Saturday, February 28, 1987

Vita da malato di Aids

Malati e società: che cosa succede a chi dichiara di essere contagiato dal virus più temuto del secolo, l'Aids

VITA DA UNTORE

Un giornalista dell'Europeo, Mauro Suttora, ha viaggiato una settimana per l'Italia fingendo di essere affetto dalla malattia. Cacciato dai ristoranti, dai bar e dagli alberghi, rifiutato dai dentisti, evitato dai taxisti, accolto quasi ovunque con diffidenza, ma a volte con insospettata solidarietà.
Ecco le reazioni della gente di fronte allo spettro dell'Aids

di Mauro Suttora
foto di Piero Raffaelli

Europeo, 28 febbraio 1987




"Portatore sano? No, no, allora niente. La camera non gliela posso dare".
 Lo sguardo del portiere si irrigidisce nello spazio di un secondo, appena udita quella parola.
 "Guardi che ho detto portatore sano, non malato di Aids . In ogni caso, non è contagioso..."
"Ci sono gli ospedali per queste persone".
"Ma l'ho solamente voluta avvertire per correttezza , perche' possiate adottare alcune minime precauzioni di pulizia".
"Io un portatore sano non lo prendo".
 Dall'altra parte del bancone, nella morbida e lussuosa sala della reception foderata di legno, c'è una persona che in un baleno è riuscita a prendere una decisione gravissima e irreversibile. Neanche l' ombra di un dubbio, di un' incertezza.
"Allora mi faccia parlare con il direttore".
"Il direttore adesso non c'è".

Lo guardo negli occhi: ecco, si è volontariamente arruolato in un suo immaginario esercito, costituito lì per lì, sul momento: quello dei difensori delle persone sane contro gli appestati dell'Aids .
"Niente camera, allora?"
"No. Se volete una camera, portatemi un certificato di buona salute".
Non teme che dalla sua bocca possano uscire sciocchezze come questa, vuole soltanto che io e il mio amico untore ce ne andiamo il più presto possibile.
"Ma avete ricevuto delle istruzioni?".
"Mi dispiace".
Non parla più. Forse si è accorto dell'arbitrarietà della scelta presa, ma questo non fa che incaponirlo ulteriormente. Nessuna marcia indietro gli è più possibile. Buonasera.

Non siamo in un alberghetto di provincia. Siamo al Ciga Diana Majestic, nel centro di Milano, la città più europea d'Italia e quindi anche la più colpita dall'Aids. Hotel di lusso, a Porta Venezia: qui dormono ogni sera, a 141mila lire per notte, star del cinema e della musica internazionale, industriali, professionisti, businessmen americani e tedeschi, giapponesi e brasiliani. E quello che abbiamo riportato è il testo letterale del dialogo con il receptionist che era di turno lunedì 9 febbraio alle quattro del pomeriggio.

Eravamo entrati in due, io sorreggevo un amico e l'ho fatto accomodare su un divano della hall. Poi sono andato al banco e ho chiesto se erano disponibili due camere singole per una notte.
"Certo, signore".
"Le avete sullo stesso piano, vicine?".
"Vediamo... sì, sono una accanto all'altra".
"Molto bene. Volevo pero' avvertirla che c' e' un piccolo problema: il mio amico e' portatore sano di Aids".
E a questo punto e' scattato il rifiuto totale, immotivato.

All'hotel Diana Majestic di Milano, che ci ha rifiutati
Ho girato per una settimana nelle tre principali citta' d'Italia, Milano, Roma e Napoli, simulando da solo o con altri la condizione di malato di Aids o di sieropositivo. Ho avuto l'assistenza di Luca Lindner dell'agenzia Tbwa (la stessa che in Gran Bretagna conduce per conto del governo la campagna di informazione sull' Aids) che ha progettato e contribuito a realizzare il servizio, con l'aiuto di alcuni attori (i quali pero' non hanno influenzato le reazioni dei nostri ignari interlocutori). Il fotografo dell'Europeo Piero Raffaelli ci ha seguiti e ha documentato le situazioni da "candid camera" che abbiamo creato.

Non avevamo nessuna tesi da dimostrare, né alcun criterio statistico da rispettare. Abbiamo semplicemente voluto fare un viaggio per scoprire a quali problemi pratici può andare incontro oggi, in Italia, un malato di Aids o anche semplicemente un sieropositivo dichiarato, che voglia condurre una vita normale. Abbiamo raccolto i commenti e le reazioni spontanee della gente.

Diciamo subito che non abbiamo mai incontrato cattiveria ma soltanto, a volte, ignoranza, diffidenza o indifferenza. Nessuno ha gridato "All' untore!". Anzi , spesso abbiamo trovato solidarieta'.
Sara' bene, pero', che anche le associazioni degli albergatori e dei ristoratori, cosi' come hanno gia' provveduto a fare quelle dei dentisti o dei barbieri, diano indicazioni precise per l' accoglienza ai colpiti dall'Aids. I quali , se lo vogliono , avranno pure il diritto di viaggiare e di trovare un posto per dormire e mangiare.

Certo, forse finora il problema concreto non si è mai posto. Ma l'Aids colpira' 1200 cittadini italiani entro la fine di quest' anno, e diecimila da qui al 1990. E poi ci sono i portatori sani , che in quanto a contagiosita' sono equivalenti ai malati , e che gia' adesso sono 150 mila in Italia. Apartheid anche per loro? Solo qualche precauzione?
Quello che bisogna evitare, in ogni caso, è il loro silenzio rispetto alla propria condizione di potenziali diffusori della malattia . E invece abbiamo constatato che spesso a questi sfortunati conviene tenere la bocca chiusa.



Milano, lunedì 9 e martedì 10 febbraio

Tenere la bocca chiusa: me l'ha consigliato anche quel tassista che mi aveva imbarcato assai malvolentieri sulla sua auto gialla in piazzale Loreto a Milano la sera di lunedì. Vari tentativi prima erano andati a vuoto. Io e un amico ci avvicinavamo a un parcheggio di taxi, lui chiedeva di farmi salire da solo e di pagarmi la corsa . Prima che aprissi la porta per sedermi, pero', aggiungeva la fatidica frase: "Per onestà la devo avvertire che è malato di Aids. Comunque non c'e' pericolo di contagio".
Per tre volte abbiamo ricevuto un rifiuto. E questo significa anche perdere la possibilita' di salire su un qualsiasi altro taxi che aspetta in fila dietro al primo. Infatti il sospetto vola in un attimo, e non c'è affatto bisogno che sia Aids: da molti anni ormai sono gli eroinomani le bestie nere dei tassisti di ogni città.

Allora abbiamo cambiato tattica, attuando un approccio più deciso: il mio amico ha fornito l'avvertimento Aids soltanto dopo che mi ero già sistemato nel sedile posteriore. A quel punto , anche per il tassista meno desideroso di trasformarsi in ambulanza era quasi impossibile dire di no , riaprire la porta e farmi scendere . Cosi' , borbottata qualche protesta ("Non è per me, è per quelli che si siederanno lì dopo"), il tassista di piazzale Loreto è partito.

Piove , scivoliamo fra le luci dei negozi che stanno chiudendo . Ai semafori il silenzio carico di sospetto che ci separa si fa ancora piu' pesante. Dopo cinque minuti gli parlo: "Senta, stia tranquillo, non c'è nessun pericolo..."
"Io non so niente, non voglio sapere niente".
Passa un altro minuto, lunghissimo, di silenzio. Poi e' lui a rivolgermi la parola : "È malato da molto?".
"L'ho saputo qualche settimana fa. Adesso, per me e' solo questione di mesi. Ho smesso di studiare , ma cerco di vivere normalmente".
"L'ha preso da una donna di strada?"
"No".
"Stia tranquillo. Vedrà che fra poco troveranno un vaccino, e lei sicuramente si salverà. Pero', per adesso, le posso dare un consiglio? Non dica niente a nessuno. Prenda tutte le precauzioni necessarie per se' e per gli altri , ma non dica che ha l'Aids . Cosi', almeno , avra' la vita tranquilla . Io , per esempio , all' inizio mi ero spaventato. Non volevo caricarla, sa ? Insomma , se io fossi in lei me ne starei zitto".

Forse ha ragione. Un esempio? Le camere d'albergo: a Milano non è cosi' semplice trovarle disponibili per un malato di Aids. Curiosamente, abbiamo scoperto che la situazione in questo campo varia molto da zona a zona . In via Napo Torriani , per esempio , la strada vicino alla stazione Centrale zeppa di hotel di buon livello, non ci sono molti problemi.
Su sei tentativi , soltanto il direttore dell'Augustus ci ha risposto di no. Il portiere del San Carlo, albergo a tre stelle , si e' salvato in corner rimettendo la decisione al direttore , che pero' in quel momento era assente. Nell'hotel Bernina un si' condito da un certo fastidio : "Queste cose non le deve dire a me".

La mattina di martedì entriamo in un altro hotel di prima categoria vicino alla stazione Centrale: lo Splendido di viale Andrea Doria. All'avvertimento sull'Aids il portiere abbassa gli occhi e scompare: va ad avvisare il direttore in una stanza dietro. Il conciliabolo è lunghissimo. Dopo cinque minuti buoni il sospirato verdetto: "Sì, per una notte abbiamo posto. Con molti sforzi".
All' hotel Virgilio in via Giovanni da Palestrina, una nota ironica che frusta l'amico del malato : " Non abbiamo singole, pero' posso offrirvi una doppia. Per noi non c'e' alcun problema , semmai per lei", e sorrisetto ammiccante.

Niente da fare, invece, a Porta Venezia . Anche l' hotel accanto al Diana , il Promessi Sposi , ci dice di no . Con molta gentilezza , pero' , e spingendo sul tasto del " non ci metta in difficolta " . " Sa , siamo un albergo piccolo , solo 28 camere , e non abbiamo molte cameriere . . . Comunque la ringrazio per la sua correttezza " Se avessimo insistito , povera cameriera : quante volte le avrebbero fatto disinfestare letto , camera e bagno ?

Un'altra zona nera per i malati di Aids a Milano e' quella di via Broletto: sia l'hotel Centro ( " non e' per lei , ma per gli altri clienti"), sia lo Star in via dei Bossi ("mi mette in imbarazzo") ci mandano via: non li impietosisce neanche il nostro " ma e' il quarto albergo che non ci accetta".

Curiosa situazione, invece, in via San Raffaele, una piccola traversa di piazza Duomo: il Casa Svizzera pretende un improbabile permesso che dovrebbe rilasciare l'ufficio di igiene ; dieci metri piu' in la' , invece, al Grand Hotel Duomo (4 stelle) non ci sono problemi.

Passiamo da piazza Repubblica per controllare meglio la situazione nei Ciga hotels dopo l'inopinato rifiuto del Diana. Al Palace il receptionist va a consultarsi con il direttore. Mentre aspettiamo nella hall entra, bellissima nel suo montgomery rosso. Romina Power reduce da Sanremo . Il direttore le fa i complimenti per il risultato del festival. "Speravamo di piu", sorride lei . Dopodiché, il portiere ci annuncia via libera : al Palace l' Aids non e' tabu' . Nell' altro Ciga di fronte , il Principe , il si' da parte del portiere e' immediato . E ci mancherebbe altro , per 250 mila lire a notte. Che questi Ciga ci abbiano trattato meglio del Diana anche perché oggi siamo vestiti meglio, con loden e cravatta?

E ora di pranzo: trasferiamoci in zona Magenta. Qui , nessun problema per mangiare da Strippoli , cucina pugliese in via Boccaccio , dai Tre Fratelli in via Terraggio e da Enzo in via Nirone . Una cameriera invece ci caccia subito dal ristorante Metro Due in via Terraggio , mentre nella stessa via il proprietario dell' osteria Carbonella ci propone un compromesso per evitare l' uso delle posate : " Che ne dite di un bel panino?"

Ma le scene più singolari a Milano accadono nei bar. È una vera e propria strage di bicchieri. In un bar di piazza San Babila il cameriere, all' avvertimento della "spalla" sulla mia situazione, dopo che sono uscito prende con un fazzoletto di carta il bicchiere di vetro dove avevo bevuto un po' d' acqua, e lo getta nella pattumiera. Ma, di fronte ad alcuni clienti che domandano cosa sia successo, silenzio assoluto.

Nel bar della stazione del metro' di Palestro ci sediamo su un tavolino . L' unica cliente al banco , una signora di mezza eta' , fa una smorfia quando sente l' avvertimento di lavare bene il bicchiere perche' ho l'Aids. "Sono stato troppo buono: gli ho dato un bicchiere d' acqua, e lui adesso si e' anche seduto", mormora il giovane cassiere . Quando ce ne andiamo , inizia la commedia : nel bidone della spazzatura , oltre al bicchiere, finiscono anche il portacenere che era sul tavolino e la tovaglia che lo ricopriva : " Prendila dai bordi sotto", ordina allarmatissima la padrona al cameriere . Al bar della stazione Pagano , invece , un cameriere meridionale si rifiuta di credere all' Aids: "Ma no, avra' solo dei disturbi: e' tutta una 'pissicosi'".



Scendiamo nelle carrozze del metrò , e simuliamo malori da Aids. Non è facile: le facce livide e inespressive dei passeggeri si confondono con la mia . Insomma, ci vogliono proprio dei crolli plateali per attirare un po' d'attenzione. E anche allora, la maggioranza della gente pensa che io sia un eroinomane. Quando invece il mio amico diffonde, con discrezione, la notizia che ho l'Aids, non si verifica alcun fuggi fuggi. Anzi, sono numerose le persone (soprattutto donne giovani) che si informano, mi domandano se sto meglio, mi tastano il polso, mi aiutano a scendere.

Alla stazione Loreto un medico mi fa distendere sulla panchina, mi slaccia la cintura dei pantaloni , mi visita sommariamente . Un ragazzo, prima di uscire alla stazione Udine, mi sorride, mi tocca con la mano e mi dice: "Coraggio". Sono piccole cose, ma assai confortanti. E poi, ci sono i curiosi che ne vorrebbero sapere di più, ma che se ne stanno zitti perché temono di essere indiscreti. Sull'affollatissimo tram 1, invece, da piazza della Scala alla stazione Centrale , non abbiamo raccolto alcuna reazione se non l'indifferenza più totale.



