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Saturday, June 01, 2024

Vale per Meloni come per Salis: non disturbate troppo la Storia

Consiglio non richiesto a entrambe che, a due settimane di distanza, si sono proclamate "dalla parte giusta della Storia". Invidio tanta sicurezza

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 1 giugno 2024

"Sono dalla parte giusta della Storia", ha proclamato Giorgia Meloni al comizio di piazza del Popolo. Ohibò, è la seconda volta in pochi giorni che risuona tanto orgoglio. Perché anche Ilaria Salis due settimane ci aveva assicurato di sentirsi in quel posto lì: assieme ai Giusti della Storia.

Invidio alle due gentili signore tanta sicurezza. Entrambe felici delle loro scelte politiche, anche se opposte.

Giorgia con la sua fede fascista, ma ora dopo aver lavato i panni in Matteotti approdata definitivamente a quella postfascista. Numero uno in Italia e da due giorni anche in Europa: l'Economist la piazza in copertina al centro della nuova trinità continentale. Attorniata da Ursula e Marine, ma quelle solo a mo' di ancelle.



Ilaria con la sua passione antifascista, che l'ha spinta fino a Budapest per patire sicuramente due ingiustizie: carcere per più di un anno senza processo, manette a mani e piedi.

Quanto alla terza questione, la più importante, sarà un processo a decidere su quale parte del codice penale (e non della Storia) si è collocata Salis. Giusta se verrà assolta, sbagliata se giudicata colpevole di aver manganellato un fascista.

Temo invece che per qualcuno sia comunque commendevole "lottare" contro i fascisti. Loro stavano indiscutibilmente dalla parte sbagliata della Storia. Contrastarli con qualsiasi mezzo? Certo che no. La violenza è esclusa. Ma dipende. Ho sentito dire in tv da Bianca Berlinguer che erano "guaribili in soli otto giorni" le ferite inferte al fascista ungherese dal commando antifascista cui Salis è accusata di essersi aggregata.

Ho visto l'impressionante video dell'assalto. Mi ha ricordato le migliaia di aggressioni con cui i nostri fascisti spaccavano la testa coi manganelli ai rossi negli anni '20 di un secolo fa (Matteotti fu solo una delle tante vittime). Replicate poi mezzo secolo fa, negli anni '70, da ulteriori bastonate reciproche fra altre squadracce di rossi e neri.

E già lì la "parte giusta della Storia" era svanita. Perché il "fascismo degli antifascisti", come lo chiamava Marco Pannella, risultava equivalente a quello dei legittimi proprietari del marchio. Magari con chiavi inglesi al posto dei manganelli.

Figurarsi oggi: Fareed Zakaria, uno dei più lucidi politologi del mondo, nel suo nuovo libro certifica che rossi/neri, sinistra/destra, comunismo/fascismo è una contrapposizione ormai inservibile. Non spiega più i conflitti contemporanei. E da tempo: trent'anni fa il serbo Slobodan Milosevic fu il primo a essere definito "fasciocomunista". Aggettivo che ora si addice a tanti: Vladimir Putin, Xi Jingping, il Kim coreano, il dittatore cubano, il mezzo dittatore venezuelano.

Qualche antifascista un po' fané inorridisce per la condanna gemella dell'Europarlamento nel 2019: nazifascismo e comunismo entrambi totalitarismi del secolo scorso. E via di archivio, si sperava. Pratica chiusa col nuovo millennio.

Invece no: c'è sempre qualche nostalgico che riesuma "parti giuste della Storia" su cui piazzarsi fiero. Fresche quanto i cristiani/musulmani a Roncisvalle, palpitanti quanto i cattolici/protestanti a La Rochelle, attuali quanto guelfi/ghibellini, capuleti/montecchi, rivoluzionari/vandeani, irredentisti/austriaci, e via contrapponendo.

Care Giorgia e Ilaria, un sommesso e non richiesto consiglio: non disturbate troppo la Storia. Che offre posti belli e brutti, ma soprattutto intercambiabili. Ultimamente va più Vico di Hegel, difficile "dare un senso a questa storia", come canta il nostro massimo filosofo Vasco. Figurarsi poi addentrarsi nel giusto o sbagliato. Lo diranno solo i risultati concreti.

Wednesday, June 01, 2016

Daria Bignardi contro il sexy

Oggi, 1 giugno 2016

Se andasse in onda su Rai3, Lilli Gruber dovrebbe fare a meno degli enormi orecchini verdi Vhernier che sfoggia a 8 e mezzo, su La Sette. Perché quelli «vistosi» sono stati messi al bando da Daria Bignardi.

La neodirettrice della terza rete pubblica ha convocato costumiste e truccatrici, dettando loro le regole sul modo corretto di apparire sullo schermo. Niente più abiti fascianti, basta tubini, rigorosamente banditi quelli di colore nero: troppo sexy per la Rai. Bandito il tacco 12 (e anche qui Lilli si troverebbe in difficoltà).

L’ordine della Bignardi è perentorio: «Trucco leggero». Nessuna licenza, neanche se la richiede la conduttrice. Il dress code è severo: camicette di «colori tenui», scollature minime (si può soltanto far prendere aria al collo), gonna o pantalone e tacco basso. Insomma, tutte come Daria.

Anche Gianni Scipione Rossi, direttore di Rai Parlamento, si concentra sull’abbigliamento: ha vietato ai conduttori il marrone, le giacche a quadri e le cravatte fantasia.
La Bignardi, forse per dare l’esempio quanto a sobrietà, si è tagliata i capelli. Poi ha annunciato novità per la sua rete, ex Tele Kabul comunista. Ogni giorno alle 20, in contemporanea col al Tg1, ci sarà una «striscia d’informazione». Potrebbe condurla Bianca Berlinguer, se perdesse la direzione del Tg3.

Scelta subito contestata da Michele Anzaldi, commissario pd della Vigilanza Rai: «Sarebbe autolesionista fare concorrenza al Tg1, corazzata dell’informazione Rai, il notiziario che tiene meglio rispetto al calo generale di telespettatori tv».

Nel mirino anche Un posto al sole, la soap più longeva d’Italia: in onda da vent’anni, ha raggiunto 4.500 puntate e alle 20:35 la vedono in 2,7 milioni (10% di share), nonostante la concorrenza di Striscia la notizia e Affari tuoi.

Roberto Saviano, a chi lo accusa di descrivere con Gomorra solo il male di Napoli, ha detto: «Chi vuole racconti positivi sulla realtà napoletana guardi Un posto al sole».
Non era una critica, solo una constatazione. La Bignardi ha precisato: «Un posto al sole è un must di Rai3, e di certo la sua missione non è raccontare il male. Si può sempre migliorare, magari per aggiornare le telecamere, la fotografia, e anche la scrittura».

Ma il vero scoglio per l’ex conduttrice delle Invasioni barbariche è Ballarò: scaduto il contratto di Massimo Giannini, potrebbe approdarvi la giornalista renziana del Corriere della Sera Maria Teresa Meli. «Sicuramente verrà accorciato, basta con i talk show interminabili», anticipa la Bignardi.

Mauro Suttora