Friday, September 22, 1989

Rimandati in Comunità

Europeo, 22/09/1989

Mercato unico. a che punto e l' attuazione delle norme

I migliori : Gran Bretagna e Danimarca . i peggiori : Spagna e Portogallo . e l' Italia ? in ritardo . ma pronta per la corsa finale , tutta in salita

di Mauro Suttora

Mancano 1 . 200 giorni . Fra tre anni , tre mesi e tre settimane , il primo gennaio 1993 , nascera' il mercato unico europeo . " Niente piu' frontiere fisiche , tecniche e fiscali fra i paesi membri della Cee " , aveva promesso il libro bianco della Commissione (il governo comunitario di Bruxelles) approvato nello storico vertice di Milano del giugno ' 85 , quello in cui Bettino Craxi riusci' a piegare le resistenze antieuropeiste di Margaret Thatcher . A quattro anni di distanza , giunta oltre la meta' del cammino pignolamente programmato nell' 85 (il libro bianco si addentrava in minutaglie , fino a stabilire per esempio che la misura sulla filiazione dei bovini sarebbe stata adottata nell' 86 , che entro l' 88 sarebbero scomparsi i controlli di polizia alle frontiere interne , che nel ' 90 i visti per l' estero sarebbero stati unificati e che nel ' 91 sarebbe stata la volta delle leggi sull' estradizione) , la Commissione presieduta dal francese Jacques Delors (socialista) ha tracciato un bilancio del cammino realmente percorso . E il bilancio non e' positivo .

Le direttive da adottare per arrivare al mercato unico sono 279 . Finora , pero' , i ministri dei Dodici hanno trovato un accordo solo su 68 di queste . E sono appena sette le direttive effettivamente diventate leggi in tutti e dodici i paesi membri . Lunedi' 18 settembre si riunira' a Bruxelles il Consiglio dei ministri incaricati di realizzare l' unificazione dei mercati . Ma il commissario della Comunita' per il mercato unico , il tedesco Martin Bangemann (liberale) , ha gia' stilato una pagella dei buoni e dei cattivi .

I pessimi sono Spagna e Portogallo , di gran lunga gli ultimi per il grado di applicazione delle leggi comunitarie nel proprio ordinamento interno . Ma per i due paesi iberici vale un' evidentissima circostanza attenuante : sono stati gli ultimi a entrare nella Cee , nell' 86 , ed e' quindi naturale che debba passare del tempo prima di una definitiva integrazione . Delors e Bangemann , pero' , tirano le orecchie anche ad altri quattro paesi " che hanno fatto registrare ritardi meno importanti ma altrettanto preoccupanti " : Grecia , Belgio , Irlanda e Italia .

Nel gruppo dei " buoni " , stranamente , con un alto numero di direttive adottate , si ritrovano invece i due paesi meno europeisti : Gran Bretagna e Danimarca . Quest' ultima , in particolare , ha gia' adottato un buon numero di direttive . La Danimarca e' pero' proprio in questi giorni nel mirino di Bruxelles per la scandalosa vicenda del ponte tunnel di 13 chilometri che colleghera' Copenaghen alla terraferma : il 22 settembre comincera' alla Corte europea di giustizia il processo intentato dalla commissione Cee contro il governo danese . Il gigantesco ponte tunnel , che costera' ben 3 . 400 miliardi di lire , e' stato infatti affidato a un consorzio che ha vinto la gara d' appalto impegnandosi esplicitamente a " usare manodopera e materiali danesi " . Una clausola protezionistica che fa a pugni col mercato libero del ' 93 , e quindi subito impugnata con successo da un consorzio avversario che fa capo al francese Bouygues .

Anche la Germania Ovest viene criticata da Bruxelles perche' e' indietro nelle misure sull' " Europa dei cittadini " , cioe' quelle sulla libera circolazione delle persone (la polizia tedesca e' molto occhiuta nei controlli ai confini) e sul riconoscimento dei titoli di studio comunitari (i tedeschi sono convinti che le lauree dei paesi mediterranei vengano piu' o meno regalate a degli ignorantoni ) . L' Olanda invece e' indietro nell' armonizzazione del proprio sistema fiscale . La Francia , al contrario , proprio la settimana scorsa ha completato una misura che favorira' la Renault rispetto ai costruttori di auto esteri : ha abbassato l' Iva sulle automobili e su tutti gli altri prodotti tassati al massimo (profumi , pellicce , attrezzature fotografiche , hi fi) dal 33 al 25 per cento . Il governo francese ci perdera' qualcosa come 600 miliardi di lire all ' anno , ma si avvicinera' cosi' alla media europea , in vista dell ' unificazione finale dell' Iva . Comunque , anche la Francia e' nell' elenco dei buoni .

Invece l' Italia e' decisamente " cattiva " , nonostante tutto il nostro entusiasmo europeista . " Si' , e' vero " , ammette Pierluigi Romita , ex Psdi , adesso Psi , neoministro delle Politiche comunitarie , " abbiamo un arretrato di circa 200 direttive europee da recepire , e siamo inadempienti su 130 di queste , per le quali sono gia' scaduti i termini " . Questo ritardo ha provocato fra l' altro un aumento , durante il 1988 , delle " infrazioni " sanzionate dalla Commissione europea a carico dell' Italia : su un totale di 307 nella Cee , il nostro paese ha ricevuto ben 107 " avvertimenti " , ovvero il doppio di qualsiasi altro Stato membro .

Anche qui , paradossalmente , i due paesi meno entusiasti verso l' Europa unita , Danimarca e Gran Bretagna , possono vantare il minor numero di infrazioni . Il ministro Romita promette pero' un cambio di marcia nei prossimi mesi : " Finora c' e' stata una mancanza di procedure e di competenze precise per il recepimento delle direttive Cee , e la nota lentezza del nostro Parlamento nel modificare le leggi interne . Ma finalmente e' entrata in vigore la cosiddetta ' ' legge comunitaria' ' varata da Antonio La Pergola , il mio predecessore : nella prossima primavera avremo cosi' un' apposita ' ' sessione comunitaria' ' , subito dopo quella di bilancio , durante la quale il Parlamento si concentrera' esclusivamente sull' approvazione delle direttive , e sulla loro trasformazione in leggi dello Stato " .

Il presidente del Consiglio Giulio Andreotti si e' impegnato espressamente , nel suo discorso di insediamento , a dedicare almeno un Consigio dei ministri al mese esclusivamente alle questioni europee . " Spero che il primo avvenga entro settembre " , dice Romita . Ma , senza aspettare primavera , 60 direttive potrebbero essere adottate gia' nelle prossime settimane se venissero approvate tre leggi di delega al governo giacenti in Parlamento , e due ferme in Consiglio dei ministri : " La Camera non impegnata nell' esame della finanziaria e del bilancio in autunno potrebbe facilmente smaltirle " , auspica Romita .

Per la verita' , sono gli stessi auspici che formulava anche La Pergola un anno e mezzo fa , quando c' era un arretrato di 250 direttive . Dopodiche' , un centinaio sono state recepite . Ma poiche' il ritmo di emanazione di direttive da parte comunitaria e' aumentato in vista del ' 93 , il divario non e' stato colmato . " Un' altra novita' adesso " , promette Romita , " sono i maggiori poteri dati al ministro delle Politiche comunitarie , che coordinera' tutte le materie attinenti alle direttive Cee . E ci vorra' anche una nostra maggiore presenza a Bruxelles nella fase di definizione delle direttive , che spesso non rispecchiano gli interessi del nostro paese " .

Un argomento scottante sara' , nei prossimi mesi , quello della regolamentazione dell' accesso in Italia per gli immigrati africani . Oggi il nostro paese e' sotto accusa a Bruxelles perche' le nostre frontiere sono un colabrodo . E finche' l' Italia rappresentera' il " ventre molle " dell' Europa , difficilmente paesi molto piu' severi in fatto di immigrazione come Gran Bretagna e Germania Ovest saranno propensi ad aprire del tutto le loro frontiere comunitarie .

Insomma , e' probabile che un' Europa piu' aperta al proprio interno diventi piu' chiusa verso l' esterno . " Ma al di la' del recepimento delle direttive " , avverte il ministro Romita , " il vero distacco economico da colmare per far entrare l' Italia in Europa e' il risanamento della nostra finanza pubblica . Con i nostri deficit di bilancio sara' molto difficile arrivare preparati alla libera circolazione dei capitali " .

Mauro Suttora

Un suicidio sospetto

Europeo, 22/09/1989

dall' inchiesta: " il malaffare "

Storia di un suicidio dimenticato. Giuseppe Schiavo

di Mauro Suttora

Faceva molto caldo a Bagdad nel luglio ' 88 : quaranta gradi all' ombra . Solo di notte e all' alba un po' di fresco . Ma la citta' era in festa : era scoppiata la pace con l' Iran , dopo otto anni di guerra e un milione di morti . Facce tristi fra i businessmen occidentali trincerati nell' aria condizionata dell' hotel Rashid : i " buoni affari " dell' export bellico erano terminati , adesso anche loro dovevano riciclarsi e rassegnarsi alle meno remunerative commesse civili . Che comunque anche oggi sempre " civili " non sono : le attrezzature che l' Irak importa dall' Occidente (Italia compresa) per costruirsi bombe chimiche e atomiche vengono spacciate come " materiale per l' agricoltura e l' edilizia " , o come " componenti elettroniche " .

Cosi' , per esempio , nell' 83 la tedesca Messerschmitt , la francese Sagem e l' italiana Snia Bpd hanno aiutato il dittatore Saddam Hussein a realizzare il Condor 1 , razzo con 150 chilometri di gittata spacciato per un improbabile " missile meteorologico " (come se un paese in guerra si dilettasse con le previsioni del tempo) . Adesso invece e' la volta del Condor 2 , con portata sestuplicata , al quale hanno collaborato ex dipendenti della Snia . I profughi curdi hanno piu' volte accusato l' Italia (in particolare le aziende Sae , Gie Ansaldo e Montedison ) di aver contribuito all' edificazione di " fabbriche di fertilizzanti " dove in realta' vengono prodotti i gas per lo sterminio dei civili curdi .

E proprio dell' orrenda strage di Halabja , commessa dai soldati di Saddam Hussein nel marzo ' 88 contro un villaggio curdo , si parlo' in quei giorni a Bagdad durante una cena a cui parteciparono , fra gli altri , gli inviati speciali dei maggiori giornali italiani e l' addetto militare della nostra ambasciata in Irak , colonnello Giuseppe Schiavo . Il quale , oltre ad accusare i giornalisti italiani di essere filo iraniani , imbarazzo' i presenti sostenendo un' ardita tesi : " I civili curdi di Halabja sono morti perche' non dovevano trovarsi li' . Gli iraniani li hanno fatti tornare apposta nel villaggio , che era gia ' stato ' ' bonificato' ' dagli irakeni qualche mese prima " .