Martedì mattina andiamo anche ai grandi magazzini Coin in piazza Loreto. Entro in un camerino a provare una giacca, poi sto per svenire e il mio amico chiede e ottiene subito una sedia e un po' d'acqua. Che arriva in un bicchiere di carta, ancora prima che lui possa pronunciare la parola Aids. Una giovane cassiera si dimostra assai preoccupata ; un commesso va a ritirare nel camerino due ometti di plastica che avevo usato; alla fine , rifiutata un'ambulanza, ci avviamo all'uscita circondati da sei-sette commesse premurosissime.

Costernazione anche al Nuova Idea di Milano, la "discoteca gay più grande d'Europa", dove accuso un malore la sera di sabato 14 febbraio. È San Valentino: una marea di coppie di omosessuali maturi volteggia nella sala del liscio, mentre nella discoteca rock è Tecla, una bellissima ed enorme transessuale bionda fasciata in un vestito di velluto rosso, a dare spettacolo.
Non c'è traffico nei gabinetti : sono molto piu' tranquilli di quelli di altre discoteche milanesi. "Ma non portarlo qui, che si prende l'Aids due volte", è il filosofico consiglio rivolto al mio accompagnatore mentre usciamo dal locale.

E mangiare al Savini, il ristorante più famoso di Milano? "Ci crea un bel pasticcio", risponde il direttore , anche perche' sono le tredici e lui e' tutto indaffarato ad accogliere le schiere di assessori comunali habitues ai tavoli delle sale interne.

Dopo questo mezzo no proviamo al Biffi, sempre in galleria . Una gentile cameriera di mezza eta' , dopo un consulto di ben sette minuti con il direttore dietro a una tenda , esce fuori allargando le braccia e ci dice : " Va bene , prenderemo le dovute precauzioni : un pasto non si puo' rifiutare a nessuno . Se ci avvertivate in anticipo . . . " . Piu' sbrigativo il responsabile della pizzeria Calafuria dietro al Duomo : " Il suo amico ha l' Aids ? Non ce ne frega proprio niente . Per me , qui puo' mangiare benissimo " .


Roma, mercoledì 11 febbraio 2006

Chiamiamo il padrone del ristorante di Trastevere e gli diciamo sottovoce: "Guardi che uno di quei due ragazzi che sono entrati adesso ha l'Aids. Lo conosciamo bene". Lui si volta a guardarli , poi si rivolta e ci domanda: "E allora?". "Secondo noi non dovrebbero mangiare in un locale pubblico. Per lo meno, a noi dà molto fastidio. Anzi, ci meravigliamo che lui non vi abbia già avvertito della sua situazione".

Detto fatto: il padrone chiama sua moglie, la quale si avvicina subito al tavolo da noi incriminato (dove si erano seduti due nostri attori), e annuncia: "Mi dispiace, ma era già prenotato".
Loro si guardano attorno : non restano altri tavoli liberi. Protestano: "Ma come , un minuto fa ci avete fatto accomodare , e adesso improvvisamente ci mandate via?".
"Mi dispiace , ma era già prenotato", ripete inflessibile la signora. I due se ne vanno minacciando ad alta voce di chiamare la polizia e di tornare dopo un' ora, per vedere se è libero qualche altro tavolo. Il padrone si allarma, e finché non arrivano altri clienti piazza sull'unico tavolo rimasto libero un suo amico.

Intanto, nella piccola sala del ristorante tutti commentano l'accaduto . " La signora ha fatto bene , ognuno e' padrone a casa sua".
"Ma scherzi ?", gli risponde un amico, "questo è un locale pubblico, non si può discriminare nessuno". La padrona si avvicina preoccupata al nostro tavolo: "Ma voi lo conoscevate veramente qual ragazzo? Ho fatto bene a mandarlo via?".
"Signora, la ringraziamo: secondo noi era pericoloso per tutti".
Siamo in tre, e vestiti bene: probabilmente il nostro aspetto ha fatto premio sui diritti dei due "untori" e sull' obiettiva assurdità della nostra richiesta di apartheid. Verso la fine della cena un distinto signore seduto in numerosa compagnia a un altro tavolo si avvicina e mi domanda : "Scusi , e' stato lei a far cacciare quei due ragazzi?".
"Sì" .
"Ma cos'avevano?".
"L'Aids".
"E allora? Lei cos'e'? Un giudice? Un medico? In base a che cosa li ritiene pericolosi?".
"Secondo me c'è pericolo di contagio".
"Sa cosa le dico ? Lei è un razzista , un nazista: dovrebbe andare a vivere in Sud Africa".



A Trastevere, oltre a questo ristorante, ce ne sono altri che hanno preferito declinare preventivamente , di fronte a una nostra esplicita richiesta, l'ospitalità ad ammalati di Aids o a portatori sani: l' Hostaria La Canonica, per esempio, e il ristorante Da Gino.
Disponibili, invece, la Tana de noantri, l'osteria der Belli e la Cencia. Ma, in generale, in tutta Roma abbiamo notato piu' indifferenza e ignoranza rispetto all' Aids che a Milano . Certo , anche qui la reazione, nei bar, nei ristoranti, negli alberghi e sui mezzi pubblici, e' quella di incredulita' di fronte all'improvviso concretizzarsi di un pericolo evocato insistentemente da giornali e tv, ma mai toccato con mano.

C'è però anche molto scetticismo: "Ma che fai ? Ma va' a mori' ammazzato", è stato il commento di un cliente quando il cameriere del bar Bibo in via di Ripetta ha buttato via con la punta delle dita il bicchiere di vetro nel quale avevo bevuto, prendendolo delicatamente con un fazzoletto. "A me sta venendo paura", gli ha risposto il cameriere.

In un bar di via della Scrofa, dopo che sono uscito , il cameriere commenta : "Mah, è tempo di Carnevale... E poi , se avesse avuto veramente l'Aids mi avrebbe chiesto subito un bicchiere di carta". "Ma che , con l'Aids gli viene sete ?", scherza un cliente. In un bar di via Tomacelli il cameriere non butta il bicchiere: "Tanto l'Aids cosi' non s'attacca. Comunque ha fatto bene a dirmelo. Poi disinfetto tutto, poveraccio".

Fingo di sentirmi male all'Alemagna di via del Corso, di fronte a palazzo Chigi, verso mezzogiorno di mercoledì. Sono di fronte al bancone, un cameriere mi porta una sedia, poi litiga con un collega che mi vuole mettere in un angolo: "E fallo respirare, no? Se lo nascondi li' dietro, non c'è aria". All'annuncio dell' Aids si crea un piccolo panico fra i camerieri , che avevano gia' messo assieme agli altri il bicchiere dove avevo bevuto.
Alcune ragazze che hanno sentito la parola Aids diventano molto inquiete: "Cia' l'Aids? Madonna, poverino. Ma chi l'ha detto?". "No, no, s'e' sentito male de stomaco", le tranquillizza un cameriere. Una giovane signora mi tasta a lungo il polso, propone di portarmi all' ospedale San Giacomo, poi vede che mi riprendo e mi domanda dove abito.

Non ci sono grossi problemi , nel centro di Roma , per trovare una stanza di albergo . L' hotel Internazionale in via Sistina , il Pincio in via Capo delle Case , il Torre Argentina in corso Vittorio e l'hotel Siena dicono di si' . Molta esitazione all' hotel Accademia vicino alla Fontana di Trevi : " Non so cosa dirvi , non mi e' mai capitato " . Assai preoccupato e scrupoloso il gestore del Concordia , fra via del Tritone e piazza di Spagna : " Non so , lasciatemi telefonare all' associazione . Cosa faccio poi con le lenzuola , devo buttarle ? Non so proprio , e' la prima volta che mi succede . Si' , certo , lo so che non si contagia cosi' . . . " . All' hotel Fontana , in piazza di Trevi , tentano di propormi un " affare " . " Ha questo problema ? Allora vada nell' altro nostro albergo , qui dietro , il Trevi . Cosi' risparmia pure : qui una stanza costa 86 mila lire , li' solo 38 mila , perche' stanno facendo dei lavori . . . " . Gia' , ma chi l ' ha mai detto che i malati di Aids vogliono spendere poco ?

Scendo nella metropolitana , direzione Cinecitta' . Due o tre persone mi si fanno intorno quando " mi sento male " . Un ragazzo commenta con il mio amico : " Vi aiuterei , ma scendo prima . Certo che la campagna del ministero della Sanita' piu' che informazione fa terrorismo " . Piano piano scendono tutti . Al capolinea di Anagnina nel vagone sono rimasto solo.

Ristorante a Roma
Grande tempestività e abilità al ristorante Delfino, in largo di Torre Argentina. Quando , finito il pranzo, mi accascio al suolo, accorre subito il responsabile del locale e diversi camerieri mi aiutano. La coppia che era seduta vicino a me si defila rapidamente. Il direttore dice subito ai suoi: "Niente paura , il contagio avviene soltanto attraverso sangue e sperma. Ci siamo già informati all' ufficio di igiene". Un cameriere al cuoco: "Hai visto che fanno bene a fargli i controlli?". Arriva uno straccio d'aceto sotto il naso, poi un cognacchino con zucchero in un bicchiere di carta. Mi rimetto in piedi , ringraziamo e andiamo via.

Prendiamo l'autobus 64, quello che collega San Pietro alla stazione Termini. È affollatissimo, ma il nostro test raccoglie l'indifferenza piu' totale.


Napoli, giovedì 12 febbraio 2006

"Sieropositivo? E che è?". La padrona della pensione Vittorio Veneto, vicino alla stazione Centrale, domanda lumi alla giovane e bellissima figlia che le sta accanto dietro al bancone. Lei ci sorride, e le dice che non c'è problema: "È l' Aids , mamma". La madre taglia corto: "Va bene, la camera ve la do. Tanto qui si dorme da soli".

A Napoli e in un grande magazzino


All'hotel D'Anna, invece, il portiere abbassa gli occhi e non ci guarda piu' in faccia: "Aids? No , no, non sono d' accordo. Trovate una sistemazione migliore".
"In un albergo... meglio evitare", è la risposta all' hotel Ideal , due stelle . Porte chiuse anche al Coral , all' Odeon , all' Holiday e al Nuovo Rebecchino . All'Eden mi supplicano: "Non ci mettete nei guai , gia' siamo senza lavoro. Andate in un albergo grande, che gli orchi non li tocca nessuno... Invece noi abbiamo un sacco di controlli , siamo un cagnolino piccolo", dicono, rafforzando il concetto con un gesto scurrile.

Seguiamo il consiglio e ci presentiamo all'hotel Terminus, prima categoria. Faccio accomodare il mio amico finto malato sul divano della hall , vado dal portiere e gli espongo il problema . La prima spontanea reazione e' burocratica : " Ma avete un certificato ? " . Poi lui va su dal direttore al primo piano . Dopo qualche minuto scende : " Il direttore vi vuole parlare". Gentilissimo , il direttore mi riceve nel suo ufficio e mi dice : " Conosciamo perfettamente il problema , sappiamo che il contagio avviene solo attraverso contatti di sangue e sperma . L' unica cosa di cui vi prego e' di non parlarne con il personale dell' albergo . Insomma , non lo dite in giro . . . ".

Anche in un altro grande albergo, il Palace, ci accolgono e, anzi , il portiere si impietosisce per la nostra perplessità di fronte al prezzo troppo alto (e' la scusa che usiamo per andarcene quando ci dicono di si) , e sta quasi per proporci uno sconto. Disponibilita' anche al Vesuvio (di fronte al Castel Dell' Ovo) e al Cristal. Al Cristal il commento e': "Aids ? Uh , terribile . . . Ma per noi , basta che pagate " .
In giro , pero' , c' e' molta ignoranza: " Malato di Aids ? No , mi dispiace , non vi posso prendere " .
" Ma non e' contagioso".
"Si' , ma se e' malato magari e' pure portatore sano . . . " .

Ignoranza comprensibile, d' altronde : se Roma finora ha la meta' dei malati di Milano , Napoli ne ha la meta' della meta' : una trentina in tutto . Alla Rinascente di via Toledo accuso un malore , la mia " spalla " diffonde in giro l' avvertimento che ho l' Aids . Incredulita' fra gli astanti , una signora mi porta un bicchiere di plastica con dell' acqua .

Andiamo a mangiare al ristorante Bergantino, vicino a piazza Bovio. Anche qui , come a Roma , quando entrano due ragazzi (i nostri amici attori) facciamo una scenata e diciamo al cameriere che uno di loro e' malato di Aids . Soltanto che qui la reazione, molto professionale, e' opposta a quella di Trastevere.



Il cameriere si mostra preparatissimo, ci rassicura, esclude che ci possa essere un qualsiasi pericolo di contagio, ci spiega che le posate vengono in ogni caso sterilizzate perché lavate con l'acqua bollente: "Direttive dell'ufficio di igiene non ce ne sono, comunque siamo assolutamente sicuri della nostra pulizia". Intanto il responsabile del locale , di fronte alle nostre minacce di abbandonare il ristorante ("o noi o loro") va a confortare il malato: "Se se ne vogliono andare, se ne vadano loro". E alla fine del pranzo invitano i due ragazzi a non andarsene via cosi' presto, a restare ancora un po', che per loro non c'è alcun problema.

Torniamo a Milano di notte, in cuccetta di seconda classe. Il treno è pienissimo, tutti uomini. La mia cuccetta, numero 83, è la mediana. L'amico avverte l inserviente, che non fa una piega: "Nessun problema, le lenzuola sono di carta, poi le buttiamo".
Silenzio assoluto per l'intero viaggio da parte degli altri quattro compagni di scompartimento, che pure avevano sentito il dialogo con l'inserviente. Solo uno di loro ha domandato al controllore se c'era una cuccetta libera da qualche altra parte. Risposta negativa: e allora anche lui, come tutti gli altri, ha mantenuto un aplomb e un'indifferenza quasi svizzeri.

Mauro Suttora

questa inchiesta ha vinto il premio Motta di giornalismo, 1988

Cuccetta Napoli-Milano

Saturday, February 21, 1987

Talamone e le armi per l'Iran


Guerra del golfo: chi rifornisce gli arsenali di Iran e Irak

C'ERA UNA VOLTA UN PERFIDO NAVIGLIO

L'incredibile storia della Sarah Jane. Il prezioso carico dell'Angelica. L'indirizzo dell'ufficio acquisti iraniano che tutti fingono di non conoscere. E undici Tir scoperti per caso a scaricare ordigni bellici nel porto di Talamone

di Mauro Suttora

Europeo, 21 febbraio 1987

Povero capitano Thomas Screech. Sulla sua nave, la Sarah Jane, aveva caricato nel 1982 a Setubal, in Portogallo, duemila detonatori per bombe. Provenienza della cassa, stampigliata con il marchio della dogana statunitense: Long Island, New York. Destinazione: Iran. Arrivato nel porto iraniano di Bandar Abbas , fa salire a bordo dei soldati per scaricare la merce. Ma loro, appena vedono sulla cassa l' odiato simbolo degli Stati Uniti , cominciano a prenderla a calci e a sputarci sopra. " Guardate che le vostre bombe non possono esplodere senza questi detonatori" , li avverte il capitano Screech . Niente da fare : un colonnello dell' esercito iraniano gli dice che i soldati si rifiutano di scaricare , e alla fine gli ordina di lasciare il porto con il carico .

