata dopo l’appoggio dei verdi tedeschi e italiani governativi agli interventi umanitari Onu e Nato in Bosnia (1995) e Kosovo (1999). Oggi i Grünen in Germania appoggiano l’aiuto militare all’Ucraina e il riarmo europeo. Mentre i verdi italiani, alleati con l’estrema sinistra in Avs e beneficiari dell’effetto Ilaria Salis che li ha issati al 6% alle europee 2024, rimangono pacifisti.

Queste vicende racconto nel libro 'Green, storia avventurosa degli ecologisti da Celentano a Greta' (ed. Neri Pozza), ricordando la prima canzone ambientalista dell’Adriano nazionale: Il ragazzo della via Gluck, eliminata a Sanremo 1966. Pochi mesi dopo Fulco Pratesi fondò il Wwf Italia. E da allora i verdi ci hanno cambiato la vita: molto secondo i sostenitori, troppo per i detrattori. Fatto sta che oggi tutto sembra dover diventare ‘sostenibile’, negli spot pubblicitari come nei proclami politici. Conviene quindi conoscere bene i protagonisti della lobby verde, le loro idee e metodi, i bilanci, le strategie. E anche qualche segreto: finanziamenti imbarazzanti, complicità col greenwashing di aziende dubbie.

Illustro filosofia e proposte dei pionieri: Alex Langer in Italia, Petra Kelly in Germania, Daniel Cohn-Bendit in Francia. Ammoniva Langer 30 anni fa: “L’ecologia deve diventare desiderabile, i comportamenti virtuosi non possono essere imposti dall’alto. La responsabilità ambientalista può affermarsi non perché un dittatore illuminato dice: ‘Devi bere poca acqua, usare poca elettricità, viaggiare meno in auto, mettiamo il carabiniere accanto ai funghi per controllare che tu non ne prenda troppi’, ma per libero convincimento. Una logica burocratica e repressiva difficilmente può convincere. Occorre una forte spinta etica in positivo”.

Un appello libertario valido tuttora, per difenderci da quei politici irresistibilmente attratti dall’eterna tentazione di “mettere le mutande al mondo”. Per compiacere Greta, com’è accaduto col Green deal del 2020, o per qualche altra ottima intenzione. Il tecnodirigismo diventa meno autoritario se è dipinto di verde? O quando provoca 20mila licenziamenti alla Volkswagen? Il dilemma oggi è tutto qui. 

Saturday, May 31, 2025

Mauro Suttora: "Un mondo ecologico è necessario"