A questo punto la conversazione si ghiaccio' , perche' non e' educato litigare quando si e' ospiti . Che strani addetti militari l' Italia manda in giro per il mondo , pensammo . E ripensammo al colonnello Schiavo quando due mesi dopo , nel settembre ' 88 , gli irakeni " bonificarono " di nuovo con i gas chimici il Kurdistan , facendo fuggire centomila profughi in Turchia .

Il colonnello Schiavo , intanto , era tornato in Italia . Nelle scorse settimane e' stato interrogato per un' inchiesta , con tutta probabilita' sul traffico d' armi . Mercoledi' 6 settembre si e' suicidato con un colpo di pistola in testa nella sua casa di Torino . Perche' a soli 50 anni gli si era abbassata la vista , sostengono i familiari , e nessuno ha messo in dubbio le loro dichiarazioni . Ma e' credibile che l' impossibilita' di pilotare un aereo abbia spinto Schiavo al suicidio ?

Mauro Suttora

Friday, September 15, 1989

Lodovico Ligato, una carriera democristiana

Europeo, 15/09/1989

DC , soldi e famiglia

Gli inizi come cronista " dimezzato " e il passaggio al parlamentino regionale . Il grande salto verso la capitale , il successo , le incriminazioni , l' abbandono . Ecco la storia dell' ex presidente delle Ferrovie assassinato : ascesa e caduta di un politico degli anni Ottanta

di Mauro Suttora
Calati iuncu , ca la fiumara passa " . Proverbio calabro : giunco , stattene giu' finche' passano i guai . Aspetta . Lodovico Ligato non ha saputo aspettare . L' ex presidente delle Ferrovie assassinato a Reggio Calabria la notte del 26 agosto era troppo abituato a essere un " numero uno " per potere aspettare . E poi , aspettava gia' da un anno : da quel tristissimo 4 settembre del 1988 , quando i suoi guai erano cominciati e aveva dovuto lasciare la guida dell' " industria " piu' importante d' Italia ( " Piu' della Fiat " , diceva orgoglioso) .

Non sta bene parlar male dei morti . Ma la storia di " Vico " Ligato , nel bene e nel male , e' una storia esemplare . E la vicenda di una persona che ha fatto politica in Italia negli anni ' 80 . Che ha conquistato il potere dopo averlo cercato per vent' anni , e che lo ha perso in poche settimane dopo averlo gustato per pochi anni .

Storie calabresi ? " Non diciamo fesserie " , protesta Antonio La Tella , giornalista reggino amico di Ligato , " non riduciamo tutto a una questione di ' ndrangheta locale in cui Vico sarebbe rimasto impigliato . Da dieci anni lui stava a Roma . Era uno degli uomini piu' potenti d' Italia . Io sono democristiano da una vita , ho 60 anni . Ma la Dc di oggi che scarica Ligato e' irriconoscibile . E i molti che gli erano amici adesso sono solo dei grandi ipocriti " .

L' ascesa , il fulgore e il declino di Ligato , quindi , sono vicende politiche non confinabili alla Calabria o al Sud . " Cercate a Roma ! " , urla da due settimane Eugenia Mammana , la vedova . Ma anche piu' a Nord : non per niente uno dei tre scandali ferroviari che avevano gia' fatto secco Vico un anno fa , molto prima delle trenta pallottole di Bocale , e' targato Codemi . E Codemi e' l' anagramma di De Mico , l' imprenditore milanese che per un grattacielo costruito a Milano e non a Reggio Calabria ha inchiodato Ligato nel marzo ' 88 .

Ma , piu' in generale , e' tipicamente italiana e non solo meridionale o democristiana l' intera carriera politica di Ligato . Perche' anche nell' " onesto " Friuli , o in Piemonte , o in Toscana , prima di arrivare a Roma bisogna diventare potenti assessori , distribuire favori , incassare tangenti , manovrare , fare politica di professione , abbandonare il contatto con la vita reale . E stringere mani sporche .

Vico comincia a fare politica negli anni ' 60 . Prima regola : trovarsi un padrino . Rispettata : il protettore dell' aitante figlio di ferroviere che piace alle ragazze (soprannome : " Stallone d' oro " ) e' Nello Vincelli , eterno sottosegretario dc reggino , senatore fino all' 83 . Quello che , si scopre oggi , aveva come segretario particolare un signore , Enzo Cafari , condannato a tre anni per favoreggiamento di un boss della ' ndrangheta , e il cui studio romano era frequentato da Giuseppe Piromalli e Saverio Mammoliti.

Vincelli e' tuttora sulla breccia : azionista e consigliere d' amministrazione della Gazzetta del Sud , il quotidiano calabro (60mila copie) . Vico e' un precursore : capisce che politica in Italia si fa anche sui giornali , e si fa assumere . Subito come " numero uno " : a 23 anni , nel ' 62 , si siede direttamente sulla poltrona di caporedattore di Reggio . Si e' appena laureato in legge a Palermo , facolta' piu' lontana e piu' " facile " di Messina . Ma come giornalista e' bravo : stile secco , frasi chiare . Firma solo gli articoli che vanno in prima pagina .

Eccone uno del 4 luglio 1963 : " Ercole Versace , possidente reggino , e' sfuggito ai rapitori ( . . . ) . L' Aspromonte e' tutta una caserma da due giorni . Ore di ansia non solo per i tre banditi di Carmelia e Delianova , ma per tutti i latitanti di quelle contrade . Quando finira' l' impressione del momento , l' organizzazione allentera' le sue maglie . Tornera' la tranquillita' sulle montagne . Ma non per coloro che , come Versace , debbano viaggiare con denaro o abbiano campi e boschi " .

I problemi della Calabria sono quelli della poverta' . E poi la ' ndrangheta che cresce , esce dalle campagne e si organizza managerialmente . " Summit " di Montalto del ' 69 , i 72 mafiosi convegnisti arrestati si difendono : " Andavamo a raccogliere funghi " . Da quelle parti viene sorpresa anche la Mercedes di Riccardo Misasi , incontrastato " califfo " dc calabro , deputato dal ' 58 , 100 mila preferenze a ogni elezione .

Il giornalismo di Ligato , pero' , verso il ' 68 diventa un po' troppo " dimezzato " . Il direttore Nino Calarco lo accusa di usare il giornale per le sue battaglie personali e di corrente dc , e gli mette sopra un nuovo caporedattore : Aldo Sgroi . Vico resiste qualche mese , poi si dimette e si candida alle elezioni regionali del ' 70 .

Nascono in quell' anno le tanto sospirate autonomie locali , immensi poteri vengono trasferiti alle regioni . In teoria , e' il decentramento di Carlo Cattaneo . Nella pratica , e' il trionfo definitivo della burocrazia e del clientelismo locale , agevolati dalla vicinanza fisica e alleggeriti da onerosi viaggi a Roma .

Ligato e' il tipico prodotto del nuovo ente regione : intuisce subito che ormai un assessore regionale varra' piu' di un sottosegretario , un sindaco di capoluogo piu' di un ministro , un presidente di commissione piu' di un semplice deputato a Roma . All ' inizio subisce una piccola batosta : risulta l' ultimo degli eletti a Reggio con 13 mila voti . Ma la rivolta dei " Boia chi molla " gli fa spiccare il volo : tre consiglieri regionali dc reggini appoggiano la rivolta popolare contro il trasferimento del capoluogo a Catanzaro e vengono espulsi dal partito .

Lui invece rimane fedele alla linea nazionale e viene ricompensato con l' assessorato agli Enti locali . Assessore a soli 31 anni : di nuovo numero uno . Assieme all' amico Franco Quattrone nel ' 73 organizza la rivolta dei " giovani turchi " dc reggini contro Vincelli : passa dai fanfaniani ad Andreotti e , sotto lo slogan " Rinnovamento " , si impadronisce del partito . Alle amministrative del ' 75 lui e' capolista in Regione , Quattrone al Comune . Rispettata in pieno la regola per la quale i politici italiani si autoselezionano nelle faide interne di partito , e non nel governo concreto dei problemi .

A Vico resta comunque il tempo per tessere rapporti e alleanze con tutti i sindaci di Calabria , che devono passare necessariamente attraverso il suo assessorato strategico . Il successo cosi' e' garantito : 29 mila voti di preferenza . Dal ' 75 al ' 79 e' lui il politico piu' potente della Calabria : non Misasi , non Mancini . Vico e' un superassessore , assomma nella sua persona tre deleghe importantissime : Enti locali , Trasporti , Bilancio . La sua figura cresce , anche perche' mentre i presidenti di giunta cambiano a cadenza quasi annuale lui e' inaffondabile , e gira instancabilmente la Calabria dispensando favori , sorrisi e pacche sulle spalle . A Reggio e' lui , con piglio tracotante , a decidere i nomi di sindaco e assessori .

Nel ' 76 fa eleggere deputato l' amico Quattrone . Nel ' 78 molla Andreotti e fonda , assieme a Misasi , l' area Zac (la sinistra) calabra . Misasi gravita su De Mita , lui su Bodrato . Un ' alleanza a due dettata non dall' amore , ma dalla necessita' di coalizzarsi per far fuori Carmelo Puija , astro nascente dc di Catanzaro . Negli anni ' 80 , invece , per far fuori Ligato si alleano Misasi e Puija .

Naturalmente negli anni ' 70 Vico e' coinvolto fino al collo nella questione Gioia Tauro : l' industrializzazione mai avvenuta della provincia di Reggio Calabria che ha fatto sperperare migliaia di miliardi di soldi pubblici . Suoi grandi amici sono il cavaliere Giovanni Cali' , presidente dell' Asi (Area sviluppo industriale) , nonche' Raffaele Ursini , l ' avvocato di Roccella Jonica alla guida della Liquichimica , altro buco nero per le finanze statali (250 miliardi di allora per 800 posti di lavoro) .

Nel ' 79 , il punto piu' alto della parabola di Vico : 87 mila preferenze in Calabria per l' elezione a deputato , un record per un debuttante . Supera addirittura Misasi nelle preferenze , poi si mettono d' accordo per far risultare che il " califfo " ha avuto 700 voti in piu' . Ma da quel momento , inesorabilmente , Vico comincia a commettere errori . Uno dopo d' altro . La benzina accumulata da assessore negli anni ' 70 gli permettera' di essere rieletto nell' 83 (seppure con 24 mila voti in meno , facendosi superare anche dall' odiato Puija , e guardando col cannocchiale le 108mila preferenze di Misasi) , e anche di agguantare la presidenza delle Ferrovie due anni dopo . Ma la strada ormai e' in discesa . Perche' ?

