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Tuesday, April 20, 2021

Grillo scagiona il figlio

“E tutte le vittime tritate dal populismo a 5 Stelle?”

intervista a Mauro Suttora di Federico Ferraù

Ilsussidiario.net, 20 aprile 2021

“Grillo dovrebbe ricordarsi di tutti politici e personaggi tritati dal populismo a 5 Stelle negli ultimi 15 anni, da Bassolino a Bertolaso. Ora è la nemesi”

Arriva e si siede davanti alla webcam. Esplode, subito. “Mio figlio è su tutti i giornali come uno stupratore seriale”. Eccolo il motivo. È un crescendo. Grillo gesticola, urla. Se la prende con l’informazione. Ciro Grillo, il figlio del fondatore e garante del Movimento 5 Stelle, è indagato con tre amici dalla procura di Tempio Pausania con l’accusa di violenza sessuale di gruppo.

I fatti risalgono alla notte tra il 15 e il 16 luglio 2019, la vittima è una ragazza italo-svedese. “Gli stupratori vengono presi e interrogati in galera o ai domiciliari”, invece suo figlio e gli amici “sono lasciati liberi per due anni, perché?”, urla Grillo. “Perché vi siete resi conto che non è vero niente che c’è stato lo stupro. Perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf e dopo otto giorni fa la denuncia… vi è sembrato strano. Sì, è strano” grida come una furia il leader di M5s. E ancora: “C’è il video, si vede che lei è consenziente, che c’è il gruppo che ride, che sono ragazzi di 19 anni”. Lo show disperato di Grillo finisce poco dopo.

Un messaggio violento e sessista: le reazioni sono pressoché concordi nel condannare il nuovo abuso mediatico della vittima. La famiglia della ragazza, attraverso il legale Giulia Bongiorno, parla di “farsa ripugnante”. Qualcuno fa notare che dall’exploit di Grillo traspare un’ignoranza completa delle più elementari nozioni di giustizia penale, insieme ad un’immagine della giustizia come arma brutale, la stessa che il giustizialista Grillo ha sventolato per anni nelle piazze. “Io ci ho messo 6 mesi per denunciare la violenza”, dice Federica Daga, deputata M5s.

“Grillo dovrebbe ricordarsi di tutti politici e personaggi tritati dal populismo a 5 Stelle negli ultimi 15 anni, da Bassolino a Bertolaso. Ora è la nemesi” dice Mauro Suttora, giornalista, collaboratore dell’Huffington, giornalista e scrittore, da anni attento osservatore del fenomeno grillino. “In un Paese normale” commenta “il 19 aprile 2021 segnerebbe la fine del Grillo politico”.

Ciro Grillo è innocente fino al terzo grado di giudizio. Se ne parliamo è a motivo del padre, che ieri ha diffuso un messaggio immediatamente subissato di critiche. Perché è intervenuto?

Per una plateale crisi isterica, direi. Non so trovare altri motivi. Non si era mai visto un politico, un comico, un padre, o semplicemente un uomo, perdere la testa in modo così evidente e violento. E volersi mostrare in pubblico, filmandosi e offrendosi online. Se non fosse grottesco, sarebbe tragico: una specie di re Lear al pesto genovese.

Abbiamo visto lo sfogo di un Grillo iper-garantista. I conti tornano?

Guardandolo urlare mi è venuta in mente Federica Guidi, figlia di un potente industriale. Oggi probabilmente nessuno la ricorda, ma fu ministra dello Sviluppo economico dal 2014 al 2016, nel governo Renzi. Se passerà alla storia, sarà per essersi lamentata col fidanzato perché lui la trattava come una “sguattera guatemalteca”. Li intercettavano, e per la soddisfazione di Grillo quelle sue parole furono pubblicate, illegalmente perché erano umiliazioni private, senza alcun nesso con l’accusa di “traffico di influenze” per cui era indagato il fidanzato. Lei no, non era neppure indagata. Però i forcaioli grillini chiesero subito le sue dimissioni, e le ottennero. Un anno dopo il caso fu archiviato, ma alla Guidi non ridiedero la poltrona. Solo che lei ci risparmiò una sceneggiata alla Grillo, cui avrebbe avuto diritto.

Allora chi altri dovrebbe difendere, Grillo, oltre al proprio figlio?

Dovrebbe ricordarsi di tutti politici e personaggi tritati dal populismo a 5 Stelle negli ultimi 15 anni, da Bassolino a Bertolaso. Ora è la nemesi.