Intervista a Gazzetta di Parma, 31 maggio 2025:
Da Celentano fino a Greta Thunberg, sono sessant’anni che il movimento verde anche in Italia ha una coscienza rispettosa dell’ambiente: ma un mondo ecologico è ancora possibile?
“È non solo possibile, ma necessario. Quando nacque Italia nostra nel 1955, quindi 70 anni fa, il concetto di ‘centro storico’ non esisteva.
Si costruiva all’impazzata demolendo preziosi quartieri antichi. Oggi nessuno lo farebbe. E dopo la nascita del Wwf nel 1966 si sono moltiplicati parchi e aree protette, che ora coprono il 21 per cento dell’Italia. Allora invece i parchi erano solo quattro: Gran Paradiso, Abruzzi, Circeo e Stelvio. Nel libro racconto le incredibili vicende delle prime aree protette Wwf, con l’impegno di Fulco Pratesi e del geniale marchese Incisa della Rocchetta”.
Tra fauna e flora, quali gli esemplari a rischio immediato? Quali perdite irrimediabili potrebbe subire il pianeta?
“Legambiente pubblica la lista delle biodiversità a rischio. La Lipu, Lega italiana protezione uccelli, avverte che sono più di 200 le specie in difficoltà. Mare vivo e Sea Sheperd lanciano l’allarme per la pesca troppo intensiva. La diminuzione delle api minaccia tutto l’equilibrio della flora, per le mancate impollinazioni. Gli orsi bruni marsicani sono ridotti a 60. Buone notizie invece per gli stambecchi e per le tartarughe Caretta Caretta, con molte associazioni ecologiste impegnate a proteggerne le nidificazioni sulle spiagge”.
Rispetto al resto dei Paesi europei l’Italia è diligente o poco attenta nella salvaguardia ambientale?
“Siamo nella media, anche se nelle regioni flagellate dalle mafie i cosiddetti ‘ecoreati’ rovinano l’ambiente. Basti pensare alla Terra dei fuochi nel casertano, con le discariche abusive. Nel libro pubblico l’elenco di tutti gli ‘ecomostri’ abbattuti sulle coste italiane, grazie alle pressioni ambientaliste”.
Le cordate politiche dei verdi che hanno dato la scalata a comuni, regioni e parlamento, spesso con risultati modesti, hanno ancora un peso reale o hanno perso visibilità e interesse?
“Le liste verdi hanno debuttato nel 1985, ma non sono mai riuscite a superare il 6% in Italia, mentre in Germania e Francia hanno raggiunto il 20. In Finlandia il candidato verde alle presidenziali un anno fa ha sfiorato la vittoria col 49%. Ora i verdi italiani sono confluiti in Avs (Alleanza verdi sinistra), però nel libro ricordo che erano nati con lo slogan ‘Nè a destra né a sinistra, ma davanti’. Curiosamente i grünen tedeschi, che erano antimilitaristi, oggi invece appoggiano l’aiuto militare all’Ucraina. Ma la frattura fra ecologisti e pacifisti risale al 1999, quando i verdi che erano al governo in Italia e Germania appoggiarono l’intervento umanitario Nato contro la Serbia di Milosevic, per proteggere i civili del Kosovo”.
Su quali personaggi politici nei vari Paesi europei oggi possiamo identificare la lotta ecologista per un mondo che ha bisogno di ripristini urgenti?
“È proprio questo il problema degli ecologisti oggi. Tramontata la stella di Greta Thunberg, la ragazza svedese che nel 2018 aveva infiammato il mondo ma che ora si batte soprattutto per i palestinesi e contro Israele, non ci sono più personaggi di rilievo. Mentre nel libro dedico tre capitoli a leader carismatici del passato che hanno popolarizzato l’ecologia: Alex Langer in Italia, Petra Kelly in Germania, Daniel Cohn-Bendit in Francia. Langer, in particolare, è stato un vero e proprio profeta. Diceva che i comportamenti ecologisti non possono essere imposti dall’alto, ma devono nascere da una nostra consapevolezza spontanea che ci faccia rispettare l’ambiente. L’ho conosciuto, lui per primo non aveva l’auto, si spostava col non inquinante treno. Purtroppo si tolse la vita nel 1995, disperato perché di fronte agli attacchi serbi contro Sarajevo la nonviolenza che predicava si rivelò impotente, e quindi si rese conto che un intervento armato dell’Onu era inevitabile per proteggere i civili”.
Con la situazione economica in peggioramento si parla già di rinviare certe iniziative della green economy per evitare dannose ripercussioni. È cominciata la marcia indietro?
“Sì, il Green deal adottato dall’Europa nel 2020 è stato una fuga in avanti con l’imposizione delle auto elettriche entro il 2030. Non parliamo degli Usa, dove Trump spinge sul petrolio e sull’export di gas liquido in Europa. Ma è solo una questione di velocità: la transizione verde verso le energie rinnovabili è inevitabile, perché conveniente: sole, vento e idroelettrici sono gratis. Nel libro affronto lo spinoso problema del ‘greenwashing’, cioè di industrie inquinanti che cercano di darsi una ripittata verde fingendo di essere ‘sostenibili’ solo perché danno un po’ di soldi per piantare qualche albero. Lo ha fatto la società farmaceutica Roche, responsabile del disastro di Seveso con la diossina nel 1976, piantumando un’area verde nella vicina Monza”.
Le associazioni (sono tante) per la salvaguardia della natura tipo Wwf politicamente come sono schierate? A sinistra, a destra o al centro?
“L’unica schierata a sinistra è Legambiente, nata nel 1980 nell’area Pci. Le altre sono neutrali, specialmente Italia nostra, Lipu e gli animalisti. Fra questi c’è l’associazione di Vittoria Brambilla, deputata di Forza Italia. La più combattiva è Greenpeace, approdata in Italia negli anni ’80: privilegia le azioni dirette nonviolente, come i nuovi climattivisti di Extinction rebellion e Ultima generazione. I quali per fortuna ora hanno abbandonato i danneggiamenti e i blocchi stradali, per i quali erano stati accusati di ecovandalismo. Una delle loro ultime azioni si è svolta a Brescia il 15 gennaio di quest’anno, quando hanno bloccato i camion all’entrata dell’industria bellica Breda del gruppo Leonardo. Greenpeace è l’unica grande organizzazione che non accetta soldi né dallo stato né dalle aziende, e quindi non subisce condizionamenti. Il suo principale avversario è l’Eni, accusato di non impegnarsi abbastanza sulle energie rinnovabili”.



