Friday, February 10, 1989

Il treno della leva

In divisa sul treno della domenica da Verona al Friuli

L'ULTIMA TRADOTTA

Si chiamano Gianfranco, Mauro, Diego. Vengono da Torino, Tropea, Bergamo. E ogni settimana si incontrano sui vagoni che li riportano in caserma. Fra noia e spinelli

di Mauro Suttora

Europeo, 10 febbraio 1989
 
Il treno numero 2596 parte ogni sera alle 19.58 da Verona. Va verso est: Vicenza, Treviso, Pordenone. Ma solo la domenica viene prolungato fino a Pontebba, in Friuli. Serve a riportare nella loro caserma i soldati di leva che per il fine settimana hanno ottenuto una licenza a casa. È un treno sempre pieno zeppo, con centinaia di giovani che ogni volta rimangono pigiati in piedi per ore. 

Ma almeno questo sovraffollamento non avviene per colpa delle ferrovie dello Stato. È fatale, infatti, che l'ultimo treno utile per rientrare prima del fatidico limite di mezzanotte sia l'unico preferito dai ragazzi. Per loro ogni mezz'ora in piu' rubata dalla casa alla caserma e' d'oro . Cosi', preferiscono due ore in piedi a un viaggio comodo due ore prima.

Da qualche settimana, però, la "tradotta dei deportati di leva", com'e' stato soprannominato il Verona-Pontebba della domenica, e' diventato il treno della discordia. Per due motivi. Il primo e' la campagna scatenata dal Psi contro la droga. Sostanza di cui, non e' un mistero, si fa largo uso durante la naia. Semplicemente per sfuggire la noia , o per astrarsi da un ambiente poco piacevole. 

"La leva produce drogati", e' la dura accusa di don Antonio Mazzi, uno dei piu' attivi preti antidroga di Milano. Cosi' ultimamente e' successo diverse volte che, al loro arrivo a Udine a mezzanotte, i soldati siano stati accolti non dagli autobus e dai camion militari per riportarli in caserma, ma dalle perquisizioni dei finanzieri con tanto di segugi antidroga.

"Ci bloccano nel tragitto obbligato del sottopassaggio", racconta Mirko di Bergamo, "e uno alla volta ci fanno annusare dai cani. Cosi' per terra compaiono improvvisamente decine di pezzi di hashish e ciuffi di marijuana di cui la gente si disfa prima di essere beccata ". 

Il secondo motivo di discussione e' la proposta lanciata dal Pci di abolire o almeno dimezzare la leva. Nel qual caso, il treno Verona Pontebba potrebbe anche essere soppresso. Un esercito di volontari professionisti , infatti, non avrebbe bisogno di 100mila soldati (un terzo del totale) acquartierati perennemente in Friuli aspettando un invasore che, grazie a Gorbaciov, si spera sempre piu' improbabile. Facciamo allora un viaggio in questo treno della "droga di leva", su cui hanno gia' viaggiato centinaia di migliaia di italiani maschi passati attraverso l'esperienza della naia in Friuli.

Quali sono le parole dei marmittoni dell'89? Da Verona a Vicenza il 2596 e' un treno svizzero. Carrozze nuove e pulite , colorate di arancione e viola , poltrone semivuote. Il convoglio si ferma a ogni stazione , fa servizio locale per rastrellare tutti i fortunati che dai paesini di Lonigo, San Bonifacio o Altavilla possono cosi' approdare direttamente in caserma. 

A Vicenza, invece, il diluvio. Assaltano ogni spazio disponibile i soldati scesi dal treno intercity in partenza da Torino alle 17 , che ha raccolto tutti i piemontesi e i lombardi. 

Gianfranco , 22 anni , viene da San Mauro , un paesone appena fuori Torino . Suo padre , immigrato siciliano , ha un' officina di carpenteria metallica , lui si e' diplomato odontotecnico , ma aspettando il militare ha lasciato perdere i denti e si e' messo a lavorare con il padre . " Mi mancano sei mesi , sono partito ad agosto. Ma ho gia' capito che questo e' un anno perso , non serve assolutamente a niente . Serve solo a tenerci lontani dalle famiglie e dal lavoro. Comunque la vita militare fa capire bene quello che e' l' Italia : una grandissima schifezza , dove contano solo il potere e i soldi . Gli ufficiali se la prendono con i sottufficiali , e i sottufficiali si rifanno con noi". 

Gianfranco sta in una delle basi militari piu' importanti del mondo: quella di Aviano, sopra Pordenone . Li' ci sono gli americani , con le loro bombe atomiche e gli aerei F 16 sempre in volo pronti a caricarle e a sganciarle. Ma lui , nella sua camerata della caserma Zappala', di tutto cio' non si rende conto. " Si' , siamo dentro alla base , ma non nella parte riservata agli americani . Li' non puo' assolutamente entrare nessuno di noi . Vediamo gli americani soltanto qualche volta nelle pizzerie del paese , dove arrivano con le loro macchinone targate Afi (American Forces Italy , ndr) . In settembre , appena sono arrivato ad Aviano dopo il Car , c' era una specie di esercitazione della Nato , Display Determination , ma non ho capito bene cosa fosse . Tanto , per quello che fanno fare a noi , interessarsi e' completamente inutile " . 

Non gliene importa nulla , insomma , a Gianfranco , di " mostrare determinazione " nelle esercitazioni . Finora ne ha fatta una sola , vicino a un paese dal nome stupendo che pero' evoca ricordi tremendi nei marmittoni : Casarsa della Delizia . Per dieci giorni lui , che in caso di guerra sara' telefonista , ha dovuto assicurare i collegamenti via cavo fra il campo e la base . Poi e' ricominciato il tran tran in caserma . Comunque li' dentro e' una vita di merda . Un sottufficiale basta che incroci un sottotenentino e deve scattare sull' attenti per salutarlo . No , no . . . Se dovessi metter firma , farei il corso ufficiali . Sicuro come l' oro " . 

Di fronte a Gianfranco, un giovanotto dai capelli bruni scuote la testa . " Perche' , non sei d' accordo ? " , gli domanda Gianfranco . " No " , risponde quello , " non e' affatto vero che gli ufficiali trattino male i sottufficiali . Io sono ufficiale di complemento , mai mi sognerei di mancare di rispetto a un sottufficiale . Quanto alla carriera , e' evidente che ci siano delle differenze : per diventare sottufficiali basta la terza media , per il corso ufficiali ci vuole il diploma " . 

Scopriamo che stiamo parlando con l' ufficiale medico di una caserma di Sequals , il paese del pugile Primo Carnera . L' ufficiale medico e' un figura mitica nelle nostre forze armate . Su di lui convergono insistenti tutte le speranze di ogni soldato : permessi , ricoveri , " imboscamenti " . Il nostro viene da Tropea , in Calabria , ha 30 anni , e' laureato in medicina e ha fatto il corso per ufficiali medici di tre mesi a Firenze (ne escono cento al mese) . Sta ritornando da Torino , dove ha visitato parenti . " Sono soddisfatto dei miei 15 mesi di leva , ho potuto aiutare molti giovani " . In che senso " aiutare " ? Mandandoli a casa per malattie immaginarie ? " A vent' anni e' difficile avere malattie gravi " , ammette , " la meta' viene da noi solo perche' stressata psicologicamente . Il mio comandante e' un amico , ma io ho la testa dura . Cosi' ho potuto aiutare molti ragazzi " , ripete , sorridendo enigmatico . 

La sua esperienza piu' divertente e' stata curare per mezzo mese gli americani della Guardia nazionale (cittadini normali che danno alle forze armate un mese all' anno e un week end al mese ) venuti in Italia per un' esercitazione Nato . Rambo con pancetta ? " Loro giocavano . Pero' ci credono : sono convinti di essere venuti in Europa per difenderci . Noi , un po' meno . Abolire la leva ? Mi sembra una buona idea " . 

" No , e' meglio dimezzarla , la leva . Ma farla fare veramente a tutti, allo stesso modo , senza discriminazioni . Oggi rimangono a casa in troppi. Invece, un po' di militare e' utile". È l'opinione di Mauro, 21 anni, bergamasco. Gli mancano 140 giorni. Sta a Udine in un ufficio, nella caserma Spaccamela. Studia economia e commercio, sotto militare e' riuscito a dare un esame. "Ma concentrarsi e studiare e' difficile". Sostiene che per imparare a fare il soldato bastano tre mesi . Ma soprattutto non riesce a capire perche', avendo il sabato libero, lo lasciano uscire di caserma solo alle 12. "Cosi' ieri sera sono arrivato a casa alle sette e mezzo. E oggi alle cinque sono dovuto ripartire".

Peggio e' andata a tre milanesi "in fuga" da Trento per un giorno solo : hanno fatto sette ore di treno per il piacere di stare a casa tre ore. "Pero' adesso, con la primavera , andremo sul Garda", medita uno, " che e' un bel puttanaio dove si puo' incampanare". 

Di donne, invece, in Friuli meglio non parlarne. "Quelle sono tutte vaccinate", ride Gianfranco di Torino, "devono sopportare militari da cinque generazioni!". Diego, 19 anni, da Saronno, e' triste. Quattro giorni fa lo hanno trasferito d'improvviso a Vittorio Veneto dalla base delle Frecce tricolori. Perche'? "Non lo so, mi hanno detto che avevano bisogno di un autista. Ma non e' vero. La verita' e' che li' dentro e' tutto sbagliato". E la droga? "Spinelli a non finire. Ma di nascosto naturalmente".

Ecco la stazione di Udine. La torma di scontenti corre verso gli ultimi pullman. Molti devono prendere il taxi. Per questa volta i cani antidroga non c' erano.
Mauro Suttora

Friday, January 20, 1989

Cemento di favore

I piani urbanistici della giunta rosso verde

Europeo, 20 gennaio 1989

Costruzioni per 19 milioni di metri cubi in tre anni. La presenza dei due assessori ecologisti non ha cambiato le abitudini del municipio lombardo. Se non in peggio

di Mauro Suttora

Una colata di cemento. Diciannove milioni di metri cubi di nuovi palazzi verranno costruiti nei prossimi anni a Milano: l'equivalente di 25 duomi o di una nuova città di 200 mila abitanti. E questo il bilancio del primo anno di vita della giunta "rosso verde" capeggiata dal sindaco socialista Paolo Pillitteri. Sono passati dodici mesi da quando il sindaco cognato (di Bettino Craxi), dopo aver conquistato nell'86 la poltrona di Carlo Tognoli (pur avendo solo 8 mila voti di preferenza contro i 70 mila dell' attuale ministro delle Aree urbane), effettuò un clamoroso "ribaltone": nello spazio di un pomeriggio mollò gli alleati Dc, Pri e Pli per tornare in giunta con il Pci, assieme al quale i socialisti avevano governato Milano dal '75 all'85.

"Giunta calce e martello" fu subito battezzata , a causa dello scandalo Ligresti che vedeva (e vede tuttora) sul banco degli imputati ex assessori psi e pci compiacenti con il costruttore finanziere siciliano. "Una ligrestata", commentò laconico il conte Carlo Radice Fossati , assessore dc all' urbanistica che aveva rivelato nell'86 i favori della giunta rossa a Ligresti, e che per questo e' stato eliminato assieme all' altro assessore" moralizzatore", il repubblicano Franco De Angelis .

Al loro posto , novita' assoluta non solo in Italia ma in tutta Europa e nel mondo intero, Pillitteri ha pensato bene di installare due verdi : un po' per necessità (Psi e Pci a Milano da soli non hanno la maggioranza), un po' per potersi fregiare dell'aureola di "rosso verde".

Ebbene, a un anno di distanza il bilancio della giunta in teoria più ambientalista del mondo è desolante . La città non ha un albero in più di quelli , pochi e malati , che gia' possedeva (anzi, ne sono stati sradicati un centinaio per far posto a un megapalasport con uffici a San Siro). L' assessore verde all' ecologia informa garrula i cittadini che un giorno si' e uno no vengono sorpassati i limiti massimi di inquinamento (l'Organizzazione mondiale della sanita' ha definito l' atmosfera di Milano come la piu' avvelenata del mondo , fra l' incredulita' patriottica degli assessori meneghini). Non e' stato varato alcun piano di raccolta differenziata dei rifiuti , unico modo per ridurre la spazzatura urbana che minaccia di debordare dalle discariche.