“Che Beppe Grillo usi il suo potere mediatico e politico per assolvere il figlio è vergognoso” ha detto la Boschi. Che cosa ci dice dal punto di vista mediatico l’iniziativa di Grillo?

Ci dice che in realtà i meno colpevoli per la disavventura del figlio siamo proprio noi giornalisti. Che abbiamo sempre trattato coi guanti i guai privati dei suoi figli. Tutti sapevamo di certe vicende di droga del passato – non di Ciro – ma nessuno le ha mai sfruttate, la privacy familiare è stata rispettata. E così in questi quasi due anni di inchiesta per il presunto stupro di Porto Cervo. Un’eternità. Quasi tutti i tg non avevano neanche dato la notizia dell’imminente incriminazione. Se il padre non avesse sbroccato, la maggioranza degli italiani l’avrebbe ignorata.

Come commenti le poche difese imbarazzate provenienti da M5s?

È questo il risvolto più grave, da un punto di vista politico. Perché i grillini sono ancora il partito più grosso in Parlamento, e accettano di essere guidati da un uomo con evidenti problemi di equilibrio. I più furbi si sono chiusi in un dignitoso silenzio, ma nessuno osa prenderne le distanze.

Lo sfogo mediatico di Grillo non dovrebbe imporre una svolta garantista?

Il garantismo non lo conoscono, i grillini. Sarebbe come pretendere che un felino diventi vegetariano. Per la legge del contrappasso, il povero Ciro è stato più danneggiato che difeso dalla piazzata paterna.

Come inciderà questa vicenda?

In un Paese normale il 19 aprile 2021 segnerebbe la fine del Grillo politico. Ma un Paese che tre anni fa gli ha dato un terzo dei voti non è normale. I grillini più accorti si sono già riciclati. Di Maio si è definito “liberale e moderato”. Di Battista almeno evita certi trasformismi alla Conte.

A proposito di Conte e non solo lui; in M5s è il caos.

Dopodomani scade l’ultimatum del rampollo Casaleggio, che pretende 450mila euro dai parlamentari grillini. Se non glieli danno, lui si terrà il prezioso indirizzario dei 190mila registrati al Movimento. Ne vedremo di tutti i colori.

Federico Ferraù

Sunday, April 11, 2021

Salvini e la lezione Gregoretti: separare morale e giustizia

Siamo diventati tanti piccoli gup, perennemente sentenziosi e buffi. E invece niente, calmatevi. Se il leghista è un eroe o un mascalzone non lo decide un giudice

di Mauro Suttora

HuffPost, 11 aprile 2021

Ce la possiamo fare. Se nel 1648 abbiamo cominciato a separare la politica dalla religione, con la pace di Vestfalia, prima o poi riusciremo anche a distinguere fra morale e legge.

La procura di Catania ha chiesto l’assoluzione di Matteo Salvini per la nave Gregoretti: il capo della Lega non commise i reati di sequestro di persona e abuso d’atti d’ufficio quando vietò per sei giorni lo sbarco a 131 migranti.


Applaude la curva nord dei tifosi di centrodestra, ammutoliti quelli di sinistra. Peccato che le aule di tribunale non siano stadi: paghiamo i giudici non per decidere se un politico abbia fatto la cosa ‘giusta’, o migliore, o più umana, ma solo per sapere se ha violato precisi articoli del codice penale.

Inutili quindi sia le feste che il lutto, di fronte a richieste di archiviazione o incriminazione. Certo, l’equivoco è facile: la parola ‘giustizia’ contiene in sé l’aggettivo ‘giusto’. Quindi viene spontaneo caricare ogni sentenza di valore moralistico. Soprattutto per noi educati alla bontà dal catechismo, e ora immersi in quell’Era della Suscettibilità (© Guia Soncini) che ci fa stazionare col ditino alzato sul divano: siamo diventati tanti piccoli gup, perennemente sentenziosi e buffi.

E invece, niente. Calmatevi. Salvini non è né un eroe che ci difende dall’invasione dei clandestini, né un mascalzone che tortura donne e bimbi africani. O meglio, ciascuno di noi potrà continuare a pensarlo, e a votare di conseguenza. Ma non lo decide certo il giudice di Catania Nunzio Sarpietro (lui meno di tutti, fan dichiarato dell’ex premier Conte), né quello di Palermo che sta per giudicare Salvini su un caso uguale, il blocco della nave Open Arms.

