Monday, June 24, 2024

Croazia, Modrić e mia nonna




















Il campione è dalmata come era lei, che proprio cent'anni fa lasciò Sebenico e poi riuscì a diventare profuga due volte nella stessa vita

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 25 giugno 2024
  
Bellissima l'immagine tv del campione Luka Modrić da Zara - mio eroe, perché intelligente e quindi apparentemente svogliato e trotterellante come Gianni Rivera, celando letali accelerazioni fulminee - il quale per la tensione si mangia la maglietta in panchina, trenta secondi prima che l'Italia con un gol al 97° minuto elimini la sua Croazia dall'Europeo di calcio.

Modrić è dalmata come mia nonna Laura Matcovich, la quale proprio cent'anni fa lasciò la sua Sebenico perché era arrivata la Jugoslavia. Che poi giunse, comunista e non solo slava, pure nell'isola di Lussino, dove mia nonna si era rifugiata e sposata con il comandante di nave Roberto Suttora, orgogliosamente capohornista (i capitani doppiatori di capo Horn non erano tantissimi, sulle rotte Fiume-Liverpool-Perth).

Così 80 anni fa mia nonna riuscì a diventare profuga due volte nella stessa vita: record condiviso solo con certi sfortunati bisprofughi palestinesi (1948 e 1967). La prima volta era fuggita troppo vicino, perciò la seconda evitò Trieste e scappò con mio padre e mio zio bambini più lontano, nelle repubbliche marinare: prima a Venezia e poi a Genova, da dove partiva mio nonno.

Negli anni Ottanta del Novecento, verso la fine della sua vita che andava col secolo, la mia nonna Matcovich, a vent'anni irredentista anti-austriaca che aspettò entusiasta avvolta nel tricolore sulla banchina del porto di Sebenico le navi italiane arrivate per liberare la Dalmazia, maturò un'irresistibile nostalgia per l'impero asburgico: era fiera che sulla sua carta d'identità fosse scritto che era nata in Austria-Ungheria, e non in Italia o Jugoslavia, come indicato sui documenti degli altri 350mila profughi dalmati e istriani del 1944-48.

Infatti, dopo aver sperimentato l'Italia fascista e la Jugoslavia comunista, giunse alla conclusione che tutto sommato fosse meglio, o meno peggio, l'impero multinazionale, interetnico e cosmopolita in cui era cresciuta.

Quando volevo far arrabbiare mia nonna, per scherzo le mandavo cartoline indirizzate a Laura Matković: con la kappa e la 'pipa' sulla c, come nella grafia croata di Luka Modrić. Il quale fu profugo pure lui: da bambino, durante la nuova guerra civile jugoslava negli anni '90. La sua famiglia scappò a Zara dal villaggio dell'entroterra in cui viveva. I serbi ammazzarono suo nonno Luka.

Nell'ultrasinistra disastrata è il turno di Ilaria Salis

La neoparlamentare si dice fiera di occupare case popolari, togliendole ai fessi che ne hanno diritto, ma che aspettano anni in graduatoria perché rispettano la legge. Dopo il diritto alla (sua) casa proclamerà il diritto alla cena, riesumando i gloriosi espropri proletari di mezzo secolo fa nei supermercati

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 24 giugno 2024

Particolarmente sfortunata, l'estrema sinistra italiana. Da una decina d'anni si affida a personaggi esterni imbarazzanti: Ingroia, Tsipras, Soumahoro, Salis. Nel 2013, non potendo più presentarsi alle politiche col proprio nome (Rifondazione comunista) dopo il disastro di cinque anni prima (caduta Prodi, zero eletti), si ribattezzò lista Ingroia come il pm palermitano antimafia Antonio. Secondo flop, quorum mancato. 

Dopo la trombatura Ingroia si consolò con incarichi di sottogoverno siciliano, rimediando una condanna a 1 anno e 10 mesi per peculato e un'altra per danno erariale a 145mila euro. Poi ha cambiato di nuovo mestiere, diventando avvocato di Gina Lollobrigida. Ma ha continuato a collezionare percentuali da zero virgola ad ogni elezione, con liste variopinte. 

Un altro rabdomante della politica era Alexis Tsipras, premier greco che voleva uscire dall'euro. Al suo nome si aggrapparono i rifondaroli per le europee 2014, eleggendo affidabili eurodeputati esterni come Barbara Spinelli. La quale invece di uscire dall'euro uscì dal partito, tenendosi tutti gli euro del proprio stipendio (18mila mensili) che avrebbe dovuto versare in minima parte al partito. Anche Tsipras è finito nel nulla, assieme al suo ministro delle Finanze Yannis Varoufakis. Su Soumahoro e la bellissima moglie non occorre soffermarsi. 