Lo scarico di ogni water e fogna milanese continua a finire direttamente in Adriatico, via Lambro e Po , senza alcuna depurazione. L'acqua potabile e' piena di trielina e atrazina , ma , invece di bonificare falde e pozzi, i politici sognano faraonici e costosi impianti di potabilizzazione dell' acqua di Ticino e Adda. Unico provvedimento preso contro il caos del traffico : la chiusura del centro alle auto anche nel pomeriggio. Non è che l'esecuzione della volonta' del 70% dei cittadini che l'aveva chiesta con un referendum fin dall'85.

Ma soprattutto la giunta Pillitteri bis e' riuscita , con la benedizione dei due assessori verdi Cinzia Barone e Piervito Antoniazzi , a battere ogni record : in un solo anno ha approvato piu' progetti edilizi a grande impatto ambientale che in tutti gli ultimi dodici anni . Un nuovo " sacco di Milano " dopo le caotiche speculazioni degli anni ' 50 e ' 60 , come accusano i verdi che ormai sconfessano i loro assessori ?

Vediamo le cifre . Il nuovo Piano pluriennale di attuazione , approvato in aprile , prevede la costruzione di ben 19 milioni di metri cubi nei prossimi tre anni . Dodici milioni rappresentano l' eredita' del passato , ma gli altri sette sono nuovi : 3 , 8 a residenza (con il famigerato piano casa ligrestiano : 250 ettari di verde agricolo sacrificati a case , in gran parte di lusso) , 1 , 3 di capannoni industriali e 1 , 8 a terziario . Poi c' e' un megapalasport a San Siro (area vincolata a verde) circondato da 12 grattacieli di dieci piani per uffici : un milione di metri cubi , con annessa una contestatissima metropolitana sopraelevata di sette chilometri inventata con la scusa dei mondiali di calcio .

Mezzo milione di metri cubi di nuove case sono stati approvati in giugno e infine , in ottobre , oltre un milione di cubatura in nuovi alberghi . Il piu' grande e' anch' esso piena area vincolata a verde pubblico , alla Cascina Monlue' . Ben tre hotel sono stati affidati all' architetto Laura Lazzari , moglie dell' ex assessore pci ai Lavori pubblici Epifanio Li Calzi , travolto in maggio dallo scandalo De Mico . Un albergone da 600 posti se l' e' aggiudicato anche Claudio Dini , presidente psi della Metropolitana milanese lottizzata . Totale : dieci milioni di metri cubi .

Ma il grosso business edilizio della Milano fino ad oltre il Duemila , con un valore di 15 mila miliardi , sara' quello delle aree industriali dismesse . Dopo decenni di chiacchiere , infatti , sta finalmente partendo la piu' importante operazione urbanistica degli ultimi quarant' anni : riguarda ben 400 ettari di terreni , anche in zone centrali , dove un tempo sorgevano fabbriche ormai disattivate . Un' occasione storica e irripetibile , quindi : nasce oggi la metropoli del prossimo secolo , un po' come il barone Haussmann fece nascere un secolo fa l' odierna Parigi . Meglio : non ci sara' bisogno , questa volta , di dolorosi sventramenti di case civili . E magari si riuscira' anche a risarcire Milano per la sua cronica mancanza di verde (cinque metri quadri per abitante , in fondo alle classifiche d' Europa) .

Queste perlomeno erano le intenzioni : Pillitteri ha sempre sbandierato orgoglioso la promessa di destinare a verde la meta' delle aree dismesse . Una promessa scritta nero su bianco nel programma della giunta . Promessa non mantenuta : come mostriamo nelle tabelle , infatti , i progetti delle quattro aree principali (Pirelli , Montedison , Centro direzionale e Fiera : ben 220 ettari su 400) , completati in estate , prevedono verde per una percentuale complessiva del 21% . E qui si scopre il trucco : " La quota del 50 % promessa comprende anche i servizi " , spiega il successore di Radice Fossati all' urbanistica , l' assessore psi Attilio Schemmari .

Ma " servizi " possono essere tutto : parcheggi , strade , piazze , scuole , stadi e financo , volendo , stazioni o aeroporti . " I parcheggi e tutto il resto , pero' , sono di asfalto o di cemento " , constata lapalissiano l' architetto Alberto Ferruzzi , presidente milanese di Italia nostra , " i parcheggi a prato non li hanno ancora inventati " . Anche includendo parcheggi e " servizi " , pero' , i conti non tornano : la percentuale complessiva nei quattro progetti e' del 39% . Ecco allora apparire una seconda giustificazione : " Il 50% si riferisce al totale delle aree dismesse , non a ogni singolo progetto " , taglia corto Schemmari . E qui si accettano scommesse . Infatti , una volta cementificate le prime quattro grandi aree , nelle restanti la quota a verde dovrebbe , per compensazione , salire al 70% . E quale privato sara' mai disponibile a trasformare in parco una percentuale simile dei suoi preziosissimi terreni ?

Non sara' certo questo il destino , per esempio , della vasta area ex Redaelli a Rogoredo (45 ettari) , attigua a quella Montedison ma assai piu' ambita , perche' servita direttamente da metro' , ferrovia e autostrada : l' ha appena comprata per 40 miliardi un consorzio di 12 grandi imprese di costruzione (che notoriamente non piantano alberi) , fra le quali spicca un connubio di tipo siciliano fra cooperative rosse e societa' assai chiacchierate (la Cogei dei Rendo di Catania) . "

Il trucco di farci ingoiare il cemento un pezzo alla volta lo sta tentando anche l' Italstat del dc Ettore Bernabei , con il suo maxiprogetto Portello Fiera da un milione di metri cubi " , sostiene l' architetto Giovanni Simonis , battagliero rappresentante dei cittadini nel quartiere Fiera : " Vogliono partire subito sull' ex fabbrica Alfa Romeo del Portello Sud , costruendo uffici per 60 mila persone lontano dal metro' , con appena 7 mila posti auto e infilando fra i palazzi un parcheggio alberato che gabellano per verde pubblico . Poi , per il futuro , ci promettono piu' verde sull' area Portello Nord , fino a piazzale Accursio " .

Non sono pero' solo gli abitanti della zona a contestare l' espansione della Fiera in loco . Anche nel mondo imprenditoriale aumentano le perplessita' . La Camera di commercio , per esempio , propone di decentrare la Fiera . E a Milanofiori e Lacchiarella Carlo Cabassi e Silvio Berlusconi hanno gia' pronti nuovi padiglioni . " Tutte le citta' del mondo hanno il quartiere fieristico in periferia , non si capisce perche' Milano debba soffocare ulteriormente una zona centrale gia' congestionata per 200 giorni all' anno " , rileva Adriano Ciccioni , un manager dal passato di radicale che guida i verdi " del sole che piange " , in contrasto con gli assessori pro Pillitteri del " sole che ride " , anzi che " se la ride " .

Se molti verdi e l' intero quartiere Fiera lacrimano , neanche attorno alla Bicocca si sta allegri . Il progetto che l' architetto Vittorio Gregotti ha preparato per la Pirelli , chiamato pomposamente Tecnocity , e' quello che batte ogni record negativo in fatto di verde : appena il 12% . E questo in un' area assai carente di alberi , che potrebbe costituire un polmone di collegamento fra i parchi Nord , Martesana e Lambro . Poche domeniche fa numerosi aderenti al Wwf sono stati bloccati dalla polizia mentre cercavano di piantare alberi sull' area desolata del parco Nord (istituito ben dieci anni fa con relativo consiglio di amministrazione lottizzato) e con personale e uffici , ma mai realizzato .

La situazione migliore e' a Sud , a Montecity , dove la Montedison ha destinato a verde quasi un terzo della superficie . Tanta munificita' e' stata facilitata , per la verita' , dal gran regalo ricevuto dal Comune : 35 ettari di proprieta' pubblica (la meta' dell' area) in cambio di appena sei ettari Montedison alla Bovisa (dove sorgera' il nuovo Politecnico) e di un altro alla Martesana . A sua volta Raul Gardini si e' impegnato a decentrare a sud est gli uffici Montedison di Foro Buonaparte . " Ma soprattutto " , insinuano i verdi " piangenti " , " c' e' l' impegno di affidare grossi appalti edilizi alle coop vicine a Pci , Psi e Dc (Acli) , come ha confermato Tognoli in consiglio comunale : e' una forma di tangente ai partiti , visto il ruolo di finanziamento e clientela delle coop . Il resto andra' a Ligresti , che e' azionista Montedison " .

Anche sul progetto del centro direzionale Garibaldi Repubblica , dopo un decennio di rinvii , si stende l' ombra del malaffare . Fa gia' bella mostra di se' , monumento alla corruzione degli anni ' 80 , il grattacielo delle Fs progettato da Laura Lazzari . Secondo i computer della Codemi , De Mico per quel grattacielo ha versato una tangente di piu' di un miliardo anche all' ex assessore psi Gianstefano Milani (ora deputato) e a Rocco Trane , esponenti della cosiddetta " sinistra socialista ferroviaria " . Ma non e' finita qui . Tuttora De Mico possiede tre ettari su 33 del centro direzionale la cui stragrande maggioranza (il 75% ) e' invece in mano pubblica : sei ettari delle Fs , 18 del Comune . Ebbene , il nuovo palazzo della Regione verra' costruito non sull' area pubblica ma , combinazione , proprio sul fazzoletto di De Mico .

In totale , sulle quattro aree dismesse principali sorgeranno quasi cinque milioni di metri cubi di palazzi e centri commerciali . Di questi un milione e mezzo solo per uffici . C' e' davvero bisogno di questo ulteriore diluvio di terziario a Milano citta' mentre tutto il mondo , grazie anche alle nuove tecnologie telematiche , si decentra il piu' possibile per decongestionare i centri urbani ? Sara' la legge del mercato a stabilirlo , punendo chi ha fatto i conti sbagliati .

Pillitteri adesso ce l' ha a morte con la Regione (dove la Dc prevale) che non vuole modificare gli " standard " urbanistici (il rapporto fra superficie edificabile e non) . " E qui il piu' grosso scandalo di Milano " , sostiene Basilio Rizzo , consigliere comunale di Dp . " Secondo la legge urbanistica , infatti , in citta' non solo non si potrebbe costruire piu' , ma esiste addirittura un deficit di ben sei milioni di metri quadri per verde e servizi " . Insomma , gia' oggi c' e' troppo cemento e troppo pochi alberi : lo " standard " dovrebbe essere di 26 metri quadri di verde e servizi per abitante , a Milano invece ce ne sono molti di meno . Ma forse alla fine la Regione cedera' a Pillitteri , e cambiera' la legge , oppure verranno conteggiati come " servizi " anche caserme e ferrovie .

Rischia di ripetersi , insomma , la storia dell' atrazina nell' acqua potabile : superati i limiti d' allarme , invece di ridurre l ' inquinamento i politici hanno decuplicato i limiti . Cosi' tutto ritorna formalmente in regola . Ma a Milano , da quando l' amministrazione si regge sui voti determinanti dei due verdi , le proteste ecologiche spontanee invece di diminuire sono aumentate . Proprio come l' acqua che , tappata da una parte , fuoriesce da tutte le altre .

Mauro Suttora
(ha collaborato Roberto Schena)


Europeo 17/02/1989

lettere

L' articolo " Cemento di favore " apparso sul n . 3 di Europeo conteneva disinformazioni di cui ho cercato di dare un esempio con la mia lettera pubblicata sul n . 4 del giornale . La risposta di Europeo alla lettera pubblicata sempre sul n . 4 contiene altre disinformazioni . Vorrei informare che il Comune di Milano , per quanto riguarda la variante di Garibaldi Repubblica , non ha regalato a chicchessia terreno o volumetrie ne' direttamente ne' attraverso le Fs . In cambio , percio' , il Comune di Milano non ha dato ne' avuto alloggi per ferrovieri .