Nella tappa successiva , a Dubai , i doganieri trovano i detonatori nella stiva e arrestano il capitano per importazione illegale di armi . Un telex inviato a New York produce la seguente risposta : " La societa' speditrice declina ogni responsabilita' sul carico " . Dopo cinque mesi di prigione a Dubai , il capitano Screech e' costretto a svendere la sua nave per pagare una multa di 80 milioni di lire .

Ma il caso di questo sfortunato capitano inglese e' un' eccezione . In realta' le importazioni d' armi dell'Iran, nonostante tutti i blocchi e gli embarghi solennemente decretati dai paesi della Nato e da altri paesi occidentali, rappresentano da anni un grosso affare per molte persone. E non c'e' voluto certo l' Irangate perche' i khomeinisti riuscissero a mettere le mani sulle sofisticate armi americane e sui pezzi di ricambio di cui hanno bisogno : fin dalla caduta dello scia', nel 1979, l' Iran non ha mai smesso di approvvigionarsi sul mercato bellico occidentale , con mezzi piu' o meno legali e piu' o meno clandestini .

A Londra , al numero 4 di Victoria street, c'e' addirittura un ufficio apposito, con una cinquantina di addetti iraniani, che non tanto segretamente conduce trattative con mercanti e industrie d' armi di tutto il mondo. E anche con i governi di nazioni che mai , ufficialmente , confesserebbero di vendere armi all' Iran. Sulla targa del portone c' e' scritto National Iranian Oil Co., ma la vera funzione dell'ufficio e' quella di centro logistico di supporto per le forze armate iraniane . Secondo lo spionaggio americano , qui verrebbero acquistate ogni anno dai tre ai quattro miliardi di dollari di armi , ovunque sia possibile : lo scorso luglio , per esempio , il Vietnam ha venduto all' Iran , per 400 milioni di dollari , 80 carri armati M 48 e duecento autoblindo M 113 che gli Stati Uniti abbandonarono quando fuggirono dal Vietnam nel 1975 .

Esempio tipico il Portogallo. Fino a quando Lisbona non e' stata citata dal bollettino ufficioso dei traffici, nessuno sospettava che il porto lusitano fosse cosi' attivo nelle spedizioni di merci "proibite". Una delle ultime , per esempio , risale al dicembre 1986 e questa volta " incriminato " e' il porto di Setubal: Angelica , un cargo panamense , ha preso il largo per il porto iraniano di Bandar Abbas con 1500 tonnellate di armi a bordo per un valore di oltre 13 milioni di dollari.

Queste spedizioni , che non appaiono del tutto illegali , hanno cambiato di 180 gradi la politica che nel 1980 il socialdemocratico Sa' Carneiro aveva fatto approvare : blocco assoluto di spedizioni di armi per l' Iran . E fino al 1983 l' Irak e' stato il cliente privilegiato del Portogallo . Bagdad riceveva tra il 50 e il 75 per cento di tutte le spedizioni di armi lusitane , per un valore intorno ai 40 milioni di dollari . Da allora pero' Mario Soares , attuale presidente della Repubblica , ha cambiato bruscamente politica .

Difficolta' economiche irakene , pressioni iraniane . Da allora Teheran diventa il primo cliente per le armi portoghesi : 67 milioni di dollari nel 1985 , poco meno l' anno successivo . L' attivita' di quella che probabilmente e' la piu' grossa rete di commercianti d' armi privati nella storia presenta pero' aspetti inquietanti . Che dire , per esempio , dei motori dei carri armati Chieftain che il ministero della Difesa inglese ha spedito due anni fa a Khomeini in casse con su scritto " parti di veicolo " ? " L' embargo non e' stato violato perche' i motori non fanno parte dei sistemi letali dei veicoli , e perche' erano stati ordinati nel 1979 , prima che Khomeini prendesse il potere " , e' stata l' imbarazzata e tartufesca risposta del governo britannico alle documentate accuse degli antikhomeinisti .

Un altro "articolo" che appare ogni mese nella "lista della spesa" dell' ufficio dell'Iran a Londra e' un proiettile d' artiglieria da 155 millimetri , quello che poi i pasdaran lanciano sull' Irak e sulla citta' di Bassora : ne comprano 150 mila per volta , al prezzo di 40 milioni di dollari. "E materiale che proviene necessariamente da un paese della Nato", rivela un commerciante d'armi. "È impossibile che simili quantita' di materiale vengano spedite senza il coinvolgimento dei governi, o per lo meno senza la loro acquiescenza".

Naturalmente le armi non passano fisicamente da Londra : gli ordini partono per telex a intermediari stranieri , i quali si incaricano di contattare broker marittimi , e questi ultimi a volte caricano sulla stessa nave armi sia per l' Irak che per l' Iran . Quasi sempre le armi vengono spedite a punti d' imbarco intermedi con falsi " certificati di destinazione finale " per dimostrare che l' acquirente e' uno Stato non belligerante , al di sopra di ogni sospetto. Come il Portogallo, per esempio .

I porti d'imbarco piu' utilizzati in Europa sono Santander in Spagna, Cherbourg in Francia, Zeebrugge in Belgio e Talamone in Italia. Solo tre settimane fa , il 22 gennaio 1987 , undici Tir zeppi di cariche di lancio fabbricate dall' azienda " La Precisa " di Teano (Caserta) e regolarmente scortati da polizia e carabinieri hanno rifornito la nave portoghese Mare I diretta a Lisbona . La cosa si e' risaputa solo perche' , in prossimita' del porto toscano , un Tir ha frenato di colpo a un passaggio a livello , uccidendo i due passeggeri di una Mercedes che sopraggiungeva e che e' finita sotto il rimorchio .

Gran parte dei traffici d' armi verso l' Iran sono in mano agli armatori danesi , che hanno una lunga esperienza in questo campo : sono almeno 40 i cargo della Danimarca che continuano a rifornire , anche dopo l' Irangate , sia l' Irak che l' Iran . Anche l' Irak , infatti , si avvale di una rete di trafficanti d' armi privati . Ma e' l' Iran ad aver compiuto la sforzo piu' grosso in Europa occidentale e negli Stati Uniti , perche' gran parte del suo arsenale consiste di aerei , elicotteri , missili , carri e radar comprati in Occidente dallo scia' negli anni Settanta .

All'inizio i tentativi degli emissari di Khomeini di mantenere il flusso dei rifornimenti di armi furono disastrosi. A volte per ottenere un pezzo di ricambio dovevano pagare un prezzo 500 volte piu' alto. Behnam Nodjoumi, per esempio, un espatriato iraniano, firmo' un contratto per la vendita di 8 mila missili anticarro Tow made in Usa (che aveva gia' decretato l'embargo dopo il sequestro degli ostaggi di Teheran nel 1980). Allora l'Iran pagava il 10 per cento del prezzo solo dopo un'ispezione della merce da parte dei propri ufficiali. Tre colonnelli iraniani mandati in Belgio per il controllo furono rapiti , assieme a due diplomatici iraniani e a un banchiere a Londra.

Fortunatamente per l' Iran, Scotland Yard scopri' la colossale truffa poche ore prima del pagamento su un conto svizzero. Nodjoumi e' finito in prigione, condannato a dieci anni . Un altro espatriato iraniano e' riuscito a far rubare da impiegati civili della marina Usa alcuni pezzi di ricambio dell' aereo F 14 Tomcat , per un valore totale di mezzo milione di dollari.

Negli ultimi tre anni, comunque, gli affari per l' Iran sono filati piu' lisci . Ormai il centro di Londra, quando deve ordinare ricambi americani, utilizza addirittura gli stessi numeri di codice computerizzati dell' aeronautica statunitense. Molti dei mediatori privati, poi, sono in realta' agenti dei governi occidentali, o dei loro servizi segreti . L'israeliano Yaacov Nimrodi, per esempio, uno dei tre faccendieri internazionali (gli altri due sono Adnan Kashoggi e Manucher Gorbanifar) implicati nell' Irangate : il suo appartamento di Londra e' vicinissimo all' ambasciata dell' Iran , e secondo gli antikhomeinisti ha fornito armi a Teheran, con il pieno appoggio del governo di Israele, fin dal 1980.
Mauro Suttora

Saturday, February 07, 1987

Paul Simon in concerto a Milano

E ADESSO AI RAZZISTI GLIELE SUONO IO

Europeo, 7 febbraio 1987

Musica rock: passa dal Sud Africa l' ultimo successo di Paul Simon

Ha registrato nel ghetto di Soweto . Invece di Garfunkel ha voluto al suo fianco venti musicisti neri . Eppure e' gia' in cima alle classifiche dell' America reaganiana . E ora sbarca in Italia in tournee.

di Mauro Suttora

A 45 anni e' riuscito a piazzare una poderosa zampata , a farsi largo fra i sette milioni di copie vendute da Whitney Houston e i tre milioni dell' ultimo disco di Madonna : Paul Simon , raffinatissimo cantautore ebreo newyorkese , e' ritornato da quattro mesi ai primi posti delle classifiche negli Stati Uniti e in Gran Bretagna . Il suo ellepi' 'Graceland' sta veleggiando verso i due milioni di copie vendute in tutto il mondo ; in Italia per ora sono 25mila , ma dopo l' apparizione al festival di Sanremo il 6 febbraio e il concerto di Milano il 7 e' prevedibile un boom anche da noi .

Osannato dall' unanimita' dei critici d' America e d' Europa ( " E una finestra sul cuore , richiede da parte dell' ascoltatore un alto livello di sofisticazione " , ha decretato Time) , si pensava che Graceland facesse la fine degli altri rari dischi (due negli ultimi dieci anni) distillati da Simon dopo la separazione , nel 1970 , da Art Garfunkel , suo compagno sia di vita che d' arte : musica intellettuale per pochi intenditori .

E invece no : il cocktail fra la dolce malinconia dell' ex " Mister alienation " degli anni Sessanta e il virulento rock dei venti musicisti sudafricani che accompagnano Simon nel disco , nonche' nell' attuale tournee , si e ' rivelato esplosivo , e ha affascinato anche le schiere di teenager nelle cui mani riposa il destino commerciale di ogni prodotto discografico . Graceland e' stato acclamato dalla critica di due continenti ( " Un prodigio di suoni e di sensazioni " ; " Il piu' bel trip musicale degli anni Ottanta " : tanto per stare ai titoli dei maggiori quotidiani inglesi e americani) . E quel che piu' conta , gia' da mesi staziona nelle parti alte delle classifiche di vendita di mezzo mondo .

Gran tempista , Paul Simon . Il suo disco e' arrivato al momento giusto , nel pieno della moda per la musica africana e sudafricana in particolare . " Stewart Copeland , il batterista dei Police , aveva realizzato un disco in Africa gia' due anni fa , ma passo' completamente inosservato " , ricorda Alessandro Robecchi , critico musicale dell' Unita . Invece adesso la campagna per le sanzioni al Sud Africa e' assai popolare fra i giovani inglesi e americani , e si e' avvalsa di Sun City , disco collettivo di protesta contro il razzismo , organizzato da Little Steven , ex chitarrista di Bruce Springsteen . In ottobre , poi , e' arrivato Tutu , l' ultimo lavoro di Miles Davis dedicato al vescovo sudafricano .

Graceland non contiene nulla di politico tranne il video Homeless , un coro senza strumenti dove Simon e un gruppo vocale nero cantano , evocando l' apartheid : " Siamo senza casa ci sono molti morti stanotte potrebbe toccare a te " . Il messaggio antirazzista pero' e' implicito , e sta nel modo stesso in cui il disco e' nato . Simon si e' recato a registrare per un mese in Sud Africa con un complesso del ghetto nero di Soweto , poi ha procurato i passaporti al bassista , al chitarrista e al batterista per completare le incisioni a New York . " Cosi' loro hanno subito lo stesso shock culturale che io avevo sperimentato a Johannesburg : per esempio , si meravigliavano di poter circolare liberamente senza dover passare ogni sera per un controllo dalla polizia di Manhattan " , racconta Simon .

Paul Simon e' sempre stato un eclettico . In Bridge over troubled water (1970) , oltre a una bossa nova (So long , Frank Lloyd Wright , omaggio al grande architetto morto da poco) , era contenuta la famosa El condor pasa , con accompagnamento dei peruviani Los Incas . " Avevo ascoltato la melodia a Parigi durante un loro concerto . Ho aggiunto le parole e loro ci hanno permesso di utilizzare la base musicale " , ricorda Simon . Un anno dopo , nel suo primo album solo , il cantautore se ne va in Giamaica a registrare Mother and child reunion con un gruppo reggae , anticipando il successo di Bob Marley in America ed Europa .

Con lui collabora spesso il percussionista argentino Airto Moreira , e in Hearts and bones (1983) fa un' apparizione anche il chitarrista jazz Al Di Meola . In quello stesso disco e' contenuto un pezzo scritto e arrangiato da Philip Glass , musicista dell' avanguardia sperimentale .
In Graceland c' e' una canzone (That was your mother) registrata non in Sud Africa ma in Louisiana (dove Simon era gia' andato nel 1973 per l' ellepi' There goes rhymin' Simon) , assieme al complesso Good Rockin' Dopsie and the Twisters : e' incredibile come il suono della fisarmonica suonata dal signor Dopsie risulti uguale a quello di uno strumento simile utilizzato in un altro pezzo (The boy in the bubble) dal sudafricano Forere Motloheloa .

" Questo non mi sorprende affatto " , spiega l' etnomusicologo Michele Straniero , " perche' regioni apparentemente lontanissime ma i negri della Louisiana provengono comunque dall' Africa presentano spesso sorprendenti analogie nell' ispirazione musicale e anche negli strumenti . Basti pensare , nella famiglia degli aerofoni , alla somiglianza fra le cornamuse scozzesi e le zampogne ciociare " .