Le loro sentenze non stabiliranno la ‘bontà’ (della politica) del capo leghista, ma solo se un suo determinato atto in un determinato giorno e luogo ha “integrato una fattispecie di reato”. Come ci hanno insegnato alla facoltà di giurisprudenza. Dove, lo confesso, ero un fan di Kelsen: quel giurista tedesco che per aver osato affermare la neutralità della legge si beccò del paranazista dai comunisti. Ma erano tempi complicati.

Ora invece sono i tempi dei grillini, che assolsero (politicamente) Salvini per il blocco della nave Diciotti quand’era loro alleato, ma lo hanno crocifisso per le navi successive: peccato che il codice penale non abbia fatto anch’esso un salto della quaglia assieme a loro, da destra a sinistra.

In ogni caso, il capo leghista è fortunato: meno di due anni sotto processo. Ai magistrati di Bertolaso ce ne sono voluti dieci per assolverlo. Stessa agonia per il sindaco di Parma Vignali, che dovette dimettersi nel 2011: diede il via all’epopea grillina con la vittoria dell’ottimo Pizzarotti. Assolto pure lui un anno fa, con annesse scuse della pm. E il povero Bassolino? Ci conviene fare proprio come i bagni per maschi e femmine: tenere separata la morale (e la politica) dalla giustizia.

Mauro Suttora



Wednesday, April 25, 2001

Spazzatura di Napoli in Germania

Abbiamo seguito il treno che porta in Germania l'immondizia campana

Così i tedeschi trasformano in oro la spazzatura di Napoli
   «Bruciando i vostri rifiuti ricaviamo energia elettrica che poi rivendiamo», dicono nell'inceneritore di Krefeld, dove stiamo mandando 40 mila tonnellate provenienti dalle pattumiere dei paesi vesuviani. «E dire che, per smaltirli, pagate 300 lire al chilo!» Replica il commissario governativo: «Siamo costretti a spedirle all'estero perché molte regioni italiane non le vogliono»
       dal nostro inviato Mauro Suttora
  Krefeld (Germania), 25 aprile 2001 
  Chissà che cosa sarebbe successo se l'ingegnere tedesco Ludwig Ramacher in marzo non fosse andato per lavoro a Crispiano, in Puglia, dove la ditta Intini sta collaborando con la Trienekens di Krefeld (Germania) nella costruzione di un impianto che smaltisce frigoriferi vecchi. «Ero lì in quei giorni, e sui giornali leggevo delle rivolte scoppiate per la spazzatura in Campania», racconta lui, «quando a Gianluca Moro, titolare delle società Magico e Unità di Misura di Milano, col quale siamo in rapporti da tempo, è venuta l'idea: perché quei rifiuti non ve li prendete voi?»
   Detto fatto. Nel giro di pochi giorni l'inceneritore della città di Krefeld ha presentato un'offerta ad Antonio Bassolino, presidente della regione Campania: 185 lire per ogni chilo smaltito. È stato firmato un contratto, e sono già cominciati i primi trasporti con i treni che vanno e vengono da Napoli alla Germania.
   Sembra un'assurdità, l'immondizia che dev'essere impacchettata in sacchi verdi neanche fosse materiale di valore, e spedita a duemila chilometri di distanza solo per essere bruciata in un forno. Ma è stata l'unica soluzione per smaltire le montagne di spazzatura (centomila tonnellate, ormai) che si sono accumulate nelle province di Napoli e Salerno, e che avevano provocato quasi la rivoluzione fra gli abitanti vicini alle discariche che non li volevano più.
  Sembra anche una barzelletta, o uno scherzo del destino, che i napoletani vadano a svuotare le loro pattumiere nella ricca e meticolosa Germania. Vi immaginate quante proteste ci sarebbero state se i rifiuti fossero stati accolti da un Paese solo un po' meno sviluppato? «Ecco, ora andiamo a inquinare anche il Terzo mondo», avrebbero strillato molti italiani. 
  Invece, niente. Neanche i tedeschi hanno storto il naso di fronte a queste importazioni puzzolenti: soltanto qualche articolo sui giornali della Renania (il Land dove si trova Krefeld, vicino a Dusseldorf) in cui ci si preoccupa solo per l'eventualità che mischiati alla spazzatura urbana siano nascosti anche rifiuti tossici provenienti da qualche industria, e per la mafia. Sì, perché anche in Germania è arrivata la notizia che i problemi della spazzatura in Campania sono causati dal controllo camorristico sul lucroso business dello smaltimento rifiuti.
    Che sulla spazzatura si possano far soldi, d'altra parte, ce lo dimostrano anche i dirigenti dell'inceneritore Trienekens, in una saletta dei loro (pulitissimi) uffici accanto all'impianto. «Ogni anno bruciamo circa 350 mila tonnellate», spiega il dirigente Ulrich Schafer, «cioè la spazzatura sia domestica che industriale prodotta dall'equivalente di sei milioni di abitanti. Ma i rifiuti sono un buon combustibile, e producono calore, il quale a sua volta genera vapore. Con il vapore muoviamo turbine che generano energia elettrica: un megawatt ogni due tonnellate di spazzatura. E vendiamo l'elettricità al prezzo di 50 mila lire al megawatt».