Attilio Schemmari assessore all' urbanistica del Comune di Milano

A proposito dell' articolo di Mauro Suttora intitolato " Cemento di favore " pubblicato su Europeo n . 3 , intendo precisare che , contrariamente a quanto riferito per interposta persona dall' autore , e' pura invenzione dire che avrei sostenuto in Consiglio comunale l' esistenza " dell' impegno di affidare grossi appalti edilizi alle cooperative vicine a Pci , Psi , Dc " nell' ambito dei piani urbanistici della giunta municipale di Milano , peraltro ancora oggi lontani dalla fase degli interventi esecutivi .

Carlo Tognoli , ministro per le aree urbane


Risponde Mauro Suttora .
Confermo parola per parola quanto ho scritto . 1) Favori del Comune a De Mico . Il terreno delle Varesine (dove c' e' il luna park) vale 3 , 7 miliardi quando , nel marzo ' 85 , il Comune lo permuta con le Fs . In novembre , a loro volta , le Fs lo cedono a De Mico in cambio della sua promessa di costruire 400 alloggi per i ferrovieri . Intanto il valore del terreno si decuplica perche' il Comune ne cambia la destinazione : da verde pubblico a edificabile .

Nel maggio ' 86 , infine , altro favore del Comune a De Mico : l' assessore Milani (attualmente sotto inchiesta per le tangenti di De Mico) gli fa avere un finanziamento per gli alloggi dei ferrovieri . Oggi il terreno di De Mico e' valutabile attorno ai cento miliardi . E evidente il ruolo di " sponda compiacente " del Comune di Milano nei traffici Fs De Mico .

2) Il ministro Tognoli ha la memoria corta . Ecco le sue parole testuali (verbale del Consiglio comunale di Milano del 29 . 6 . 87) : " C' e ' la disponibilita' della Montedison a cedere meta' dei volumi per la residenza (di Montecity , ndr) a cooperative o imprese che realizzino edilizia agevolata . . . E un vantaggio considerevole . . . " . Chi " disinforma " e " inventa " ? Il giudizio al lettore .

Friday, January 13, 1989

Esercito sprecone

Un rappresentante dei soldati denuncia

Le forze armate? "Si autogiustificano". I militari? "Fanno i giardinieri, gli sguatteri, i facchini". E pagano anche

di Mauro Suttora

Europeo, 13 gennaio 1989

La nuova legge sulla disciplina militare del 1978 non ha cambiato nulla?

"No , ha cambiato molto", risponde un rappresentante del Cocer. "Prima i militari di leva erano degli esseri in completa balia dei loro superiori , c' erano abusi clamorosi nei confronti delle persone . Oggi la vita nelle forze armate e' molto diversa , il '78 e' stato per i militari una specie di ' 68. Ma i militari di carriera , compresi gli ex del movimento sottufficiali democratici vicini al Pci, continuano a considerarci come manodopera gratuita".

Eppure quelle italiane sono le forze armate con la più alta percentuale di soldati di leva d'Europa : un vero esercito di popolo.

"Si' , ma il 'popolo' ci sta solo dodici mesi: soffre , si tura il naso , si annoia , si droga , conta i giorni e scappa via. Gli sprechi delle nostre forze armate sono leggendari , non c' e' bisogno che li racconti io . L' esercito ha lo scopo di rendere difficile il facile attraverso l' inutile , dice una battuta : il triste e' scoprire che e' vera . Se mi si rompe la tomaia di un anfibio , possono passare anche tre mesi prima che il magazzino la ripari . Il guaio è che gli sprechi si giustificano proprio con l' abbondanza dei soldati di leva gratis .
Per esempio , costa di piu' far gestire la mensa di una caserma da dieci civili professionisti , o da trenta avieri demotivati ? Finche' il nostro soldo giornaliero sara' di 4.130 lire , probabilmente converra' usare gli avieri . Ma dubito che, in un calcolo complessivo di gestione ottimale delle risorse, ficcare laureati in geologia dentro a una cucina rappresenti un guadagno per le forze armate , e piu' in generale per lo Stato , che non riesce a utilizzare le preziose competenze di cui dispone per un anno.
Io personalmente, nonostante fossi impegnato per due tre settimane al mese a Roma , dove il Cocer si riunisce a palazzo Salviati, ho fatto una cinquantina di 'guardie' alla mia base , vicino a Verona . Beh , qualunque ente , privato o pubblico , per la sorveglianza esterna utilizza le telecamere, no ? Invece quella struttura ad altissima intensita' di forza lavoro che sono le forze armate italiane , piu' vicine in questo alla Cina che all' Europa , non si modernizza perche' deve far passare in qualche modo il tempo ai marmittoni " .

Dalle sue parole sembra che le forze armate italiane siano un cock tail micidiale fra la tradizionale inefficienza dello Stato aggravata dalla rigida mentalita' militare.

"La colpa non e' dei singoli: io quest' anno ho conosciuto anche molti ufficiali in gamba, che mi hanno insegnato parecchio. Il dramma per i soldati di leva nasce appunto quando si è finito di imparare. Lo stesso capo di stato maggiore della Difesa Mario Porta ammette che per addestrare la stragrande maggioranza della leva bastano sei mesi , e che tutto il tempo in piu' serve solo a garantire la velocita' di mobilitazione in caso di emergenza. Ma la Svizzera e' in grado di mobilitare mezzo milione di civili trasformandoli in soldati nel giro di 48 ore : non vedo perche' noi non potremmo fare lo stesso , con una popolazione dieci volte superiore".

Il Cocer quindi sarebbe favorevole a una riduzione della leva ?

"E' un problema che non abbiamo affrontato . Figurarsi, non riusciamo neanche ad avere un incontro con il ministro della Difesa Valerio Zanone: è da sei mesi che lo sollecitiamo inutilmente".

Di che vi siete occupati , allora?

"La nostra battaglia principale e' stata per il rispetto dell' articolo 52 della Costituzione , che sancisce la gratuità del servizio militare. Lo scandalo e' che oggi , in realta' , le famiglie di 300 mila ragazzi sono costrette a pagare per far fare il servizio militare ai propri figli . Un giovane infatti non ce la fa con 4 mila lire al giorno : un giornale , una telefonata , un cinema , una pizza . . .
La dieta che fornisce la caserma dev' essere spesso integrata, i biglietti per tornare a casa in licenza li paghiamo noi al 50%. Insomma , oltre al danno di non essere stati esonerati e di aver perso un anno di lavoro o di studio, la beffa di dover finanziare la naia . Dare 10 mila lire al giorno ai soldati di leva costerebbe appena 600 miliardi di più, ma solo il Pci e' favorevole.
In compenso , i militari di carriera sono i meglio retribuiti di tutto il pubblico impiego , con buste paga gonfiate dalle varie indennita' . Chi va in missione in Usa prende cento dollari netti al giorno , pur mangiando e dormendo gratis nelle basi americane." Cosi' adesso sono tutti li' : con la scusa di imparare a usare i nuovi missili Patriot , che fra l'altro ci costano un occhio della testa. Invece di far venire dieci americani in Italia, hanno organizzato una trasferta di massa negli Stati Uniti".

Mauro Suttora

Friday, December 30, 1988

Israele e Palestina, intifada

ORA SPARIAMO

I territori occupati di Israele 

dal nostro inviato Mauro Suttora

Europeo, 30 dicembre1988

Gerusalemme ovest (Israele)
Yerushalaim, anno 5749 dell' era ebraica. 

Per il signor Edoardo Recanati, 54 anni, la strada che da Gerusalemme porta a Bet Lehem e poi giu' fino a Hebron e' la "strada dei patriarchi". La percorre due volte al giorno, per andare al lavoro al mattino e per ritornare a casa la sera: in tutto, cinquanta chilometri.
Ma giovedi' 15 dicembre questo metodico pendolare ha trovato la strada bloccata: i ragazzi palestinesi dell'intifada hanno ricominciato a tirar pietre, e allora il signor Recanati ha dovuto fare un lungo giro con la sua Lancia Delta bianca per evitare i posti di blocco .

Il 15 dicembre 1988 è una data che Recanati si ricorderà per un pezzo: "Siamo tutti sotto shock, anche se ce l'aspettavamo".
La svolta degli Stati Uniti, che accettano Arafat come interlocutore, avra' un impatto concreto molto maggiore sulla vita di Recanati che su quella degli altri tre milioni di israeliani .
Lui , infatti , e' uno dei 70 mila " coloni " ebrei che dal 1977 in poi (cioe' da quando e' salita al potere la destra del Likud) sono andati a stabilirsi in Cisgiordania .

Questi coloni rappresenteranno la piu' grossa spina nel fianco del futuro Stato palestinese , che si dovrebbe creare nei territori occupati per vent' anni da Israele .
"Arafat e' solo un terrorista criminale " , accusa Recanati . Difficile , quindi , che lo possa accettare come suo presidente . E allora ? Andarsene , profughi cacciati da altri profughi ? " Non ci pensiamo nemmeno " , sorride calmo , " siamo qui per restare " . 
Recanati vive a Tkoa , un villaggio di 400 persone in cima a una montagna spelacchiata . Da lassu' , una vista impareggiabile : da una parte i campanili e i minareti di Betlemme e Gerusalemme , dall' altra la valle del Mar Morto . In fondo , quando l' aria e' tersa , le luci di Amman , la capitale della Giordania .

Recanati e' arrivato qui una decina d' anni fa da Roma , dove faceva il manager , e dove ha lasciato cinque figli . Si e' risposato con una sudafricana e adesso ha due piccoli nella bella casetta di Tkoa . Alle elezioni di novembre ha votato per il partito di estrema destra Moledet , guidato dal generale della riserva Abramo Zeevi (soprannominato ironicamente 'Gandhi' perche' assomiglia , solo fisicamente , al leader della nonviolenza ) . Parola d' ordine di Moledet , che ha avuto il 2% dei voti e due deputati : " Trasferimento " . Tutti i palestinesi di Cisgiordania e Gaza non disposti a riconoscere l' annessione a Israele dovrebbero essere mandati via . Con le buone o con le cattive ? " Pagandoli , pagandoli " , propone Recanati . " Ma lo sa che una volta il rabbino Meir Kahane fece pubblicare su un giornale arabo una finta inserzione in cui offriva viaggio pagato e una certa cifra per i palestinesi che avessero voluto emigrare nel mondo ? La casella postale fu cosi' ingolfata di risposte che Kahane venne denunciato per disturbo di servizio pubblico " .

Insomma , comprare un milione e mezzo di palestinesi . Oppure deportarli . Eppure Recanati non e' un fascista . Anzi : anche lui , come tanti ebrei italiani , piange molti parenti morti nei lager nazisti . E proprio per fuggire dai fascisti suo padre da Roma si stabili' per dieci anni a Tunisi .
"Nel 1967 ero nel Psiup , estrema sinistra, progressista , laico , terzomondista , Vietnam e tutto quanto... Pochi giorni prima della guerra dei Sei giorni un mio amico , giornalista dell'Unità , mi propose di scrivere un articolo , in quanto ebreo , spiegando perche' Israele non aveva diritto di esistere , e come i paesi arabi lo avrebbero spazzato via . . . " . 

Non era neppure religioso , Recanati . Poi , d' improvviso , il colpo di fulmine . Il richiamo della Terra Promessa . Della terra dei patriarchi . " Qui , su questa stessa strada , quattromila anni fa camminavano Giuseppe e Giacobbe . Proprio qui , sullo spartiacque fra la valle del Giordano e il mare " , dice entusiasta mentre mi porta sulla sua auto da Gerusalemme a Tkoa .
Posto di blocco dell' esercito israeliano : " Qui c' e' la linea verde , il vecchio confine del' 67 . Non mi piace , non capisco perche' Israele continui a fare questa differenza . Ormai non esiste piu' la Cisgiordania " . Quella che tutto il mondo chiama Cisgiordania o " territori occupati " , infatti , per lui sono solo Giudea e Samaria : " Le regioni bibliche che fanno parte di Israele , da sempre " .