A Simon non dispiace spiegare fino all' estremo dettaglio come nasce la propria musica . A New York ha perfino tenuto alcune lezioni universitarie di " songwriting " . Le parole ? " In genere , quando compongo una melodia , mi fermo sulle prime che mi vengono in mente . Musicalmente mi piacciono molto le vocali ' ' u' ' e ' ' a' ' , le consonanti ' ' t' ' e ' ' k' ' , le parole che iniziano con ' ' g' ' e ' ' l' ' . Da questo flusso di coscienza nasce una frase , e attorno ad essa costruisco la canzone . L' ideale e' quando parole e musica vengono fuori simultaneamente : questo e' stato il caso dell' inizio di The boxer ( " I am just a poor boy . . . " ) o della frase " Like a bridge over troubled water I will lay me down " .

Non tutto e' pero' cosi' casuale o manierista nella poetica di Simon (che era la mente del duo con Garfunkel , il quale si limitava all' arrangiamento e al canto , con quella sua incredibile voce simile a un organo musicale) . La qualifica di " cantante piu' intelligente del rock americano " Simon se l' e' meritata ampiamente grazie a canzoni come Sound of silence , dove descrive l' alienazione : " Gente che parla senza dire gente che ascolta senza sentire . . . " ) , I am a rock , in cui affronta la solitudine ( " . . . Ho i miei libri e le mie poesie che mi proteggono/ Corazzato nella mia armatura, nascosto nella mia stanza, sicuro dentro di me, non tocco nessuno e nessuno mi tocca/ sono una pietra sono un' isola . . . " ) , o come Kathy' s song , canzone per l' amore lontano ( " La mia mente e' distratta/ i miei pensieri sono a molte miglia da qui/ giacciono con te mentre dormi/ ti baciano quando inizia il giorno " ) .

Chi ha visto il film 'Il laureato' non si scordera' facilmente la prima scena di Dustin Hoffman sulla scala mobile dell' aeroporto , accompagnato dalle note di Sound of silence , o la fuga finale sull' Alfa Romeo rossa con l' amata rubata in extremis al promesso sposo , e con la musica entusiasmante di Mrs . Robinson .

Nei concerti assieme a Simon non ci sara' Garfunkel : dopo la " reunion " del 1981 , che ha prodotto un vendutissimo disco " live " , le loro strade si sono separate di nuovo . Ma ormai Simon & Garfunkel sono entrati nel ristretto novero dei classici : la loro musica cesellata piace a tutti , nonni e bambini . Niente muscoli , niente sudore alla Bruce Springsteen : nei concerti di Paul Simon a farla da padrone sara' il lucido ritmo , calcolato al millimetro , di un cervello piu' europeo che americano .

Mauro Suttora

Saturday, December 27, 1986

Arci Singles

Solitudini organizzate: un club davvero singolare

È una Lega con regole severissime. Per farne parte bisogna sapersi stirare le camicie e riciclare gli avanzi di pollo. I primi iscritti sono 40. Ma potrebbero diventare 6 milioni

di Mauro Suttora

Europeo, 27 dicembre 1986

L'articolo piu' oscuro dello statuto e' il numero nove: "Il vero singolo e' nato da un riccio". Ma soccorre subito un commento preparato dagli stessi singles, i non sposati e non conviventi che hanno fondato ad Asti la loro Lega: "Ci ricolleghiamo in parte alla tradizione gnostica e alchemica dell'Occidente, in parte ai fumetti underground americani: abbiamo scelto come simbolo il riccio perche' e' un animale solitario, spinoso, difficile da avvicinare e misterioso".

Dopo Arci gay, Arci caccia, Arci kids e Arci gola, ecco l'ultima trovata buontempona di alcuni iscritti all'organizzazione ricreativa della sinistra: l'Arci singles.

"Ma non siamo ne' un club per cuori solitari", mette le mani avanti il segretario Gabriele Biglino, falegname astigiano di 38 anni, "e nemmeno ci ispiriamo ai vari manuali per single boys e single girls: non siamo gente ricca o famosa, vogliamo risolvere i nostri piccoli problemi pratici di ogni giorno".

Problemi piccoli ma noiosi: stirare, per esempio. Poiche' agli iscritti della Lega (40 finora, con 24 donne) e' proibito farsi lavare gli abiti sporchi dalla mamma, per identificare un single bastera' alzargli il golf: se la camicia non e' stirata , vuol dire che il consiglio dei soci piu' esperti (stirare solo il colletto, almeno d'inverno) e' stato seguito a dovere. "

E poi c'e' il riciclaggio dei cibi avanzati", incalza Biglino, seduto a un tavolo di Spaghetti Jazz, il locale preferito dei singles di Asti. "Purtroppo la nostra non e' una societa' a misura di single, quindi mancano le confezioni monodose: tutto e' previsto per le famiglie. Cosi' il single produce molti avanzi, e deve saperli riutilizzare. Il pollo, per esempio: lo si fa arrosto, ma poi lo si puo' trasformare in insalata, sugo, polpette".

Per i single piu' pigri la Lega chiede mense a buon mercato. A quelli piu' intraprendenti propone lavatrici con lavaggi da due chili invece che cinque. "Oppure le mani e i mastelli", consiglia Biglino. "Su questo punto siamo molto severi: i nostri iscritti devono essere veramente autosufficienti. Una volta siamo piombati a casa di una ragazza che aveva fatto domanda di iscrizione, ma che si ostinava a ricorrere alla mamma per il bucato. Abbiamo misurato il bagno, e stabilito che li' una lavatrice c'entrava benissimo: la sua domanda e' stata respinta".

Per ora non ci sono progetti di trasformare l'Arci singles in una organizzazione nazionale: chi vuole aderire deve fare una capatina ad Asti e subire un piccolo esame da parte di Biglino, unico depositario del timbro col riccio da applicare alla tessera.

"Ma se nessun partito ci prendera' sul serio", dichiara bonariamente bellicoso Michele Nieddu, 50 anni, sarto e presidente della Lega, "formeremo un partito e ci presenteremo alle elezioni: siamo 5-6 milioni in tutta Italia, prima o poi arriveremo al potere..."

Come mai la Lega dei singles ha una maggioranza di donne? Risponde Annelise Ubertone, 31 anni, consigliere provinciale Pci: "Per noi e' piu' facile stare da sole, dopo il femminismo degli anni Settanta. Questo non vuol dire che non si abbiano rapporti fissi con una persona. Ma ognuno vive per conto suo". E ad Asti le single girls non vengono scambiate per zitellone ? "Assolutamente no, questo termine e' completamente superato".

"Sotto l'aspetto dei sentimenti il singolo e' un romantico", ha assicurato Biglino nella sua relazione al congresso di fondazione, davanti a una tavola generosamente imbandita: "Romantico per noi significa, ad esempio, camminare sotto la pioggia, tra le foglie portate dal vento, lasciare impronte fresche sulla neve, distendersi tra le zolle concimate...".

Non manca l'impegno politico: l'articolo sei dello statuto proclama che "i singoli operano individualmente per il superamento del capitalismo in curva e senza mettere la freccia".

Quanto alla carta dei diritti , inviata al presidente della Repubblica e a quelli di Camera e Senato, i singles chiedono, fra le altre cose, "divorzio senza avvocati e tasse, alloggi a misura di singles con finestre sul mondo e uscite di sicurezza per mogli e mariti di amici e amiche, un equo canone single (coefficiente 1,50), baby sitteraggio di quartiere e caseggiato per ragazze madri e ragazzi padri, basta con i formati famiglia nei supermercati, servizi collettivi (ma non troppo) a domanda individuale".

Dulcis in fundo, l'Arci singles chiede detrazioni sul modello 740. Come, proprio ora che i cattolici propongono invece incentivi per chi ha piu' figli? "Macche', Roberto Formigoni ha fatto voto di castità", risponde Biglino, "quindi c'e' poco da discutere: e' un single anche lui".
Mauro Suttora

Saturday, November 22, 1986

Armi Italia-Iran

ROTTA DI COLLUSIONE

Traffici proibiti. Irangate: la vera storia della vendita di armi USA all' Iran

Un mercantile danese che parte da Israele e arriva a Bandar Abbas . Un armatore che utilizza per i viaggi che scottano il porto italiano di Talamone (Grosseto) . Un sindacalista di Copenaghen racconta tutto

dal nostro inviato a Copenhagen Mauro Suttora

Europeo, 22 novembre 1986

Cala la notte sul golfo di Aqaba. La nave danese Morsoe si avvicina al porto israeliano di Eilat a luci spente. E scortata da una motovedetta militare con la stella di Davide . A sinistra , il Sinai egiziano ; a destra , le basse coste della Penisola Saudita . Arrivata nel porto , la nave viene ispezionata attentamente dai soldati israeliani saliti a bordo . Alcuni uomini rana si tuffano per controllare la chiglia . Poi , in silenzio , cominciano le operazioni di carico .

Sono 26 i container che vengono stivati sulla Morsoe : pesano in tutto 460 tonnellate . I marinai danesi non possono metter piede a terra : c' e' solo un rapido rifornimento di viveri . Dopo poche ore , prima dell' alba , Eilat e' gia' lontana , e la Morsoe naviga nel mar Rosso . Direzione : sud . Destinazione : Bandar Abbas , principale porto dell' Iran .

La Morsoe non arrivera' mai a Bandar Abbas . La nave che attracca il 21 ottobre nel porto dell' ayatollah Ruhollah Khomeini ha cambiato nome : adesso si chiama Solar . Sui 26 container e' stata cancellata ogni indicazione . E anche l' equipaggio ha dovuto nascondere tutte le tracce del passaggio in Israele : via i piccoli adesivi " Jaffa " dalle arance , perfino il latte e' stato travasato dai cartoni con le scritte ebraiche in anonime bottiglie di plastica .

Cosi' la Morsoe/Solar puo' portare a termine la sua missione . Ed e' una missione incredibile : la nave danese infatti ha trasportato armi da Israele all' Iran . Cioe' fra due paesi che ufficialmente sono nemici mortali : non passa giorno senza che qualche imam di Teheran invochi l' annientamento dello Stato d' Israele , mentre Gerusalemme accusa l' Iran di finanziare , assieme alla Libia e alla Siria , i terroristi mediorientali (vedere l' intervista al nuovo premier israeliano Yitzhak Shamir a pag . 50) .

" Ci sono stati almeno altri nove viaggi di questo tipo su navi danesi da un anno a questa parte , a partire dal settembre 1985 " , rivela Jesper Ravn , giornalista dell' agenzia di stampa nazionale della Danimarca , che ha indagato sulla vicenda . La verita' sui reali traffici della Morsoe/Solar l' ha spifferata un membro dell' equipaggio il 6 novembre scorso . Il proprietario , Finn Poulsen , non ha potuto negare l' evidenza . E perche' avrebbe dovuto , comunque ? Non e' illegale vendere armi all' Iran , tranne che per gli Stati Uniti che hanno decretato un embargo . Non siamo nel 1979 , quando la Morsoe Solar , che allora si chiamava Hanne Trigon , violo' l' embargo decretato dall' Onu contro l' esportazione d' armi in Sud Africa (vedere il riquadro a pag . 11) .

Dal 1980 , da quando e' iniziata la guerra Iran Irak , il flusso di armi e' incessante , da tutta Europa : non passa settimana senza che porti specializzati in export bellico , come l' italiano Talamone , lo spagnolo Santander , il francese Cherbourg o il belga Zeebrugge , non vedano partire qualche cargo per il golfo Persico . Solo dal porto italiano , secondo i radicali , sarebbero partiti in sei anni 60 carichi di armi . Adesso pero' la piccola e pacifica Danimarca e' diventata il terminale di uno scandalo internazionale . E allora andiamo a Copenaghen per capirne di piu' sulla " iranian connection " che sta scuotendo l' America .

" Cosa portano mai i nostri uomini da Israele all' Iran , quando fino a un anno fa dallo Stato ebraico non usciva neanche una patata in quella direzione ? " , si e' chiesto Henrik Berlau , vicepresidente del potente sindacato dei marittimi danesi (5500 iscritti) . La risposta gli e' arrivata in questi giorni : Israele ha girato all' Iran grossi quantitativi di armamenti made in Usa . E il prezzo pagato dagli Stati Uniti per tentare di ottenere la liberazione degli ostaggi americani in mano agli hezbollah , gli integralisti islamici benedetti da Teheran .

Ma questa svolta sotterranea nella politica del presidente Ronald Reagan non e' affatto piaciuta ai combattivi marinai danesi . I quali il pomeriggio del 30 ottobre sono passati all' azione . Altra nave danese , la Marie Th . , lunga 67 metri , otto membri di equipaggio , di proprieta' della compagnia Svendborg Enterprise . Era a Belfast il 30 settembre , a Lancaster il 9 ottobre , a Gibilterra pochi giorni dopo . A meta' ottobre arriva a Talamone , e li' imbarca quattro container zeppi di munizioni . Ma i marinai vengono a sapere che la meta finale del viaggio e' l' Iran , e si rifiutano di proseguirlo . Sono rimpiazzati da altri uomini fatti arrivare in fretta e furia da Rotterdam , fra cui quattro africani di Capo Verde disposti a tutto pur di guadagnare un po' .

Al sindacato risulta che anche il comandante della nave , Joergen Thusen , si sia ribellato , ma la compagnia , interpellata dall' Europeo , nega e lo da' tuttora a bordo . La Marie Th . lascia l' Italia per il Pireo , porto di Atene , da dove parte in direzione est il 25 ottobre . Ma , cinque giorni dopo , colpo di scena : il ministero dell' Industria e della Marina di Copenaghen ordina alla nave di non proseguire il viaggio verso Bandar Abbas . Perche' ?

" Siamo stati noi ad avvertire il ministro " , spiega il sindacalista Berlau , " del fatto che i marinai correvano un grande pericolo : ci e' giunta infatti notizia che gli iracheni controllavano gli spostamenti della nave , sapevano che cosa trasportava , e che probabilmene l' avrebbero ' ' neutralizzata' ' una volta fuori dal Mediterraneo , nel mar Rosso o nell' oceano Indiano " .

Ma come fanno gli iracheni (o gli iraniani ) a controllare i rifornimenti per il nemico fin dai porti europei ?
" Non e' difficile " , risponde Berlau . " Basta che tengano d' occhio quei 4 5 porti strategici per il traffico d' armi , come Talamone o Cherbourg , e che poi aspettino le navi a Suez o negli stretti di Bab el Mandeb e Hormuz . Non dimentichiamo che durante la guerra Iran-Irak e' stata colpita finora la stessa quantita' di tonnellaggio mercantile di tutta la Seconda guerra mondiale " .