Insomma, i tedeschi trasformano la spazzatura in oro. In questo caso, si può ben dire, «l'oro di Napoli», perché dalla Campania ne stanno arrivando almeno 40 mila tonnellate. Il che, facendo due calcoli, significa un incasso di quasi sette miliardi e mezzo. Più un altro miliardo tondo tondo grazie all'elettricità prodotta. Fra l'altro, se la stessa elettricità venisse prodotta da un forno italiano l'introito sarebbe di cinque miliardi, perché da noi il prezzo dell'energia elettrica è quintuplo. Ma l'ingegner Ramacher non pone limiti alla provvidenza: «Con la Campania non abbiamo fissato una quantità di spazzatura precisa da smaltire, la nostra disponibilità arriva fino a 250 mila tonnellate».

Possibile che in tutta Italia non sia stato possibile trovare un posto dove buttare la spazzatura napoletana? L'emergenza rifiuti, infatti, sta costando decine di miliardi alla Campania. Al costo dell'incenerimento (185 lire al chilo, come si è detto) vanno aggiunte le spese di trasporto: altre 120 lire al chilo. Totale: più di 300 lire, le quali alla fine verranno pagate dai contribuenti con un aumento delle tasse sui rifiuti (pagate in base alla superficie delle abitazioni: si va dalle due alle oltre quattromila lire al metro quadro, che significa quasi mezzo milione all'anno per un appartamento di cento metri quadrati).

«Le centomila tonnellate dell'emergenza», ci spiega da Napoli il subcommissario Giulio Facchi, «verranno mandate per un quaranta per cento in Germania e per un venti per cento in altre regioni italiane. Il resto, cioè 40 mila tonnellate, lo stiamo smaltendo qui in Campania. Ma avevamo l'esigenza di far presto, perché con i primi caldi non si può tenere la spazzatura in strada. E purtroppo alcune regioni, come la Lombardia e il Lazio, si sono rifiutate di aiutarci».

Infatti, sembra incredibile, ma anche sull'immondizia si è scatenato un litigio politico: le regioni governate dalla destra non hanno accettato quella proveniente da una regione di sinistra come la Campania di Sassolino. E quindi le uniche discariche disposte ad accogliere i rifiuti di Napoli sono tutte in zone rosse: Marche, Umbria, Emilia, Toscana.

Precisiamo che fra i prezzi praticati in Germania e quelli delle discariche italiane non c'è una grande differenza: si viaggia sempre sulle 300 lire al chilo. «I tedeschi infatti hanno costruito i loro impianti vicino alle ferrovie», spiega Facchi, «cosicché a spazzatura può arrivare in treno e i costi diminuiscono. In Italia, invece, dobbiamo sempre utilizzare i camion, che sono più cari dei vagoni ferroviari».

Un'altra grande differenza fra noi e la Germania sono gli inceneritori: in Italia bruciamo appena il 6 per cento della spazzatura, contro il 35 per cento nel resto d'Europa. Nella trentina di impianti funzionanti da noi si smaltiscono appena due milioni di tonnellate di rifiuti urbani, cioè la stessa quantità che da sola la Trienekens tratta nei suoi dieci impianti. In totale, la Germania (con 80 milioni di abitanti) incenerisce 12 milioni di tonnellate: sei volte più dell'Italia (60 milioni di abitanti).

In Italia impazza ancora, dopo un quarto di secolo, la «sindrome di Seveso»: tutti gli inceneritori sono bloccati dalle popolazioni dei luoghi in cui dovrebbero essere costruiti perché si pensa che producano diossina, come successe nel 1976. «Ma con le tecnologie di oggi la diossina è un problema inesistente», sorride l'ingegner Ramacher mentre ci fa visitare l'impianto di Krefeld, «in Germania abbiamo un limite massimo di 0,1 nano-grammi per metro cubo d'aria, ma le nostre emissioni non raggiungono neanche il dieci per cento di quella quantità: è cosi poca che non riusciamo neanche a misurarla».

