Tuesday, December 22, 2015

Grillini spendaccioni

AVEVANO PROMESSO DI VIVERE CON 2.500 EURO AL MESE. ALCUNI EURODEPUTATI OGGI POSSONO ARRIVARE A 40MILA. NON PUBBLICANO RENDICONTI. A MILANO IL M5S NASCONDE I RISULTATI DELLE PRIMARIE PER IL SINDACO. E A TRIESTE CANDIDANO LA MOGLIE DI UN EURODEPUTATO

di Mauro Suttora
Oggi, 9 dicembre 2015

All’inizio facevano a gara su chi restituiva di più. Due anni e mezzo fa i 163 neoparlamentari grillini (oggi fra espulsi e scappati sono rimasti in 127) rinunciavano con orgoglio a 5-6mila euro mensili, sui 14mila netti che spettano a ogni parlamentare italiano.

Oggi, invece, la media dei tagli di stipendi e rimborsi si è dimezzata a 2-3mila euro al mese. Sono sempre i migliori, intendiamoci: pubblicano sul sito www.rendiconto.it le distinte delle loro spese, e si vantano di versare i milioni di euro così risparmiati in un fondo ministeriale di garanzia per le piccole e medie imprese.

Ora vogliono abitare tutti nel centro di Roma

Ma l’entusiasmo del 2013 è svanito. Ora alcuni di loro riescono a spendere oltre 2mila euro per l’alloggio a Roma. Un tempo politici di alto livello come Togliatti, De Gasperi, Pertini o Nenni si accontentavano di affitti in periferia (Balduina, Garbatella). Oggi anche gli ex francescani 5 stelle, forse in omaggio al loro nome, pretendono di avere un “quartierino” di lusso in centro.

Quando si muovono, disprezzano i mezzi pubblici. Ogni mese spendono anche mille euro in trasporti. Poiché godono di aerei e treni gratis, sono spese per taxi e benzina.

Fino agli anni 80 i portaborse non esistevano. Poi i politici riuscirono a mettersi nello stipendio le spese per i segretari personali. Nanni Moretti denunciò questo simbolo della partitocrazia nel film Il Portaborse di Daniele Luchetti (1991). Niente da fare. Oggi anche gli antipolitici grillini spendono con allegria migliaia di euro in “assistenti”.

Quasi tutti ne hanno assunti due, nonostante la pletora di funzionari di Camera e Senato che forniscono assistenza a ottimi livelli. E malgrado le decine di milioni di euro che anche il Movimento 5 stelle incassa come finanziamento pubblico ai gruppi parlamentari, debordanti di personale.

Un altro modo per aggirare lo sbandierato rifiuto dei soldi statali sono le cosiddette “spese per attività ed eventi sul territorio”. Quasi tutti gli eletti grillini ormai mettono migliaia di euro in questa voce: stampa di “materiale informativo” per comizi e manifestazioni. Luigi Di Maio, per esempio, 1.900 euro solo nel mese di settembre.

Addio movimento dei cittadini, insomma: i 5 stelle si sono trasformati pure loro in un partito con 1.600 eletti e centinaia di burocrati stipendiati. Gli unici a rispettare la vecchia promessa di vivere con 2.500 euro al mese sono i cento consiglieri regionali. Ma anche loro cercano di svicolare, come dimostrano le recenti proteste degli attivisti in Emilia-Romagna.

700 euro di posacenere per un’eurodeputata

I più fortunati sono i 17 eurodeputati. Fra stipendio e rimborsi vari, dispongono di 41mila euro netti mensili: 21 mila solo per i portaborse. È uno dei tanti scandali di Bruxelles. E i grillini si sono adeguati: non tutti usano il totale dei rimborsi, ma si tagliano dallo stipendio solo mille euro mensili. L’unica virtuosa è la lombarda Eleonora Evi: rinuncia a 3.000 euro.

Contrariamente agli eletti nazionali, solo cinque rendicontano parzialmente le spese. Forse è meglio che non lo facciano, visto che una dichiara di aver comprato “posacenere tascabili ecologici” per 700 euro.

Cinque non hanno neppure una pagina web, in barba alla promessa di essere un movimento on line. Due hanno assunto sette portaborse ciascuno. Di questi, quattro sono “assistenti territoriali”: non stanno a Bruxelles, ma in Italia per curare il loro collegio elettorale.