A un certo punto Recanati accosta a destra e si ferma . Siamo all' altezza della tomba di Rachele , la seconda moglie di Giacobbe . Va dietro , apre il cofano , tira fuori un mitra , torna al volante e posa il mitra fra i due sedili : " E proibito sparare , ma farlo vedere serve . Una volta due coloni che erano rimasti bloccati fra due barricate di palestinesi hanno sparato in aria e loro sono scappati . Il bilancio di un anno di intifada pero' , Recanati , e' di 400 morti palestinesi contro otto ebrei : ammettera' che il vostro esercito vi difende spargendo troppo sangue ? " Per me la vita e' sacra , anche un solo morto e' sempre troppo . Ma le pietre sono proiettili . Magari non ammazzano ma feriscono , mutilano , accecano . Davide con una pietra conquisto' un regno , no ? " .

E qui si scopre il tremendo affronto che , piu' sul piano simbolico che su quello concreto , i palestinesi hanno fatto agli israeliani in quest' anno di intifada : si sono impossessati dei sassi, dell' arma dei poveri , di quella stessa arma con la quale il massimo eroe d' Israele elimino' il gigante Golia . Per i palestinesi passare dalle bombe alle pietre e ' stato un segnale di buona volonta' ; per molti israeliani , al contrario , un simbolo di perfidia estrema . " E di vigliaccheria , anche " , aggiunge Recanati , " visto che mandano avanti i bambini " .

Come tutti i pomeriggi , i negozi palestinesi della disordinata periferia di Gerusalemme sono chiusi per sciopero. Aperti solo i venditori di souvenir per i torpedoni di turisti cristiani in pellegrinaggio verso Betlemme. D' improvviso Recanati riconosce un passante arabo , si ferma e gli da un passaggio per due chilometri: "E' Hassan , da quando l'Olp ha ordinato lo sciopero ha dovuto chiudere il suo negozio di fruttivendolo e adesso lavora come autista dei bus della societa' Egged . Peccato , da lui compravamo ottima frutta . Veramente una brava persona " . 
Lei non odia i palestinesi , signor Recanati ? " Assolutamente no . E neanche loro odierebbero noi , se non ci fosse l' Olp a istigarli . Crede che Hassan adesso sia contento di fare l' autista ? Solo che non puo' dire nulla , altrimenti l' Olp lo ammazza per collaborazionismo " . 

Oltrepassiamo Betlemme , arriviamo a Beit Sahur. Sulla strada, sassi. Qualche resto di copertone bruciato.
"Ahi, qui sta succedendo qualcosa", mormora Recanati preoccupato. D'improvviso, dietro una curva, dei ragazzini. Qui ragazzi arabi per le macchine con targa israeliana significano pietre, bombe molotov. Come minimo vetri rotti, se non peggio. Freniamo. Recanati alza il mitra. I ragazzi scappano dietro il ciglio. Ho le gambe dure per la paura : tirare pietre sarà forse "nonviolento" ma far da bersaglio non è piacevole. Anzi, è terrorizzante .

Recanati mi guarda soddisfatto: "Così anche lei ha avuto un assaggio di intifada".
Arriviamo a Tkoa, in cima alla collina. Recanati e sua moglie mi accolgono cordialmente nella loro casa, mostrano la terra che coltivano, i radar dei militari israeliani che li proteggono. Loro non ci credono proprio che su questa terra nascera' lo Stato di Palestina.

E allora , continuerete per l'eternità a demolire case palestinesi, come li' , sulla collina di fronte, a Kissan ?
"La punizione collettiva è l'unica che gli arabi capiscono . Fa parte della loro cultura".
E l'opinione pubblica mondiale?
"Cosa ha fatto l'opinione pubblica per Auschwitz ? Nulla, così abbiamo imparato a difenderci da soli". 
Shalom, pace, signor Recanati.

Mauro Suttora

Ora speriamo

A Gerusalemme credevano che l'intifada fosse un sogno. Cosa la Palestina pensa di Israele

dall'inviato Mauro Suttora

Europeo, 30 dicembre 1988 

Gerusalemme Est
Al Qods (Palestina), anno 1409 dell'era musulmana

Per il signor Nasser Hamammreh, 24 anni, la strada che da Gerusalemme porta a Bait Lahm e poi giu' fino a Khalil è quella che percorre in cellulare ogni volta che gli israeliani lo arrestano. 
E gia' successo sei volte : la prima quando aveva 15 anni , l' ultima lo scorso settembre , quando e' rimasto in carcere per tre settimane.
Giovedi' 15 dicembre questo " figlio della rivoluzione", vanto del presidente Arafat, questo " generale ragazzo " che in un solo anno di intifada ha fatto fare piu' strada alla Palestina che non in vent'anni di guida da parte dei vecchi colonnelli dell' Olp , ha esultato in silenzio . Esattamente come aveva fatto un mese fa , alla proclamazione dello Stato di Palestina : il coprifuoco imposto dai militari israeliani soffoca infatti ogni manifestazione di gioia . "Siamo tutti sotto shock , anche se ce l' aspettavamo " , commenta adesso Nasser , all' inizio delle trattative fra Olp e Usa a Tunisi . 

È sabato mattina , a Gerusalemme tutto tace : gli ebrei osservano scrupolosamente il riposo del " shabbat" . Nel bollettino quasi quotidiano delle case palestinesi rase al suolo per rappresaglia dagli israeliani , pubblicato sul Jerusalem Post, leggiamo che nel villaggio di Kissan , vicino a Betlemme , ieri sono state distrutte dalle ruspe ben 23 case su 28 . Ci colpisce non solo la quasi totale distruzione di un villaggio , ma anche la mancanza di motivazioni addotte dalle autorita' israeliane : " Erano costruzioni abusive " , ha dichiarato il portavoce dell' esercito , senza accennare al lancio di pietre contro auto israeliane , che e' il motivo di rappresaglia piu' comune .
Se pero' si applicasse il criterio di buttar giu' tutte le case palestinesi abusive della Cisgiordania , ne rimarrebbero in piedi ben poche.

Saliamo su un taxi guidato da un palestinese (che fortuna per Israele gli arabi che lavorano al sabato!) e ci facciamo condurre a Kissan. Ma dopo Betlemme il tassista si confonde e ci porta a Husan . Incrociamo una camionetta dell' esercito israeliano che sta pattugliando il paese e i soldati ci consigliano di non entrare , perche' il taxi ha targa israeliana (gialla , mentre quelle dei territori occupati sono blu) . Cosi' scendo e mi incammino da solo verso il centro di Husan . Dopo pochi minuti sono circondato da ragazzini , poi si ferma una scassatissima Volkswagen e due giovani mi chiedono chi sono . Stabilito che non sono un agente del Mossad travestito da giornalista per identificare i capirivolta di ogni villaggio (e' capitato) , vengo invitato a casa di Nasser Hamammreh . 

E una bella villetta circondata dalle viti, con stanze pulite e disadorne . In quella dove vengo fatto accomodare c' e' una pila di cuscini in un angolo . Di notte , per dormire , li stendono per terra . È mezzogiorno. Il padre di Nasser va nell' altra stanza a inginocchiarsi in direzione della Mecca. È l'unico in casa a lavorare (Nasser ha cinque fratelli e due sorelle), guadagna 50 shekel (poco piu' di 50 mila lire) al giorno come muratore in un' impresa di costruzioni. "Io ne guadagno 40, quando riesco a lavorare " , dice Nasser . 
Dove ? " Ho fatto un corso di hotel management e ho lavorato in diversi alberghi a Gerusalemme : Shalom , Intel , Sinai . . . Ma quando , dopo due tre mesi , scoprono che sono stato in prigione per motivi politici mi licenziano ".
E lo Stato palestinese nascera' , Nasser ? " E gia' nato , un mese fa . Prima o poi gli israeliani si renderanno conto che non possono opprimerci anche a casa nostra ".
Secondo te , perche' Israele non vuole dare l' indipendenza alla Palestina? "Innanzitutto perche' la Cisgiordania per loro rappresenta un buon mercato , con manodopera a basso costo . E , poi , per ragioni di sicurezza " .
Voi che sicurezza potete garantire a Israele ?
" L' abbiamo detto mille volte : vogliamo vivere in pace con tutti , lo Stato palestinese vicino a quello israeliano " .
Un bel sogno, per ora.
"Avevano detto che era un sogno anche l' intifada , che ci avrebbero distrutto in pochi giorni , poi in poche settimane . Invece siamo sempre qui " .
Cosa faranno adesso quelli dell' Hamas , il movimento dei fondamentalisti islamici che , soprattutto a Gaza , contestano Arafat e continuano a predicare la distruzione completa di Israele ? 
" Arafat e' il leader di tutti . Anche se io , personalmente , vorrei che quella palestinese fosse una repubblica islamica . . . " .
Sei anche tu di Hamas ?
" No , io sto piu' per George Habbash " . E Habbash e' appoggiato dalla Siria . Cosa pensi del presidente siriano Assad? 
"È un fratello".
Come , un fratello ? Ma se i siriani hanno attaccato i campi palestinesi di Al Fatah poche settimane fa in Libano ? "Si' , e' vero , e' un killer " .
Un fratello o un killer ?
" Sia fratello sia killer . Ma il problema non e' questo . Piuttosto , perche' l'Europa non ci aiuta ? " .
Aiutate voi me , adesso : portatemi a vedere il villaggio di Kissan, dove ieri gli israeliani hanno demolito 23 case palestinesi.
" Va bene " . 

 Montiamo sulla Volkswagen assieme ad Atef Al Mugrabi, un amico di Nasser che deve ritornare al campo profughi di Dehesha (10 mila abitanti , contro i 2 .700 di Husan) , dove la sua famiglia vive dal 1948. 
Attorno a Husan ci sono oliveti , vigneti , campi di pomodori. Sopra una collina , una specie di fortilizio. "È l'insediamento ebraico di Hadar Betar : ci stanno 50 coloni , molti terreni li hanno sequestrati a noi senza indennizzo " , accusa Nasser .
Avete rapporti con loro ?
"No . Il loro autobus passa per Husan due volte al giorno . L' ultima volta che un ragazzino gli ha tirato qualche sasso contro , sono arrivati i soldati israeliani . Hanno lanciato gas lacrimogeni e ci hanno picchiato . Poi , senza dire nulla , hanno tolto acqua ed elettricita' a tutto Husan per 17 giorni " .
" In aprile hanno arrestato anche me " , aggiunge Atef , " quando mi hanno liberato dopo quattro mesi di prigione i miei bambini non mi riconoscevano " .

Il campo profughi di Dehesha e' sulla strada Gerusalemme-Hebron, quella che per gli ebrei e' "la via dei patriarchi". Le sue baracche sono separate dalla strada con una rete alta cinque metri , per impedire il lancio di sassi sulle auto . 
Scarichiamo Atef e la sua famiglia e ci dirigiamo verso Kissan . Ci perdiamo nel dedalo di colline color ocra del deserto di Giudea . Poi un uomo su un mulo ci indica la direzione e arriviamo a Kissan al tramonto . Fa freddo , il vento soffia , l' aria e' pulita . Lo spettacolo e' drammatico : sul ciglio di una collina , in mezzo al nulla , senza un albero attorno , ci sono due case tra i detriti . E tre tendoni bianchi della Croce rossa tedesca.

Dalle tende escono i palestinesi di Kissan che fino a ieri abitavano nelle case rase al suolo dalle ruspe israeliane. Nasser fa da interprete , questi sono beduini che parlano solo arabo. 
"Sono arrivati ieri mattina e hanno buttato giu' tutto in tre ore . Dicono che erano case abusive , e che il terreno non e' nostro . Ma non e' vero , abbiamo il contratto di proprietà". 
Uno dei beduini si infila sotto una tenda e ne esce fuori con in mano un papiro ingiallito conservato nel cellophane : " Ecco il contratto , risale al 1905 ! " , esclama fiero . " Ma agli israeliani dei contratti dell' impero ottomano non importa nulla " , spiega Nasser , " probabilmente anche quassu' gli ebrei stanno meditando di costruire un insediamento di coloni ".

Ritorniamo a Gerusalemme. Al primo incrocio sulla strada da Hebron , dopo Kissan, un cartello giallo: indica la direzione verso Tkoa, l'insediamento israeliano dove abita Edoardo Recanati. Proprio lassù, sulla collina di fronte a Kissan. Salam, pace, Nasser.