" Vico , abituato a essere il numero uno , sperava che appena arrivato in Parlamento , sull' onda del trionfo del ' 79 , gli venisse offerto un sottosegretariato " , ricorda Nino Calarco , tuttora direttore della Gazzetta del Sud . E invece niente : anche perche' di regola i parlamentari dc di prima nomina non possono entrare nel governo . Rimasto peone a Roma , frustrato , nell' 80 Vico commette l' errore classico : taglia le gambe a tutti i suoi possibili concorrenti a Reggio . Vico non sopporta che qualche altro democristiano di Reggio gli possa fare ombra , e cosi' uccide i pulcini . Anche perche' non vuole che qualcuno compia ai suoi danni la scalata che lui stesso era riuscito a fare contro Misasi .

Ministro o sottosegretario Ligato non riesce a diventarlo neanche dopo l' 83 . Nei governi Craxi non c' e' posto per lui . Tramonta cosi' il sogno mai avverato di Reggio Calabria nel dopoguerra : avere un ministro . Vico si consola facendo il segretario della Commissione Trasporti della Camera e il relatore della legge di riforma delle Ferrovie .

Nell' 85 Misasi e De Mita lo mettono a capo del nuovo ente Ferrovie . Gli fanno balenare grandi traguardi , il programma di ammodernamento da 60mila miliardi , il ponte sullo stretto . Ma la realta' , ancora una volta , e' assai piu' misera : Misasi vuole far posto in Parlamento al primo dei non eletti , Mario Lagana' di Locri , per rinforzare gli equilibri del proprio feudo . In cambio , Lagana' molla la corrente di Emilio Colombo e si fa demitiano .

Alle politiche dell' 87 la corrente di Ligato non riesce a piazzare neanche un candidato , e si sfalda . Allora Vico scende a Reggio e per vendicarsi fa campagna elettorale , lui reggino , per due democristiani di Cosenza : Vito Napoli e Rosario Chiriano . Un " tradimento " che a Reggio non gli perdonano : quest' anno per le comunali , di maggio , i ligatiani sono esclusi dalla lista . Formalmente , perche' colpiti da comunicazione giudiziaria (come Pino Gentile , suo commensale all' ultima cena) . Ma da queste parti le comunicazioni giudiziarie si sprecano.

Le disavventure giudiziarie che in pochi mesi hanno costretto Ligato a dimettersi anche da presidente delle Ferrovie sono tre : oltre a quella delle tangenti De Mico , le bustarelle dell' avellinese Elio Graziano ( " Cinquanta milioni non bastano neanche per una scopata " , gli rispose sprezzante Michele Ligato , 27 anni , figlio di Vico , studente fuoricorso di economia e commercio) e l' incriminazione per le carte di credito aziendali .

Ma qui , e nella spudorata mossa di voler continuare a trafficare con ben 27 societa ' create negli ultimi mesi , salta fuori un altro difetto tipico dei politici italiani : i figli . Ligato junior e' piu' arrogante del padre . Anche gli amici piu' intimi di Vico , quelli che giurano se non sulla sua onesta' , almeno sulla zoppicante tesi della trappola ( " Ligato e' rimasto vittima della guerra di Craxi alla ' ' sinistra ferroviaria' ' di Claudio Signorile " , e' il ritornello di tutti i capi dc di Reggio Calabria , per i quali evidentemente i giudici sarebbero solo attrezzi nelle mani del segretario psi) , di fronte al ruolo crescente del figlio rimangono allibiti .

Si' , ammettono , a Vico negli ultimi anni e' piaciuto arricchirsi . Ville , attici e superattici per miliardi in Calabria , a Ischia , a Roma . Voci su partecipazioni in alberghi in Kenya e in villaggi turistici . Ma che il figlio avesse su di lui un tale ascendente da costringerlo perfino a rompere , quattro mesi fa , con il suo avvocato Nino Marazzita , nessuno lo sapeva . Forse , in mezzo alla tempesta , il giunco non sapeva bene dove ripararsi . Forse aveva trovato rifugio nelle smanie affaristiche del primogenito . Faccendieri della ' ndrangheta , commesse ferroviarie , i mille miliardi di appalti per Reggio Calabria : Vico aveva instradato il figlio sul suo stesso binario . Ma forse la locomotiva non era piu' lui .

Mauro Suttora
(Ha collaborato Filippo Pratico)

Friday, June 23, 1989

Mondiali '90: Milano da spremere

Europeo, 23/06/1989

Effetto mundial: partiti o associazioni per delinquere?

Scandali , tangenti , appalti sospetti , veti e piaceri incrociati . Attorno ai lavori dello stadio , fra i gruppi politici si gioca una grande partita . Di giro

di Mauro Suttora

"Milano e' come una signora che passeggia in via Montenapoleone indossando una pelliccia di visone sopra un abito a brandelli e toppe " . Parola di Saverio Pagani , segretario regionale Cisl . Ma la capitale lombarda , di questi tempi , riesce a mettere d' accordo tutti : sindacalisti e padroni , operai e capitalisti . Dai corridoi moquettati dell' Assolombarda infatti si lamenta anche il presidente degli industriali Ottorino Beltrami : " Continuiamo a raccontarci di essere bravi , ma non ci muoviamo . Da chi siamo governati ? " .

Milano negli ultimi anni e' stata governata quasi da tutti : dal Pli fino al Pci e ai verdi , con cambi di alleanze nell' 85 e nell' 87 . Unici sempre al governo : i socialisti . Ottanta milanesi su cento non votano Psi , ma e' attorno al partito di Craxi che , come comparse intercambiabili , girano tutti gli altri . Gli unici rimasti a digiuno sono i missini e un consigliere di Dp , Basilio Rizzo . Per il resto , tutti sono rimasti coinvolti e sono sprofondati nella tragicomica vicenda dei Mondiali .

La risistemazione dello stadio di San Siro e' lievitata nel giro di tre anni da 20 a 140 miliardi . I 270 miliardi per le " opere connesse " , che prima dovevano finire a un improvvisato metro' sopraelevato , destinati a costosissimi parcheggi . E , sempre con la scusa dei Mondiali , una marea di nuovi alberghi (per un valore immobiliare di 1500 miliardi) autorizzati dalla giunta " rossoverde " (alcuni addirittura in aree vincolate a verde pubblico) e debitamente lottizzati fra imprese e architetti pci , psi e dc . Unica certezza : non essendo ancora iniziati i lavori , nessuno di essi sara' pronto per l' anno prossimo .

E difficile , all' interno della classe politica locale , distinguere i meriti dalle colpe . Un esempio ? Il consigliere comunale dc Antonio Intiglietta , 33 anni , da Brindisi : ex estremista di Lotta continua passato a Comunione e liberazione (invertendo le iniziali da Lc a Cl) , e anche ex assessore allo sport fino al dicembre ' 87 nella giunta pentapartito . Sue le storiche parole (novembre ' 86) : " Per il terzo anello di San Siro bastano 30 miliardi . Per fare uno stadio nuovo ce ne vorrebbero 130 " . Oggi invece si scopre che il costo per il tetto e i 20 mila posti in piu' ha raggiunto e superato quello di uno stadio nuovo da 100 mila posti.

Milano , capitale dell' efficienza , riuscira' a spendere sette milioni per ogni nuovo spettatore : esattamente sette volte in piu' del costo per posto universalmente riconosciuto . Con che cuore , allora , prendersela tanto adesso con l' assessore al demanio Bruno Falconieri , psi , 44 anni , che nel gennaio ' 88 ha ereditato l' affare San Siro dal rampante Intiglietta ? Certo , in una qualsiasi azienda privata un dirigente che sbagliasse (o truccasse) cosi' clamorosamente i conti verrebbe licenziato . Ma il Comune , ripete sempre il sindaco di Milano Paolo Pillitteri , non puo' essere considerato un' azienda come le altre : " Dobbiamo distribuire servizi , non accumulare profitti " .

C' e ' pero' una legge elementare , quella dell' efficienza , che impone di ottenere il massimo risultato con il minimo degli sforzi . Specialmente quando gli sforzi vengono pagati con soldi pubblici estratti dalle tasche dei cittadini . " Ecco , da un po' di tempo a questa parte abbiamo l' impressione che anche a Milano avvengano grossi sprechi , per decine di miliardi " .
A parlare e' una timida signora che abita proprio di fronte allo stadio di San Siro : Silvana Gabusi . Sa poco di politica : di professione lavora alla Postalmarket , vendite per corrispondenza . Qualche anno fa ha fondato , assieme ad alcune amiche del quartiere , un comitato spontaneo per difendersi dai rumori del Palasport , che non le facevano dormire . Poi il Palasport (anch' esso era costato alla collettivita' 15 miliardi invece dei tre previsti) e' crollato sotto la neve , nel gennaio ' 85 .

Ma l' esasperazione degli abitanti di San Siro non si e' sopita : lo stadio di calcio e gli ippodromi del trotto e del galoppo continuano a creare il caos , per gli imbottigliamenti del traffico e l' inquinamento . Cosi' il comitato ha continuato a battagliare . E tre mesi fa ha ottenuto una " grande vittoria " , come hanno esultato i manifesti subito appesi in giro dai verdi di Adriano Ciccioni , quelli che si oppongono alla giunta Pillitteri : la metropolitana sopraelevata che il Comune voleva costruire per i Mondiali e' stata bocciata .

Possibile che la signora Gabusi sia riuscita a bloccare un' opera da 270 miliardi ? Anche questo e' possibile nella Milano degli anni ' 80 . Dove , come denuncia periodicamente ma senza far nomi il presidente della Camera di commercio Piero Bassetti , ogni appalto pubblico e' di norma accompagnato dalla " stecca " . Cioe' dalla tangente pagata ai politici . E se lo dice il rappresentante di tutte le imprese industriali , commerciali e artigianali della capitale economica d' Italia , qualcosa di vero ci sara' .

Che ci sia qualcosa di vero emerge peraltro , ormai con puntuale regolarita' , anche nelle aule dei tribunali . Nell' 85 tangenti alla Metropolitana milanese : il suo presidente Antonio Natali , psi , incarcerato . Nell' 86 lo scandalo Ligresti : varianti che valgono centinaia di miliardi approvate dal Pci e Psi per il costruttore siciliano . Nell' 87 le ruberie sulle bistecche delle refezioni comunali , che coinvolgono l' ex assessore all' economato Falconieri (sempre lui) .
Nell' 88 le tangenti di Bruno De Mico all' ex assessore psi Gianstefano Milani e i soldi in nero all' assessore pci Epifanio Li Calzi , costretto a dimettersi . Nell' 89 infine , un mese fa , la condanna di Maurizio Mottini , pci , e di Giovanni Baccalini , psi , presidente e vicepresidente della Commissione urbanistica comunale : favori a Ligresti . Per Baccalini c' e' una condanna perfino piu' dura di quella inflitta al costruttore di Paterno' : 25 mesi di carcere contro 23 .

Ma ormai l' infezione non e' piu' limitata ai soli politici . Si e' estesa anche a tutta la macchina amministrativa comunale , un tempo la piu' efficiente e onesta d' Italia . Cosi' , sempre per connivenze con Ligresti , il capo ripartizione Giovanni Maggi ha incassato 22 mesi di carcere , come pure l' alto funzionario Corrado Lopopolo .

