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Thursday, November 06, 2025

La politica del fantasy. Spie e paranoie reciproche: la disfida fra Ranucci e Fazzolari

L’uomo forte di Report e quello del governo si accusano a vicenda, naturalmente tirando in mezzo i servizi segreti, che non mancano mai, e i giochi sporchi della magistratura. Complotti e complottardi fra Pomezia e Fiumicino

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 6 novembre 2025 

Il fantasy è un genere appassionante. Al cinema, nei libri, e anche in politica. Quindi seguiamo con trepidazione la disfida Sigfrido-Giovanbattista che si dipana da mesi.

Tutto comincia quando Sigfrido Ranucci rivela a Report che il padre di Giorgia Meloni si beccò nove anni per traffico di droga. E pazienza se la premier aveva solo due anni quando i suoi si separarono e Meloni senior scomparve dalla sua vita. 

Entrano allora in scena i servizi segreti. Ingrediente imprescindibile dei fantasy. Ci accompagnano da tempo immemorabile, ci siamo cresciuti assieme. Dal caso Sifar alla strategia della tensione, sono sempre una cornucopia di misteri. Perché quando appaiono le spie, si può inventare tutto e il contrario di tutto: doppi giochi, tripli. E anche qui cominciano i sospetti incrociati. Sigfrido sospetta che Giovanbattista Fazzolari, potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio e consigliere principe della premier, pensi che sia stata una “manina” a imboccarlo sul padre di Giorgia. Va a lamentarsi all’Europarlamento. Giovanbattista minaccia querela. Il prode Sigfrido non accetta intimidazioni.

A Roma invece dell’avverbio “forse” dicono “capasceché” (capace che). È l’epitome del fantasy: pare che, dicono. E se Giovanbattista avesse anche ordinato alle spie di indagare su Sigfrido? Avrà pure lui un padre, un faldone con qualche scheletro nell’armadio. Capasceché lo fa pedinare.

In realtà Giovanbattista non ha potere sui servizi segreti. Giorgia ha affidato la scottante delega all’altro sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano. Ma capasceché Giovanbattista si sia affacciato alla porta accanto di palazzo Chigi e gli abbia chiesto “Alfre’, mi fai un favore?”.

Le paranoie reciproche resuscitano e rimbalzano più veloci dopo il recente attentato a Sigfrido. Il quale, incassata la solidarietà unanime, invece di godersi l’aureola del martire comincia ad apparire in ogni occasione in cui si sputi sul governo di Giorgia: manifestazioni di grillini, di Cgil, dell’Anm. Geppi Cucciari lo santifica nel suo splendido programma su Rai3.

Fino all’audizione in Parlamento dell’altro giorno, in cui Ranucci chiede di secretare la sua risposta sul sospetto di pedinamento. Che ovviamente viene spifferata da qualche parlamentare subito dopo: “Mi risulta che Fazzolari abbia ispirato l’attivazione dei servizi”.

Giovanbattista minaccia di nuovo querela. Ma lui stesso si rende conto del vicolo cieco: “Se non lo denuncio sembra che lo avalli. Se lo denuncio sembra che lo intimidisca”. E intanto dice di non poter credere che Ranucci sia protetto dalla magistratura, mentre ammette di sospettarlo.

Sigfrido abita a Pomezia, Giovanbattista a Fiumicino. Potrebbero risolvere la questione con un duello rusticano a Roma Sud.

Invece noi, ingordi di fantasy, speriamo in innumerevoli altre puntate. In fondo, la tetralogia dei Nibelunghi di Wagner dura una ventina di ore. E da sola l’opera Sigfrido ce ne infligge cinque.

Comunque, tutti all’estrema destra se sono scampati ai mattoni di Bayreuth hanno almeno letto Tolkien. Possibile che a Giovanbattista non stia simpatico il nome Sigfrido, eroe di quei nani tedeschi del fantasy nibelungico? Certo, il merito della scelta onomastica è del padre di Sigfrido, non sua. Ma se le colpe dei papà non ricadono sulle figlie Meloni, il merito di Ranucci senior è invece indiscutibile. Magari era di destra anche lui. Fantasy. 