Thursday, December 19, 1991

Dateci una zampa, maghi del marketing















Il Wwf ha raggiunto quota 300mila soci. Greenpeace ne fa mille in più ogni mese. La Lipu è inondata di coupon per salvare la marmotta. Le nuove armi dei verdi si chiamano mailing, fund raising e sponsorship


di Mauro Suttora


Europeo, 20 dicembre 1991


Se continua così, fra qualche anno il Wwf avrà più iscritti del Pds. I soci italiani del World Wide Fund for Nature (Fondo mondiale per la natura) da 25mila che erano nel 1981 hanno appena festeggiato quota 300mila. Performance impressionante: poche associazioni al mondo possono vantare una crescita del 1200% in appena dieci anni.

Ma va bene anche alle altre organizzazioni ecologiste: dalla Lega Ambiente con i suoi 60mila iscritti, a Greenpeace che ne ha raccolti 55mila in soli tre anni, e che continua ad aumentare al ritmo di mille al mese.

Tutto questo nonostante il disastro ambientale italiano, la delusione dei verdi come partito, le sconfitte ripetute dei referendum anticaccia: da quello nazionale del 1990 a quelli in Friuli due settimane fa. Rigettati dalla politica, gli ecologisti nostrani si consolano partecipando con accanimento a iniziative concrete in favore della natura: piantano alberi, puliscono parchi, ramazzano spiagge, curano uccellini feriti. Ma mettono anche mano al portafogli: ‘adottano’ delfini, finanziano oasi, comprano magliette, regalano animali di peluche scelti dai cataloghi natalizi del Pandashop…

È un’attività frenetica che coinvolge una quindicina di associazioni nazionali più una miriade di gruppi locali, con bilanci annui che vanno dai 25 miliardi del Wwf ai 30 milioni della Lac (Lega abolizione caccia). E sono oltre mezzo milione gli italiani che hanno in tasca la tessera di una (o più di una) organizzazione ambientalista. Ma non è più un boom affidato al caso: da qualche anno l’entusiasmo spontaneo degli amanti della natura viene stimolato e poi organizzato scientificamente da esperti di marketing. I quali stanno importando in Italia le tecniche più avanzate del fund raising, del mailing e delle sponsorship, già sviluppatissime negli Stati Uniti.

Storicamente il nostro è un Paese cattolico in cui la carità è da sempre monopolio di missionari, suore e dame di san Vincenzo. E la raccolta di fondi per organismi laici senza scopo di lucro (Croce rossa, ricerca contro il cancro e altre gravi malattie) non è facilitata, come in America, dalla deducibilità fiscale dei contributi.

Ma i nuovi maghi del marketing verde non si son persi d’animo, e tanto per cominciare hanno messo a buon frutto le centinaia di migliaia di firme e indirizzi raccolti per i referendum. “A quegli 800mila firmatari abbiamo spedito una lettera con l’invito ad associarsi, e la risposta è stata buona”, ci dice Valerio Neri, direttore generale del Wwf.

Neri, 40 anni, è il superman dei nuovi manager ambientali. Ha insegnato filosofia del linguaggio all’università di Roma ed è entrato nel Wwf nel 1982. Le sue iniziative di direct marketing per convincere i soci a rinnovare l’iscrizione hanno avuto subito successo, e questo è stato molto importante per l’associazione del Panda negli anni della crescita impetuosa. Troppe volte, infatti, un eccessivo ricambio dei soci vanifica il reclutamento di nuovi iscritti: se molti non rinnovano la tessera, alla fine il saldo è insoddisfacente. “La percentuale di rinnovi è molto alta per il Wwf: bastano due-tre lettere di sollecito e arriviamo all’80 per cento”, spiega Neri.

Dal 1989 Neri è direttore generale dell’associazione fondata e presieduta da Fulco Pratesi, succedendo a Staffan de Mistura (oggi impegnato con l’Unicef in Jugoslavia) che già aveva introdotto buone dosi di managerialità nel Wwf. L’anno scorso un sondaggio Espansione-Swg fra 300 dirigenti italiani ha collocato Neri al quinto posto fra i direttori marketing più bravi d’Italia, e al terzo fra i creatori delle operazioni più innovative.