Gli iscritti protestano. I sondaggi elettorali sono ottimi, «ma il Movimento 5 stelle sta diventando un Collocamento 5 stelle», denunciano su Facebook. Manca ancora mezzo anno alle comunali di giugno, ma i grillini già litigano.

A Torino è stato fatto fuori uno dei due consiglieri comunali uscenti, il pioniere Vittorio Bertola: considerato troppo vicino al dissidente Federico Pizzarotti, sindaco di Parma.

A Trieste un eurodeputato vorrebbe candidare sindaco sua moglie. A Bologna niente primarie: un fedelissimo di Gianroberto Casaleggio, Massimo Bugani, dopo avere eliminato due consiglieri regionali e una collega eletta al Comune (Federica Salsi, espulsa perché osò andare in tv, mentre ora ci vanno tutti) si è fatto proclamare candidato sindaco con lista bloccata.

Vette surreali a Milano. Alle primarie hanno votato solo 300 iscritti (su un totale sconosciuto, perché la società commerciale privata Casaleggio srl non divulga gli elenchi neanche ai parlamentari), e ha vinto Patrizia Bedori con 74 preferenze. Ma i risultati sono stati secretati «per evitare strumentalizzazioni». Dalla democrazia diretta a quella senza risultati.
Il (presunto) secondo classificato, pare a un solo voto dalla Bedori, si è disiscritto dal M5s. Un altro degli otto candidati chiede di annullare il voto.

A Livorno il sindaco Filippo Nogarin ha la città invasa dalla spazzatura. «L’azienda della nettezza urbana era in deficit», si giustifica. Anche Pizzarotti ha trovato Parma in rosso. Però lui sta sistemando i conti senza rivolte popolari.

La città più importante dove si voterà il 12 giugno è Roma. Qui i grillini sono in alto mare, anche se i sondaggi li danno in testa come partito (come singoli vincerebbero Giorgia Meloni o Alfio Marchini).
Alessandro Di Battista è popolare, ma non lo candidano per un’astrusa regola grillina che obbliga gli eletti a finire il proprio mandato. Se fosse applicata a tutti, non sarebbero stati eletti né Matteo Renzi né Sergio Mattarella. Ma Beppe Grillo ama divertirci.
Mauro Suttora

Di Battista risparmia, ma gli altri...

Wednesday, December 16, 2015

I babbi imbarazzano Boschi, Renzi e Lotti

Scandalo banche fallite: i tormenti della giovane ministra

ORA SONO I PADRI A IMBARAZZARE I FIGLI

Maria Elena Boschi attaccata per i maneggi del suo babbo, ai vertici dell’Etruria fallita. Ma anche Renzi senior, invece di godersi la pensione, inguaia il premier

di Mauro Suttora

Oggi, 16 dicembre 2015

Svantaggi della gioventù. Finora erano i figli a inguaiare i politici: Piccioni, Leone, Donat-Cattin, Bossi, Lupi. Ma quando i politici sono giovani, sono i padri che possono diventare imbarazzanti.

Maria Etruria Boschi: così ormai è soprannominata dai maligni la ministra più bella e potente nella storia d’Italia. Perché suo padre è stato per quattro anni consigliere d’amministrazione della banca Etruria, appena fallita con tre miliardi di buco. Ma soprattutto perché il «babbo” - come lo chiama lei, con affetto toscano - nell’ultimo anno era stato nominato vicepresidente.

Non che l’avesse raccomandato lei. Anzi. Quello era un posto che scottava. Nel 2014 la storica banca di Arezzo aveva già centinaia di milioni in crediti “incagliati”, di debitori che non potevano più pagare. Era sull’orlo del disastro, come il contiguo Monte dei Paschi di Siena.

Gli ispettori della Banca d’Italia, allarmati, avevano effettuato due ispezioni, sfociate in una maximulta di due milioni e mezzo di euro a 18 amministratori e sindaci di Banca Etruria per «violazioni di disposizioni sulla governance, carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nella gestione nel controllo del credito, omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza».
In particolare, Pier Luigi Boschi è stato condannato a pagare ben 144mila euro.