Mauro Suttora

Friday, December 23, 1988

L'Irpinia e De Mita

De Mita s.p.a.

Scandali ricostruiti nel feudo del presidente segretario

Le hanno provate tutte , persino un cantiere navale in cima alle montagne . Ma finora i miliardi destinati all' Irpinia e dintorni dopo il terremoto hanno prodotto solo 380 posti di lavoro . E una valanga di finanziamenti a fondo perduto

di Mauro Suttora

Europeo, 23 dicembre 1988

Mai nella storia d' Italia tanto potere politico si e' concentrato in cosi' pochi chilometri quadrati . La provincia di Avellino sta infatti regalando alla patria il capo del governo , il capo del maggiore partito , il numero due del maggiore partito , il capo della regione piu' importante , il capo della Rai tv , il capo dei senatori del partito di maggioranza , il vicepresidente della Camera , un potente senatore gia' ministro per il Mezzogiorno, un altro senatore autorevole membro della direzione del maggiore partito...
Irpini ad honorem per contiguita' geografica sono altresi' il portavoce unico del partito di maggioranza , nonche' il massimo responsabile dei servizi segreti . Anche il direttore dell' Osservatore romano , organo ufficiale del papa , e' avellinese.

Alcune di queste cariche si assommano nella stessa persona , altre nella stessa famiglia . Il quotidiano di Napoli Il Mattino ci ha rivelato inoltre , domenica 11 dicembre , che la Banca popolare d' Irpinia di cui quasi tutti gli eminenti sopra citati sono azionisti sta per conquistare la leadership sull' intera Italia meridionale.
Niente male , per una provincia che non arriva a 500 mila abitanti . Altro che Cavour, Crispi, Giolitti, Mussolini, De Gasperi ,Moro ,Craxi : nessun capo di governo , prima di Ciriaco De Mita da Nusco , aveva mai potuto contare su una squadra cosi' imponente di conterranei piazzati nei posti chiave della nazione . Cosicche' i detrattori di De Mita parlano adesso di " clan degli avellinesi " , mentre i suoi ammiratori si compiacciono per l' inusitata fertilita ' dell' Irpinia , fino a ieri oscura e povera provincia.

E' con timoroso rispetto, quindi, che ci rechiamo nel cuore del genio politico italico per controllare se per caso corrispondano al vero alcune maldicenze . Prima fra queste , che i 63 mila miliardi stanziati per la ricostruzione dopo il terremoto in Irpinia del 1980 siano troppi e malspesi . E poi , se De Mita si sia arricchito grazie al terremoto, come insinuano i comunisti. O, perlomeno, se abbia fatto arricchire parenti e amici.

Certo Nusco e' non meglio collegata oggi al resto dell' Italia di quanto lo fosse dieci anni fa . Di treno , neanche parlarne : non solo il paesello di De Mita ma anche il capoluogo Avellino sono pressoche' irraggiungibili da Napoli in ferrovia , a meno che non si vogliano spendere giornate intere per percorrere pochi chilometri . La caratteristica principale dell' unica ferrovia irpina , che attraversa i fondovalle dei fiumi Calore e Ofanto , fino alla Puglia , e' quella di avere le stazioni piazzate in mezzo al nulla , a vari chilometri di distanza dai paesi di cui pure esibiscono il nome.
I vagoni pero' non sono vuoti: una dozzina di controllori basta a riempire ogni treno. Ma questo e' uno spreco comune a molti altri rami secchi della penisola . In corriera la situazione non migliora di molto : le 2.500 lire del biglietto Avellino-Nusco garantiscono solo che i 40 chilometri del tragitto vengano compiuti in circa due ore (due ore e mezzo se si passa per Bagnoli Irpino). Insomma , in Irpinia chi non ha la macchina e' quasi perduto.

Per fortuna a Nusco il visitatore puo' riposare nell' accogliente e nuovo hotel Colucci , tre stelle , 44 camere . Ammirando dalla terrazza a 900 metri di altitudine il panorama sul massiccio del Vulture , i monti del Matese e l' appennino Dauno , ci consoliamo per il freddo glaciale (nevica gia' da meta' novembre) assaggiando il maiale al finocchietto , i " cicalucculi " , il fegato " cu lu ' nghippu " nonche' il leggendario torrone irpino . In tutto nell' hotel ci sono due ospiti : tecnici romagnoli per la zona industriale . C' e' piu' gente d' estate ? " No , e' sempre cosi ", risponde il proprietario , desolato .
La carenza di turisti non gli ha impedito pero' di chiedere un contributo di tredici miliardi al Fondo per la ricostruzione . Infatti , oltre al contributo a fondo perduto del 75% per le nuove iniziative industriali (l' aiuto piu' alto mai concesso dopo una disgrazia nel mondo occidentale) , la generosa legge pro terremotati prevede anche di regalare soldi a non meglio precisate " imprese di servizi per le infrastrutture " alle aree industriali .

Sui tavoli dell' Italtecna (il consorzio Iri Italstat , quindi dc , che dovrebbe garantire l' " Alta vigilanza sull' esecuzione degli interventi " ) e' cosi' piovuta una valanga di richieste di finanziamenti per alberghi , imprese di trasporti e perfino per un " centro commerciale per la vendita di prodotti in pelle " che la signora Teresa D' Argenio sarebbe lieta di aprire in Avellino citta' . Citta' dove , come denuncia Maurizio Galasso del Wwf , dopo il terremoto c' e' stata una rovinosa speculazione edilizia : " E adesso vogliono costruire un' autostrada in citta' che funzionera' da tangenziale per arrivare a un megacentro commerciale completato da tempo ma mai aperto . Rovineranno una delle ultime aree verdi , taglieranno un sacco di alberi " .

Naturalmente , tutto il fervore economico che si e' impossessato dell' Irpinia negli ultimi anni provoca anche benefici indiretti : e' il famoso " indotto " , parola magica che i politici locali spiattellano quando si fa loro presente che il costo per ogni posto di lavoro creato finora e' di due miliardi e mezzo e di circa un miliardo a persona . Cifra smentita dal responsabile (avellinese ) dell' Ufficio che eroga i fondi , Elveno Pastorelli (l' ex capo dei pompieri che raggiunse la notorieta' grazie alla tragedia di Vermicino) : secondo lui il costo per addetto sara' meno di 300 milioni . Ma solo quando (e se) le imprese cominceranno tutte a produrre .

Per ora , invece , la realta' e' assai piu' preoccupante : " Soldi spesi , un migliaio di miliardi . Industrie insediate a oggi : 57 . Posti di lavoro : 380 , invece dei 3 . 500 promessi . Per ottenere il costo pro capite basta fare una divisione " , spiega secco Angelo Giusto , responsabile enti locali del Pci irpino . Il quale , peraltro , desume i suoi dati dalla relazione presentata dallo stesso Pastorelli al Parlamento in settembre , e aggiornata a cinque mesi fa . E questa , esiste gia' , la " relazione " invocata dal segretario socialista Bettino Craxi lunedi' 12 dicembre al posto della commissione d' inchiesta voluta dalle opposizioni , dal Pli e accettata perfino dai democristiani .

E l' "indotto" ? Un piccolo esempio di indotto e' il depliant dell' hotel Colucci di Nusco , stampato dalla Poligrafica irpina . Questa e' una delle 14 industrie che si sono stabilite nella zona industriale di Nusco . " Per noi la ricostruzione e' stata una manna " , spiega Gerardo Calabrese , il proprietario , " perche' prima operavamo gia' qui , ma ci mancavano le infrastrutture : strade , telefoni , l' elettricita' andava via venti volte al giorno . Adesso invece si puo' lavorare " . La Poligrafica ha 28 dipendenti , un fatturato di circa due miliardi l ' anno , e ha ricevuto un contributo di cinque miliardi e mezzo . Accanto c' e' la Dielve , che produce vetro ultraresistente per l' Enel : " Abbiamo iniziato due mesi fa , abbiamo 70 dipendenti " , dice l' ingegner Carmine Tirri . Otto miliardi li ha avuti la Dietalat , il cui stabilimento scintilla sotto il sole di fronte a un prato dove pascolano le pecore .

Questo e' il piu' grosso regalo che Calisto Tanzi , il padrone della Parmalat e di Odeon tv , abbia fatto al suo amico Ciriaco : 58 nuschesi da due anni sfornano focaccine e pizze . Veramente l' impegno era per 101 dipendenti , ma la legge consente che il 70% del totale possa essere raggiunto nello spazio di quattro anni . " E adesso " , annuncia Sergio Piccini , portavoce della Parmalat , " con il lancio della torta frutta faremo 35 assunzioni a tempo determinato " . Un regalo ancora piu' grande , pero' , e' stato Ciriaco a farlo . A se stesso . Infatti la piu' grande delle otto nuove aree industriali in provincia di Avellino sara' proprio questa di Nusco : 200 miliardi di contributi alle 14 aziende (che promettono a pieno regime 980 addetti) , piu' imponenti investimenti in superstrade , elettrodotti , acquedotti . Inoltre sono vicinissime a Nusco anche altre due aree industriali : quelle di Sant' Angelo dei Lombardi (due imprese , 178 addetti , 29 miliardi di contributi) e Morra De Sanctis (cinque imprese , 594 addetti , 95 miliardi) .

Guarda caso , a Morra De Sanctis e' nato Giuseppe Gargani , 53 anni , da sempre fedelissimo di De Mita , deputato , presidente della commissione Giustizia alla Camera , e soprattutto da quando in aprile Ciriaco e' diventato presidente del Consiglio coordinatore della segreteria dc . Cioe' , numero due del partito , perlomeno fino al congresso . A Morra si e' verificato l' ormai celebre fiasco della Tormene , che inopinatamente avrebbe dovuto produrre barche in un " cantiere " piantato in mezzo ad aspre montagne . Costo per il contribuente : piu' di quattro miliardi . Ma neanche le altre tre iniziative (Fisa , Flexplan e Teletecnica) hanno trovato sorte migliore : nonostante abbiano ingoiato 16 miliardi di contributi , rimangono dei fantasmi . Allora l' anno scorso e' intervenuta , provvidenziale , l' Aeritalia di Napoli (che nella lottizzazione delle Partecipazioni statali spetta alla Dc) , la quale in cambio di 75 miliardi promette di creare 360 posti di lavoro .

A Sant' Angelo dei Lombardi (uno dei comuni piu' colpiti dal terremoto : 500 morti sul totale delle 3 mila vittime) si sono invece installate due aziende : la Ferrero , che da' lavoro a 127 persone (contributo : 24 miliardi) e la Ifs (Industria filtri sud) . I capannoni di quest' ultima sono terminati , perfetto e' il raccordo stradale : peccato che non sia presente nessuno dei 51 addetti promessi , e che non ci sia alcun segno di vita . La Ferrero , invece (che qui produce la sua famosa Nutella) , la scorsa settimana si e' assunta anche un altro incarico molto importante per la provincia di Avellino : sollecitata dal prefetto Raffaele Sbrescia e dalla Coldiretti , si e' impegnata a comprare ben 80 mila quintali di nocciole (materia prima della Nutella) dai diecimila contadini irpini che le producono , e che negli ultimi due anni sono stati messi in crisi dalla concorrenza turca . Cosi' , grazie alla piemontese Ferrero , gli alberi di nocciole irpini non verranno tagliati .

Un' altra grande industria del nord che e' calata in provincia di Avellino approfittando dei contributi post terremoto e ' l' altoatesina Zuegg . Si e' stabilita nell' area industriale di San Mango sul Calore , vicina , questa , al paese di Montefalcione , dove e' nato Nicola Mancino (presidente dei senatori dc da quattro anni e capogruppo al consiglio comunale di Avellino) . A San Mango , pero' , per ora tutto tace . La Zuegg infatti offre solo lavori stagionali ai suoi 40 addetti che producono marmellate . Ma anche le altre nove industrie non sono ancora in produzione , nonostante i 129 miliardi di finanziamenti a fondo perduto e i capannoni che sono quasi tutti gia' pronti .