Così si è coronata una carriera cominciata per caso. “Ma la mia precedente esperienza di filosofo del linguaggio è stata preziosa”, sostiene Neri. “Un’operazione di mailing infatti costa molto, per cui occorre calibrare bene il messaggio da inserire nella lettera. Nella comunicazione ambientale dobbiamo far leva su emozioni e ricordi del linguaggio privato per catturare l’interesse”.

Insomma, Neri applica gli insegnamenti del filosofo Ludwig Wittgenstein quando scrive di suo pugno molte delle lettere con cui il Wwf, magari usando come testimonial Piero Angela, sollecita i simpatizzanti all’azione e al contributo finanziario. “La raccolta fondi è soltanto uno dei nostri obiettivi”, precisa Neri, “perché vogliamo anche spingere i nostri soci a compiere atti pratici, come spedire cartoline per qualche petizione a un uomo di governo, o a cessare un comportamento inquinante, fino ad assumere personalmente iniziative concrete”. Come i soci Wwf che hanno piantato alberi poche settimane fa a Milano.


Un altro asso nella manica del Wwf è Marina Salamon. Questa 33enne proprietaria della Doxa (con il padre Ennio che la dirige da 35 anni) e imprenditrice tessile (con l’ex compagno Luciano Benetton controlla due aziende a Treviso che fatturano 150 miliardi) fa parte della commissione Ambiente della Confindustria, e da un anno è anche consigliere d’amministrazione del Wwf Italia. Ha l’incarico di seguire le vendite del Pandashop, catalogo per corrispondenza allegato alla rivista mensile del Wwf che incassa cinque miliardi all’anno.

“Da adolescente frequentavo i campi di lavoro del Wwf”, ricorda la Salamon, “e ho riannodato i rapporti nell’86, quando ho aiutato a organizzare le cerimonie per il venticinquennale del Wwf internazionale ad Assisi”. Salamon senior a suo tempo si era impegnato con Italia Nostra a Milano per la creazione del parco del Ticino. Adesso sua figlia dedica in media una decina di ore alla settimana per andare a Roma e Milano alle riunioni Wwf. “Mi sono laureata, ho lavorato, e adesso posso permettermi di coltivare i miei veri interessi”, dice.

Anche dentro Confindustria Marina Salamon sta combattendo la sua battaglia ecologista. “È stato Luigi Abete a volere che m’impegnassi nel comitato Ambiente. Io per la verità producendo vestiti non ho grossi problemi di coscienza, anche perché compro tessuti già colorati. La mia impressione è che le grosse aziende, coordinate da Federchimica, Assoplastica e Assovetro, si stiano muovendo per ridurre l’inquinamento. Ma restano i problemi delle piccole industrie, e soprattutto di leggi confuse con sovrapposizione di poteri fra Stato e regioni. Non vorrei comunque ridurmi a fare il Bertuzzi [primo difensore civico d’Italia, ndr] della situazione, quella che parla e denuncia ma con scarsi risultati concreti. Per questo mi trovo meglio fra i giovani imprenditori, che ultimamente hanno assunto posizioni coraggiose, e non solo sui temi ambientali: penso al caso Libero Grassi e alla mafia in Sicilia”.

Le vendite del Pandashop curate dalla Salamon hanno un catalogo stampato su carta riciclata e provengono in gran parte da canali alternativi alle normali strutture industriali: comunità di ex tossicodipendenti o handicappati, cooperative del Terzo mondo). Assieme al professor Luigi Boitani, docente di management ambientale all’università di Roma, la Salamon ha vincolato a parco regionale 150 ettari di sue tenute in Toscana, vicino a Siena. E la scorsa settimana questa pasionaria dell’ambiente è volata in Kenya e Uganda, dove Boitani ha progettato nuovi parchi naturali, e dove stanno molti di quegli elefanti e rinoceronti per i quali il Wwf ha organizzato campagne negli ultimi anni.

Intanto, proprio una ricerca Doxa ha scoperto che il marchio del panda è conosciuto dall’80% degli italiani, e che il Wwf è noto perfino più della Croce rossa come raccoglitore di fondi. Perciò le aziende private fanno la coda per ottenere una sponsorizzazione che permetta di legare la propria immagine a quella prestigiosa del Wwf. “Ma accettiamo meno del 10 per cento delle proposte che ci vengono fatte”, dice Neri. Dagli sponsor il Wwf incassa un miliardo e mezzo annuo, che destina ai 42 parchi gestiti a proprie spese. La sponsorizzazione più grossa attualmente è quella della Perfetti, che abbina la caramella Golia all’orso bianco.