Ora è il turno di Ilaria Salis, che già ci delizia con elogi della delinquenza. Si dice fiera di occupare case popolari, togliendole ai fessi che ne hanno diritto, ma che aspettano anni in graduatoria perché rispettano la legge. 

Dopo il diritto alla (sua) casa la simpatica Tortora dei poveri proclamerà il diritto alla cena, riesumando i gloriosi espropri proletari di mezzo secolo fa nei supermercati. Il diritto alla mobilità, rubando bici e auto nonché evitando il biglietto su bus e treni. Ma soprattutto il diritto alla vacanza, andando a occupare resort al mare e b&b in montagna. 

Tuesday, June 11, 2024

Calenda e Renzi non fanno eccezione: la vocazione ad autodistruggersi dei partiti di centro è storia

Dal Partito d'Azione al Psdi, al Pli, fino a Mario Segni: nel 1994 rifiutò l'appoggio di Silvio Berlusconi per candidarsi premier

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 11 giugno 2024 

Chi si stupisce per la stupidità politica che ha fatto buttare al macero i 1.650.000 voti di Stati Uniti d'Europa e Azione ignora la storia italiana degli ultimi 80 anni. I partitini di centro infatti hanno sempre fatto a gara nell'autodistruggersi.

Cominciò il glorioso partito d'Azione, che sembrava destinato a grandi cose, imbottito com'era di capi partigiani, padri della patria e intellettuali: dal primo premier dell'Italia liberata Ferruccio Parri a Norberto Bobbio e Piero Calamandrei. Non fece neanche in tempo a presentarsi al voto nel 1948: era già defunto dopo il fiasco elettorale del 1946 (1,5%).

Molti azionisti, seguendo Ugo La Malfa, si trasferirono nel riesumato partito Repubblicano. Il quale in realtà non aveva più ragione di esistere, essendo stato raggiunto il suo scopo sociale con la nascita della Repubblica il 2 giugno 1946. Eppure continuò a vivacchiare per quasi mezzo secolo al 3% sotto la guida capricciosa di La Malfa. Anche il livello del Pri era inversamente proporzionale ai suoi consensi, quindi altissimo: regalò all'Italia ministri di valore come Bruno Visentini e Giovanni Spadolini. 

Sempre in tema di monumenti viventi, ecco poi il Psdi (Partito socialdemocratico) meritoriamente fondato nel 1947 dal futuro presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Era l'epoca in cui non solo il Pci ma anche il Psi stavano col dittatore sovietico Stalin. Fu doveroso quindi per i socialisti amanti della libertà scindersi dai compagni 'frontisti' di Pietro Nenni. 

Ma neanche codesta nobile scelta fu premiata dagli elettori, che relegarono il Psdi al 4%. "Colpa del destino cinico e baro", fu la famosa lamentela di Saragat, refrattario ad autocritiche e dimissioni quanto oggi Matteo Renzi e Carlo Calenda.

Il terzo partitino laico della Prima repubblica era il Pli. Che aveva dominato la politica italiana dal 1861 al 1922, e quindi tutti si aspettavano una sua rinascita dopo il fascismo. I liberali furono subito premiati con le prime due presidenze della Repubblica: Enrico De Nicola e Luigi Einaudi. Però commisero errori su errori: Benedetto Croce li fece sciaguratamente votare monarchia al referendum; poi si allearono con i qualunquisti (criptofascisti); infine, nel 1954, il neosegretario Giovanni Malagodi ridusse il Pli a una succursale degli industriali privati di Confindustria. 

Perciò i liberali di sinistra se ne andarono per fondare il partito radicale: Ernesto Rossi, Mario Pannunzio e i giovani Eugenio Scalfari e Marco Pannella. Ma anche i radicali caddero subito nel vizio tipico dei centristi: litigare perennemente, innanzitutto al loro interno e poi con gli altri centristi. Anzi, è raro perfino trovare un centrista che vada d'accordo con se stesso.

L'autolesionismo dei centristi ha sempre impedito loro di unirsi: preferivano spaccarsi fra filo-Dc, filo-Pci e filo-Psi. Però allora non c'erano tagliole del 4% a impedirne il velleitarismo. Quindi si accontentavano dei loro minuscoli 3%, che garantivano comunque poltrone di sottogoverno: qualche ministro di serie B, sottosegretari, assessori.