" Inizieremo l' attivita' entro la fine dell' anno " , promette Helmut Kling , un imprenditore tedesco che ha ricevuto 22 miliardi per il suo calzaturificio , dove dovrebbero lavorare 200 persone . Il problema e' che il signor Kling ha gia' , da nove anni , un calzaturificio a Mercogliano , nella zona industriale di Avellino (area non terremotata) . Adesso vorrebbe che una cinquantina dei suoi 160 operai di Mercogliano si trasferissero a San Mango , che dista 30 chilometri , per avviare gli impianti . I sindacati e anche il sindaco di Mercogliano lo accusano di stare in realta' preparando la chiusura o la vendita del vecchio impianto , per trasferirsi nel nuovo . In pratica , un rinnovo degli impianti a spese dello Stato . Ma Kling nega , e assicura di volersi tenere entrambi gli stabilimenti . Quanto all' obbligare 50 operai a fare i pendolari fra Avellino e San Mango , non potra' essere certo lui , che ogni week end se ne torna in auto nella sua casa a Verona , a comprendere le virtu' della sedentarieta' .

Nella zona industriale di Lacedonia , all' estremo oriente dell' Irpinia , si e' verificato il caso della Mulat . E un caso significativo . Siamo nel feudo del senatore dc Salverino De Vito , 62 anni , non rimpianto ministro per il Mezzogiorno fino all' anno scorso . De Vito e' anche sindaco di Bisaccia , comune dove nel 1987 c' erano ancora 450 famiglie rifugiate in container . Quattro anni fa la Mulat , un' azienda che impacchetta latte (proveniente dalla Germania : quello munto dalle vacche locali viene considerato troppo acido) , chiede e ottiene venti miliardi promettendo 98 posti di lavoro . Ebbene , oggi i 23 dipendenti sono in cassa integrazione , e il proprietario vuole chiudere .

Il proprietario e' il fratello del segretario regionale della Dc campana , l' avellinese Antonio Argenziano . Anzi , proprio segretario no : e' " coordinatore della segreteria " , in attesa che l' attuale segretario , il senatore Ortensio Zecchino di Ariano Irpino (membro della direzione nazionale dc , demitiano di ferro) si faccia piu' in la' . Ma Zecchino , imitando in questo De Mita , tituba , non vuole mollare la poltrona : meglio il partito o lo Stato ? E allora , per tener calmo lo scalpitante Argenziano , nonche' per premiare la sua professionalita' medica (di concessionario Renault) , ecco che gli regala una seconda poltrona : consigliere di amministrazione dell' Usl di Ariano Irpino . Ma non e' finita qui . Argenziano infatti in totale di poltrone ne ha quattro . E anche responsabile enti locali della Dc di Avellino , e soprattutto presidente della potente Asi (Associazione sviluppo industriale) , la quale vorrebbe prendere in gestione le aree industriali . Cosi' forse potra' fare altri favori alla Mulat di suo fratello .

Nel turbinio della intricata vita politica irpina pochi giorni fa si e' anche verificata la nomina del socialista Pasquale Ferrara a vicepresidente dell' Asi . Lo ha messo li' non il Psi , ma la Dc : Ferrara infatti era consigliere comunale di Avellino , ma la prima non eletta socialista , Enza Battista , aveva fatto ricorso per brogli elettorali . Allora il capogruppo dc Mancino , piuttosto che rischiare di perdere la maggioranza assoluta conquistata nell' 85 , si e' trasformato in paciere per le liti socialiste : ha fatto entrare la Battista in consiglio comunale tacitandola , e ha ricompensato Ferrara con la vicepresidenza dell' Asi .

Ecco, la Democrazia cristiana di Avellino e' una macchina cosi' oliata e perfetta da poter risolvere persino le liti altrui . Ai recalcitranti promette posti , gli irriducibili vengono irrimediabilmente emarginati . I figli , e i giovani , se fedeli , vengono lautamente ricompensati : cosi' Biagio Agnes da Serino ha assunto al suo Tg1 il figlio dell' ex sindaco dc di Avellino Giovanni Pionati , nonche' Luigi Marzullo , irpino noto piu' come accompagnatore della first baby Antonia De Mita che per la sua attivita' giornalistica . L' unico ribelle e' rimasto Giuseppe De Mita , nipote di Ciriaco . La sua tremenda colpa? Democristiano , ma andreottiano.

Mauro Suttora

Friday, November 18, 1988

Onorevole rabbino

Dopo la vittoria degli ebrei fondamentalisti alle elezioni

dal nostro inviato a Gerusalemme Mauro Suttora

Scuole e cinema. Ascensori e occhiali. Il Tempio e il servizio militare. I deputati religiosi, ago della bilancia nella Knesset, si batteranno per questo. E anche contro i palestinesi? No, semmai contro i sionisti. In nome della Bibbia, naturalmente

Europeo, 18 novembre 1988

I più contenti sono gli oculisti e gli ottici. La vittoria dei quattro partiti religiosi di Israele, infatti, provocherà sicuramente un aumento dei fondi statali per le scuole private ebraiche, le yeshiva. E i rabbini sono insegnanti implacabili: i bimbi affidati alle loro cure imparano a leggere prestissimo, anche a quattro anni. Dopodiché, giù a studiare la Bibbia e il Talmud per tonnellate di ore, anche dieci al giorno.

Risultato pratico: è pressoché impossibile trovare, fra gli ebrei ortodossi, uno che non abbia dovuto ricorrere agli occhiali già in tenera età. Occhialuti e occhiuti, gli ultras della religione affollano severi le strade di Gerusalemme. Eccoli stazionare alle otto di ogni venerdi sera in Ben Yehuda, la strada chic del centro: controllano che tutti i cinema rispettino il riposo coatto dello shabbat. Eccoli affrettarsi a passi rapidi verso la città vecchia e il muro del pianto, dove però al tramonto i canti e le litanie dei figli di Israele sono sovrastati dalle lamentazioni del muezzin della moschea Al Aqsa.

Paradosso della storia: il luogo più sacro della religione ebraica, il Tempio costruito da Salomone tremila anni fa e distrutto due volte (dai babilonesi nel 586 avanti Cristo, dai romani nel 70 dopo Cristo), è tuttora in mani islamiche. Nel 1967 i soldati israeliani conquistarono Gerusalemme Est, ma si guardarono bene dal profanare i luoghi sacri agli arabi e ai cristiani. Ebbene, oggi non è raro trovare, sulle macchine di Gerusalemme, adesivi con su scritto "Il Tempio è nostro". Gli estremisti della religione e del nazionalismo infatti gradirebbero dare la scalata al muro del pianto, e impadronirsi dell'intera collina del Tempio. 

"Tanto, l'Islam ha molti altri luoghi sacri. Per noi invece questo è l'unico", spiegano i temerari. Non tutti gli ebrei fondamentalisti, però, sono così antiarabi. Anzi, nel rione ortodosso di Mea Sharim l'amore per la religione spesso fa velo a quello per la nazione. "Request and warning: women, dress properly", sta scritto sullo striscione all'entrata del quartiere. Donne, vestitevi adeguatamente: una richiesta, ma anche un avvertimento. Per le goy, le non ebree, "vestirsi in maniera adeguata" significa coprirsi le braccia e le gambe fino al ginocchio: comandamento facile da rispettare. Ma sulle proprie donne gli ortodossi infieriscono: raramente fuori di casa, e rapate a zero per non suscitare lussuria neanche nel coniuge. Il marito, in cambio di tanta mortificazione dei sensi e di perdita di diottrie sui libri della Torah, ha però un vantaggio rispetto agli altri cittadini maschi di Israele: non deve farsi i tre anni di servizio militare.

Ed è questo il punto di frizione più grosso fra i partiti religiosi e tutti gli altri, di destra come di sinistra: i 20 mila giovanotti con treccioline, cappello e caffettano nero che "approfondiscono la Bibbia" e che, ogni anno, evitano l'esercito. Contro di loro, gli strali di tutti: "Non entrerò in un governo che favorirà la diserzione di massa", minaccia il generale Rafael Eitan, capo del partito di estrema destra Zomet. Da sinistra gli fa eco Ran Cohen, deputato del Ratz, il movimento per i diritti civili : "Posso capire duemila studenti di religione esentati ogni anno, ma 20 mila sono veramente troppi".

Uno di questi obiettori religiosi è Eliezer Weiss, marito di Rachel, la donna di 27 anni bruciata viva a Gerico il giorno prima delle elezioni dalla bombe molotov palestinesi . Sono stati soprattutto i quattro morti di Gerico (Rachel e i suoi tre figli) a provocare l'aumento dei voti per i partiti religiosi, passati dal 10% del 1984 al 15% di oggi. Il bus attaccato a Gerico portava la famigliola da Tiberiade a Gerusalemme, dove Eliezer e Rachel, entrambi figli di rabbini, tornavano per votare. Si erano trasferiti a Tiberiade due mesi fa perché il marito voleva studiare per un anno religione in un nuovo collegio . E così era Rachel a lavorare per mantenere la famiglia.

I palestinesi non potevano scegliere come loro vittime una famiglia più tipicamente ebrea di questa. Il suocero dell'assassinata infatti, il rabbino Shraga Weiss, è nientemeno che il capo di tutte le scuole private religiose del partito Agudat. "Rachel invece aveva 17 fratelli, e la sua famiglia è a Gerusalemme da otto generazioni", bisbiglia ammirato uno studente di yeshiva presente al funerale. Al corteo funebre , fino al cimitero sul monte degli Ulivi, ha partecipato tutta la Gerusalemme religiosa. Una marea di uomini in spolverino nero, che però non si sono lasciati andare: quando alcuni estremisti di destra hanno sventolato cartelli con su scritto "Dio vendicherà il sangue dei suoi servitori, Deuteronomio 32:43", li hanno guatati con un silenzio di disapprovazione.

I partiti religiosi si disapprovano fieramente anche fra loro. Lo scandalo di queste elezioni è stato il rabbino Eliezer Schach, uscito dal partito Agudat per fondarne uno nuovo, Degel Hatora. Il capo di Agudat, rabbino Menachem Porush, felicissimo per essere passato da due a cinque seggi, è tuttavia amareggiato per la frattura, che ha portato in parlamento anche due deputati di Degel Hatora: "Hanno riesumato una divisione vecchia due secoli fra hassidim e mitnagdim, gli ebrei lituani".

Andiamo al quartier generale di Degel Hatora a Gerusalemme: "No journalist, speak hebrew here". In verità molti ortodossi fra loro non parlano neppure ebraico, bensì yiddish. Quanto all'inglese, quei pochi che l'hanno studiato non hanno nessuna intenzione di esibirlo, specie con i giornalisti stranieri. "Voi non ci capirete mai", mormora Yehuda, adolescente pallido e magro, il viso incorniciato da treccine attorcigliate, "adesso dite che i rabbini hanno conquistato il potere in Israele. Ma quella che non riuscite a vedere è la guerra che c'è fra lituani e hassidim. Quando il rabbino di Lubavich ha ordinato ai suoi di votare massicciamente per Agudat, la pace è finita. È tremendo".

Ecco, la pace per gli ebrei ortodossi è quella che ci puoò essere fra le varie credenze ebraiche, o al massimo fra gli aschenaziti di origine europea e i sefarditi mediorientali. E la pace con i palestinesi e gli arabi? "Per noi è andata male", ammette Ezechiele Landau, leader del gruppo pacifista religioso Zve Shalom e supporter del nuovo partito Meimad, che non è riuscito ad arrivare neanche ai 28 mila voti necessari per un deputato. Meimad voleva coniugare religione e sionismo ma stando più a sinistra. Tentativo fallito. "Eppure, prima o poi dovremo deciderci a concedere l'autodeterminazione ai palestinesi", dice il sionista progressista Landau. 

Gli altri partiti religiosi, invece, non sono sionisti: non gliene importa nulla dello stato d'Israele, che pensano potrà esistere solo dopo l'arrivo del Messia. Chi è più a destra? I sionisti o i bigotti? Domanda oziosa. È di sinistra o di destra voler installare dappertutto ascensori che durante il sabato si fermano automaticamente almeno al terzo, sesto e nono piano, per permettere al vero ebreo di non "lavorare" (anche premere il pulsante è lavoro)? Gioverà ai palestinesi l'abolizione delle partite di calcio al sabato, grande battaglia che i religiosi si apprestano a combattere ora che sono diventati determinanti per fornire la maggioranza sia alla destra sia alla sinistra? Perché questi sono i problemi che veramente stanno a cuore ai partiti ortodossi.