Friday, August 05, 2022

Che vita da cani. I soldi nella cuccia della Cirinnà diventano un legal thriller

La telenovela dei 24mila euro sembrava esaurita quando il pm di Grosseto ha archiviato le indagini. Ecco ora la nuova richiesta della Cirinnà: poiché il tesoro è stato scoperto in un terreno di sua proprietà, spetta a lei

di Mauro Suttora

HuffPost, 5 agosto 2022


Era stato il giallo dell'estate scorsa: i 24mila euro in banconote da 500 ritrovati in una cuccia di cane nell'azienda agricola della senatrice pd Monica Cirinnà a Capalbio (Grosseto). Un malloppo ritrovato per caso fra le assi abbandonate in un angolo dei cento ettari di proprietà della senatrice e di suo marito Esterino Montino, anch'egli Pd, ex senatore e da nove anni sindaco di Fiumicino (Roma).

La coppia lo consegnò alle autorità, ma la singolare scoperta scatenò i commenti sui social. Niente infatti irrita gli 'odiatori' di destra più della parole Cirinnà e Capalbio. La prima perché, oltre a essere verde e animalista, ha firmato la legge sulle unioni civili gay ed è quindi amata dal mondo lgbt; la seconda in quanto simbolo delle élite radical chic.

Da dove venivano quei soldi? Probabilmente dimenticati da qualche banda di malviventi che li aveva nascosti in un luogo accessibile dalla strada. I tagli da 500 euro sono fuori corso dal 2019 e i numeri di serie di molte banconote risultano illeggibili. Roba vecchia, quindi. Ma il mistero eccita i complottisti, e così la cuccia di cane della politica animalista divenne bersaglio di insulti.

La telenovela sembrava esaurita quando il pm di Grosseto ha archiviato le indagini, data l'impossibilità di rintracciare l'origine dei soldi. E invece, ecco ora la nuova richiesta della Cirinnà: poiché il tesoro è stato scoperto in un terreno di sua proprietà, spetta a lei. E lo devolverà all'associazione Olympia De Gouges (femminista ghigliottinata nel 1793 in place de la Concorde a Parigi), che assiste le donne vittime di violenza a Grosseto.

Per la gioia dei burini misogini, i quali ora possono rinfacciare alla Cirinnà e al marito la dichiarazione di un anno fa: "Siamo felici che quel denaro sarà nella disponibilità del Fondo unico per la giustizia, e che verrà utilizzato per fini di pubblica utilità".

Il giudice penale ha detto no alla nuova richiesta della senatrice: deciderà il giudice civile. La surreale vicenda quindi proseguirà a colpi di fioretto legale, con disquisizioni fra avvocati sul destino della "res inventa". La legge prevede che le cose ritrovate spettino solo per metà al proprietario del terreno, e per l'altra metà allo scopritore. Ma restiamo sempre in famiglia: la cuccia del cane infatti fu ispezionata dal figlio del sindaco Montino, assieme a un operaio. Quest'ultimo, magari, preferirà tenersi il suo 25%, piuttosto che regalare seimila euro alle donne grossetane.

In questi giorni, comunque, la 59enne Cirinnà è impegnata in una lotta ben più sostanziosa di quella per i soldi della cuccia del cane. Il Pd sta definendo le candidature per il voto del 25 settembre: non è detto che lei, dopo due legislature e con il taglio dei parlamentari, riesca a mantenere la poltrona. Se dovesse soccombere, potrà consolarsi con l'indennità di fine mandato. La liquidazione dei politici nel suo caso, dopo quasi dieci anni di mandato, ammonta a un'ottantina di migliaia di euro. Altro che la cuccia.