" Nessuno di questi signori e' stato finora rimosso dal proprio incarico " , denuncia il dp Rizzo . Che accusa : " Forse i condannati sono a conoscenza di piu' alte connivenze politiche : per questo sono intoccabili " . La piu' intoccabile di tutti e' la signora Maria Grazia Curletti , ex capo ripartizione all' urbanistica (la sua amicizia con Ligresti le e' costata finora una condanna a 16 mesi di carcere , ma e' imputata anche in altri processi) . Lei e' stata addirittura promossa . Adesso e' caporipartizione del vicesindaco Luigi Corbani , pci , assessore alla cultura .

Insomma , c' e' un pezzo di Istanbul nel cuore di Milano . Il Comune e' la piu' grossa azienda della citta' : 50 mila dipendenti , seimila miliardi di fatturato . Ma anche se fisicamente i suoi palazzi e uffici , fra la Scala , San Babila e il Duomo , stanno fianco a fianco con le sedi delle piu' importanti multinazionali d' Europa e del mondo , l' atmosfera che vi regna e' un po' da impero ottomano .

Le cifre danzano , le parole volano . Il Piccolo Teatro doveva costare dieci miliardi nell' 80 , oggi si avvicina ai cento . La linea tre del metro' doveva essere pronta nell' 87 , forse lo sara' nel ' 91 . Doveva costare 70 miliardi al chilometro , ne costera' 200 . Il passante ferroviario , da finire entro l' anno scorso , e' fermo per mancanza di finanziamenti , con i cantieri aperti in tutta la citta' che soffocano il traffico . Anche se i lavori dovessero riprendere domani , termineranno nel ' 97 . La linea quattro del metro' non e' stata ancora neanche progettata .

Milano europea ? No , Milano mondiale , rispondono orgogliosi i politici locali . Un gruppo di buontemponi ha addirittura inventato un comitato per candidare Milano alle Olimpiadi del 2000 . Peccato che da anni ormai nessun meeting di atletica internazionale possa essere ospitato in citta' , visto che manca lo stadio . L' Arena , costruita da Napoleone , e' inadeguata . Con involontario senso dell' humour l' assessore allo sport Paolo Malena , psi , annuncia : " Nell' Arena potranno fare atletica e footing . . . i 2500 giornalisti accreditati per i Mondiali di calcio " . Come , 2500 ?

Le cifre a Milano ballano perfino sul numero dei giornalisti che verranno per le sei partite del giugno ' 90 : l' inaugurale e tre di un girone eliminatorio tutte sicuramente senza l' Italia piu' un quarto e una semifinale . Il Col (Comitato organizzatore locale) aveva sparato : " Ci servono 2800 posti di tribuna stampa a San Siro " . Neanche per idea , al massimo 1800 , ribatte il Comune , che non riesce piu' a stare dentro i 90 miliardi di spesa preventivata . " Tagli inaccettabili " , replica Massimo Moratti , figlio dell' ex presidente dell' Inter , capo del Col milanese . Nell' aumento a 109 miliardi approvato dal consiglio comunale in maggio i posti in piu' per la tribuna stampa non ci sono .

" Ma lo Stato ha versato al Comune di Milano 48 miliardi per la ristrutturazione di San Siro , dei quali piu' di otto solo per l' adeguamento della tribuna stampa " , protesta Moratti . Dal Comune si fa capire che molti dei posti richiesti da Roma servirebbero in realta' non per giornalisti , ma per presenzialisti del demi monde assetati di inaugurazioni . E Luca di Montezemolo , presidente del Col nazionale , sembra acquietarsi : " Va bene , facciamo 1800 e non se ne parli piu " .

E invece se ne parlera' ancora . Perche' la burla dei costi di San Siro non si fermera' certo a quota 109 miliardi . Infatti l' assessore Falconieri una settimana prima del consiglio comunale decisivo aveva per la prima volta onestamente ammesso che il costo finale sara' di 140 miliardi . Secondo alcuni questa era solo una sparata al rialzo per riuscire a far deglutire con piu' facilita' un aumento inferiore . Secondo altri , invece , i costi veri sono proprio quelli . " E verranno fuori nei prossimi mesi , un po' alla volta " , prevede Riccardo De Corato , consigliere comunale missino . Magari per piccoli importi , pochi miliardi alla volta che la giunta approvera' con procedura d' urgenza senza passare per il consiglio comunale .

Per esempio , solo la pulizia del tetto trasparente in plexiglas costera' un miliardo all' anno , e l' impianto di lavaggio automatico ben quattro miliardi . Inutile cercare nella relazione dell' assessore Falconieri spiegazioni sugli aumenti di spesa . Piu' di mezzo miliardo , per esempio , l' impresa costruttrice Lodigiani lo ha chiesto per " l' impiego di malta con resine epossidiche " . Perche ' ? " Per il fissaggio in opera delle mensole del terzo anello per garantire una maggiore durevolezza delle connessioni gettate in condizioni di gelo e tali da renderle insensibili all' aggressione degli agenti esterni nonche' di additivi intesi a ridurre il rapporto acqua cemento nei getti ad alta percentuale di armatura soggetti a possibile microfessurizzazione da ritiro e tali da ridurre sostanzialmente la permeabilita' dei getti permettendo durabilita' e resistenza all' attacco chimico dell' ambiente di livello superiore " .

Messi ko da questo linguaggio burocratico , molti rappresentanti del popolo si sono chiesti se le malte epossidiche siano state inventate solo negli ultimi due anni , o se non fosse invece possibile prevederne l' uso fin dall' inizio . " Fin dall' inizio si sapeva gia' che l' appalto di San Siro sarebbe finito alla Lodigiani " , accusa il consigliere dp Rizzo . " Io stesso lo avevo scommesso pubblicamente , in consiglio comunale , prima della gara . Lo sapevano tutti " .

Il prezzo base era 82 miliardi . Hanno concorso una decina di imprese . Guarda caso , tutte hanno presentato offerte al rialzo , tranne una : la Costanzo , che garantiva uno sconto del 2% . Offerta rifiutata . L' appalto e' andato alla Lodigiani ( " il suo 9 , 85% di aumento era nella media " , e' la giustificazione degli amministratori comunali) . Solo qualche mese fa il Coreco (Comitato regionale di controllo) ha accusato implicitamente gli enti locali di intascare tangenti con questo metodo e ha abolito le offerte al rialzo . Ma ormai l' appalto di San Siro era gia' aggiudicato .

Le " garanzie " offerte dalla Lodigiani , tuttavia , non si fermavano li' . Evidentemente , in cambio dell' appalto , le era stato promesso altro . E quest' " altro " erano i " palchi " . Come alla Scala , infatti , il progetto originale prevedeva la costruzione di 216 palchi da 5 10 posti coperti e protetti con vetrata . La Lodigiani , " in cambio " di uno sconto di 2 miliardi e di un versamento di 150 milioni annui al Comune , avrebbe costruito e affittato i palchi a imprese private per 45 anni . Un bell' affare . Per la Lodigiani : spendendo 50 miliardi , se ne sarebbe garantiti 300 di affitti .

Allora (siamo nell' 87) il Pci , dall' opposizione , manda a monte l' affare Lodigiani Intiglietta (lo sponsor piu' deciso dell' operazione) . Ma la Lodigiani rimane sempre " in credito " di qualcosa con il Comune . Vuole lavori supplementari . Tutti sapevano fin dall' inizio che la torta sarebbe stata ben piu' grossa degli 82 miliardi approvati dal Comune .

Cosi' oggi , grazie all' intercessione del ministro psi Carlo Tognoli , ecco pronto per la Lodigiani un altro appaltino da dieci miliardi : la costruzione di un parcheggio sotterraneo nel piazzale di San Siro . Riservato alle squadre , agli arbitri , piu' cento posti macchina (meglio largheggiare) per , testualmente , " persone particolarmente esposte " . Cioe' le autorita' , il sindaco , gli assessori : tutti " esposti " a non si sa bene che cosa , se non ai malumori della folla .

Ma adesso c' e' , oltre alla torta dello stadio , anche quella delle " opere connesse " ai Mondiali . I 270 miliardi che Milano si era fatta dare dallo Stato per il metro' sopraelevato dell' Ansaldo sono li' , pronti a essere sciupati in qualche altra opera inutile . Che il tanto magnificato " metro' leggero " fosse assurdo , lo dice una sola cifra : portata massima di 25 mila passeggeri all' ora . Troppo per tutti i giorni feriali , in cui sarebbe stato vuoto perche' collegava due quartieri periferici senza passare per il centro . Poco per il dopopartita , quando i tifosi avrebbero dovuto aspettarlo per ore .

La partita del metro' sopraelevato si e' giocata fra il Pci , favorevole per inconfessati motivi (il vicesindaco Corbani ha proposto che il Comune acquisti dall' Ansaldo per 40 miliardi i capannoni dove si e ' svolto il congresso psi) , e il Psi , contrario per altrettanto inconfessabili ragioni : l' Ansaldo avrebbe spiazzato un suo feudo , la societa' Metropolitana milanese . I due assessori verdi come al solito si sono astenuti per salvare la poltrona . Adesso quei 270 miliardi serviranno per fare parcheggi alle porte di Milano : ben 62 miliardi a Cascina Gobba , 48 a Lampugnano . Qui , poiche' i posti macchina passeranno da 1300 a 2200 , Milano battera' un altro record di spreco : 50 milioni a posto auto .

Largo spazio per le tangenti , insomma , come denuncia il segretario provinciale dc Antonio Ballarin dimessosi polemicamente poche settimane fa . Anche Ballarin ha descritto minuziosamente i meccanismi dei finanziamenti illeciti ai partiti , senza pero' fare nomi . I nomi delle imprese appaltatrici dei parcheggi , invece , si conoscono . Brilla la Pessina (area psi) , famosa per aver fatto lievitare da 17 a 36 miliardi il costo del cavalcavia del Ghisallo (piazza Kennedy) , tuttora incompiuto , nonche' per trascinare da tempo immemorabile i lavori del ponte Buccari verso l' Idroscalo .

I parcheggi Cascina Gobba , Lampugnano e Forlanini (in quest' ultimo il prezzo e' piu' congruo : 3 , 7 miliardi per 440 nuovi posti macchina) sono stati affidati all' Atm . L' azienda dei trasporti non ha alcuna esperienza in fatto di costruzioni e lavori : si limita a far marciare bus , tram e metro' . Ha pero' un pregio : meta' dei suoi dipendenti sono iscritti dc , e meta' degli iscritti dc di Milano sono dipendenti Atm . Per tenere buono lo scudo crociato all' opposizione , quindi , la giunta rossa Pillitteri ha fatto questo regalo al feudo dc .