Cosi' la Marie Th . ha dovuto scaricare i quattro container imbarcati a Talamone nel porto israeliano di Ashdod , sulla costa mediterranea . " Era la loro destinazione in ogni caso " , precisano gli armatori . Invece secondo il sindacato il carico bellico proveniente dall' Italia sarebbe stato parcheggiato temporaneamente in Grecia . In ogni caso , dopo una breve sosta nel porto greco di Laurium , venerdi' 7 novembre la Marie Th . e' ripartita da Milos per la Francia .

Il clamore suscitato in Danimarca da questa vicenda ha gia' provocato dei risultati concreti : questa settimana il Parlamento danese si riunisce e , con ogni probabilita' , approvera ' una legge che vieta alle navi di Copenaghen di trasportare materiale bellico a paesi in guerra . " Quello che ci ha profondamente irritato " , spiega Henrik Berlau , " e' che gli Stati Uniti si siano serviti dei nostri marinai , cioe' di cittadini di un paese alleato , come inconsapevoli soldati per i loro sporchi traffici " .

Ma , a parte le preoccupazioni per l' incolumita' dei marinai danesi , quali prove avete che le armi caricate in Israele facciano parte del " pacchetto " americano ? Berlau tira fuori dal cassetto alcuni ritagli stampa , e ci mostra una notizia dello scorso luglio apparsa su tutti i giornali tedeschi : " A Monaco di Baviera la polizia della Germania occidentale ha arrestato un certo Henry Kamaniecky , cittadino tedesco israeliano , che aveva in tasca un contratto di forniture militari firmato da Israele e dall' ambasciata iraniana a Bonn per un valore di 700 milioni di corone danesi (circa 140 miliardi di lire italiane) . Il trasporto doveva avvenire attraverso la Jugoslavia " .

A questo pezzo del puzzle se ne aggancia subito un altro : il particolare , citato da diversi marinai danesi , che la Morsoe Solar e altre navi , implicate nel traffico fra Eilat e Bandar Abbas , una volta raggiunta Eilat aspettavano al largo , nel golfo di Aqaba , anche per due o tre settimane . " Cioe " , spiega ancora Berlau , " l' equivalente del tempo che sarebbe stato necessario per attraversare il canale di Suez , entrare nel Mediterraneo , raggiungere un porto jugoslavo e tornare indietro . Perche' , ufficialmente , il trasporto non toccava Israele : partiva dalla Jugoslavia e arrivava direttamente in Iran " .

E quest' ultima spedizione interrotta della Marie Th . ? Che probabilita' ci sono che dentro a quei quattro container imbarcati a meta' ottobre a Talamone ci fossero non armi fabbricate in Italia , ma sofisticati pezzi di ricambio made in Usa ? " Molte " , risponde Berlau . " I nostri marinai , bene o male , sanno quello che trasportano . E poi , una nave come la Marie Th . , in grado di caricare 1200 tonnellate di merce , non puo' permettersi , normalmente , di viaggiare vuota dall' Inghilterra fino all' Italia , come ha fatto . Quelle navi non stanno vuote neanche un giorno . Si vede che il trasporto del carico imbarcato a Talamone e' stato pagato profumatamente , tanto profutamente da coprire ogni mancato guadagno . Quando le missioni sono ' ' speciali' ' , come verso il Sud Africa , i prezzi salgono anche quattro cinque volte oltre i livelli normali " .

Alla compagnia Svendborg affermano di avere noleggiato per sei mesi la Marie Th . a un' altra societa' danese , la Orsleff di Copenaghen , e di non conoscere quindi esattamente la natura delle merci trasportate : " Comunque " , dicono , " se i container sono stati imbarcati a Talamone sicuramente si trattava di materiale bellico . E non possiamo escludere che fosse americano . Chi sa tutto e' l' agente che ha in mano gran parte delle spedizioni da Talamone . Perche' non vi rivolgete a lui , al signor Egisto Fanciulli ? " .

Il signor Fanciulli smentisce in anticipo tutto : " Voi giornalisti pubblicate solo frottole " . Va bene , allora ci aiuti lei a trovare la verita' . Cosa c' era in quei quattro container imbarcati sulla Marie Th . ? " Non erano container , erano quattro cassette piccole " . Ma dentro cosa c' era ? Armi italiane o americane ? " Macche' armi , da Talamone non partono armi " . Suvvia , signor Fanciulli , abbiamo parlato con gli armatori . " Non c' erano armi , c' era materiale bellico . Ma non sono tenuto a dirvelo " . Pezzi di ricambio ? " No , munizioni . . . Io comunque non vi dico nulla , rivolgetevi all' autorita' competente " .

L' autorita' competente a Talamone e' tantissima : ci sono i doganieri , la guardia di finanza , i carabinieri , i funzionari del ministero della Difesa e quelli del ministero per il Commercio estero . Ognuno con i suoi bolli e i suoi timbri . " E noi siamo in regola " , assicura Fanciulli , che pero' custodisce il suo segreto : " Non sono tenuto a dirvi niente . Buonasera " .

Ricapitolando : diverse navi danesi che negli ultimi mesi hanno trasportato di nascosto armi da Israele all' Iran . I marittimi danesi che mettono i bastoni fra le ruote . " Niente di piu' facile allora " , ragiona Berlau , " che per sviare i sospetti dopo le nostre denunce delle scorse settimane gli americani non utilizzino piu' , come porto d' imbarco , solo Israele , ma anche paesi terzi " . Inoltre , e' provato che un' altra nave della stessa compagnia della Marie Th . , la Else Th . , fra maggio e agosto di quest' anno ha trasportato 3500 tonnellate di armi in quattro viaggi da Eilat a Bandar Abbas .

Quindi , anche se fosse vero che i quattro container di materiale bellico caricati in Italia sulla Marie Th . dovevano andare nel porto israeliano di Ashdod e non in Iran , come afferma la Svendborg (Bandar Abbas sarebbe stata , secondo loro , la destinazione di un ulteriore carico imbarcato in Grecia dalla stessa nave) , questo non garantisce che dopo un breve tragitto via terra Ashdod Eilat anche il prezioso carico di Talamone non sia finito nelle mani degli uomini di Khomeini . " E non e' finita qui " , promette combattivo Berlau . " Conosciamo altre navi danesi implicate nel traffico con l' Iran di cui non possiamo svelare nome e itinerario perche' sono ancora in zona pericolosa , oltre Suez . E poi non ci sono solo le navi e i marinai danesi , a questo mondo . Cosa fanno le navi da trasporto di altre nazionalita' ? "

Mauro Suttora

Saturday, September 20, 1986

Aberdeen e Stavanger

IL FUTURO E' NERO PER LO SCEICCO BIANCO

La nuova miseria delle capitali del petrolio europeo

Europeo, 20 settembre 1986

Aberdeen in Scozia , Stavanger in Norvegia : due storie parallele di improvviso benessere quando l' oro nero valeva 30 dollari al barile . gli inviati dell' " Europeo " hanno percorso la rotta del loro improvviso declino . il 1986 passera' alla storia per il crollo dei prezzi del petrolio : un barile , che all' inizio dell' anno costava 30 dollari , a luglio veniva venduto per 6-7 dollari . poi , dopo l ' accordo fra i paesi dell' OPEC in agosto , i prezzi sono risaliti agli attuali 15 dollari . Ma le prospettive per i paesi produttori rimangono incerte , in qualche caso drammatiche . Gran Bretagna e Norvegia da dieci anni sono diventati grossi produttori di oro nero , grazie ai giacimenti scoperti nel Mare del Nord . ma la crisi che quest' anno ha colpito gli sceicchi del Medio Oriente tocca anche loro . che cos' e' cambiato , in concreto , nella vita quotidiana di coloro che fino a pochi mesi fa erano considerati i " miracolati del Mare del Nord " ? Due storie parallele : Aberdeen in Gran Bretagna e Stavanger in Norvegia .

di Mauro Suttora
fotografie di Stefano Archetti

Gli occhi di John Morrice si illuminano quando il disc jockey della sala da ballo Ritzy mette la sua canzone preferita , You' re my favourite waste of time . E giovedi' sera ad Aberdeen , capitale del petrolio britannico : per andare a ballare i ragazzi hanno lasciato a casa i jeans , proibiti in molti locali , e le ragazze si sono messe le loro scarpe laccate , color giallo acceso o arancione cangiante . E adesso bevono , bevono . E difficile ubriacarsi con la birra , eppure loro ci riescono in un battibaleno : ogni tanto qualcuno stramazza al suolo o si trascina verso il gabinetto con la mano premuta sulla bocca .

John ha 22 anni , e al giovedi' esce da solo . Il venerdi' e il sabato , invece , porta fuori la sua fidanzata Tracy , lasciando a casa il bambino che lei ha avuto due anni fa da un altro ragazzo . John lavora , sbuccia e insacca patate otto ore al giorno in cambio di 72 sterline alla settimana (poco piu' di 150 mila lire) . Fortunato perche' non e' disoccupato come molti dei suoi coetanei , o sfortunato perche' guadagna solo 600 mila lire al mese ? Lui non si lamenta : " I' m doing okay " mi va bene cosi' . Ogni settimana dò 20 sterline a mio fratello , con cui vivo , per il mangiare e il dormire . Dodici sterline le risparmio per il viaggio che faro' a San Francisco : sono gia' arrivato a 400 , quando fra due anni ne avro' duemila partiro' . Cosi' mi restano 40 sterline per i vestiti e per divertirmi . Abbastanza , no ? " . Contento lui . . . Se non lavorasse prenderebbe un sussidio di 40 sterline alla settimana , quelle che spettano a tutti i tre milioni di disoccupati che attualmente affollano il Regno Unito . Come Tracy , la quale in piu' incassa venti sterline per il bambino , non paga l' affitto e il latte , e ogni tre mesi ha diritto a un contributo vestiti per il baby .

John Morrice e' uno dei pochi abitanti di Aberdeen per i quali e' assolutamente indifferente che la propria citta' sia stata miracolata dal petrolio . Qui ci sono i quartieri generali della Shell e della Bp , qui da dieci anni prosperano le centinaia di societa' di servizi che costruiscono piattaforme e oleodotti , qui gli alti salari pagati per tutti i lavori che riguardano il petrolio e il gas hanno mandato fuori mercato le altre industrie . Gli abitanti sono passati da 150 a 250 mila , i taxi sono aumentati da 300 a 700 , le camere d' albergo per businessmen di tutto il mondo da 1700 a 2400 , le tariffe delle prostitute da cinque sterline a cinquanta . Ma adesso la cuccagna e' finita . Il prezzo del petrolio e' crollato . Le compagnie petrolifere hanno gia' cominciato a tagliare le attivita' : prime fra tutte , quelle di esplorazione di nuovi giacimenti nel Mare del Nord .

" L' eliporto di Aberdeen resta il primo al mondo , ma mentre prima il movimento era di 6 mila persone al mese , adesso e' di 3 mila " , grida David Stewart della British Airways , una delle dodici compagnie di elicotteri che si fanno concorrenza nel trasporto sulle piattaforme dei tecnici , degli ingegneri e degli operai . Sulla pista c' e' un gigantesco Sikorsky pronto per il decollo . I passeggeri hanno dovuto indossare pesanti tute arancioni , e hanno assistito per l' ennesima volta , silenziosi e con lo sguardo perso nel vuoto , alla proiezione della videocassetta con le istruzioni in caso di incidente . Nelle freddissime acque del Mare del Nord si sopravvive pochissime ore con la tuta , solo qualche minuto senza . All' edicola dell' eliporto abbondano le riviste porno . Al bar , niente alcolici . Durante i 15 giorni di turno chi viene sorpreso anche con un solo bicchiere di vino e' immediatamente licenziato . Adesso , poi , con la crisi i salari stanno scendendo . Le compagnie di catering fanno stringere la cinghia ai dipendenti per offrire prezzi migliori e poter vincere qualche appalto .

Ad Aberdeen piove quasi sempre . Il grigiore del clima e' appesantito dal grigiore del granito , pietra di costruzione cosi' diffusa da far battezzare Aberdeen " granite city " . All' ufficio del turismo David Illingworth sostiene orgoglioso che il granito brilla sotto i raggi del sole . Peccato che per il resto del tempo , cioe' quasi sempre , tutto questo grigio renda le strade simili al cortile di una prigione . Sul muro esterno del palazzo del Comune il sindaco , che viene chiamato Lord provost , ha fatto affiggere uno striscione con due numeri : quelli dei disoccupati di Aberdeen e della regione . " Finora la crisi del petrolio ha eliminato 3 mila posti di lavoro " , dice l' assessore Robert Robertson . Il quale se la prende con il governo di Margaret Thatcher perche' spende troppi dei soldi del petrolio in armamenti , ma anche perche' Londra considera Aberdeen una citta' ricca .

" E questo non e' vero . Certo , stiamo meglio di altre zone della Gran Bretagna , abbiamo meno disoccupazione . Ma il petrolio ha distrutto le altre attivita' come la pesca , i cantieri e l' industria della carta , perche' ha alzato i prezzi delle case , dei consumi , dei salari . Cosi' , chi vuole iniziare un' attivita' economica adesso preferisce andarsene a Dundee , dove ci sono le agevolazioni per le zone sottosviluppate . Noi siamo troppo petrolio dipendenti " . Prezzi alti : ironia della sorte , nella capitale del petrolio la benzina costa di piu' che nel resto del paese , perche' le raffinerie sono tutte al Sud . E anche per bere una pinta di birra qui si pagano 90 pence , contro gli 80 della vicina Edimburgo .

Ma il segno piu' visibile del crollo dei prezzi del petrolio lo si ha nel quartiere residenziale al di la' del fiume Don , verso Nord : si moltiplicano i cartelli " For sale " , in vendita , esposti fuori dai villini bifamiliari . Sono gli immigrati del petrolio che se ne stanno andando , ma anche molti aberdoniani che non riescono piu' a pagare le rate dei mutui stipulati con leggerezza qualche anno fa . A sud della citta' invece c' e' l' altro fiume , il Dee : qui a Ferragosto e' giunta la regina Elisabetta sullo yacht Britannia . Quest' anno c' erano anche gli sposini Andrea e Sarah Ferguson . Ogni agosto la famiglia reale , sfidando la noia , passa le vacanze nel castello scozzese di Balmoral , sulle rive del Dee .