Quanto alla Cisgiordania (o, come la chiamano loro, Giudea e Samaria), sono possibilisti: "Il diritto assoluto del popolo ebreo alla terra di Israele è stabilito nella Torah", proclamano quelli di Degel Hatora. Ma aggiungono: "Bisogna evitare ad ogni costo lo spargimento di sangue ebreo". Anche permettendo uno Stato palestinese in Cisgiordania ? "La prima preoccupazione dev'essere la sicurezza degli ebrei", rispondono. Ma non dicono di no. Sangue ebreo, morti ebrei. 

E i 350 palestinesi uccisi dall'esercito israeliano in un anno di intifadah, alla media di uno al giorno? In fondo, i quattro morti di Gerico portano ad un totale di appena nove le vittime israeliane della rivolta palestinese. 350 a 9. Non è un bilancio pesante? "No", risponde il pacifista Landau, "il valore della vita umana non si può quantificare. Anche un solo morto è sempre troppo, da una parte come dall'altra. Ma qualsiasi altro governo avrebbe represso la rivolta causando molte più vittime. Guardiamo in Algeria, il doppio dei morti dell'intifadah in soli tre giorni, guardiamo i curdi in Irak. Se al posto di Israele i palestinesi avessero avuto di fronte un qualsiasi governo arabo, sarebbe stata una strage". Viva Israele, allora ? "No, no. La verità è che sia i nostri governanti sia quelli dell'Olp hanno messo i propri giovani in trappola , costringendoli ad ammazzarsi fra loro". E questo la Bibbia non lo vuole. 

Friday, October 14, 1988

Droga legalizzata

Droga di legge

A Bruxelles, esperti di tutto il mondo rilanciano la parola d'ordine della liberalizzazione

dal nostro inviato speciale Mauro Suttora

Europeo, 14 ottobre 1988

Bruxelles. Si arrabbiano se qualcuno li definisce "apostoli della droga libera": "Macché liberalizzazione", tuona Marco Pannella, il leader radicale che ha organizzato il primo "Convegno internazionale sull'antiproibizionismo" a Bruxelles dal 29 settembre al 1 ottobre, "noi vogliamo depenalizzare, legalizzare, regolamentare la vendita delle droghe. Esattamente il contrario di quello che avviene adesso, cioè della libertà assoluta di comprare dosi all'angolo della strada".

Ma Pannella, nel prestigioso consesso riunito nel palazzo dei congressi della capitale belga, una volta tanto fa la figura del moderato. Perché, nei loro interventi, gli esperti internazionali che propongono la fine del proibizionismo si rivelano più radicali degli stessi radicali italiani.

"Ormai non si può più parlare razionalmente di droga, nel mondo", si lamenta Peter Cohen, responsabile del programma contro le tossicomanie ad Amsterdam, "perché questa è diventata una questione di tipo religioso. Per esempio, un'accurata indagine ha stabilito che nella nostra città, definita a vanvera 'capitale mondiale della droga', i consumatori anche occasionali di cocaina non arrivano in realtà al 5 per cento, mentre la percentuale di eroinomani è microscopica, appena dello zero virgola qualcosa".
Meno che nelle altre città europee?
"Il confronto non si può fare per un motivo molto semplice: mancano dati attendibili per tutte le altre capitali. E questo è normale: i numeri, nelle questioni religiose, non servono".

Si sa comunque che i drogati sono ormai centinaia di migliaia in ogni paese, li vediamo per strada ogni giorno…
"Ma anche se i consumatori di cocaina fossero il 50 e non il 5 per cento", è la sorprendente risposta dell'operatore olandese, "non vorrebbe dire nulla. Perché la pericolosità del consumo di droghe dipende dal contesto, dalla sicurezza, dalle condizioni personali di chi ne fa uso. Insomma, è evidente che sniffare durante un party per divertimento è ben diverso dall'iniettarsi eroina in un ghetto per disperazione".

Egualmente per disperazione molti degli attuali alfieri della droga legale sono arrivati alle loro attuali convinzioni. Il professor Peter Reuter della Rand Corporation di Washington, uno dei maggiori "think tank" dell'intellighenzia americana, informa per esempio che durante l'era Reagan, dal 1981 al 1988, i milioni di dollari spesi dagli Stati Uniti per la repressione poliziesca della droga (sia leggera sia pesante) si sono moltiplicati , passando da 800 all'anno a 2.000. Per la prevenzione, invece, il governo statunitense quest'anno spende appena 372 milioni di dollari, il 14% della cifra totale.

"E non parliamo della cura, cioè dei contributi ai centri di assistenza e alle comunità terapeutiche", denuncia il professor Reuter, "che dall'81 all'86 erano addirittura diminuiti da 221 milioni all'anno a 166. Secondo l'amministrazione Reagan, infatti, questo compito non spettava allo Stato, ma ai privati, alle chiese e ai volontari. Poi hanno cambiato idea e negli ultimi due anni i contributi sono raddoppiati, anche a causa della minaccia di Aids".

Ma i risultati sono desolanti: in questi anni di repressione, invece di diminuire il consumo di eroina e cocaina negli Stati Uniti e nel mondo è aumentato. Cosicché un sempre maggior numero di esperti ha aderito a quella che, quando Pannella la lanciò nell'84, sembrava solo una provocazione: "Legalizziamo la droga".

Prima il premio Nobel dell'economia Milton Friedman, più per ragioni ideologiche che empiriche, in nome del liberalismo e del no all'intrusione dello stato negli affari privati dell'individuo.
Poi, qualche mese fa, colpo di scena: Ralph Salerno, dirigente della polizia antidroga negli Stati Uniti, ammette durante una memorabile intervista televisiva che la "guerra alla droga" di Reagan è completamente fallita, e propone di passare alla legalizzazione.

Da allora, un effetto a catena: si schierano a mano a mano contro il proibizionismo giornali come l'Economist di Londra e il Pais di Madrid, negli Stati Uniti nasce la Drug policy foundation, in Europa il Movimento per la normalizzazione della politica contro la droga, in Italia i radicali intensificano la loro battaglia dando vita al Cora (Comitato radicale antiproibizionista) e convincono anche un membro del Csm, Michele Coiro.

Uno dei sostenitori più appassionati della tesi secondo cui "il male non si combatte proibendolo" è Fernando Savater, commentatore principe del Pais, il più grande quotidiano spagnolo: "Mi preoccupa l'assenza degli intellettuali di sinistra da questo dibattito, la loro collaborazione all'oscurantismo antidroga. Proibire la droga in uno Stato democratico è come proibire la pornografia, l'eterodossia religiosa e politica o i gusti dietetici. Viviamo in uno Stato clinico, che si arroga il diritto di decidere cos'è bene o male per la nostra salute, così come un tempo pretendeva di imporci idee politiche , religiose o artistiche".

Ma i danni della droga, soprattutto di quella pesante, sono riconosciuti da tutti.
"Certo, la droga perturba lo spirito e le abitudini, provoca malattie, spese per il recupero dei tossicomani, improduttività, morte. E indisciplina nel lavoro: troppo spesso la paura per il declino della produttività viene ribattezzata 'salute pubblica'. Ma le droghe eroina, marijuana, vino, tabacco, sono pericolose esattamente come l'alpinismo, l'automobile o il lavoro in miniera, che non sono vietati. E in ogni caso, mai quanto la guerra. La vita non appartiene né allo Stato né alla comunità, ma a ciascuno di noi".
Indifferenza, quindi, nei confronti dei tossicomani?
"No, i tossicodipendenti che vogliono abbandonare la loro mania hanno il diritto di essere aiutati dalla società".

Più concreta la preoccupazione del professor Lester Grinspoon, docente di psichiatria ad Harvard e consulente giuridico del governo americano: dove trovare i soldi per la cura dei tossicomani?
"Mettendo una tassa sul consumo delle droghe, come già succede per l'alcol e il tabacco. Così, gli stessi consumatori pagherebbero i costi per campagne di informazione e prevenzione nelle scuole, e per la cura di chi abusa delle sostanze stupefacenti".

Tesi strampalate? Mica tanto. Venerdì 29 settembre alla Tv italiana c'è stato un sondaggio sulla legalizzazione delle droghe. Fra la sorpresa di tutti ha prevalso, con il 51%, la tesi antiproibizionista di Pannella. Il quale commenta soddisfatto: "Anche prima della legalizzazione di aborto e divorzio i contrari temevano un aumento di aborti e divorzi, che poi non è avvenuto. Con la fine del proibizionismo, a perderci sarebbero solo gli spacciatori e la mafia".
Ma il leader radicale non è riuscito a convincere né il ministro Rosa Russo Jervolino, democristiana, che annuncia anzi leggi più severe, né le comunità terapeutiche per i tossicodipendenti, contrarie alla legalizzazione.
Mauro Suttora

Friday, September 30, 1988

Parlano i curdi gasati da Saddam

Viaggio nei campi profughi curdi

UN POPOLO SENZA

Non hanno una terra, oggi divisa tra Turchia, Iran, Irak e Siria. Non hanno un leader né un progetto unitario. Per questa antica gente c'è una sola speranza: la guerra altrui

dal nostro inviato speciale Mauro Suttora

Europeo, 30 settembre 1988

Dyarbakir (Turchia). "Il 25 agosto, alle sei del mattino, stavo dormendo. Mio fratello mi ha svegliato all'improvviso gridando 'Scappa Guhdar, scappa, gli aerei dell'Irak stanno arrivando'. Ho avuto solo il tempo di mettermi queste scarpe e di fuggire con lui nel bosco dietro il villaggio. Stavamo a Spendarok, nella valle del fiume Habur, prima della città di Zaku".

Guhdar Muhmad Salih è un bel ragazzino curdo di 12 anni, capelli nerissimi e occhi grandi. Racconta la sua storia nel campo profughi di Dyarbakir, in Turchia, dove da pochi giorni hanno trovato rifugio 12mila donne, uomini, vecchi e bimbi curdi. Si riposano sotto le tende bianche montate dal governo di Ankara in un terreno sulla riva del fiume Tigri. Solo per pochi metri non siamo in Mesopotamia: sull'altra sponda inizia infatti la regione più carica di storia di tutto il mondo, la terra "in mezzo ai fiumi" dove si sono succedute ventisette civiltà. E dove ora succedono le massime inciviltà.

Tigri ed Eufrate nascono qui in Turchia prima di ansimare in mezzo ai deserti siriano e iracheno e gettarsi infine, uniti, nel Golfo Persico. Chissà, forse un antenato di Guhdar, il ragazzino che adesso i soldati iracheni hanno cacciato dalla sua valle, era un fiero sumero e 4.000 anni fa già combatteva per il possesso di questa terra magica, improvvisamente fertile dopo gli aridi altipiani dell'Anatolia e prima delle sabbie arabe.

Ma quattromila anni di storia sembrano aver insegnato poco agli uomini. Proprio nella culla del mondo, poco a sud del monte Ararat dove si incagliò Noè con i suoi tre figli pronti a ricominciare (a vivere e ad ammazzarsi), sta ricominciando un dramma: quello dei profughi. Curdi, questa volta. Un amaro debutto, con una novità: il gas chimico che gli iracheni sono accusati di aver utilizzato per spingerli via dalla loro terra.

Quello di Dyarbakir è il più grande dei sei campi che ospitano i rifugiati curdi in Turchia. Quanti siano nessuno lo sa: dai 50 ai 120mila, a seconda delle cifre ondeggianti fornite di giorno in giorno dai funzionari turchi. È curioso come la gente da queste parti, dopo averli inventati, abbia perso ogni confidenza nei numeri. Così, il tragico destino dei curdi sembra essere quello del silenzio, dell'incredulità, dell'indifferenza internazionale.