Con 26 dipendenti a tempo pieno, 300 obiettori in servizio civile, 300 sedi e 4mila Panda club nelle scuole, il Wwf riesce a proteggere quasi 20mila ettari di territorio in Italia, e a spendere più del ministero dell’Ambiente per i suoi parchi nazionali.


Un’altra storia di successo è quella di Greenpeace. Specializzata in spettacolari azioni dirette nonviolente, è sbarcata in Italia da pochi anni. L’unica sede è a Roma, dove con il direttore Gianni Squitieri  lavorano 12 persone. Non ha chiesto obiettori al ministero della Difesa. I 55mila soci contribuiscono in media con 40mila lire annue, e il bilancio si aggira sui due miliardi.

La responsabile marketing di Greenpeace è Silvia Provera, 33 anni, laureata in biologia: “La ‘raccolta fondi’ in Italia è quasi inesistente come tecnica specializzata”, ci dice nella sede sotto l’Aventino. “Per questo Greenpeace mia ha mandata a frequentare per due settimane un corso universitario di ‘fund raising’ a San Francisco. Ne sono uscita stordita: le organizzazioni no profit statunitensi si occupano quasi tutte di donne violentate, bambini brutalizzati, malattie terribili e altre amenità del genere. Ma lì il mailing raggiunge vette di sofisticazione scientifica. Anche perché società apposite sono in grado di affittare indirizzari perfino ridicoli, nella loro precisione: tutti i divorziati degli ultimi tre mesi, o chi acquista cibi naturali, o i ‘giovani evoluti’ che ‘vanno spesso al camping’, e così via…”

In Italia le liste sono più approssimative, garantiscono raramente una ‘redemption’ (risposta positiva) superiore al 3-4%. “Invece in Gran Bretagna e Olanda Greenpeace riesce a raggiungere risultati strepitosi con il mailing: perfino il 18 per cento su liste ‘fredde’, cioè di persone che non hanno dimostrato in precedenza interessi particolari per l’ambiente”.

In Olanda Greenpeace ha 700mila iscritti: uno in ogni famiglia. E da noi c’è il grande ostacolo della posta lenta, che rende difficoltose grosse spedizioni di lettere. Un’altra tecnica che le organizzazioni non a scopo di lucro utilizzano all’estero è lo scambio reciproco di indirizzari. In alcuni Paesi la legge lo proibisce, per non invadere la privacy con quantità non richieste di ‘junk mail’, posta spazzatura. Ma il divieto è superabile stampando la clausola “Se lei non vuole che il suo indirizzo venga dato ad altri, sbarri questa casella”. Quasi nessuno lo fa.

“In Italia però le associazioni ecologiste sono gelose, non prestano mai ad altri i propri indirizzari”, dice Silvia Provera. “Eppure i nostri iscritti spesso sono complementari. Il Wwf, per esempio, rispetto a noi ha soci o più giovani o più anziani, e più nell’area del protezionismo che in quella dell’ecologia politica. Noi invece siamo forti fra i 20-45enni”.

Per statuto, al contrario del Wwf, Greenpeace non può concedere il proprio marchio, farsi sponsorizzare né accettare donazioni da aziende: solo privati cittadini. “Abbiamo declinato anche i finanziamenti del ministero dell’Ambiente, perché non prendiamo soldi da governi. E perché abbiamo scoperto che in Italia pure questi fondi sono un po’ lottizzati”, dice la Provera. “Una volta mi ha telefonato un’associazione di pellicciai che voleva assolutamente farci una donazione. Ho spiegato che potevamo accettare solo il contributo del presidente come singola persona”.

Anche Greenpeace nella rivista mensile che invia ai soci ha un piccolo catalogo di magliette, adesivi e cartoline. Offre pure il disco inciso dalle principali rockstar per finanziare le campagne contro la caccia alle balene in Unione Sovietica, che ha venduto tre milioni di copie.


La Lega Ambiente (presidente Ermete Realacci, segretaria Renata Ingrao, 60mila iscritti) si sta avvicinando adesso alle campagne di mailing. “Con Antonio Lubrano come testimonial”, spiega l’amministratrice Rita Tiberi, “abbiamo contattato tutti i firmatari dei referendum. Così è cambiata un po’ anche la natura della nostra associazione, perché 20mila persone si sono iscritte direttamente alla sede nazionale senza passare per uno dei nostri 600 circoli locali”.