C' e' poi un altro " cliente " che il Comune di Milano doveva soddisfare : il Consorzio di imprese per il nuovo Palasport . Il quale non si limitera' a costruire , proprio davanti a San Siro , un complesso di 12 torri da otto piani adibiti a uffici con dentro anche un Palasport (in totale violazione della legge Galasso) , gestendolo per 60 anni senza pagare una lira al Comune . Adesso ha incassato ben 50 miliardi solo per interrare una strada di 200 metri , via Patroclo . " E adiacente al cantiere del Palasport " , si giustifica la giunta . " Ma allora perche' al Consorzio Palasport sono stati affidati anche lavori in viale Forlanini , dall' altra parte della citta' ? " , domanda l' inesorabile Rizzo .

Neanche il Palasport sara' pronto per il ' 90 . L' unico a esserci sara' il nuovo stadio di San Siro , con gli spettatori del terzo anello che soffriranno di vertigini . Splendera' come un gioiello nel deserto . Milano , infatti , " capitale europea d' Italia " , offre ai propri cittadini che praticano lo sport in prima persona impianti fatiscenti . Gli sportivi milanesi sono ridotti a dover ringraziare Napoleone e Mussolini : sono loro , piu' di ogni altro , ad aver dotato la citta' di attrezzature sportive .

opere per i Mondiali '90:
1) Stadio di San Siro : terzo anello (20 mila posti) e tetto (109 140 miliardi)
2) Interramento via Patroclo (50 miliardi)
3) Parcheggio squadre e vip stadio (10 miliardi)
4) Parcheggio via Lampugnano (48 miliardi)
5) Parcheggio via Bisceglie (59 miliardi)
6) Parcheggio San Carlo (7 miliardi)
7) Parcheggio via Novara (20 miliardi)
8) Parcheggio via Forlanini (3 , 7 miliardi)
9) Parcheggio Cascina Gobba (62 miliardi)
10) Corsia bus via Forlanini (5 miliardi)

Totale lavori per lo stadio : 140 miliardi
Totale spese per lavori connessi : 270 miliardi

Mauro Suttora

Thursday, June 22, 1989

Mikis Theodorakis parla delle elezioni in Grecia

Note discordi: accusativo alla greca


I socialisti? Una manica di imbroglioni, capaci perfino di ricorrere al colpo di Stato. Papandreu? Un vecchio ignorante, compromesso da scandali e intrighi. Così una stella di sinistra suggerisce il voto per la destra


dall’inviato a Parigi Mauro Suttora


Europeo, 23 giugno 1989


“Sono schifato dai politici greci. E anche un po' impaurito. Non mi meraviglierei se i socialisti, di fronte a un crollo elettorale, organizzassero un minigolpe. Magari con la complicità della televisione di Stato, che è completamente nelle loro mani”. 

Il cuore più europeo della Grecia questa volta non torna a casa per votare. Mikis Theodorakis, 63 anni, monumento vivente della musica e dell’antifascismo greco, il 18 giugno se ne resta in volontario esilio a Parigi, in questo suo appartamento al quinto piano dietro i giardini del Luxembourg. Non partecipa alle doppie elezioni politiche ed europee che, secondo ogni previsione, sconvolgeranno il Parlamento ellenico: dopo otto anni, infatti, dovrebbe finire il regno del socialista Andreas Papandreu.

Theodorakis, come molti greci, è deluso dalla politica perché la ama visceralmente. Figlio della buona borghesia di Chios, a 18 anni divenne partigiano contro gli invasori tedeschi e italiani. Catturato e condannato a morte, sfuggì di poco al plotone di esecuzione: approfittò di un improvviso attacco nazista per darsela. Durante la guerra civile venne internato nel campo di concentramento di Makronesos, dove si ammalò di tubercolosi. Rilasciato nel ’49, fu nuovamente imprigionato tre anni dopo. Tempi duri, quelli, per i comunisti come lui. Nel ’54 la prima fuga a Parigi, per studiare al conservatorio con Messiaen e Bigot. Ma era già un famoso compositore di piano: la Covent Garden Opera di Londra gli offrì un contratto, e lui mise in musica i versi di poeti greci come il Nobel George Seferis. Nel ’60 il ritorno in Grecia, sempre col tarlo della politica. 

Collaborò con il deputato di sinistra Gregorio Lambrakis, e quando questi nel ’63 venne assassinato accusò apertamente i reali greci di aver ordinato il delitto. Deputato socialista nel ’64, due anni dopo la radio bandì le sue opere. E nel ’67 i colonnelli del golpe lo arrestarono di nuovo. Confinato in un villaggio inaccessibile del Peloponneso, riuscì comunque a far arrivare al regista Costa Gavras la colonna sonora per il film Z, l’orgia del potere, che descrive l’inchiesta Lambrakis. Le proteste internazionali lo liberarono nel ’70, e da Parigi Theodorakis tornò in Grecia quattro anni dopo, alla fine della dittatura. Nell’81 l’elezione al Parlamento, nel partito comunista filosovietico. La rielezione nell’85, poi la rottura: “Tre anni fa mi sono dimesso da deputato perché la politica in Grecia è caduta troppo in basso", ed è tornato a Parigi dove vive sei mesi all’anno (gli altri sei li passa a Corinto).


Ma le avventure di Mikis non sono finite. Un mese fa grande scandalo ad Atene: esce nelle librerie la biografia di Costantino Mitsotakis, leader del partito di destra Nuova Democrazia, e lui firma la prefazione. Poi in un’intervista dichiara che la destra è meglio dei socialisti: “La linea di rottura non è più fra destra e sinistra, ma tra ladroni e gente onesta". E oggi spiega all’Europeo perché i socialisti, per rimanere al potere, secondo lui sono disposti a tutto. 

“In questi anni Ottanta il partito socialista, il Pasok, è andato molto avanti nella corruzione. Ma non ha corrotto solo se stesso, come dimostrano le centinaia di miliardi in tangenti del bancarottiere Giorgio Koskotas. Con il suo populismo ha creato vaste clientele fanatizzate. Ci sono interi strati sociali, ormai, che per la propria sopravvivenza dipendono dal sistema di potere socialista: una specie di subfascismo”.

Simile al peronismo argentino?

“Peggio. Non so se saranno pronti ad accettare la disfatta. E allora utilizzeranno ogni metodo: frodi elettorali, manipolazioni dei risultati con l’aiuto dei mass media… fino al golpe. Ma lo sa che ci sono dei paesi di campagna, feudi socialisti, dove i presidenti di seggio si sono rifiutati di avventurarsi?". 

Il nuovo incubo di Theodorakis si chiama Andreas. Così, con il nome di battesimo, il musicista chiama sempre il premier Papandreu, il 71enne patriarca despota del socialismo greco che Theodorakis si trova di fronte da un terzo di secolo. Da solo un anno, invece, il settuagenario ha abbandonato la moglie e si è messo con l’ex hostess Dimitra Liani, 33 anni, che Theodorakis come tutti i greci chiama familiarmente Mimì (vedere riquadro).

 

Mimì e Andreas riescono a dispiacere a Theodorakis perfino quando vanno fuori a cena la sera: “Sì, perché naturalmente Andreas è un ignorantone. Non per niente il suo governo dedica alla cultura solo lo 0,4 per cento del bilancio. Lui non è mai stato a teatro, a un concerto sinfonico, a un balletto. Dice che è un tecnocrate, che non ha tempo per queste cose. In compenso, trascina Mimì in posti tremendi, quelle taverne da suburra chiamate ‘skiladika’ che sono diventate un po' il simbolo dei nuovi ricchi oggi in Grecia. Posti carissimi, dove si paga anche mezzo milione di dracme a sera [quattro milioni di lire italiane, ndr] e dove suonano una musica barbara di tipo arabo afghano. Ma il peggio è che Andreas per farsi ammirare da Mimì si lancia spesso a ballare il ‘cifteteli’, una specie di danza molto femminile…” 

L’uomo che ha fatto riscoprire il folk greco a tutto il mondo, e che ha fatto ballare il sirtaki ad Anthony Quinn in Zorba, è insomma disgustato da Andreas in tutti i campi. C’è molto di personale in quest’odio: “Non posso dimenticare che fu anche grazie a Papandreu se i colonnelli arrivarono al potere in Grecia. Nella prefazione al libro di Mitsotakis racconto un famoso episodio del ’66, quando l’allora ‘giovane’ Andreas rifiutò, con i suoi 50 deputati, di votare contro il governo che stava preparando il golpe. Io allora avevo fiducia in Papandreu, mi piaceva questo borghese che pencolava a sinistra. Così, durante un colloquio a tu per tu, ci accordammo per far cadere il governo: mi diede la sua parola. Ma al momento del voto, quando io stesso facevo l’appello nominale, dopo il nome ‘Papandreu’ si sentì una vocina dietro una colonna che disse ‘sì’. Poi spiegò che non voleva dividere il partito centrista di suo padre. Ecco, quella volta l’unico che votò assieme a noi della sinistra fu proprio Mitsotakis”.


Di fronte al suo pianoforte, circondato da fogli svolazzanti di partiture, Theodorakis commenta nel suo tuttora sbilenco francese l’ultimo anno di battaglie politiche greche, basate soprattutto sulla circonferenza dei seni di Mimì e sulle tangenti di Koskotas: “La Grecia è proprio lontana dall’Europa. E nel suo decennio al potere Andreas ha fatto del suo meglio per allargare la distanza. Negli anni Settanta l’inflazione media era stata del 14 per cento, in questo decennio è balzata al 20, la percentuale più alta della Cee. Questo perché Papandreu ha dovuto nutrire con i soldi dello stato le sue clientele, gente che produce solo vento e vende l’aria, proprio come Koskotas. E infatti il deficit pubblico, che prima dei governi socialisti rappresentava il 40 per cento del prodotto annuale, è aumentato all’80 quattro anni fa e addirittura al 97 per cento di oggi. È la proporzione più alta d’Europa [quella italiana è del 60 per cento, ndr]”.

Theodorakis, se lei votasse a chi andrebbe la sua preferenza?

“Probabilmente alla sinistra unita, visto che per la prima volta dopo vent’anni i due partiti comunisti sono riusciti a raggiungere un accordo. È sempre stato un mio obiettivo, quello dell’unità”.

Lei quindi si considera ancora marxista?

“No. Per quarant’anni ho dato l’anima e anche il corpo per il comunismo. Speravo in un sistema che avrebbe liberato l’uomo. E invece il risultato sono regimi dove tutto il potere è concentrato in una piramide. Attorno, come attorno a ogni piramide, il deserto: politico, culturale, produttivo. In Cina, lo abbiamo visto con il massacro di piazza Tian an men, c’è questo sistema barbaro e bestiale per cui un miliardo di persone dipendono dalle decisioni di tre vecchi. Ma anche in Unione Sovietica sono scettico su Gorbaciov: tuttora il Politburo concentra su di sè un potere inumano. Sarebbe come se il presidente degli Stati Uniti fosse responsabile in tutti i campi possibili delle attività umane: non solo politica, ma anche educazione, economia, cultura, informazione… Assurdo”.

