Il ministro Valditara (uomo simpatico e poco marziale) vuole una scuola che insegni l’amore della bandiera. Che, per Dürrenmatt era l’anticamera della guerra. Ascoltate Bennato e anche l’inno di Mameli, ma solo per festeggiare una medaglia d’oro
di Mauro Suttora
Huffingtonpost.it, 9 agosto 2024
“Patria, rispetto, impresa: nuova educazione civica per rispettare i valori. Nessuna ideologia, solo buonsenso”. Così annunciava ieri (8 agosto) sul Messaggero il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Scusate, sarò anche un vecchio anarchico, ma io quando sento la parola “patria” metto sempre mano alla pistola. Quella ad acqua, naturalmente, l’arma preferita dal generale Vannacci. Pure lui campione di “buonsenso”, altro concetto da orticaria se maneggiato in politica invece che dalla nostra nonna. E che infatti conchiude il proclama agostano del ministro.
A me mi ha rovinato Friedrich Dürrenmatt, massimo scrittore svizzero: “Quando inizia a farsi chiamare Patria, lo stato si prepara ad uccidere”. Ci stavo pensando stamane, alla notizia dei mille soldati ucraini in sortita disperata verso Kursk, territorio russo. Avevano detto che volevano solo recuperare l’Ucraina invasa da Vladimir Putin, e va bene. Eccovi le armi per difendervi. Ma se la miglior difesa diventa l’attacco, allora la guerra è infinita. E anche persa, visto che i giovani ucraini cominciano a fare marameo al servizio militare.
Mezzo secolo fa Edoardo Bennato, altro grande libertario, cantava: “Vi insegnerò la morale e a recitar le preghiere / e ad amar la patria e la bandiera. / Noi siamo un popolo di eroi e di grandi inventori / e discendiamo dagli antichi romani”.
La canzone, ‘In fila per tre’, continuava così: “Sei già abbastanza grande e forte, ora farò di te un vero uomo. / Ti insegnerò a sparare, ti insegnerò l’onore / ti insegnerò ad ammazzare i cattivi”.
Ecco, a me il ministro Valditara sta simpatico. Anche perché è il sosia di Gianfranco Rotondi, bonario democristiano eterno. Quindi nulla di meno marziale. Però la sua minaccia patriottica arriva solo due giorni dopo l'accordo Rai/ministero della Difesa per “favorire la diffusione, la cultura e la conoscenza delle Forze armate”. Ohibò, tanti bei documentari sui proiettili da 155 millimetri? Sui droni da 20mila euro capaci di distruggere aerei da 60 milioni? O sui bazooka da 200mila euro con cui gli ucraini annientarono i tank russi da cinque milioni l’uno?
Scusate se riduco il grande Valore della guerra, della difesa della Patria, a una misera questione di soldi. Ma troppi, con la scusa dell’Ucraina, ne approfittano per chiedere l’aumento delle spese militari.
Certo, i nostri figli hanno dimenticato cos’è la guerra. Sui social dialogano con i coetanei in Nuova Zelanda. Lontanissimi dalla muffa di Valditara. Niente più naja, niente più confini in Europa. È proprio grazie alla scomparsa delle patrie che abbiamo conquistato 80 anni di pace.
Il nostro nazionalismo lo sfoghiamo in modi più intelligenti: inorgogliendoci quando il tricolore sventola alle Olimpiadi. Barricati non più nelle trincee, ma nell’aria condizionata delle nostre case, ci entusiasmiamo per gli inni di Mameli ai nuovi eroi: non più in divisa, ma in tuta sportiva.
E ci viene un senso di estraniamento quando subito dopo, nei tg, vediamo vecchi ayatollah in ciabatte o terroristi vestiti di nero gridare alla distruzione di Israele. È come precipitare indietro di mille anni. Si sfogassero andando a gareggiare a Parigi: è l’unico modo per vincere in un mondo civile. Per far trionfare la propria Patria.