Una ventina di impiegati, 30 obiettori, due miliardi a bilancio, l’attività di Lega Ambiente si impernia soprattutto sulla Goletta verde estiva e sul Treno verde invernale, che girano Italia e Mediterraneo misurando l’inquinamento. I soci, più di sinistra delle altre associazioni, sono anche più severi nella scelta degli sponsor: hanno protestato quando la Montedison di Raul Gardini aveva sponsorizzato un loro convegno. Così il marchio del cigno verde non viene concesso alle aziende, che possono solo offrire fondi.

Ce l’hanno fatta Duracell con le sue pile (in risposta ad altre pile concorrenti abbinate al Wwf), Italstat, Assovetro, il detersivo ecologico Atlas, il consorzio Replast che ricicla la plastica. La Banca Toscana e Il Monte dei Paschi hanno sponsorizzato un convegno internazionale particolarmente costoso. E Ottavio Missoni ha disegnato tre magliette per la Goletta verde.


La Lipu (Lega italiana protezione uccelli), che gestisce 15 oasi e due ospedali veterinari, ha 30mila soci e due miliardi e mezzo di budget. Presidente, l’ex giornalista Rai Mario Pastore. Si è fatta sponsorizzare da Polenghi un centro per le cicogne a Racconigi (Cuneo), Invicta ha finanziato l’oasi di Torrile (Parma) e altri suoi benefattori sono stati Piaggio e Virgin dischi. Grande successo ha riscosso la recente campagna per la marmotta: ben 45mila coupon stampati su giornali sono arrivati alla sede nazionale di Parma, e formeranno un ottimo target per i prossimi mailing.


Italia Nostra, 20mila soci, si è fatta sponsorizzare da Scavolini e dal Lysoform della Lever quattro aree di rimboschimento post incendi. “Ma i mailing non possiamo permetterceli, costano troppo”, dice il segretario Vittorio Machella.

Molto intraprendente invece il presidente di Europe Conservation Fabio Ausenda: “Abbiamo raccolto 400 milioni da settemila donatori per le nostre campagne di adozione di lupi, balene e delfini”. Fra i finanziatori Moschino e Fox video per i lupi e Prénatal per le balene.

La più grande associazione animalista (da non confondere, avvertono gli specialisti, con i ‘conservazionisti’) è la Lav (Lega antivivisezione): 16 mila iscritti, 90 sedi, mezzo miliardo in bilancio, nessun obiettore (“Il ministero ce li nega”), niente personale stipendiato: “Siamo tutti volontari, al massimo c’è qualche rimborso spese”. Sono loro a inscenare ogni anno, all’apertura della Scala, gli happening anti-pellicce.

Anche Kronos 1991, specializzato nel misurare l’inquinamento di mari, laghi e fiumi, ha un modello lontano da quello ‘commerciale’ del Wwf: “Vogliamo che i nostri 4mila iscritti si mobilitino direttamente, non ci interessano i soci solo finanziari o epistolari”, dice il segretario Silvano Vinceti.

Sulla stessa lunghezza d’onda la Lac (Lega anticaccia) di Carlo Consiglio, professore di zoologia all’università di Roma, e Federnatura, che raduna 10mila soci sotto la presidenza di Francesco Corbetta, docente di botanica all’Aquila.

Apertissimi alle sponsorizzazioni sono invece il Fai (Fondo ambiente italiano, 15mila soci, bilancio di tre miliardi) di Giulia Maria Crespi, gli Amici della Terra e Marevivo (30 mila soci, un miliardo di budget: Tirrena assicurazioni, Marina militare, Enel, Alenia, Telespazio).

Quanto a Mountain Wilderness, l’associazione di Reinhold Messner che conta un migliaio di soci, ha ricevuto contributi da Fidia (farmaceutici) e Geospirit (abbigliamento sportivo).

Infine Animal Amnesty: “Siamo un ufficio di pubbliche relazioni per animali”, spiega l’addetto stampa Enzo Del Verme. Ottomila soci dichiarati, dieci addetti a tempo pieno, sono loro a coniare slogan fulminanti come “Tua madre ha una pelliccia? La mia non l’ha più”, oppure “Se pensi che la corrida sia divertente, prova a fare il toro”. Sponsor: Fiorucci, Videomusic, Young & Rubicam.