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Friday, May 23, 2025

Il pretesto cinese. Gli intrecci con Pechino che Trump usa per torchiare Harvard


I legami dell'ateneo con il colosso cinese Xpcc, accusato di sfruttare la minoranza uigura, 2,6 milioni di dipendenti che lavorano a programmi di ricerca militare, alcuni di essi a Boston con borse di studio pagate dalla stessa azienda

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 23 maggio 2025

Perché Donald Trump minaccia di togliere all'università di Harvard il permesso di iscrivere studenti stranieri (6.800 su 25mila, più di un quarto)?

Fra le varie accuse spicca quella di avere coltivato legami con una grande impresa  paramilitare cinese: la Xpcc (Xinjiang Production and Construction Corps). Si tratta di un gigante economico con 2,6 milioni di dipendenti che opera nell'immensa regione della Cina orientale, lo Xinjiang, patria degli uiguri musulmani.

Sotto lo stretto controllo del partito comunista, la Xpcc è una specie di stato nello stato che fattura 50 miliardi di euro, il 20% del pil in quell'instabile territorio di frontiera: fabbriche, fattorie, coltivazioni, ma anche tribunali, prigioni, polizia. È accusata di deportare gli uiguri in campi di concentramento, lavoro e rieducazione politica, con violazioni dei diritti umani e addirittura pratiche genocidiarie. Per questo è stata sanzionata da Usa, Canada ed Europa.

Ciononostante l'università di Harvard si avvale di fondi del dipartimento della Difesa Usa per finanziare progetti di ricerca militare cui hanno accesso specializzandi cinesi arrivati a Boston con borse di studio della Xpcc.

Un programma di Harvard finito nel mirino della Commissione d'inchiesta della Camera Usa sul Partito comunista cinese, guidata dal repubblicano John Moolenaar, è la China Health Partnership. Ai suoi insegnamenti di politica sanitaria hanno partecipato dirigenti della Xpcc.

"Temiamo che le risorse e i servizi erogati attraverso questi corsi possano violare le leggi statunitensi, e aiutare la Xpcc a continuare la repressione degli uiguri e di altre minoranze etniche in Cina", ha scritto Moolenaar ad Harvard, spalleggiato da Tim Walberg, pure lui deputato repubblicano del Michigan, presidente della commissione Istruzione e lavoro, e dalla trumpiana di ferro newyorkese Elise Stefanik. I tre richiedono i documenti interni che organizzano queste partnership con possibili "avversari stranieri". 

Un'altra collaborazione controversa dell'ateneo del Massachusetts è quella con la Tsinghua University cinese sui delicatissimi 'zero-index materials' per l'intelligenza artificiale grazie a fondi federali militari Darpa (Defense advanced research projects agency). 

Ci sono poi gli scienziati di Harvard che lavorano con la Zhejiang University sulla ricerca dei polimeri, con preziose applicazioni per l'industria aeronautica e quindi foraggiata dall'Air Force Usa, così come un programma con la Huazhong University sulle 'leghe a memoria di forma', altro campo d'avanguardia. 

I tre politici repubblicani intimano l'ovvio ad Harvard: "I vostri scienziati non devono contribuire allo sviluppo di capacità militari da parte di un potenziale avversario".

Il problema è che sono tanti i campi scientifici al confine col pericoloso 'dual use' (sia civile che militare): microelettronica, meccanica quantistica, intelligenza artificiale. Per non parlare della collaborazione Harvard-Cina sui trapianti d'organo, dati i crescenti sospetti internazionali su provenienza e metodi d'espianto degli organi da parte di Pechino.

Naturalmente sono dilemmi che riguardano non solo Harvard, ma ogni maggiore università statunitense. Trump ha preso di mira quelle più di sinistra, come anche la Columbia di New York, ma anche la conservatrice Stanford in California soffre il taglio dei fondi federali sulla sanità. 

Ora Harvard ha tre giorni di tempo per fornire al governo e al Congresso i documenti richiesti. È difficile che l'università possa rinunciare a migliaia di rette studentesche straniere dal valore astronomico: 83mila dollari annui ciascuna, quasi sempre integrate con borse di studio. 

Ma poiché l'ammissione a un'università Usa fornisce un diritto pressoché automatico al prezioso visto per motivi di studio, è inevitabile che il governo voglia esercitare un qualche scrutinio su questo terreno di sua esclusiva competenza. Anche perché la Cina fra migliaia di studenti e scienziati può sempre infilare qualche insospettabile spia. Non si arriverà a espulsioni di massa di studenti stranieri dagli Stati Uniti: ci sarà un accordo con Harvard, oppure ci penseranno i giudici a bloccarle. Ma i 277mila studenti cinesi negli Usa verranno sicuramente passati al setaccio. Il Ministero degli Esteri di Pechino ha condannato la decisione dell'amministrazione Trump, definendola una mossa di "politicizzazione dell'istruzione". 

Wednesday, August 27, 2008

Pechino, bilancio politico

Nessuna medaglia per i diritti civili
L' organizzazione è stata impeccabile, ma la libertà resta un miraggio

dal nostro inviato Mauro Suttora

Pechino, 25 agosto 2008

Le Olimpiadi sono state un successo per la Cina. Bene organizzate, hanno lasciato soddisfatti tutti: atleti, spettatori, telespettatori, i 20 mila giornalisti piombati a Pechino da tutto il mondo. Ma la gentilezza ed efficienza dei 100 mila volontari non possono farci dimenticare che la Cina è ancora una dittatura. Qui i governanti incarcerano chiunque osi parlare, protestare, criticare i capi del partito unico, stampare un giornale. Prima delle Olimpiadi le autorità avevano annunciato che chi voleva manifestare avrebbe potuto farlo, chiedendo il permesso alla polizia, in tre parchi di Pechino. Risultato: due vecchiette di 77 e 79 anni sono state condannate a un anno di "rieducazione al lavoro" perché avevano richiesto il permesso. Volevano protestare contro lo sfratto subìto per le Olimpiadi.

La lista delle malefatte dei dittatori cinesi è lunga: dopo la strage degli studenti di piazza Tian An Men nel 1989, oggi ci sono quelle in Tibet. Anche lo Xinjiang musulmano chiede, se non indipendenza, almeno autonomia. E poi i seguaci della setta Falun Gong e i cattolici non "ufficiali" perseguitati, i lavoratori forzati nei "laogai" (lager, c' è perfino assonanza). Infine, l' appoggio della Cina a regimi sanguinari come la Corea del Nord di Kim Il Jong, la Birmania che da vent' anni tiene agli arresti la Nobel della pace Aung San Suu Kyi, il Sudan del tiranno Omar Bashir incriminato dalla Corte dell' Aia per il genocidio del Darfur.
Troverà la Cina il suo Gorbaciov ? Un capo coraggioso, che oltre alla libertà economica conceda anche la libertà politica ?

Mauro Suttora