Però continuerà a votare per i comunisti.

“Anche loro ormai non sono più marxisti. E non andranno oltre il 15 per cento. Io mi sono dimesso da deputato nell’86 anche perché il Pc sottovalutava il pericolo di Papandreu. Vedevo la corruzione crescente dei socialisti, mentre i comunisti sono sempre stati servili nei confronti di Andreas, in nome della lotta comune contro il fascismo. Adesso, per esempio, molti dei quadri comunisti sono finiti nel Pasok. Ma ormai la destra greca ha passato gli esami di democrazia, non è più quella della guerra civile o dei colonnelli. È una destra europea, efficiente: non potrebbe che fare del bene alla Grecia in questo momento, dopo tanti anni di demagogia socialista”.


Quindi lei auspica un governo di destra?

“L’importante in questo momento è cambiare aria, fare pulizia, eliminare le clientele, avvicinare la Grecia all’Europa. Solo la destra ha i numeri per farlo. E poi Mitsotakis è un liberale, ha una grandissima esperienza, è deputato da quasi mezzo secolo, è stato ministro dell’Economia e degli Esteri. È lui, in Grecia, il più vicino al prototipo del politico europeo, deideologizzato, capace di garantire il funzionamento dei diritti democratici, senza demagogie. Certo, è per il libero mercato, fa gli interessi dei capitalisti. Ma è una cura che farà avanzare la Grecia, portandola al livello dell’economia europea. Invece i socialisti cercano ancora di sfruttare il ricatto della destra fascista, del fantasma della guerra civile”.

In politica estera la destra sarà fedelissima alla Nato. E potrebbe interrompere il disgelo con la Turchia iniziato da Papandreu negli ultimi anni.

“L’antiatlantismo di Andreas è sempre stato solo retorico. In realtà lui è un ottimo amico degli Stati Uniti, non ha mai pensato di chiudere le basi americane in Grecia come promette in ogni suo discorso. La sua ex moglie Margaret, americana, ha dichiarato in pubblico che Washington preferisce i socialisti alla destra, perché sono riusciti a mettere in un angolo i comunisti. Quanto alla Turchia, Andreas con la scusa della minaccia di Ankara impone alla Grecia la più alta percentuale di spese militari dell’Ovest: il 7,2 per cento del pil contro il 7 degli Stati Uniti, il 6,5 della Turchia o il 5 di potenze nucleari come Francia e Gran Bretagna”.


Sulla parete sopra la scrivania campeggia un poster che annuncia una tournée di Theodorakis in Turchia: il maestro ha sempre cercato di migliorare i rapporti con i vicini nemici.

E Melina Mercouri? Vent’anni fa, assieme, eravate il simbolo della lotta antifascista degli intellettuali greci. Oggi lei preferisce Papandreu: continua a essere ministro della Cultura.

“La sua è una situazione triste”, non infierisce Theodorakis, “Melina è vittima delle circostanze”.

Grecia culla della democrazia e della filosofia politica, ridotta oggi a un’operetta in cui lo stesso ministro dell’Interno ammette che ben 160mila cittadini, il due per cento dei votanti, sono iscritti due volte alle liste elettorali con stesso nome, cognome, data di nascita e nome di padre. Com’è possibile?

Theodorakis se la prende ancora con Papandreu: “Andreas era una grande personalità, carismatica. Ma, come tutti i motori, può usare la sua forza per andare sia avanti, sia indietro. E lui ha scelto la retromarcia”.  

Friday, June 16, 1989

La strage di piazza Tien anmen

Europeo, 16 giugno 1989

Guerra incivile

Il regime cinese stermina i ribelli

7000 morti, decine di migliaia di feriti . Cosi' e' stato abbattuto nel sangue il fantasma della liberta' evocato dagli studenti

dal nostro inviato a Pechino Mauro Suttora

Il biglietto per assistere in prima fila a una delle piu' bestiali stragi del secolo costa 390 yuan (150 mila lire) al giorno. E' il prezzo della stanza numero 1129 del Beijing Hotel , l' albergo di Pechino a poca distanza dalla piazza Tienanmen . Dal balcone all' undicesimo piano domino gli ultimi 200 metri della Changan , il vialone lungo 30 chilometri ormai tristemente famoso in tutto il mondo per i carri armati che vi scorrazzano dal 4 giugno .

Sono i tank del 27 corpo d' armata giunto dallo Shanxi agli ordini di Yang Baibing , fratello minore del presidente della Repubblica Yang Shangkun , un " duro " . Carri armati di famiglia , insomma . Il 38 corpo d' armata , invece , presidia la parte orientale di Pechino . Sembra che stia dalla parte dei riformisti di Zhao Ziyang , e che adesso le due armate si sparino fra loro . Nelle altre citta' della Cina , il caos . Shanghai e' in mano agli studenti . Tientsin ai riformisti . A Chengdu , capitale del Sezuan , 300 morti e mille feriti . Barricate a Xian .

I " signori della guerra " , triste eredita' della storia cinese , sono dunque tornati ? Si' , anche se oggi non agiscono piu' in proprio . A guidarli sono i " mandarini " del partito comunista , i capi delle varie correnti che si disputano il potere in Cina . Ed e' ai tre " mandarini " che hanno avuto la meglio nel regolamento di conti scatenato dalla protesta degli studenti , Deng Xiaoping , Yang e Li Peng , che la storia imputera' l' orrendo misfatto di questi tank con i cingoli macchiati di sangue . Tank che non hanno esitato a schiacciare i corpi dei civili inermi che tentavano di bloccarli a mani nude o con qualche sasso .

Alla fine della Changan , oltre l' incrocio dove era l' ombrellone per il vigile che incanalava i fiumi di bici , adesso c' e' un cimitero : gli sterminati 40 ettari del luogo sacro al comunismo cinese , la grigia Tienanmen , la piazza della Pace celeste . Ma non c' e' piu' pace in Cina . Settemila manifestanti per la democrazia massacrati dall' esercito dei " mandarini " . I soldati hanno bruciato i cadaveri degli studenti , martiri ventenni che hanno resistito fino all' ultimo sotto il monumento degli Eroi . La statua della Liberta' abbattuta : era stata per cinque giorni il monumento piu' fotografato del mondo . Una casta di gerontocrati assassini opprime un miliardo di persone solo grazie alla forza bruta . La nazione piu' popolata della Terra sull' orlo della guerra civile . E questo il dramma che si svolge sotto i nostri occhi , dai balconi del Beijing Hotel .

Venerdi' 2 giugno , sera . Dalla stanza 1129 il panorama era lo stesso delle precedenti sei settimane : un fiume di bici nere , tutte uguali (quelle pesanti coi freni a bacchetta) , guidate da cinesi di ogni eta' scamiciati , tricicli con intere famiglie a bordo , la solita folla che si recava fino alle due tre di notte nella piazza Tienanmen , per assieparsi attorno alla statua della Liberta' , diversa da quella di New York solo perche' reggeva la fiaccola con entrambe le braccia .

Ed ecco i soldati . I soldatini verdi , a vederli da quassu' . La troupe televisiva di Hong Kong si precipita a filmare : gran parte delle riprese di questi giorni sono loro , perche' ci mettono solo tre ore a spedirle in cassetta via aereo alla colonia britannica . Ma , esattamente come due settimane prima , anche questa volta la folla nonviolenta vince : si assiepa attorno alla colonna di soldati , parla , la convince , la avvolge , la inghiotte . I soldatini scompaiono , non sono armati , e non osano tirar fuori i manganelli . C' e' chi dice che siano stati gli strumenti di una calcolata manovra dei " mandarini " : li hanno mandati avanti per giustificare poi l' arrivo dei duri del 27 corpo d' armata .

La notte di sabato 3 giugno questi ultimi fanno le cose in grande . Si presentano in viale Changan con blindati , camion e carri armati . Lunghe colonne corazzate avanzano a notte fonda . Ormai e' domenica e nella piazza Tienanmen rimangono solo poche migliaia di persone . Il tam tam funziona egualmente : la marea umana disarmata si ricrea come d' incanto . Ma adesso , ecco dei botti secchi : partono i gas lacrimogeni . I soldati se ne stanno sui camion e dietro le camionette , questa volta non si lasciano avvicinare . La folla allora rimuove le barriere di cemento e metallo che separano le corsie per le auto da quelle per le bici e crea barricate . Vengono sacrificati anche qualche carretto dei gelati e qualche bici .

Ma nel fumo acre che sale , fra le urla di rabbia e di paura , e nel rumore dei blindati che copre quello degli slogan gridati , si compie il dramma : i soldati cominciano a sparare ad altezza d' uomo . Per qualche minuto la folla non indietreggia . Crede siano solo altri lacrimogeni . Poi invece sangue , corse verso le ambulanze coi carretti , assalti alle autoblindo piu' isolate . E altri spari . La nonviolenza e' finita . Adesso incomincia la guerra .

Nella hall dell' albergo i turisti americani sono spariti . Anche taxi e riscio' non ci sono piu' . Un poliziotto in borghese blocca i giornalisti e i fotografi che vogliono raggiungere la Tienanmen : " C' e' il coprifuoco , se andate fuori vi sparano " . Usciamo lo stesso , con un fazzoletto bagnato di limone sul naso per respirare nonostante i lacrimogeni .

Chissa' se Liu e Bao , i due universitari che ho conosciuto bene in questi giorni , sono sulla Tienanmen , sotto le tende con le bandiere rosse dei loro college , o all' universita' , o a casa . O gia' morti . Non lo sapro' mai . C' e' un ingorgo umano che impedisce di raggiungere la piazza . Molti studenti , eccitati , si stanno lanciando a gruppetti di dieci venti verso i blindati . Ma piano piano i militari avanzano nel centro della strada e noi scappiamo a rifugiarci dentro la hall dell' albergo .

Quando usciamo di nuovo e' troppo tardi : siamo dall' altra parte della " trincea mobile " , in zona " liberata " dall' esercito del popolo . Verso le quattro di domenica mattina rinasce la battaglia , ma questa volta a situazione invertita : la folla di civili preme sui militari che adesso presidiano , sigillandola , la piazza .

Risaliamo sui balconi a luci spente : ci hanno avvertiti che l' esercito spara anche su chi si affaccia alla finestra . Inutile . Non si vede quasi piu' niente , a causa del fumo dei lacrimogeni , dei roghi di alcune barricate e del fuoco appiccato a un camion a duecento metri di distanza . Ma in fondo , sulla piazza , distinguiamo ancora la sagoma bianca della statua della Liberta' . Ogni ora , in parecchie stanze , le radio a onde corte si sintonizzano su Bbc e Voice of America per sapere quel che succede nel resto di Pechino . Giungono infatti notizie di scontri ovunque . Ma anche i corrispondenti delle radio ne sanno quanto noi .