Nominato dopo di lei

Nel maggio 2014 il presidente multato è mandato via, sostituito da Lorenzo Rosi. Al quale viene un’idea: promuovere vicepresidente Boschi, la cui figlia poche settimane prima era diventata ministro delle Riforme nel governo Renzi. Un altro figlio lavorava da sette anni in banca Etruria (oggi si è dimesso), occupandosi proprio dei crediti “incagliati”.
 
Sembrava una buona idea: nell’Italia delle conoscenze, vantare una figlia ministro poteva contribuire alla salvezza della banca. Un qualche aiutino da Roma per l’istituto agonizzante, un po’ di benevolenza da Bankitalia e Consob.

Invece, niente. Le emissioni di obbligazioni (quelle oggi carta straccia) non riescono a raddrizzare il buco finanziario. Un anno fa Etruria è una delle dieci banche popolari italiane beneficiate dal decreto governativo che le trasforma in spa. Il valore delle sue azioni sale del 65% in pochi giorni. Ma nel febbraio di quest’anno la banca viene commissariata, e tre settimane fa arriva la liquidazione.

La promozione di babbo Boschi, imprenditore agricolo, dirigente di Confcooperative, democristiano da sempre e poi popolare-Margherita-Pd come Renzi, fu solo una captatio benevolentiae a fin di bene? Probabile. Ci fu un conflitto d’interessi per il decreto che fece aumentare le azioni? La famiglia Boschi ne possedeva, ma il valore era già crollato dai 17 euro l’una del 2007 a un euro. Quanto a movimenti sospetti o favoritismi per fidi concessi ad amici, i magistrati indagano.

L’imbarazzo, però, non è solo di Maria Elena. Anche il padre del premier Matteo Renzi riesce a metterci del suo. Dopo aver danneggiato la reputazione del figlio finendo indagato per la bancarotta della sua ditta (nonostante un mutuo da 697mila euro concesso da un terzo “papà debordante”, quello del sottosegretario Luca Lotti, anch’egli dirigente di un’altra banca locale toscana), ora si scopre che negli ultimi mesi l’iperattivo signor Tiziano si è messo in affari proprio con l’ex presidente di Etruria, il Rosi. E che scorrazza per tutta Italia, da Sanremo a Fasano in Puglia, per propagandarne i progetti di outlet.

Ma tutti questi ultrasessantenni ancora così vogliosi di far soldi non potrebbero pensionarsi, lasciando in pace i loro giovani virgulti premier, ministra e sottosegretario?
Mauro Suttora

Wednesday, December 09, 2015

Intervista a Forattini

Nuovo libro-antologia del padre della satira contemporanea. Che continua a sparare a zero. Renzi? «Un fenomeno passeggero» Grillo? «Meglio resti in teatro» La Boschi? «Non so disegnare donne belle». E così via, sbeffeggiando

di Mauro Suttora

Oggi, 2 dicembre 2015

È il suo 58esimo libro. Dopo cinque milioni di copie vendute, il Forattone (Mondadori) è anche un po’ antologia «perché le mie prime raccolte non si trovano più». In più, asta per il Fai delle sue vignette.

Giorgio Forattini, 84 anni, è il padre della satira italiana. Prima di lui, in Francia, Plantu e Wolinski: «I miei modelli. Poco testo, disegni muti».

Cominciò tardi.
«A 40 anni. Prima ero rappresentante di commercio. Sempre in giro per l’Italia in auto. I cortei del ’68 mi infastidivano: bloccavano il traffico».

Però cominciò in un giornale comunistissimo.
“Sì, Paese Sera. Facevo il grafico. Poi Panorama, divenni famoso per il Fanfani tappo di spumante eiettato col referendum del divorzio».

Fondatore di Repubblica esattamente 40 anni fa: gennaio 1976.
«Mi chiamò Melega, ex di Panorama. Sto nella foto della prima copia in tipografia, col direttore Scalfari».

Lo legge?
«No. Scrive ancora Scalfari? Pare che ora parli solo col papa e con Dio». 
 
E D’Alema?
«C’è ancora D’Alema? Fu per causa sua che me ne andai da Repubblica».

Cosa successe?
«Lui querelò me, ma non il giornale. Caso unico. Il direttore Ezio Mauro non mi difese. Così andai alla Stampa: Agnelli mi offriva la prima pagina».

Anche i giornalisti furono freddi.
«Ordine, sindacato: tutti zitti».