Sul porto di Aberdeen volteggiano alti e fieri i gabbiani , che portano i loro gridi su tutta la citta' di giorno e di notte . E al porto , seduto per terra con le gambe penzoloni sulla banchina , troviamo Stuart Vass , un vecchio pescatore di 83 anni che adesso si rende utile come sentinella dei pescherecci attraccati : " Sono sul mare da quando avevo 14 anni , ma adesso sono rimaste solo otto delle trecento grandi navi con le quali pescavamo in tutto l' Atlantico del Nord . Noi pensionati ci tengono qui a fare la guardia contro i ladri , e a sorvegliare i bambini che vogliono giocare . Ma solo fino alle sei di sera : quando arriva il buio mandano via anche noi , perche' hanno paura che cadiamo in acqua ubriachi " .

La pesca resta comunque un' importante attivita' : merluzzo e aringhe vengono scaricati ogni mattina a partire dalle quattro sui dock da piccoli pescherecci che si fanno largo tra le enormi navi appoggio delle piattaforme del petrolio , tutte con un eliporto sul ponte . Dopo la guerra con l' Islanda e quella contro la Cee , i pescatori scozzesi adesso ce l' hanno a morte con quelli danesi , che catturano enormi quantita' di pesce ancora piccolo per farne mangime . Gli aberdoniani sono ancora fieri della vittoria della loro squadra di calcio nella Coppa delle coppe di due anni fa . Ma sul retro delle macchine , oltre ai simboli della squadra , qualcuno ha appiccicato anche un adesivo che dice : " Dio , fa' si' che ci sia un altro boom del petrolio , e questa volta non ce lo pisceremo via " .

Si' , quassu' in Scozia , " meridione " povero della Gran Bretagna , c' e ' netta la sensazione che gli inglesi di Londra abbiano come sempre approfittato della ricchezza che una volta tanto la sorte aveva fatto cadere a Nord , su fino alle isole Shetland . Un mese fa gli scozzesi , laburisti al 75 per cento , hanno gettato uova marce contro l' odiata Thatcher , in visita a Edimburgo . E ad Aberdeen adesso guardano con timore gli uffici superlussuosi delle compagnie petrolifere Shell e Bp ai bordi della citta' , immersi fra i faggi delle colline : quando arrivera' , da Londra , l' ordine di licenziare altre migliaia di " redundant " , gente in soprannumero , inutile ?

La poco attraente capitale del petrolio , nonostante le sue belle rose esportate a milioni verso i veri sceiccati del petrolio (in Medio Oriente) e i suoi bei parchi , non puo' neanche aspettarsi molto dal turismo : solo uno dei dieci milioni di persone che ogni anno percorrono il tradizionale itinerario scozzese Edimburgo-Loch Ness-Inverness sceglie di visitare anche Aberdeen , passando per la costa orientale della Scozia . Chi lo fa , in questi mesi puo' ammirare un nuovo tipo di monumento : le molte piattaforme inutilizzate e parcheggiate tristi nel Mare del Nord , al largo della spiaggia di Aberdeen . Finche' il petrolio costa cosi' poco , tirarlo fuori non conviene piu' . E le piattaforme se ne stanno li' in attesa di tempi migliori .

Mauro Suttora

Saturday, September 13, 1986

Paracadutisti Folgore e lagunari di Venezia

SOLDATI D'AVVENTURA

inchiesta : " per la patria e per i soldi ". Militari in carriera , come potrebbe essere il nuovo esercito

Golpisti? Fascisti? Fanatici? Vecchie storie. Oggi i paracadutisti della Folgore e i lagunari di Venezia sono un' altra cosa

Europeo, 13 settembre 1986

di Mauro Suttora

I russi sono arrivati a Venezia . Il fronte taglia in due la laguna, il nemico e' riuscito anche a lanciare dei paracadutisti nella zona di Chioggia , dietro le linee italiane . Ma alle sei di sera di martedi' 26 agosto e' entrato in azione un plotone della compagnia di lagunari " Isonzo " , quella col motto " Quando el leon alsa la coa , tute le bestie sbassa la soa " .

Imbarcati sui loro gommoni i lagunari raggiungono Chioggia e , con il favore delle tenebre , rastrellano la zona ; prendono prigionieri gli infiltrati e anche alcuni italiani collaborazionisti . All' alba i lagunari si ritirano sull' isola di Santo Spirito , e li' si nascondono per tutta la giornata : con la luce sarebbe troppo facile per il nemico individuarli . La notte partono di nuovo : questa volta gli incursori anfibi italiani si infiltrano in territorio controllato dall' avversario , e a mezzanotte riescono a far saltare un ponte vicino al comando nemico , dietro all' aeroporto di Tessera . Poi la fuga , e alle cinque del mattino il ritorno alla base .

Le attricette e i giornalisti che affollano il Lido di Venezia per la Mostra del cinema lo ignorano , ma a poche centinaia di metri dai loro hotel c' e' una delle caserme piu' importanti di tutto l' esercito italiano : quella dei lagunari . Da qui , per secoli , sono partite le crociate e le spedizioni oltremare dei veneziani . E qui , la mattina di venerdi' 29 agosto , troviamo il tenente Michele Tanzarella che , reduce dall' esercitazione descritta prima , sta tenendo un " debriefing " di valutazione assieme ai suoi soldati , con l' ausilio di un videoregistratore . " No , i russi non c' entrano , per noi il nemico e' solo arancione " . Pero' viene da Est . " Si' , ma se fosse veramente arrivato a Venezia la guerra sarebbe gia' persa . In realta' la nostra zona di intervento , in caso di ostilita' , e' segreta " .

I lagunari di Venezia sono , assieme ai paracadutisti della Folgore a Livorno e ai maro' del battaglione San Marco a Brindisi , uno dei reparti piu' efficienti delle nostre forze armate : cio' che piu' si avvicina , attualmente , a un possibile esercito di professionisti . E allora vediamo chi sono e come funzionano questi " corpi d' elite " , accusati implicitamente di golpismo da tutti quei politici che in questi giorni difendono la leva come " zavorra " necessaria per mantenere l' esercito fedele alla democrazia . Che aria si respira nelle loro caserme ? E vero , come dicono alcuni , che gli ufficiali di carriera che li comandano sono di destra e che mal sopporterebbero , per esempio , un governo di sinistra ?

" Di destra , fascisti . . . Tutte favole " , replica il tenente colonnello Mario Balla , che comanda i mille uomini del 2 battaglione Folgore nella caserma Vannucci a Livorno . " Si' , negli anni Settanta questa fama che ci avevano appiccicato addosso teneva lontani da noi i ragazzi di sinistra , e quindi inevitabilmente si arruolavano solo quelli di destra o gli indifferenti . Ma essere piu' preparati e disciplinati degli altri non vuol dire affatto essere di destra . Siamo solo dei soldati , obbediamo ai politici , e ciascuno di noi tiene per se' le sue idee personali " .
Conferma il generale Aldo Sagnelli , 53 anni , attuale comandante dei 7 mila para' della Folgore : " Io dico sempre alle reclute : gli unici colori di moda qui dentro sono bianco , rosso e verde . A noi non servono i fanatici , non vogliamo i Rambo . Il mio compito e' solo quello di preparare i ragazzi a servire la patria . Abbiamo tutti prestato un giuramento di fedelta' . Non mi sento toccato dalle polemiche sul golpismo dei soldati professionisti ; io non ho mai studiato come si fa un golpe " .

Il comandante Balla e' una pasta d ' uomo . Si commuove mentre ci mostra le lettere che gli mandano i papa' e le mamme dei suoi ragazzi di leva (ma tutti volontari) , in risposta alle sue scritte a mano e personalizzate che annunciano ai familiari la promozione a caporale o a caporal maggiore del figlio . " Anche se e' pagato dallo Stato , lei e' una persona che fa il suo dovere con passione e con amore " , gli assicura una mamma dalla calligrafia incerta . Un papa' , piu' utilitario , dopo averlo ringraziato per l' impegno verso " questi figli momentaneamente suoi " , lascia li' l' auspicio di " poter riabbracciare il mio ragazzo in una prossima licenza " .

Un' ottima idea , quella di Balla : da quando nove mesi fa ha incominciato a scrivere alle famiglie , gli sono arrivate 300 lettere di risposta . I lagunari di Venezia invece a casa non hanno bisogno di scrivere , perche' ci vanno ogni giorno dalle 6 alle 11 di sera . Loro infatti sono l' unico caso in Italia (oltre agli alpini) di leva regionale . Anzi , di leva provinciale , perche' i ragazzi vengono tutti reclutati nelle province di Venezia e Rovigo , lungo la costa del Po al Tagliamento .

" La lingua e' la stessa , lo spirito di corpo e' ottimo , rafforzato da quello campanilistico " , spiega il colonnello Antonio Sciaulino , comandante dei 1500 lagunari , " e poi ci sono dei vantaggi operativi : molti dei nostri hanno gia' il patentino di pilota , conoscono i canali della laguna come le loro tasche , i loro parenti sono stati lagunari " . " In caso di emergenza la disponibilita' e' immediata " , aggiunge il tenente colonnello Antonio Di Lorenzo , comandante del 1 battaglione , " anche in caso di alluvione e di altre calamita' . Ma , soprattutto , c' e' l' aspetto psicologico : la gente difende casa propria , quindi e' motivata " .

I lagunari pero' non sono incatenati alla laguna di Venezia : con i loro blindati M 113 e , soprattutto , con i cingolati LVTP 7 (carri armati con un cannone in meno e due idrogetti in piu' , velocita' in mare di 8 nodi) sono pronti a intervenire su tutto il territorio italiano , e non solo sulle coste sabbiose , loro specialita' : " Negli ultimi mesi i nostri assaltatori sono andati ad addestrarsi in montagna , ad Asiago e sul monte Grappa " , dice Di Lorenzo , " per combattimenti non convenzionali , come colpi di mano e imboscate " .

Sull' alternativa fra esercito di leva e volontario Di Lorenzo opta per lo status quo : " C' e' gia' abbastanza distacco fra i civili e i militari , noi siamo un' eccezione , il paese non sente il legame con le forze armate , meglio mantenere un rapporto attraverso la leva . E poi , chi l' ha detto che in dodici mesi non si puo' addestrare bene un soldato ? Spesso i ragazzi di leva hanno piu' entusiasmo , e poi anche gli americani adesso stanno facendo marcia indietro , visto che non riescono certo ad attrarre la crema della nazione nelle loro forze armate " .

I caporali di leva Elvis Pamio e Tiziano Trevisan , entrambi diciannovenni e rappresentanti sindacali della loro compagnia (uno vota Dc , l' altro Pci) , sono invece favorevoli al volontariato . Sono orgogliosi di essere lagunari , si sono esaltati alla parata del 2 giugno a Roma , ma se avessero potuto non avrebbero fatto il militare . E si capisce : gia' lavorano , e guadagnano un milione e mezzo al mese , uno come piastrellista e l' altro in una fabbrica di bici .

Sono lontani i tempi dei " proletari in divisa " di Lotta continua , che dieci anni fa rifiutarono il rancio : le rivendicazioni dei lagunari di leva attualmente riguardano il piastrellamento dell' officina e " un nuovo carroponte che serve per pulire meglio i carriarmati " . La caserma della Malcontenta , a Mestre , e' spaziosa e nuova , a parte un edificio che risale all' inizio del secolo , quando l' Italia fece guerra alla Turchia per la Libia . Piscina , campi di tennis , di basket e di pallavolo : non c' e' da meravigliarsi che l' elenco appeso al muro dei soldati " a riposo in patria " (espressione scherzosa per indicare quelli che si ammalano proprio in licenza , e che fanno la convalescenza a casa) sia vuoto .

La parola " guerra " e' stata abolita anche fra i militari , e quindi l' ex percorso di guerra (quello dove si " sbiscia " sotto i reticolati , si spara , si salta , si lanciano le bombe a mano) adesso si chiama burocraticamente Cagsm (campo addestrativo ginnico sportivo militare) . Appena vedono il comandante Di Lorenzo in lontananza i soldati scattano sull' attenti , e anche quando lui li libera con la parola " azione " rimangono sempre un po' rigidi e sul chi vive : evidentemente la disciplina e' severa . Sulle brande ci sono le lenzuola e i materassi piegati " a cubo " , usanza militare assolutamente incomprensibile per un civile : " E per essere sicuri che si rifacciano il letto " , spiega un ufficiale . Quel che e' sicuro e' che durante la giornata e' impossibile sdraiarsi per una qualsiasi siesta , e anche una lettura serale dev' essere particolarmente difficoltosa , visto che non ci sono i comodini . Ma tant' e' : questi reparti operativi si addestrano cosi' tanto che il tempo vola in un attimo , come testimoniano tutti i soldati di leva .

A Pisa , alla Scuola militare di paracadutismo dove arrivano da tutta Italia gli aspiranti para' , il corso dura due mesi : ce la fa solo il 60 70 per cento a prendere il brevetto dopo i cinque lanci obbligatori . Sia a Pisa sia a Livorno negli anni passati c' erano state risse fra para' di leva e giovani del luogo . E , visto che siamo in zona rossa , le zuffe erano state etichettate come politiche . Ma i paracadutisti negano , dicono che erano solo questioni di donne .

Dopo la sveglia delle sei e mezzo gli esercizi , in palestra e all' aperto , cominciano presto . Alle otto sono gia' tutti sulle torri a lanciarsi giu' , con una fune di acciaio . Il colonnello Aldo Pollice , comandante della scuola , non si esprime sull' alternativa leva volontariato : " Parla chi ha l' autorita' per parlare . Comunque posso dire che i nostri , essendo tutti volontari , sono molto motivati " . Pollice non nota particolari differenze fra i diciottenni arruolati oggi e quelli di dieci anni fa . Invece il comandante dei lagunari , Sciaulino , e' drastico : " Nell' 80 per cento dei casi quelli di oggi non sono responsabilizzati . E una generazione cresciuta a Nutella , per fare 200 metri devono prendere l' auto . Diciamolo pure : sono psicologicamente laschi " .

Anche sulle tentazioni di golpismo che correrebbe un esercito di professionisti , Pollice e Sciaulino hanno pareri diversi : il primo esclude ogni pericolo , anche guardando alla storia dell' esercito italiano , il secondo invece e' piu' sospettoso e afferma che " l' occasione rende l' uomo ladro " . Non sembra che fra i lagunari e i para' di carriera circolino frustrazione , insoddisfazione o rabbia per quella che tutti definiscono " l' attuale campagna dei giornali contro i militari " . Pochi di loro leggono Repubblica (tutti invece hanno visto lo speciale Tg1 dedicato alle morti nelle caserme) , e quindi l' articolo di Giorgio Bocca che li ha definiti delle bestie non ha provocato particolari proteste .