L'altro grande scandalo, che ci tiene lontani dall'Europa, è la raccolta differenziata. La Germania ormai ha ridotto quasi della metà la spazzatura da smaltire, perché recupera quasi tutto: non solo carta, vetro, lattine e plastica, come da noi, ma anche tutti gli scarti alimentari umidi, che trasforma in concime. «È per questo che nel nostro forno abbiamo trovato lo spazio per i vostri rifiuti», dice Ramacher, «perché grazie al riciclaggio quelli tedeschi stanno diminuendo». 

Così, oltre che dall'Italia, l'impianto di Krefeld può bruciare immondizia proveniente pure da Belgio e Olanda, che però distano poche decine di chilometri. Viene riciclata perfino la cenere che rimane dopo la termodistruzione: il 5 percento, ovvero cinquanta chili ogni tonnellata, che sono utilizzati per la pavimentazione stradale.

In Italia, invece, la percentuale della raccolta differenziata è appena dell'1l per cento, un quarto rispetto alla Germania. Ma, a sua volta, l'Italia è divisa in due. La Lombardia, infatti, ricicla oltre il 30 per cento (a livelli europei, quindi), mentre la Campania è all'1,5 per cento, e nell'intero Sud il recupero è quasi inesistente: finisce tutto in discarica.

Visitando l'impianto di Krefeld ci accorgiamo che le puzze tanto temute (dagli abitanti che in Italia si oppongono a ogni apertura di discariche, inceneritori e impianti di riciclaggio) non esistono: le montagne di spazzatura, prima di essere gettate nei tre forni Babcock, vengono conservate in un enorme locale chiuso e sigillato. Soltanto quando un addetto alza per qualche secondo una saracinesca (per farci curiosare dentro), esce una zaffata insopportabile. Attorno all'impianto (dal nome impossibile: «Mullundklarschlammverbrennungsanlage») ci sono boschi, giardini e ville immerse nel verde.

I cinquemila operai che lavorano negli impianti Trienekens guadagnano in media quattro milioni di lire netti al mese. Gli inceneritori sono società miste: il 49 per cento alla famiglia Trienekens, il 51 ai Comuni o al Land. Ma gli abitanti di Krefeld, quanto pagano lo smaltimento della loro spazzatura? Sorpresa: «Ogni chilo, 324 lire». Quasi il doppio dei napoletani? Ci spiegano che la spazzatura italiana è un'«utilità marginale», che sene solo a saturare l'impianto. Ma alla fine non capiamo se siamo noi a fare un favore a loro, o loro a noi.
Mauro Suttora

Tuesday, June 13, 2000

Gay Pride: parla Sergio Lo Giudice, capo dei gay italiani

di Mauro Suttora

Il Foglio, 13 giugno 2000

«Ostentazione? Provocazione? No, cerchiamo soltanto visibilità, senza arroganza. Le marce dell’orgoglio gay sono una risposta a secoli di vergogna».

Sergio Lo Giudice, 39 anni, professore di storia in un liceo scientifico di Bologna, dal 1998 è presidente nazionale dei 90mila iscritti all’Arcigay, la più grande organizzazione degli omosessuali in Italia. 

«La triste novità di quest’anno è che per la prima volta non c’è un atteggiamento di accoglienza piena da parte delle autorità della città in cui si svolge il Gay Pride. Quando in passato abbiamo sfilato a Napoli, Venezia o Bologna, i sindaci Antonio Bassolino, Massimo Cacciari e Walter Vitali sono sempre scesi in piazza assieme a noi, e hanno parlato dal palco. A New York perfino il ‘duro’ della destra Rudolph Giuliani ha marciato in prima fila nei nostri cortei, il vicepresidente Al Gore ci ha mandato messaggi di auguri, il candidato repubblicano alla presidenza George Bush junior ha ricevuto una nostra delegazione».

Perché tutta questa voglia di riconoscimento istituzionale, quest’ansia da patrocinio? Anche voi omosessuali siete diventati parastatali, senza soldi pubblici non fate più nulla?