Il fax le cambiò la vita.
«Non dovevo più andare in redazione ogni giorno. Disegnavo da casa, da Roma, Milano, Parigi. Ero libero».

Si fa per dire.
«No, veramente. Quasi mai censurato. Al massimo Scalfari mi telefonava: “Ce ne mandi un’altra?”»

Ora mette le sue vignette sul web.
«Sì, nel mio sito. Gratis. Mi viene un’idea al giorno, disegno e pubblico. Quella sulla strage di Parigi l’ha fatta vedere Porro su Virus, a Rai2».

Che pensa di Renzi?
«Lo ritraggo col naso di Pinocchio».

Bugiardo?
«Non lo condidero importante. È un fenomeno passeggero».

La Boschi?
«Non riesco a disegnarla. Le belle donne non sono caricaturabili».

La Bindi?
«C’è ancora la Bindi? E la Jotti? Con loro sì che mi divertivo».

Grillo?
«Che torni al teatro. Sarebbe un ottimo personaggio della tragedia greca».

Lei, come Pansa, è passato dalla sinistra alla destra. Perché?
«A destra hanno più senso dell’humour. E a sinistra, troppi radical chic».

Ora vanno in barca, fanno vino.
«Avevo previsto questa involuzione. Misi Berlinguer in vestaglia: scandalo, qualcuno voleva linciarmi».

La accusano di essersi inacidito.
«Chi? Per strada mi salutano tutti con simpatia».

Quelli di sinistra.
«Solo loro mi considerano un nemico. A destra al massimo si lamentano».

Chi preferisce, fra i colleghi?
«Altan, Vincino. Crozza. Giannelli: lo mandai io al Corriere della Sera».

Che personaggi ha risparmiato?
«Ho preso in giro papi su singoli episodi. Ma Dio per me è un vecchio bonario. Non sono mai stato blasfemo».

Il politico più tollerante con lei?
«Spadolini. Mi chiedeva sempre i miei disegni più perfidi su di lui».

Il più irascibile?
«Craxi. Ma era un vero politico».

Perché, oggi non sono veri?
«Non ci sono più i partiti. La partitocrazia ha perso».

Quindi lei ha vinto.
«Eh. Magari».
Mauro Suttora

Thursday, November 26, 2015

reportage dall'Oman

QUI L'ISLAM È MODERATO E OSPITALE

dal nostro inviato Mauro Suttora

Oggi, 18 novembre 2015





Quando si atterra all’aeroporto di Mascate (Muscat nella lingua locale) la sorpresa
è grande. La città, infatti, si snoda per più di cinquanta chilometri sulla costa dell’oceano Indiano, ai piedi di una catena di montagne rosse attraversate da spettacolari canyon.

Sembra di stare a Los Angeles, con distanze immense e taxi che scivolano per interminabili spostamenti su autostrade a dieci corsie. Estrema pulizia, multe a chi non lava la propria auto. Diversamente a Dubai e Abu Dhabi, non c’è un grattacielo. E l’anima araba è rispettata con architetture bianche e palmeti.
Ad aggiungere un tocco di squisitezza, i resti dei forti portoghesi, ex potenza coloniale prima degli inglesi.

UN SULTANO ILLUMINATO GOVERNA DA 45 ANNI
Il sultano dell’Oman, Qabus, ha computo 75 anni il 18 novembre (festa nazionale). È uno dei governanti più longevi del mondo. Prese il potere nel 1970, quando l’Oman era ancora un protettorato britannico e c’era la schiavitù. In questi 45 anni è stato il Paese con lo sviluppo più rapido del mondo: dal medioevo a una modernità autoritaria ma tollerante. L’Oman non è una democrazia, però il sovrano è illuminato e amato.

TEATRO DELL’OPERA CON MUSICA OCCIDENTALE
Qabus è appassionato di musica classica, e ha fatto costruire il teatro dell’opera più grandioso del Medio Oriente. Soltanto al Cairo ce n’è un altro, in tutti i Paesi arabi e musulmani.
In teoria la musica occidentale non è ammessa dai religiosi con la mentalità più stretta. Ma il sultano ha fatto in fretta a convincere il Gran Mufti di Mascate, suo quasi coetaneo, a chiudere un occhio. Gli ha infatti finanziato un’altra meraviglia con marmi bianchi
da centinaia di milioni di euro: la Gran Moschea aperta nel 2001.