Anche la Folgore , comunque , sabato 30 agosto ha perso un ragazzo di leva : una recluta di Padova e' annegata a Viareggio mentre faceva il bagno . Per tutta la notte lo ha cercato con i suoi uomini il tenente colonnello Enrico Persi Paoli , comandante del battaglione Col Moschin : niente da fare . E cosi' il comandante Persi Paoli e' tornato al suo lavoro di ogni giorno . Che e' quello di essere pronto , 24 ore su 24 , a partire immediatamente assieme ai suoi 200 para' , tutti ufficiali e sottufficiali di carriera superspecializzati : la crema della crema dell' esercito italiano . E quando gli domando dei rischi di golpe lui sorride tranquillo , alza la testa e scuote le spalle : questi giornalisti devono proprio vivere in un altro pianeta.

Mauro Suttora

Saturday, August 23, 1986

Il Muro di Berlino compie 25 anni

CITTA' DI FRONTIERA

C' e' chi lo scavalca ogni giorno, chi ci va a morire, chi lo ha trasformato in un gigantesco murale. Chi lo ritiene indispensabile e chi fa finta di non vederlo . Che cosa è cambiato a 25 anni dalla costruzione del monumento piu' brutto del mondo

Europeo, 23 agosto 1986

di Mauro Suttora

Frau Ilse Krebs offre aranciate ai giornalisti stranieri in visita e li fa salire fino al diciannovesimo e ultimo piano del grattacielo Springer. Le troupes televisive le spedisce direttamente sul tetto. E da li' si puo' ammirare il miglior panorama di Berlino .
Ne' Ovest ne' Est : Berlino e basta , come piace dire a tutti quei tedeschi che con civetteria rifiutano ancora la divisione in due della loro ex magnifica capitale. E con ottimi argomenti giuridici , d' altronde : le centinaia di esperti in diritto internazionale che dal 1945 hanno trovato lavoro dissertando in lungo e in largo sulla questione assicurano infatti che a tutt' oggi e' molto piu' corretto dire Berlino, aperta parentesi, Ovest , chiusa parentesi . Perche' qui la guerra non e' ancora finita , e quarant' anni dopo la morte di Adolf Hitler la citta' e' sempre sottomessa alle leggi militari di occupazione . I sovietici amministrano otto quartieri , gli americani sei , gli inglesi quattro e i francesi due .

Che poi le zone degli occidentali formino un tutt' uno (Berlino Ovest , appunto) , questo e' un " de facto " davanti al quale i giuristi si inchinano , ma che non e' mai stato sanzionato da alcun atto ufficiale . Di ufficiale c' e' soltanto che i quattro comandanti militari ex alleati esercitano il potere come successori del non ancora sciolto Terzo Reich , anche se i tre occidentali hanno graziosamente concesso al sindaco di Berlino Ovest di esercitare quasi tutte le competenze . Ma quando una berlinese occidentale viene violentata da uno dei 12 mila militari alleati che ancora stazionano in citta' , si deve rivolgere ai tribunali militari . Con quali risultati , e' immaginabile .

Dalla cima del grattacielo Springer il panorama e' onnicomprensivo : le vetrate offrono una vista " tout azimut " , a 360 gradi . E cosi' la signora Krebs , attempata public relation woman del piu' grosso impero giornalistico europeo , vi puo' distribuire una cartina esplicativa che fornisce un' illusione di unita' . Niente Est e Ovest : ecco , in un continuum , l' aeroporto di Tempelhof , il municipio di Schoeneberg , l' Europa Center , il Tiergarten , la porta di Brandeburgo , il Reichstag ricostruito , la Neue Kirche , l' universita' Humboldt , e poi la Rathaus rossa , e infine le chiese Emmaus e San Giacomo .

Ma , guardando giu' , ecco una lunga striscia bianca : die Mauer , il muro . E lui ormai il monumento piu' famoso di Berlino . E il 13 agosto ha compiuto venticinque . " A volte penso che questo nostro vecchio mondo sia solo il cortile di una grande prigione . Alcuni di noi sono prigionieri , il resto guardie " , grida Bob Dylan in una delle sue canzoni piu' belle e sconosciute , George Jackson . Qui la grande prigione e' Berlino Est . O forse e' Berlino Ovest , cortile di liberta' ficcato in mezzo alla Germania Est ma sterilizzato dai 167 chilometri di muro che la circondano .

In ogni caso , di qua c' e' Berlino Ovest , di la' Berlino Est . Qua la Germania Ovest (anche se giuristi e comunisti storcono il naso , e i deputati eletti a Berlino Ovest non possono votare al Parlamento di Bonn) , la' la Germania Est . Di piu' : qua l' Europa occidentale , la' quella orientale . Qua gli americani , la' i russi . Lungo questo muro , insomma , il mondo si divide a meta' . Suona un po' retorico , ma e' proprio cosi' .

Il grattacielo costruito nel 1966 dall' editore Axel Springer , gran pezzo di reazionario morto l' anno scorso , che ha abituato cinque milioni di tedeschi a comprare ogni mattina il suo Bild Zeitung (ieri il titolo principale era sul nostro Stefano Casiraghi e il suo finto cancro ai testicoli per non fare il militare) , rovina la passeggiata a tutti i " turisti del muro " . Esiste infatti un buon numero di persone che , sfidando con i pantaloncini corti un solleone africano , decide di costeggiare il muro per diversi chilometri , dalla parte occidentale . Ma , arrivati a Kochstrasse , una rete impedisce di continuare : c' e' il terreno di Springer , che ha voluto mettersi proprio contro il muro , in segno di sfida .

Per il resto , la zona occidentale confinante con il muro e' abbastanza simile a quella orientale : case diroccate , terreni abbandonati , cespugli , erbacce , rovine di bunker nazisti . Le statistiche danno una media di novanta metri quadri di verde e laghi a ciascuno dei due milioni di abitanti di Berlino Ovest , contro , per esempio , i quattro di Milano . Ma ci sono vaste zone mai toccate in quarant' anni . Perche' queste aree sono rimaste abbandonate ? Evidentemente , nonostante le cospicue detrazioni fiscali (oltre il 30 per cento sui redditi di impresa) con cui gli occidentali incoraggiano lo stabilirsi di attivita' economiche a Berlino Ovest , per mettersi proprio vicino al muro bisogna avere anche un po' di fede politica .

Invece nelle zone periferiche capita spesso che villette residenziali abbiano il muro come confine : li' la fortuna di abitare in una zona verde si paga con un po' di brivido . Da qualche anno pero' i turisti del muro , in pellegrinaggio anticomunista per toccare con mano il misfatto , godono anche di un cote' artistico : nei suoi chilometri centrali " die Mauer " si e' infatti trasformato in uno sterminato " murale " spontaneo dai colori sgargianti alto quattro metri e dieci . Si va dalle scritte banali tipo " Giacomina , il tuo nome e' sul muro " fino a icastiche asserzioni politiche quali " Lottare per la riunificazione tedesca e' come scopare per la verginita " . Sul muro hanno lavorato anche artisti famosi come Richard Hambleton e Christophe Bouchet . Di fronte alla Martin Gropius Haus si puo' ammirare una recente " Se ami qualcuno , dagli la liberta " , titolo dell' ultima canzone di Sting .

Peccato che non possano vederlo e meditarci su i Vopos (Volkspolizei , polizia del popolo) che in questi 25 anni hanno ammazzato 71 esponenti del loro popolo mentre tentavano di scavalcare quello che a Est viene ufficialmente chiamato " il muro antifascista " . I Vopos sono considerati uno dei corpi di polizia piu' efficienti e severi del mondo . " Ma troppo spesso gli occidentali che passano il confine li considerano solo degli anonimi , li guardano come animali in gabbia , con un misto di paura e di disprezzo , e poi magari li insultano quando sono al sicuro dall' altra parte " , si lamenta Dieter Jintzen , ex Vopo fuggito all' Ovest quando aveva venticinque anni . Salto' da un' altezza di otto metri e rimase per due anni in ospedale con un piede rotto . " Pochi sanno che in realta' il numero degli arrestati e degli uccisi al muro sarebbe dieci volte superiore se i 50 mila Vopos della Germania Est fossero solo degli automi che eseguono ciecamente gli ordini . Molti di loro invece sono soldati di leva . Se ne infischiano delle promozioni e delle licenze che il regime fa piovere su chi e' piu' bravo , cioe' per chi effettua piu ' arresti . Insomma bisognerebbe riuscire a guardare attraverso le uniformi di questi militari " .

Dopo la costruzione del muro sono riusciti a fuggire all' Ovest , circa duemila fra soldati e ufficiali dell' Est . Ma il controllo sui controllori e' micidiale : ai disertori si spara a bruciapelo senza il preavviso concesso ai civili . Al Checkpoint Charlie , principale punto di transito fra le due Berlino (ma a senso unico : i tedeschi dell' Est non possono passare a Ovest) , i militari americani stanno riassettando le aiuole e piantando graziosi fiorellini per l' arrivo di personalita ' come Willy Brandt (sindaco socialista di Berlino Ovest nel 1961) , come il cancelliere democristiano Helmut Kohl e l' ambasciatore degli Stati Uniti a Bonn , Richard Burt . Particolarmente contestata la presenza di quest' ultimo a una manifestazione dei giovani dc : quando mai si e' visto il rappresentante ufficiale di uno Stato estero partecipare alla dimostrazione di un partito ?

Per il resto , pero' , del muro che compie un quarto di secolo ai berlinesi non importa proprio niente . " Abbiamo imparato a viverci assieme , anche se non lo accettiamo " , dice il sindaco dc di Berlino Ovest , Eberhard Diepgen . Il che non significa nulla , perche' se hanno imparato , allora lo accettano . C' e' chi del muro canta addirittura le lodi : " Paradossalmente si puo' affermare che la sua costruzione ha aperto la strada alla distensione , perche' ha stabilizzato la Germania Est " , dichiara all' Europeo Hans Kremendahl , segretario della Spd di Berlino Ovest (calata dal 75 per cento del 1912 al 55 di vent' anni fa e al 32 di oggi) . E la vecchia teoria della distensione a ogni costo , in omaggio alla quale i socialdemocratici tedeschi non hanno fiatato neanche di fronte al golpe del generale Wojciech Jaruzelski in Polonia nel 1981 .

Piu' umana e meno realpolitica l' opinione dei verdi : " Dobbiamo smuovere la situazione , perche' abituarsi al muro e' perverso " , dice Jochen Lorentzen della Lista alternativa (10 per cento dei voti) . Smuovere come ? " Per esempio smilitarizzando la citta' : mi va benissimo la garanzia politica occidentale per l' indipendenza di Berlino Ovest , ma per questo basta una presenza simbolica di soldati . L' attacco americano contro la Libia e' scattato dopo solo due morti qui a Berlino , no ? E allora a cosa servono migliaia di soldati insufficienti , in ogni caso , a difenderci militarmente " . I due morti sono i soldati americani uccisi nell' attentato contro la discoteca La Belle in aprile . Il locale non e' stato riaperto , ma sul muro due turisti hanno scritto : " Sergente Kenneth Ford e Nermin Honey , un ultimo addio da Gary e Monica " .

Ma se c' e' chi accusa gli Stati Uniti di militarismo , c' e' anche chi ne lamenta il lassismo . Il sindaco Diepgen snocciola le sue recriminazioni storiche : " Nel 1961 . . . Nikita Kruscev e John Kennedy si misero d' accordo per spartirsi le zone di influenza . Da parte americana non ci fu nessuna reazione seria contro la costruzione del muro . Nello staff del presidente si discusse per ore , perfino se fosse il caso di avvertire Kennedy . Erich Honecker stesso , l' attuale presidente della Germania Est , ha poi rivelato che a Berlino Est erano sicuri di non rischiare il conflitto " .

Brontolano anche gli estremisti di destra del gruppo " 13 agosto " , che sabato scorso hanno organizzato una catena umana in ricordo delle vittime del muro . Che cosa e' cambiato in un quarto di secolo ? Vicino al Checkpoint Charlie c' e' un museo sulla storia del muro che riesce a narrarne la vicenda con imparzialita' , senza cioe' minimizzarne o esagerarne la gravita' . Espone di tutto , da una minimacchina con la quale sono riusciti a fuggire all' Ovest decine di persone accartocciate nel vano motore , alle foto dei vari cunicoli piu' o meno efficaci che sono stati scavati in questi anni .

Ma l' obiettivo che la Germania Est si prefiggeva costruendo il muro e' stato raggiunto : l' emigrazione all' Ovest , che durante gli anni Cinquanta era di circa 200 mila persone all' anno , e' stata bloccata . E i 25 mila permessi di emigrazione che Berlino Est attualmente rilascia ogni anno sono accuratamente selezionati : partire e' relativamente facile per un giovane dissidente , quasi impossibile per un ingegnere o un tecnico specializzato . Sara' per le lotte interne di potere fra i fautori della linea morbida come Honecker e gli ortodossi come Konrad Naumann di recente espulso dal partito , ma un fatto e' certo : il regime comunista dell' Est non teme di dare un' immagine perfino caricaturale della propria durezza . Che bisogno c' e' , per esempio , di impedire ai turisti occidentali di portarsi dietro giornali , riviste e libri durante le loro visite ? " Nessuno " , dice il socialdemocratico Kremendahl , " per il semplice motivo che tutti i tedeschi dell' Est possono tranquillamente guardare la tv della Germania Ovest , e quindi sono esposti tutti i giorni alla cosiddetta propaganda capitalista " .

Non e' desolante constatare , a undici anni dagli accordi di Helsinki , quanto miseri siano i risultati della distensione nel campo dei diritti umani ? L ' unico effetto concreto di tutte le aperture di Brandt e' stato , per i berlinesi del settore Ovest , il poter far visita ai propri parenti e amici che la sorte ha fatto restare a Est . E per quelli dell' Est , nulla . " Dobbiamo accettare la situazione cosi' com' e ' , e tentare di migliorarla , altre strade non ci sono " , risponde Kremendahl . " Possiamo collaborare con la Germania Est nel campo della politica per l' ambiente , per esempio . Loro circondano Berlino con impianti inquinanti e centrali nucleari , noi invece possiamo aiutarli fornendo tecnologia sofisticata e non inquinante " .