«Il problema non sono i finanziamenti, ma la marcia indietro del sindaco di Roma Francesco Rutelli che prima ci ha concesso senza problemi il patrocinio, con un anticipo di anni, come fa abitualmente con centinaia di manifestazioni, e poi all’ultimo, un mese prima dell’evento, improvvisamente cambia idea prendendo a pretesto una supposta nostra non volontà di collaborazione. Mi pare evidente la malafede del Comune di Roma, che ha preferito piegarsi alle pressioni del Vaticano. I politici si preoccupano più dei voti degli elettori cattolici che non di far rispettare la Costituzione, la quale garantisce libertà di pensiero, parola, riunione e manifestazione. Nessuno di noi pensa di venire a Roma per oltraggiare il Papa...».

Beh, la vostra scelta della capitale della cristianità proprio nell’anno giubilare non è certo casuale.

«Sì, ma non vogliamo contrapporci alla Chiesa cattolica. Non cerchiamo un conflitto sui valori, anche perché noi ci guardiamo bene dal volere imporre i nostri. Semplicemente, Roma è una città di tutti, e resta libera anche nell’anno del Giubileo. Chiediamo al Vaticano soltanto di rispettarci, e ricerchiamo un dialogo con i cattolici. Mi associo a chi ha richiesto al Papa una parola di apertura su questi temi».

Per la verità soltanto Gad Lerner su «Repubblica» si illude che quel pulpito si appresti a contraddire un’omofobia bimillenaria.

«Ma noi stessi abbiamo distribuito nel 1997 a Bologna, durante la settimana eucaristica di preparazione al Giubileo, un volantino in cui chiedevamo un’interlocuzione ai cattolici. Rimane drammaticamente significativa la vicenda di Piero Ormando, l’omosessuale che si è dato fuoco in piazza San Pietro due anni fa. E sappiamo bene che fra gay e cattolici una contrapposizione non può esserci, per il semplice motivo che non pochi fra i partecipanti alla manifestazione dell’8 luglio saranno cattolici, e che viceversa molti fra i cattolici sono omosessuali».

Ci sono vari modi per ostacolarvi: patrocinî a parte, adesso la partita si gioca sull’itinerario del corteo. Vogliono confinarvi in periferia. 

«Giuliano Amato desiderava tenerci fuori da Roma, e ci sta riuscendo. Noi abbiamo accettato tutto, sul percorso».

E mentre l’autorità pubblica temporeggia, voi promettete una disponibilità quasi commovente: l’impegno di fare i rispettosi ogni volta che passerete davanti a una chiesa, per esempio, rischia di rivelarsi una promessa difficile da mantenere, visto che a Roma c’è una chiesa ogni cento metri.

«Il rischio grosso è che, senza una decisione chiara e definitiva sul percorso, il temporeggiamento incoraggi le manifestazioni contro di noi dei gruppi estremisti che ormai fioccano ogni giorno: da Forza Nuova al Ccd, dal Msi-Fiamma tricolore ad An. Si attende, si fa salire la tensione, e poi magari viene la tentazione di proibire il percorso del corteo: lontano da piazza San Pietro, lontano dalle basiliche, lontano dal Parlamento, lontano dal centro, niente via del Corso, niente piazza Navona, niente piazza del Popolo, niente piazza Venezia: abbiamo fatto marcia indietro su tutto e con grande spirito di disponibilità. Che ci concedano almeno il Colosseo. Mi preoccupa soprattutto il dilazionamento dei tempi per la decisione sul percorso. Non è una decisione politica, ma amministrativa: dipende dal prefetto e dal questore. Ma alla fine il responsabile è politico: il ministro dell’Interno Enzo Bianco».

Quali sono le vostre richieste politiche al governo italiano? 

«L’attuazione del principio costituzionale di eguaglianza di fronte alla legge. Oggi la questione omosessuale è come quella femminile di un secolo fa, o quella razziale prima dell’abolizione della schiavitù. Uno Stato laico deve garantire pari opportunità a tutti i propri cittadini, quindi occorre approvare come in Francia la legge sui Patti civili di solidarietà, i Pacs, o quella sulle unioni affettive presentata da Antonio Soda dei Ds e da Lucio Colletti di Forza Italia».

A parte Colletti, Tiziana Maiolo, Vittorio Sgarbi, Raffaele Costa e Sergio Scalpelli, Forza Italia considera «inopportuno» il corteo, come ha detto Silvio Berlusconi.

«Invece gli altri partiti di centrodestra in Europa non ci sono contrari: il 16 marzo l’Europarlamento, a maggioranza di centrodestra, ha approvato una risoluzione che ci appoggia».