Al mattino , ci dicono che la piazza e' stata " ripulita " . La statua della Liberta' non c' e' piu' . E certamente non ci sara' piu' quel poster satirico , nel sottopasso pedonale della Changan Jie , che raffigurava Deng Xiaoping , Li Peng e il presidente Yang Shangkun alla guida di lussuose Mercedes Benz , e attorno al quale si formavano sempre capannelli curiosi e divertiti . " Le tende le hanno bruciate , ma i ragazzi si sono arresi e li hanno lasciati andare . Cantavano l' Internazionale " , racconta un giovane sul marciapiede .

Ma poi di nuovo , improvvisamente , l' isolato della Changan di fronte al Beijing Hotel ridiventa una trincea di guerra . E questa volta , anche se dai balconi si riesce a distinguere poco di quel che succede sotto le folte chiome degli alberi , i morti sono almeno una decina , tutti civili . Suonano le sirene delle ambulanze " dono del governo italiano " (l' Italia da' alla Cina una fetta degli aiuti per i paesi sottosviluppati) .

Il Beijing Hotel e ' un albergo pieno di spie , a cui gli studenti cinesi non volevano avvicinarsi troppo neanche nei giorni in cui la loro primavera sembrava trionfare : " Ci sono poliziotti in borghese che fotografano tutti i cinesi che entrano per parlare con occidentali " , mi aveva avvertito Liu Dong , l' universitario ventunenne di ingegneria tessile che avrei preferito intervistare davanti a un te ' al gelsomino nel bar dell' albergo invece che nei 35 gradi del " camping per la democrazia " sulla Tienanmen . Un albergo di regime , dove negli anni Cinquanta Mao Zedong e Ciu Enlai venivano a incontrare ospiti eccellenti come Voroscilov e Nasser , e in cui ancor oggi gli impiegati della reception parlano un inglese assai scadente . E' per questo, oltre che per i suoi pessimi ristoranti, che i giornalisti occidentali stavano lontani dal Beijing Hotel , preferendogli lo Sheraton vicino all' aeroporto e alle ambasciate , o lo Shangri La , ultimamente impreziosito dalla sua vicinanza alle universita' .

Gli unici ad assaporare appieno il grosso pregio dell ' hotel la vicinanza alla Tienanmen erano i fotografi e i giornalisti della Tv , che per un mese e mezzo hanno potuto lavorare dietro l' angolo , andando sulla piazza a piedi per immortalare la voglia di democrazia della Cina , e poi la strage . " Abbiamo amici in tutto il mondo " : lo slogan " rivoluzionario solidarieta' internazionale " che campeggia nella hall non e' mai stato piu' vero che nelle ultime settimane , quando tutto il mondo ha seguito col fiato sospeso l' incredibile sfida degli studenti al regime di Pechino .

E anche l' anticipo di un' ora con cui gli inservienti dell' hotel Beijing cambiano , ogni sera alle undici , i tappeti dei sei ascensori con su scritto il nome del giorno in corso , mai e' sembrato piu' appropriato : simbolizza la tremenda voglia che il tempo passi in fretta , che questi giorni della loro vergogna finiscano , l' impazienza senile dei gerarchi comunisti che alla fine li ha traditi , facendoli somigliare a Hitler .

Il gerontocomio era gia' ripiombato a Stalin e a Mao giovedi' primo giugno quando aveva ordinato , come ai tempi eroici , che dalle finestre del Beijing Hotel e di tutti gli altri alberghi e uffici pubblici venissero srotolati i vecchi striscioni rossi con su scritto " Vigiliamo contro il liberalismo borghese " . In quali scantinati , con quanta naftalina sono stati conservati questi datati inviti alle masse ? O forse erano inviti per i bambini , visto che proprio il primo giugno il regime cinese festeggiava in pompa magna la " Giornata internazionale del bambino " , in commovente sintonia con le direttive dell' Unicef .

Peccato che Deng , cosi' sollecito verso gli infanti , spari loro addosso non appena essi crescono e diventano studenti . Ma la maschera di buon nonno di Deng e' caduta in pochi giorni . E mentre il China Daily , il quotidiano in lingua inglese di Pechino , la scorsa settimana copriva la realta' della rivolta studentesca con notizie sul raccolto del grano e sulle leggi antifumo , lunedi' 5 giugno e venuto il secchissimo comunicato del governo : "Abbiamo cominciato a regolare i conti con la controrivoluzione, e andremo fino in fondo" .

I toni liliali del surreale " stato di legge marziale " che il premier Li Peng aveva avventatamente decretato su Pechino il 20 maggio sono lontani . Nessuno pero' - diplomatici , giornalisti , studenti - venerdi' prevedeva un attacco cosi' duro da parte dei " signori della guerra " . Adesso invece tutti dicono tutto e il contrario di tutto : Deng e' morente , Deng sta benissimo e comanda lui in persona i soldati , Deng e' stato esautorato da Yang Shangkun e dai militari , i militari sono uniti , i militari sono divisi .

Una certezza : i morti sono migliaia . E una quasi certezza : la tragedia di Pechino non finisce qui . Venti carri T 59 sul cavalcavia Jianguomenwai , infatti , sono girati in direzione opposta alla piazza Tienanmen : aspettano l' arrivo di altre unita' fedeli ad altri e diversi " mandarini " da Tientsin . I conti si salderanno tra " signori della guerra " ?

A un chilometro dal Beijing Hotel , oltre la Tienanmen , c' e' la nuova Citta' Proibita dove i dirigenti comunisti lavorano e vivono , uscendone raramente . Questo asilo geriatrico, chiamato Zhongnanhai , e' uno splendido parco di 1 . 500 ettari dai prati verdi e rosa . Per uscire dal loro Eden i gerontocrati hanno 18 tunnel segreti . Uno porta direttamente all' aeroporto . Verra' usato presto ? Ma un altro tunnel passa sotto il viale Changan e li collega al Palazzo del popolo , quello sulla Tienanmen dove gli studenti per un mese e mezzo chiedevano si riunisse il Congresso nazionale del popolo .

Richieste ragionevoli , rispettose , patriottiche . Assai poco " controrivoluzionarie " : solo un po' piu' liberta' e un po' meno corruzione . Nel Palazzo del popolo pare che domenica un giovane soldato abbia sparato a Li Peng . Lo ha mancato . Ed e' stato subito trucidato , come i suoi coetanei sulla piazza.

Mauro Suttora

Friday, June 09, 1989

Tien an men, gli studenti

Europeo, 2 giugno 1989

Mal di Cina

55 giorni a Pechino: perche' gli studenti vogliono restare in piazza

Democrazia e diritti umani e' il ritornello di tutti a Tien an men. Ma dietro slogan e cartelli si cela l'amara realta' di un paese povero e di una partitocrazia corrotta. Che i giovani vorrebbero cambiare con la non violenza per credere ad un futuro

dal nostro inviato Mauro Suttora

La signorina Wu Mei Li ha 18 anni e ne dimostra 13. Porta un vestitino rosa, ha un fioccone sui capelli, e per venire a Pechino si e' messa le scarpe di vernice nere col tacco. Frequenta il primo anno di universita' a Xian, l'antica capitale dell'impero cinese a 900 chilometri da Pechino. Facolta': lingue straniere. Da grande fara' la traduttrice, studia l'inglese da un anno e lo parla gia' piuttosto bene. Sa anche il giapponese.

Adesso Wu si aggira in piazza Tienanmen con gli occhi sgranati per la felicita', la stanchezza e la meraviglia, tenendo per mano la sua compagna di classe Chen Hong Moi. Ci hanno messo due giorni per arrivare in treno , lei e altri trenta universitari della sua facolta' . Ma ne valeva la pena : l' ultimo week end di questo " maggio rivoluzionario " cinese rimarra' a lungo per la piccola Wu quello piu' eccitante della sua vita . E la prima volta che viene a Pechino . " Siamo scappate giovedi' , senza dire niente ne' alle nostre famiglie , ne' al preside di facolta' . Se no , non ci avrebbero permesso di venire " . Sono arrivate venerdi' sera e hanno dormito in piazza , per terra.

La notte e' tiepida a Pechino , non fa freddo , non c' e' umido . Sacchi a pelo e stuoie le distribuisce Chai Lin , studentessa ventenne che in questo mese di lotte si e' conquistata sul campo il pomposo titolo ufficiale di " Presidente della protezione della Tienanmen " . E lei a organizzare i 10 mila ragazzi che continuano imperterriti a occupare l' immensa piazza sacra della capitale cinese . Cibo , soldi , acqua , tende , pulizia , megafoni , gabinetti , servizio d' ordine : Chai Lin si occupa di tutto , e per questo adesso e' ricercata dalla polizia , che arresterebbe volentieri i leader per decapitare il movimento.

Il regime ha gia' bloccato i conti bancari su cui finivano i soldi per la solidarieta' agli studenti , assegni provenienti da tutto il mondo . Non e' mai echeggiata finora , pero' , l' accusa di ricevere soldi dall' estero . Quella di Chai Lin e' , comunque , una clandestinita' relativa . La sera di sabato 27 maggio e' riapparsa al comizio sotto il monumento agli eroi della Rivoluzione (quella comunista di 40 anni fa) e , dall' alto del suo metro e mezzo di statura , ha arringato gli studenti con un discorso calmo e ragionato , del tutto privo di retorica .

C' erano anche gli altri due leader piu' in vista della rivolta studentesca : i pallidissimi e glabri Wan Dan (con i suoi occhialoni panorama alla Spike Lee e i capelli alla Beatles) e Wuercaixi (diventato famoso quando ha osato rimproverare al premier Li Peng di essersi presentato in ritardo a uno dei pochi incontri che l'establishment ha concesso agli studenti) . Lo slogan degli studenti di Berkeley, un quarto di secolo fa , era : " Non fidatevi di nessuno oltre i trent' anni". I contestatori cinesi di oggi sono molto piu' giovani : quasi tutti sulla carta d' identita' esibiscono il ' 68 e dintorni come data di nascita.

La rivoluzione di Wu Mei Li e' durata poco . E dovuta tornare a Xian gia' domenica sera, " e speriamo che il preside non si accorga della nostra assenza " . Altre venti ore di treno filate , con i controllori ferroviari ufficialmente redarguiti dal governo perche' non fanno pagare il biglietto ai ragazzi che accorrono a Pechino . Wu ha fatto in tempo , comunque , a visitare un po' dei viali della metropoli , sfilando con il corteo di domenica 28 .

Ti piace Pechino , Wu ? " Si' , perche' e' la capitale del mio paese " . Perche' hai voluto anche tu venire fin qui a protestare , patriottica Wu ? " Perche' voglio democrazia , diritti umani e giustizia " . Cos' e' la democrazia ? " Riformare il governo " . E i diritti umani ? " Poter andare dove si vuole . Io , per esempio , vorrei venire a lavorare come guida turistica a Pechino , ma so gia ' che non potro' farlo . Troppi raccomandati , da padri potenti , dal partito . . . Ma tu piuttosto , e' vero che vieni dall' Italia ? Ah , e' il paese della moda , tutti quei bei vestiti . . . Me lo fai un autografo , mi dai il tuo indirizzo ? " .