Quello dell' " high tech " e' un pallino anche del sindaco Diepgen , che vorrebbe trasformare Berlino Ovest in una nuova Silicon Valley aperta ai mercati dell' Est . Ma per adesso , rimane il fatto che Berlino Ovest e' ben lontana dall' essere economicamente autosufficiente : piu' della meta' del suo bilancio le viene fornito dal governo federale di Bonn . Negli anni della guerra fredda , quando Berlino Ovest era " il cuneo della liberta' nella carne della dittatura " e la " vetrina dell' Occidente " , nessuno badava a spese . Ma adesso , perche' mai continuare a regalar soldi ai berlinesi ? " Le rispondo di nuovo con un paradosso ? " , dice Kremendahl . " Se Berlino non ci fosse , pur con tutti i suoi problemi , la situazione fra le due Germanie e le due Europe sarebbe di ancora maggiore incomunicabilita' : come fra le due Coree . Bene o male , la presenza delle superpotenze qui , le fa litigare ma le spinge anche al dialogo " .

Adesso pero' c' e' piu' tensione che distensione . L' ultimo esempio ? Il 750 anniversario della fondazione della citta' , che cade il prossimo anno . Grandi preparativi sia all' Ovest che all' Est , ma neanche l' ombra di un ' iniziativa congiunta . " Colpa dell' Est , e' vero " , dice il verde Lorentzen , " ma non c' e' stato il minimo sforzo , da parte nostra , di proporre qualcosa di diverso dal solito bordello consumista tipo Disneyland . Stiamo sprecando i soldi per ridare l' asfalto a strade che sarebbero ottime secondo gli standard italiani . E poi , c' e' il grande progetto con il quale Kohl spera di passare alla storia : vuole costruire un museo della storia tedesca ; la storia come la intende lui , naturalmente . E quale area sceglie ? Proprio davanti al Reichstag , dove adesso i turchi giocano al pallone la domenica . Solo il posto e' gia' una provocazione bella e buona , per l' Est " .

I turchi giocano a pallone davanti al Reichstag , ma abitano nel quartiere di Kreuzberg . Anche qui case abbandonate e desolazione , a poche centinaia di metri dal muro . Una squadra di operai sta facendo degli scavi archeologici proprio sotto il muro : hanno trovato pareti coperte da maioliche . Cosa sono ? " Le camere di tortura della centrale della Gestapo " . Poveri archeologi di Berlino , finiti a recuperare rovine naziste . Proprio loro , che all' inizio del Novecento si erano rubati meta' Pergamo , meta' Mileto e quel poco che resta di Babilonia , trasportando tutto sull' isola dei musei in mezzo al fiume Sprea , nel cuore della citta' .

Adesso il museo di Pergamo e' una delle due mete principali proposte ai turisti dell' Ovest che vanno a Berlino Est con il bus tour di quattro ore . L' altra e' il parco in memoria dei soldati sovietici caduti nella battaglia di Berlino . Chissa' se i binari del tram di Stresemannstrasse , tagliata in due dal muro , sono gli stessi dove sferragliavano le luminose carrozze della stupenda Berlino anni Venti . Adesso sul muro un giovanotto sta dipingendo . Ha un barattolo con un colore solo , marrone . Sei di Berlino ? " Forse si' , forse no " .

In forse e' anche il primato di Berlino Ovest fra i giovani d' Europa : per tutti gli anni Settanta e l' inizio degli Ottanta e' stata la capitale di tutti gli artisti , creativi , musicisti , punk e dark . Ma adesso sta sorgendo il nuovo astro di Madrid , anche se i caffe' di Savignyplatz sono sempre eleganti e affollati , e nelle " kneipe " attorno a Potsdamerstrasse continuano a riunirsi gli alternativi , con i sandali e i capelli lunghi . E gli occupanti di case ? Scomparsi : l' amministrazione democristiana ha risolto il problema con un po' di bastone e un po' di carota . Con alcuni si e' messa d' accordo e ha concesso le case in affitto , contro altri ha fatto intervenire la polizia .

Ma i giovani , cosa pensano del muro ? Negli ultimi mesi ha avuto successo un film intitolato Mueller . E il nome di un giovane di Berlino Est che non ne puo' piu' di fare il tappezziere e che riesce a comprare un passaporto falso per l' Ovest . Si fa cosi ' un giro del mondo , poi ritorna a Berlino Est dalla fidanzata e si porta dietro una fantastica carta da parati comprata a Berlino Ovest . Dice che l' ha inventata lui , e il regime lo riempie di onori . Alla fine , soddisfatta la voglia di vedere com' e' dall' altra parte , decide di rimanere all' Est . E questo un sentimento di scetticismo ironico abbastanza diffuso fra i giovani sia dell' Est , sia dell' Ovest . Tanto che Michael Fischer , giornalista di Tageszeitung , quotidiano della sinistra ecologista , dice ridendo : " Speriamo che il muro resti su : cosi' almeno i burocrati di Est e Ovest non possono coalizzarsi contro di noi ! ".

Mauro Suttora

Tuesday, August 19, 1986

Tango, inserto satirico dell'Unità

Europeo 16 agosto 1986, pag. 12

Comunisti ridanciani. Perche' " l' Unita " deridera' il segretario del PCI

Natta , vuoi ballare con me ?

Era facile prendersela con Craxi e De Mita . Ma come si metteranno le cose quando " Tango " lavera' i panni sporchi in pubblico ? Per ora Sergio Staino e i suoi ragazzacci ci ridono su

di Mauro Suttora e Valter Vecellio

I comunisti hanno imparato a ridere anche di se stessi ? Sembra di si' . Dopo le sferzanti e impietose vignette su Bettino Craxi e Ciriaco De Mita , Giovanni Spadolini e Franco Nicolazzi , Tango , il settimanale di " satira e travolgenti passioni " diretto da Sergio Staino , si accinge a mettere alla berlina anche il Pci .

Staino e la sua allegra banda di umoristi , forti del notevole successo di vendita (Tango , inserto dell' Unita' del lunedi' , ha portato un incremento di circa 50 mila copie) , l' hanno annunciato usando l' artificio di due false lettere , pubblicate nel fascicolo del 4 agosto . La prima lettera recava nientemeno che la firma di Alessandro Natta , il segretario del partito . Il quale , tramite la penna di Staino , si lamenta : " Se e' vero quello che voi satiri spargete ai quattro venti , e che cioe' la vostra matita graffiante si indirizza verso l' alto , perche' non fate la mia caricatura ? " . " Non preoccuparti , sto correndo ai ripari " , replica Staino . " E posso fin d' ora annunciarti che il prossimo numero sara' ampiamente dedicato alla tua figura " .

Come reagira' l' establishment comunista all' esplicita e plateale presa in giro del suo segretario , e proprio sulle pagine dell' Unita ? A Botteghe Oscure come giudicano Tango ?
Chi , da sempre , e' una tifosa di Staino e di " Bobo " , il suo personaggio , e' la presidente della Camera , Nilde Iotti . Quando venne pubblicato Nell' anno del sorpasso , il volume che raccoglie le vignette pubblicate sull' Unita , si e' affrettata , unica tra tutti i dirigenti del Pci , ad inviargli un bigliettino di congratulazioni . E ora che sono state raccolte in volume anche le prime edizioni di Tango , ne ha voluta una copia con autografo di Staino .

Si diverte molto anche l' ex direttore dell' Unita' Emanuele Macaluso , che ha preso parte alla prima festa nazionale di Tango , organizzata a Montecchio dalla sezione " Indiana del Rio " . Proprio con Staino ha allacciato un dialogo surreale sul tema : " Scusi , balla il tango ? " .
Chi invece e' rimasto un attimo perplesso e' stato Massimo D' Alema , membro della segreteria e " giovane dirigente di sicuro avvenire " , recentemente colpito dalle unghiate dei " tanghisti " . Di fronte ad alcuni sfotto' non proprio leggeri non ha saputo frenare una smorfia . Poi , ha riconosciuto : " La satira e' bella , ma quando ti colpisce . . . "

E il popolo comunista ? E indicativo quanto e' accaduto a Montecchio , paesone floridissimo di 8 mila abitanti al confine della provincia di Reggio Emilia con quella di Parma . Mario Bernabei , 35 anni , direttore della biblioteca civica ospitata nel castello trecentesco di Matilde di Canossa , e , soprattutto , segretario degli ottocento comunisti montecchiesi , e' raggiante : " Questa volta abbiamo battuto ogni record . Gli anni scorsi la nostra festa dell' Unita' aveva raccolto circa 400 milioni . Quest' anno siamo gia' a 371 milioni ; ma questa sera , l' ultima , ne entreranno almeno una settantina " .

Intitolare la festa all' inserto satirico di Sergio Staino invece che all' organo di partito e' stata un' idea originale , che ha pagato . All' entrata del parco di proprieta' del Pci dove per nove giorni sono affluite decine di migliaia di emiliani ( " E non solo " , precisa Bernabei , " basta guardare le targhe delle macchine posteggiate al parcheggio : vengono anche da Milano , Venezia , Firenze " ) , due grossi tabelloni contrapposti mostrano le gigantografie dei " santi " del partito (Marx , Lenin , Gramsci , Togliatti , Berlinguer) da una parte e , dall' altra , un po' in cagnesco , quella dei " peggioristi " di Tango : Angese , l' operaio Cipputi di Altan , Elle Kappa e Staino .

E Bobo il nuovo eroe , il militante intellettuale con gli occhiali un po' sfigato nel quale , volenti o nolenti , moltissimi comunisti si identificano. Bobo e' portato all' autoironia , soprattutto quando deve rispondere a imbarazzanti domande di chiarificazione della figlia sulle non sempre intelligibili proposte del Pci . Per dar vita al personaggio , Staino si e' ispirato a un suo amico , un pubblicitario di Reggio Emilia .

Ma esiste anche un' altra versione del prototipo del comunista di base degli anni Ottanta tormentato dal dubbio : e' quella di Paolo Pietrangeli , cantautore politico romano di provata fede Pci , che la scorsa stagione ha impersonato Bobo sugli schermi televisivi di Drive In assieme alla " spalla " Molotov (vedere il riquadro) . Assieme ai collaboratori dell' inserto settimanale (fra gli altri Vincino , Michele Serra , Sergio Saviane , Renato Calligaro , Giuliano) , chiamati anche " tanghisti " o " satiri " , Staino Bobo ha portato una ventata di aria nuova in un partito e in un giornale che erano sempre stati molto austeri e seriosi ( " Non piu' degli altri " , protestano pero' i gioviali emiliani del Pci) .

Chi l' avrebbe mai detto che il vecchio partito comunista , eta' media degli iscritti in costante aumento , avrebbe accettato il bagno vivificatore dei reduci del Male , la rivista satirica che alla fine degli anni Settanta lanciava tremende saette contro il Pci di Berlinguer e dell' allora capogruppo alla Camera Natta , campione della " solidarieta' nazionale " con la Dc ? Eppure e proprio cosi' , e adesso i dirigenti comunisti , anche quelli non entusiasti di Tango , puntano sulla sarira per attrarre i giovani .

A Montecchio sono esposte le riproduzioni delle vignette piu' significative apparse nei 21 numeri finora pubblicati , divise per temi : contro l' energia nucleare , contro i democristiani , contro Craxi , contro i militaristi alla Ronald Reagan . Le vignette contro papa Wojtyla sono le uniche che hanno suscitato qualche protesta fra il pubblico : evidentemente gli emiliani non sono anticlericali quanto i romagnoli .

I detrattori dell' ala ridanciana del Pci correggono i dati secondo i quali grazie a Tango l' Unita del lunedi' ha raddoppiato le vendite , registrando aumenti anche di 50 mila copie : " La realta' e' che , contemporaneamente alla nascita di Tango , e' stata introdotta anche la stampa a Roma , che il lunedi' veniva sospesa . Cosi' adesso il giornale vende di piu' anche perche' al lunedi' e' distribuito pure al Centro Sud " .

Pero' anche gli unici nemici dichiarati di Tango , quelli della sezione di San Rigo di Reggio Emilia che ne hanno chiesto la chiusura durante un dibattito alla festa , ammettono : " Si' , qui a Reggio si vendono 800 copie in piu " . " Ma sono giovani che acquistano il giornale solo per Tango , per divertirsi : l' Unita neanche la leggono . Ne vale la pena ? " .

A difendere Tango ci pensa , inopinatamente , Lanfranco Turci , presidente della Regione Emilia Romagna ed esponente dell' ala destra di Giorgio Napolitano , vittima preferita delle frecciate dei " satiri " : " Il Pci comincia finalmente a fare politica con il sorriso e l' autoironia , superando una concezione sacrale del partito . No , non e' un' operazione di facciata , e' il sintomo di un cambiamento piu' profondo " .

E i " miglioristi " di destra ridono di gusto quando nel mirino delle vignette finiscono " movimentisti " come Massimo D' Alema , soprannominato " Minimo " su Tango . " Anch' io penso che ridere faccia bene " , replica la Fantini , " ma chi fa tanti sforzi per colmare con sottoscrizioni i debiti dell' Unita e va in giro a venderla casa per casa ha anche il diritto di domandarsi se per attirare i giovani bisogna per forza usare le parolacce , o se invece non si possono ampliare le gia' apprezzatissime inchieste sul lavoro e la cultura " .

Il sindaco di Montecchio Jones Boni (Jones era un partigiano inglese dell' ultima guerra) apprezza soprattutto l' ironia di Bobo e le vignette di Vincino . Turci e' perplesso sulla quantita' : " Preferisco la satira diffusa , ce ne vorrebbe un po' ogni giorno . Tutta insieme e' troppa " . Invece Enzo Fosselli , 56 anni , iscritto al Pci dal 1948 , operaio da tre anni in pensione , che e' venuto a godersi la festa di Montecchio dalla vicina Cavriago , non ha problemi : " Tango e' una grande iniziativa , io lo leggo tutto , e leggo anche l' inserto satirico di Repubblica . E mio figlio legge Linus " .

Ci tiene pero' a precisare che Cavriago , Tango o non Tango , batte Montecchio in molte cose : innanzitutto perche' li' il Pci ha 1400 iscritti e il 65 per cento dei voti , contro il 52 per cento a Montecchio . " E poi , la nostra festa ha superato la loro anche quest' anno : abbiamo incassato piu' di mezzo miliardo , e abbiamo fatto venire Renzo Arbore . Ma non ha importanza : siamo tutti compagni " .
Solo che adesso i compagni ridanciani , dopo la sbornia di Montecchio , sono curiosi di vedere quanto spazio verra' concesso a Tango al festival nazionale dell' Unita , alla fine del mese a Milano . Sara' solo un angolino ?

Mauro Suttora
Valter Vecellio