A guidare il Teatro dell’Opera c’è un italiano: Umberto Fanni, 53 anni, ex direttore dell’Arena di Verona e dei teatri di Trieste, Cagliari e Brescia. Nell’ultima stagione ha fatto venire in Oman Riccardo Muti con la sua orchestra giovanile Cherubini di Ravenna e Piacenza.

All’università, un’altra sorpresa: la professoressa milanese quarantenne Rosanna Dambrosio insegna musica ai giovani omaniti. Entriamo nella sua classe: i quattro maschi sono rigorosamente separati dalle femmine ventenni, tutte con il velo nero.

Il padiglione dell’Oman all’Expo di Milano è stato uno di quelli col maggiore successo. E i legami con l’Italia si sono rafforzati con la visita a Mascate la scorsa settimana del presidente Sergio Mattarella. Il quale ha visitato la nostra nave antipirati che in pochi anni ha ripulito - assieme a quelle di altri Paesi – le coste dell’oceano Indiano dai pericolosi abbordaggi. Il sacrificio dei due nostri marò non è stato inutile.
Gli scambi Oman-Italia sono in gran fermento. Importiamo gas e petrolio, esportiamo musica ma anche ben più lucrosi contratti per le nostre aziende.

AMBASCIATRICE DONNA IN UN PAESE ISLAMICO
Il Made in Italy è ben rappresentato dalla giovane ambasciatrice italiana a Mascate, Paola Amadei. L’appalto più appetito è quello per la ferrovia che collegherà la capitale con Dubai al nord e con la seconda città dell’Oman, Salalah, al sud, verso lo Yemen. 

A completare l’eccellenza degli italiani che lavorano a Mascate c’è l’economista Fabio Scacciavillani (che scrive sul quotidiano Il Fatto).
L’Oman è un’oasi di tranquillità e civiltà in una regione devastata daI fanatismi. Soltanto il Marocco è uno stato arabo tanto tranquillo e sicuro. Ma è all’estremo opposto del mondo musulmano, verso Ovest.
Mauro Suttora




Tuesday, November 24, 2015

Viaggiare sicuri

METE TRANQUILLE PER LE VACANZE INVERNALI

di Mauro Suttora

Oggi, 18 novembre 2015

Dicembre, andiamo, è tempo di viaggiare. Ora i turisti lascian l’Italia e vanno verso il mare. Ma dove prenotare per le vacanze di Natale e Capodanno? Con l’aiuto del sito www.viaggiaresicuri.it del ministero degli Esteri e del Global Peace Index, ecco una guida ragionata alle zone «calde» del mondo. Per evitare quelle ad alta temperatura politica, e godere invece del sole tropicale o equatoriale.
Tenendo presente che la situazione può evolvere di giorno in giorno, e che anche nei Paesi più pacifici ci sono alcune zone off-limits.

Egitto giù, Tunisia su

Purtroppo, dopo l’attacco dell’Isis al jet russo sul Sinai, Sharm-el-Sheikh ma anche le crociere sul Nilo e le piramidi del Cairo non sono consigliabili. Diciamo purtroppo, perché l’Egitto invece ha bisogno degli introiti turistici proprio per evitare che i giovani, impoveriti, siano attratti dal fondamentalismo islamista.

Stesso discorso per la Tunisia: il governo è riuscito a ripristinare un clima di fiducia dopo gli attacchi della scorsa estate, e i turisti occidentali stanno tornando.
Ma gli unici Paesi arabi dove il rischio politico è inesistente sono Oman ed Emirati (Dubai, Abu Dhabi) ad est, e Marocco all’estremo opposto, sull’oceano Atlantico.

Ovviamente da escludere le zone di guerra: Iraq, Siria, Libia, Yemen. Per Israele e Giordania (Petra) c’è il solito discorso: da un giorno all’altro potrebbero rinfocolarsi guerriglie decennali, con attacchi improvvisi per strada. C’è comunque da dire che mai turisti sono stati coinvolti nelle varie intifade o rivolte palestinesi.

In Turchia si sperava che dopo le recenti elezioni il presidente Recep Erdogan riportasse un po’ di stabilità. Invece il governo continua a usare il pugno duro contro i curdi, i quali a loro volta rispondono con attentati anche a Istanbul e Ankara.