Tutti chiedono autografi a tutti , in piazza Tienanmen . Ragazzi e ragazze fanno amicizia offrendosi a vicenda quaderni aperti e penne per firmare . Poi , quando cala il fresco della sera , da qualche tenda si leva il suono della chitarra ; canzoni pop cinesi , ma con melodie che sembrano estratte di peso dai successi di Al bano e Romina.

Forse questa e' la rivoluzione piu' dolce della storia . In un mese e mezzo di manifestazioni , con la terza superpotenza della Terra sbeffeggiata da ragazzi digiuni di politica , solo qualche contuso in una lite periferica con un gruppetto di soldati . Dove hanno imparato la nonviolenza i ragazzi della Tienanmen ? " Gandhi ? Ah , si' , il padre dell' indipendenza dell' India " , borbotta Liu Dong , 21 anni , secondo anno di ingegneria tessile all' universita' di Pechino , vicino alla bandiera rossa con su scritto il nome della sua facolta' . " Martin Luther King ? L' abbiamo studiato anche lui al liceo . Grandi uomini entrambi , hanno lottato per la democrazia e i diritti umani . . . Ammiro tutti quelli che lottano per la giustizia " , sentenzia definitivo .

Inutile cercare di parlare troppo di politica con i giovani cinesi dell' 89 : idee poche , semplici e senza fronzoli . Il ritornello " democrazia e diritti umani " . Un " no al comunismo " dato quasi per scontato ma mai gridato apertamente : tanto quello economico si va sgretolando da dieci anni . E poi perche' pestare inutilmente i calli a ideologi ottantenni ? Questi studenti sono pragmatici e astuti . " Che facciamo se l' esercito viene a sgomberarci ? Ce ne andiamo noi via per primi " , ride Liu , " e poi torniamo in piazza quando se ne vanno i soldati " . Non opporrete resistenza ? " No " , e ridiventa serio , " per la democrazia si puo' lottare solo pacificamente . Anche i soldati devono capire quello che vogliamo " .

Forse aveva ragione Gandhi : la nonviolenza e' antica come le montagne . Ma insomma , il maggio cinese dell' 89 ( " Le 1789 de la Chine " , in francese su un cartello al corteo del 28 maggio) ha vinto o ha perso ? Il detestato premier Li Peng e' sempre li' nella cittadella segreta dove i gerarchi comunisti vivono e lavorano , senza uscirne mai . Anzi , si e' rafforzato . Pero' sono sempre li' anche gli studenti , dopo ben dieci giorni di legge marziale inapplicata . In teoria , l' esercito dovrebbe controllare la citta' . In pratica , Pechino in questi giorni e' una delle citta' piu' smilitarizzate del mondo : non si vede in giro ne' un poliziotto ne' un soldato .

Le uniche dieci divise in piazza Tienanmen sono quelle delle guardie al mausoleo di Mao , alla bandiera e al Palazzo del popolo . I 150 mila soldati chiamati dal dittatore Deng Xiaoping per " fermare il caos " non sono ancora riusciti a entrare in citta' . E in citta' il caos non c' e' : a parte Tienanmen , la vita scorre tranquilla , la gente lavora e riempie come sempre di bici le strade .

Ecco un comico resoconto apparso sul quotidiano dell' esercito : " I soldati e gli ufficiali trasferiti a Pechino per imporre la legge marziale dicono che prima o poi riusciranno a convincere i residenti . . . Tutte le truppe hanno aggiunto capitoli gloriosi agli annali dell' esercito popolare " . Ora , se e' certamente glorioso per un esercito il non sparare sui propri concittadini , e' vero anche che esso e' stato bloccato da una marea umana . Esattamente come capito ' ai militari pro Marcos nell' 86 a Manila .

Il Tg del 29 maggio ha informato che i soldati , dopo essere stati costretti a dormire sui camion per diversi giorni , si sono anche loro sistemati in tenda . Ma molto lontano dalle tende degli studenti in Tienanmen . Il Tg non ha detto , pero' , che il comandante del 38 corpo d' armata , proveniente da Baoding , si e' rifiutato di muoversi perche' tra i manifestanti c' e' sua figlia . E pare che anche il ministro della Difesa stia con gli studenti.

Che strano esercito , che simpatica legge marziale , che buffo dittatore ! L' unica carica attuale di Deng e' , ufficialmente , quella di presidente della commissione forze armate . Ma e' lui il solo , vero padrone della Cina . " Possiamo soltanto aspettare che muoia " , commenta fatalista Bao Gang , 22 anni , studente di relazioni internazionali assoldato in questi giorni come interprete da una Tv americana . Altri sono piu' cattivi : " Deng , ti si e' atrofizzato il cervello , vattene in pensione a giocare a bridge ", intima un poster sulla piazza .

Minuscolo , malfatto e macerato dai suoi 84 anni , il grande vecchio non vuole ritirarsi . Gorbaciov e Raissa , nel loro storico incontro di due settimane fa , lo hanno quasi preso in braccio , stringendolo affettuosamente come un bambolotto . Ma il vecchietto ha ancora una tempra d' acciaio . Il suo passatempo preferito e' mangiarsi i propri attempati delfini ogni volta che questi simpatizzano con gli studenti : Hu Yaoban due anni fa , Zhao Zyang adesso .

Zhao , 70 anni , segretario del partito comunista , lo ha liquidato cosi' : " Ho tre milioni di soldati dietro di me " . L' incauto Zhao gli ha risposto : " Io ho tutto il popolo cinese " . E lui gli ha spiegato : " Allora non hai nulla " . E invece il " nulla " durante questo maggio ha dimostrato di poter contare qualcosa , in Cina .

Gli studenti sulla Tienanmen sono uno schiaffo permanente in faccia a Deng . La loro primavera sembra adesso avere come avversario piu' temibile l' estate , che a Pechino e' gia' arrivata : con il suo caldo , i suoi 35 gradi , la tortura di stare seduti per terra sotto tende di cellophane tenute in piedi da canne di bambu' , o al riparo di qualche ombrellone .

Nell' afa , nelle lunghe ore di attesa , le notizie , vere e false , arrivano e si diffondono come cerchi di pietre buttate in uno stagno . Lunedi' 29 si e' alzata altezzosa l' ennesima sfida al regime : una statua della Liberta' di ben 20 metri , costruita in una sola notte dagli studenti con un' impalcatura di tubi . Naturalmente , l' hanno dedicata " alla democrazia , ai diritti umani e alla legalita " .

Martedi' 30 un improvviso thriller . C' e' chi giura che il governo sta per mandare i soldati all' assalto della statua . Immediatamente torna l' atmosfera di mobilitazione . Le fonti divergono , però c' e' chi valuta in un milione i pechinesi tornati sulla Tienanmen per difendere la Liberta' . Ma i soldati non si fanno vivi e la statua resta li' . Come Mitterrand con la sua piramide del cinese Pei al Louvre , piazzata sulla verticale dell' Etoile , anche gli studenti di Pechino hanno intaccato una storica prospettiva : quella fra il ritratto del presidente Mao e il mausoleo che lo fronteggia , un chilometro piu' in la' .

Adesso la maggioranza degli studenti (o forse una minoranza di arrabbiati , comunque la maggioranza di quelli che occupano Tienanmen) ha deciso di prolungare il sit in fino al 20 giugno . La proposta dei loro capi Wuercaixi e Wan Dan , di levare le tende alla fine del mese e di limitarsi a occupare la piazza ogni domenica , non e' passata . " Staremo qui fino alla vittoria " , annuncia Liu , fiero e inesausto . Quale vittoria , Liu ? Volete le dimissioni di Li Peng e Deng ? " No , ci basta la convocazione del Congresso nazionale del popolo " . Che e' quanto di piu' simile esista in Cina ai nostri Parlamenti : naturalmente non e' eletto , ma non e' neanche controllato totalmente dal partito . Si dovrebbe riunire nel palazzo in cui Gorbaciov e' dovuto entrare dalla porta di servizio , per non inciampare negli studenti . Il suo segretario e' convocato per il 20 giugno , e per questo i ragazzi della Tienanmen hanno scelto quella data come nuovo obiettivo .

Adesso pero' , giorno dopo giorno , aumentano le probabilita' di un intervento dell' esercito . Deng finora ha intelligentemente evitato la prova di forza , e ha usato i militari solo per purgare i liberali di Zhao . Ma se gli studenti in piazza diminuiranno , sara ' piu' facile sgomberarli . I segni di stanchezza ci sono . Non e' uno scherzo tenere occupata la piazza piu' grande del mondo . Dopotutto , gli studenti del maggio ' 68 a Parigi non si sognarono certo di occupare per un mese place de la Concorde , ne' gli italiani piazza del Popolo o gli americani Times square .

Nel " camping " studentesco rifiuti e cartacce svolazzano dappertutto e fermentano sotto il sole di mezzogiorno . Negli ultimi giorni sono arrivati nella piazza migliaia di studenti dalle altre citta' cinesi , accampandosi in permanenza . Gli universitari che abitano a Pechino , invece , in famiglia o nei college , possono andare a turno a dormire e a darsi una lavata a casa .

Liu ci mette un quarto d' ora in bici per raggiungere il suo appartamento : sono 40 metri quadrati dove si affollano in cinque . Oltre al fratello e ai genitori c' e' la nonna . " Mio padre e' d' accordo con me . Anche lui , dal ' 47 al ' 49 , fece parte di un movimento : quello di Mao contro il Kuomintang . E combatte' la guerra civile . Ma non e' iscritto al partito : allora i comunisti stavano dalla parte del popolo , adesso non piu' . Molti leader del Pc sono ricchi e corrotti . E anche i loro figli " .

Fra due anni , quando comincera ' a lavorare come ingegnere , Liu prendera' 55 yuan (15 mila lire) al mese , come tutti i giovani al primo impiego . Unico vantaggio : la leva non e' obbligatoria , e gli universitari sono troppo preziosi per non lavorare . Suo padre , pensionato , guadagna 200 yuan (60 mila lire) , che e' lo stipendio medio di professori e impiegati . E vero che un chilo di riso costa solo cento lire , e il biglietto del bus dieci . Ma e' comunque miseria nera , Terzo mondo , anche se nessuno muore di fame . Perfino la bici e' un lusso . L' auto , neanche parlarne : 20 mila yuan . Solo una famiglia su cinque ha il frigo .

Le ragioni della rivolta sono gia' tutte qui . Forza Wu , coraggio Liu ! Avrete trent' anni nel Duemila : il prossimo secolo sara' tutto vostro . E forse , con un po' di fortuna , riuscirete a farlo cominciare con qualche anno d' anticipo. Senza ammazzare nessuno, questa volta.

Mauro Suttora