 

L'errore supremo del centrista sbadato fu, nel 1994, quello di Mario Segni: rifiutò l'appoggio di Silvio Berlusconi per candidarsi premier. Da allora, col bipolarismo, o di qua o di là: per i centristi solo qualche fiammata (lista Emma Bonino nel 1999, Mario Monti nel 2013) e tanti dolori, come ieri. 

Saturday, June 01, 2024

Vale per Meloni come per Salis: non disturbate troppo la Storia

Consiglio non richiesto a entrambe che, a due settimane di distanza, si sono proclamate "dalla parte giusta della Storia". Invidio tanta sicurezza

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 1 giugno 2024

"Sono dalla parte giusta della Storia", ha proclamato Giorgia Meloni al comizio di piazza del Popolo. Ohibò, è la seconda volta in pochi giorni che risuona tanto orgoglio. Perché anche Ilaria Salis due settimane ci aveva assicurato di sentirsi in quel posto lì: assieme ai Giusti della Storia.

Invidio alle due gentili signore tanta sicurezza. Entrambe felici delle loro scelte politiche, anche se opposte.

Giorgia con la sua fede fascista, ma ora dopo aver lavato i panni in Matteotti approdata definitivamente a quella postfascista. Numero uno in Italia e da due giorni anche in Europa: l'Economist la piazza in copertina al centro della nuova trinità continentale. Attorniata da Ursula e Marine, ma quelle solo a mo' di ancelle.



Ilaria con la sua passione antifascista, che l'ha spinta fino a Budapest per patire sicuramente due ingiustizie: carcere per più di un anno senza processo, manette a mani e piedi.

Quanto alla terza questione, la più importante, sarà un processo a decidere su quale parte del codice penale (e non della Storia) si è collocata Salis. Giusta se verrà assolta, sbagliata se giudicata colpevole di aver manganellato un fascista.

Temo invece che per qualcuno sia comunque commendevole "lottare" contro i fascisti. Loro stavano indiscutibilmente dalla parte sbagliata della Storia. Contrastarli con qualsiasi mezzo? Certo che no. La violenza è esclusa. Ma dipende. Ho sentito dire in tv da Bianca Berlinguer che erano "guaribili in soli otto giorni" le ferite inferte al fascista ungherese dal commando antifascista cui Salis è accusata di essersi aggregata.

Ho visto l'impressionante video dell'assalto. Mi ha ricordato le migliaia di aggressioni con cui i nostri fascisti spaccavano la testa coi manganelli ai rossi negli anni '20 di un secolo fa (Matteotti fu solo una delle tante vittime). Replicate poi mezzo secolo fa, negli anni '70, da ulteriori bastonate reciproche fra altre squadracce di rossi e neri.

E già lì la "parte giusta della Storia" era svanita. Perché il "fascismo degli antifascisti", come lo chiamava Marco Pannella, risultava equivalente a quello dei legittimi proprietari del marchio. Magari con chiavi inglesi al posto dei manganelli.

Figurarsi oggi: Fareed Zakaria, uno dei più lucidi politologi del mondo, nel suo nuovo libro certifica che rossi/neri, sinistra/destra, comunismo/fascismo è una contrapposizione ormai inservibile. Non spiega più i conflitti contemporanei. E da tempo: trent'anni fa il serbo Slobodan Milosevic fu il primo a essere definito "fasciocomunista". Aggettivo che ora si addice a tanti: Vladimir Putin, Xi Jingping, il Kim coreano, il dittatore cubano, il mezzo dittatore venezuelano.

Qualche antifascista un po' fané inorridisce per la condanna gemella dell'Europarlamento nel 2019: nazifascismo e comunismo entrambi totalitarismi del secolo scorso. E via di archivio, si sperava. Pratica chiusa col nuovo millennio.

Invece no: c'è sempre qualche nostalgico che riesuma "parti giuste della Storia" su cui piazzarsi fiero. Fresche quanto i cristiani/musulmani a Roncisvalle, palpitanti quanto i cattolici/protestanti a La Rochelle, attuali quanto guelfi/ghibellini, capuleti/montecchi, rivoluzionari/vandeani, irredentisti/austriaci, e via contrapponendo.

Care Giorgia e Ilaria, un sommesso e non richiesto consiglio: non disturbate troppo la Storia. Che offre posti belli e brutti, ma soprattutto intercambiabili. Ultimamente va più Vico di Hegel, difficile "dare un senso a questa storia", come canta il nostro massimo filosofo Vasco. Figurarsi poi addentrarsi nel giusto o sbagliato. Lo diranno solo i risultati concreti.