Tutto sommato, l’Iran offre una situazione più rassicurante. La recente apertura politica è accompagnata da un boom turistico: a Teheran, Isfahan e Persepoli gli hotel registrano da un anno il tutto esaurito, con centinaia di bus colmi di turisti occidentali.

Certo, gli ayatollah continuano a imporre la censura (nessun collegamento internet è possibile con i siti dei giornali esteri), e i guardiani della rivoluzione sono fastidiosi nell’imporre il velo alle turiste donna col capo scoperto. Ma la maggioranza della popolazione è amichevole, lontana da certi fanatismi.

Pace in tutte le isole

Nessun problema per le classiche (e costose, ora che l’euro è debole) mete di mare invernali: Mauritius, Seychelles, Zanzibar, Maldive. Queste ultime hanno impensierito nelle ultime settimane per alcuni disordini politici nella capitale Male, che però è lontana dall’unico aeroporto internazionale e dagli itinerari turistici.

Anche l’arcipelago di Capo Verde, sull’Atlantico, è una meta sicura (e più economica), così come i Caraibi e tutta l’America Latina. Uniche eccezioni: il Messico per la criminalità comune, il Venezuela per possibili dimostrazioni politiche, e il Brasile in alcuni quartieri di alcune grandi città in alcune ore.

In Asia da escludere il Pakistan per il persistente rischio islamista, mentre la recente uccisione di un italiano nel Bangla Desh sembra sia stato un episodio isolato.

Asia ok tranne Pakistan

Negli anni scorsi non sono mancati attentati terroristici in India (Bombay) e Indonesia (Bali), ma statisticamente adesso il rischio è quasi zero.

Non abbiamo colorato di verde la Birmania soltanto perché, dopo la stupenda vittoria della premio Nobel della Pace Aung San Suu Kyi, non sappiamo ancora se e come reagiranno i generali dell’esercito. Ma si spera che la situazione rimanga tranquilla, come nella vicina Thailandia dopo l’attacco all’albergo di Bangkok. Le località turistiche (Phuket), comunque, sono sorvegliatissime.

Dalla nostra mappa mondiale abbiamo ovviamente tralasciato Paesi bellissimi ma non mete abituali di vacanze invernali: dal Canada all’Australia, dalla Russia alla Cina, dal Giappone al Sudafrica.

Mauro Suttora

Wednesday, November 18, 2015

Chi è Giuseppe Sala

RITRATTO INDISCRETO DEL CANDIDATO SINDACO DI MILANO

di Mauro Suttora

Milano, 11 novembre 2015

La sua canzone preferita è Riders on the Storm dei Doors: cavalieri nella tempesta. E alle tempeste Giuseppe Sala, figlio di un mobiliere di Varedo (Monza), un metro e 80 per 73 chili, è abituato. Quelle passate (commissario Expo), e quelle future: si candida sindaco per il Pd, ma dovrà passare sotto le forche caudine delle primarie il 7 febbraio. 

E qualcuno a sinistra storce il naso di fronte al suo pedigree politico. Fu infatti la sindaca berlusconiana Letizia Moratti, cinque anni fa, a nominarlo direttore generale del Comune di Milano, e poi capo di Expo.

Guarito da un tumore, sposato tre volte
  
Sala, sposato tre volte, niente figli, guarito da un linfoma non Hodgkin (il tumore che si prese suo padre), dopo la Bocconi ha fatto tutta la sua carriera alla Pirelli, dove diventa amministratore delegato a soli 39 anni. A Telecom è primo assistente di Marco Tronchetti Provera. Dopo 23 anni la sua buonuscita è stata di cinque milioni.

All’Expo il nuovo sindaco di sinistra Giuliano Pisapia lo conferma nel 2011. Non viene toccato dalle tangenti che mandano in galera il suo vice e il general manager.

Villa di fronte a Portofino a Zoagli (Genova), a Milano vive in una casa di 180 metri quadri in affitto in zona Brera con la terza moglie Dorothy De Rubeis: 46 anni, laurea in legge a Bari, avvocato, consulente finanziaria di  importanti società, ma anche con interessi artistici.

La coppia, infatti, è stata avvistata all’ultima prima della Scala e poi all’inaugurazione del museo Prada.  E la signora De Rubeis in giugno è diventata una dei direttori della galleria d’arte Wunderkammern.