L'opinione pubblica è annoiata e disattenta: i profughi non sono per definizione palestinesi o afghani, o al massimo vietnamiti? E poi, Irak e Iran non hanno appena fatto la pace? Cosa vogliono ancora questi curdi dai nasi adunchi che rapiscono i tecnici italiani in Irak e forse hanno perfino ammazzato Olof Palme? Che se ne stiano calmi nelle loro montagne, e ci facciano continuare tranquilli i nostri affari con Baghdad.

"Israele è più democratico dell'Irak", si lamenta Akram Maji, 32 anni, barbuto partigiano da sette, "perché lascia vedere a tutto il mondo cosa succede ai palestinesi. In Irak invece durante una sola giornata possono essere ammazzati anche mille curdi, ma nessuno lo sa, nessuno lo vede in tv, nessuno ci crede. E anche quando lo sanno, i vostri governi tacciono. Nessuno di loro domanda all'Irak: perché uccidete così la vostra gente?"

Sotto la tenda 222, in mezzo al campo profughi di Dyarbakir, mentre Akram parla nel suo incerto inglese, arrivano altri "peshmerga" (partigiani) giovani e anziani. Si tolgono le scarpe da ginnastica che portano incongruamente assieme alle divise verdi e kaki senza gradi, e si siedono silenziosi per terra, sui tappetini, le stuoie, i sacchi a pelo. Fuori il sole batte forte, 35 gradi all'ombra, e i numerosissimi bambini scorrazzano da una tenda all'altra.

Oltre ad Akram, laureato all'università di Bassora (è ingegnere agricolo), parla inglese anche un ex maestro elementare: nel '79 non aveva voluto diventare membro del partito unico iracheno Baas perdendo così il posto di lavoro, e nell'85 è diventato partigiano perché, dopo essersi rifiutato di denunciare un suo fratello guerrigliero, gli iracheni lo avevano cacciato dalla sua casa.

Allora, queste armi chimiche? Come mai i medici turchi non hanno trovato nessun segno del loro uso su di voi? "La mattina del 25 agosto io ero nel principale campo militare dei peshmerga vicino a Zaku", racconta Akram, "e gli aerei dell' Irak hanno bombardato con armi chimiche. Ce ne siamo accorti subito , perché sono silenziose, non fanno rumore. Il campo era nascosto fra gli alberi, non ci hanno preso. Ma in un villaggio vicino, Tuka, sono morti tutti gli abitanti, e anche gli animali e le galline. La voce delle bombe chimiche è bassa, non c'è sangue. Noi non abbiamo nessuna difesa, nessuna maschera antigas, ho mandato un gruppo dei miei uomini a seppellire le vittime, ma non ce l'hanno fatta: sono ritornati con gli occhi rossi, non riuscivano a respirare".

È la prima volta che venite attaccati chimicamente?
"Sì, per lo meno nella nostra area: sapevamo che gas chimici erano già stati usati dagli iracheni contro gli iraniani e anche contro i curdi nella zona di Suleiman e poi, qualche mese fa, per distruggere completamente Halabja. Quindi ce l'aspettavamo. Quello che invece non prevedevamo era un bombardamento preventivo a tappeto contro tutti i villaggi, contro le donne, i vecchi, i bambini. Pensavamo che avrebbero usato le armi chimiche solo contro di noi, nei punti di resistenza, per farci sloggiare dagli accampamenti militari".

E la tua famiglia, Akram?
"Non sono sposato. La famiglia dei miei genitori è scappata in Iran qualche anno fa. Ma ho dei cugini in Irak, e non so nulla di loro. Ho paura che i militari li ricattino per causa mia".
"Io ho visto la nuvola gialla che i gas tossici formano quando arrivano a terra", dice l'ex maestro elementare. "Le bombe chimiche non esplodono, non fanno schegge, non provocano ferite. Fischiano silenziose e si sentono soltanto con il respiro e l'odore. Ad alcuni dei feriti uscivano acqua e sangue dal naso e dalla bocca, ma sono morti molto in fretta, dopo appena mezz'ora".

E tu, piccolo Guhdar, le bombe chimiche le hai viste?
"La mattina che sono scappato ho visto sei o sette aerei che stavano bombardando il villaggio di Zawik… E nulla più".

Tutti i curdi che incontriamo nel campo di Dyarbakir, sia civili sia peshmerga, sono unanimi: "Gli iracheni ci hanno bombardato con i gas".
Prove, segni concreti, nessuno: solo Behcet Naif, 20 anni, nel villaggio di Barhol (sempre nella valle dell'Habur, fiume che nasce in Turchia e poi finisce nel Tigri in Irak), appena saputo che sono "gazeteji", giornalista, si apre i primi due bottoni della camicia militare e mi chiede di fotografargli il collo: "Con il gas la gola si era tutta gonfiata, mi era diventata rossa anche la pelle fuori".
Adesso, però, non c'è molto da constatare.

Insomma, l'uso dei gas è destinato a rimanere un mistero: che abbiano ragione i Paesi della Lega araba, i quali hanno espresso compatta solidarietà all'Irak? Che abbia ragione l'Irak, che accusa i giornali occidentali di montare una campagna diffamatoria?
Eppure gli Stati Uniti hanno dichiarato di possedere prove certe dell'uso di armi chimiche contro i curdi, e dieci Paesi dell'Onu hanno chiesto di mandare una commissione investigativa in Irak. Rifiutandola, il governo di Baghdad diventa automaticamente poco credibile.

Il primo ministro turco Turgut Ozal è arrivato venerdì 16 settembre in pompa magna a Dyarbakir, per visitare il campo profughi assieme alla moglie Semra. Ne ha approfittato per fare anche un po' di campagna elettorale in vista del referendum del 25 settembre (su un piccolo cambiamento costituzionale) che perderà sicuramente.
Ozal si è spostato in giro per Dyarbakir su un pullman carico di altoparlanti che trasmettevano musica, e con sul tetto una quantità incredibile di agenti in divisa e in borghese col mitra spianato.

Durante la conferenza stampa internazionale di Ozal a Dyarbakir è successo un fatto molto strano, che però spiega varie cose. Anzi, quasi tutto. Il premier turco è stato molto attento a non pronunciare mai due parole: curdi e armi chimiche. Perché?

La parola "curdo" è da sempre tabù in Turchia. Anche qui come in Irak, infatti, c'è una fortissima minoranza curda: dieci milioni di abitanti su 50, concentrati tutti a sud est, nella parte turca del Kurdistan (altra parola proibita in Turchia: un funzionario della Mezzaluna rossa la Croce rossa islamica si è arrabbiato quando gli ho detto che andavo a visitare i profughi in Kurdistan. "Il Kurdistan in Turchia non esiste", mi ha risposto seccato).

Ankara considera i propri curdi una grave minaccia per lo stato fondato da Kemal Ataturk nel 1920. Dappertutto a Dyarbakir, capoluogo di questa nazione fantasma, sono dipinti in caratteri giganti i proclami del defunto padre della patria: "Dalla Tracia a Dyarbakir, da Istanbul a Van, siamo tutti turchi".
Così, per non pronunciare la parola maledetta, Ozal definisce oggi i profughi curdi come cittadini iracheni.

Quanto all'altra parola chiave, i gas chimici, Ozal ha graziosamente evitato di menzionarli per non rovinare i rapporti con l'Irak. Rapporti ottimi: nei primi cinque mesi del 1988 l'export della Turchia verso l'Irak è aumentato del 154 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, raggiungendo la cifra record di 773 milioni di dollari (più di mille miliardi di lire), e che anche le importazioni sono raddoppiate.

Durante gli otto anni della guerra Iran-Irak la Turchia è riuscita a mantenersi equidistante fra i due contendenti, e anche i rapporti con Teheran sono buoni. Ma, sempre per andare sul concreto, l'export turco verso l'Iran nei primi cinque mesi di quest'anno è stato di appena 164 milioni di dollari.

Insomma, la Turchia ha molti più interessi in Irak che in Iran. Nessuna meraviglia, quindi, per l'estrema cautela di Ozal. Cautela peraltro ricambiata dai profughi curdi, ai quali dei curdi che vivono in Turchia, Siria e Iran non importa niente. Perlomeno, questo è quanto risponde diplomaticamente Akram Qun quando gli chiedo cosa pensa del Pkk, il Partito dei lavoratori curdi che si batte per l'indipendenza dei curdi di Turchia (soprattutto assassinando centinaia di connazionali accusati di collaborazionismo con il governo di Ankara): "Non so cosa dire, questi non sono problemi che ci riguardano, sulla Turchia non so nulla. Noi vogliamo solo l'autonomia del Kurdistan iracheno nell'Irak".

Sì, autonomia e basta: questi terribili peshmerga, coraggiosi guerrieri che furono gli unici a sconfiggere i mongoli, si battono in realtà per un obiettivo moderato: "Non chiediamo l'indipendenza, non vogliamo uno stato del Kurdistan libero. Vogliamo solo una vera autonomia da Baghdad, pur restando nell'Irak".

Questa è la posizione ufficiale del Pdk, il Partito democratico curdo al quale appartengono quasi tutti i profughi del campo di Dyarbakir. Il capo del Pdk è Masud Barzani e sta in Iran. L'altro partito dei curdi iracheni è il Puk , Unione patriottica curda, guidato da Jalal Talabani, che si appoggia alla Siria.

Contrariamente ai palestinesi, che sovente si ammazzano fra loro, i rapporti fra le due organizzazioni curde sembrano essere abbastanza buoni. Ma sarà molto difficile per entrambe far accettare il concetto di "autonomia" a Baghdad. L'unica autonomia che i curdi iracheni erano riusciti a conquistarsi negli ultimi anni era quella concessa dal vuoto della guerra Iran-Irak: "Tutto l'esercito era mobilitato contro Khomeini", spiega Akram, "e così noi al nord, a Mosul, Kirkuk e Zaku, eravamo riusciti a liberare gran parte del territorio. I soldati di Saddam riuscivano a controllare soltanto le strade principali e le città".

Ma quella che i partigiani curdi chiamano con orgoglio la loro freedom area si è sciolta come neve al sole nel giro di un mese quando Saddam Hussein, dopo la tregua con l'Iran, ha potuto traslocare il proprio esercito da est a nord. Con due risultati: riprendere il controllo del Kurdistan e dar qualcosa da fare ai 600mila militari per i quali è difficile trovare un lavoro civile dopo otto anni di guerra.

"Ma Hussein è forte solo perché i vostri paesi gli spediscono armi", accusa Akram. E qui c'è una sorpresa. Gli chiediamo se per caso il suo gruppo abbia preso qualche ostaggio occidentale in Irak. "Ma certo", sorride tranquillo Akram, "una volta, verso l'83-'84, abbiamo avuto come 'ospite' anche un italiano".
È il signor Antonio Chiaverini, il quale se adesso vuole rivedere i suoi carcerieri può andarli a trovare nel campo di Dyarbakir. Dove adesso le parti si sono capovolte, perché Akram e i suoi sono praticamente prigionieri del governo turco: nessuno può uscire dal campo, nessuno, tranne i giornalisti, può entrarci, e ai curdi non è permesso neanche comunicare fra loro da un campo all'altro.

Insomma , per ora più campi di concentramento che campi profughi. E i 500 mila abitanti di Dyarbakir, tutti curdi anche loro, tranne i poliziotti, i militari e i funzionari del governo, possono osservare i loro connazionali solo da lontano, col binocolo, dagli antichi spalti in basalto della città.
Mauro Suttora

Friday, July 29, 1988

25 anni di Festivalbar

Europeo, 29/07/1988

festival Barnum

il Festivalbar compie 25 anni

Comincio' in sordina. Oggi e' un business senza frontiere , popolato di maggiorate e di ragazzi finto americani . Da Ibiza Vittorio Salvetti annuncia la prossima tappa: Mosca

di Mauro Suttora

"El mejor productor musical de Italia" e' sbarcato sull' isola di Ibiza. Sta mangiando al ristorante della discoteca Ku, perla ormai leggendaria delle notti europee degli anni 80. E' circondato da belle ragazze, cantanti adoranti, tour operator riconoscenti, cameramen e tecnici. Osserva, tranquillo e incuriosito, i grappoli di travestiti, modelle, fighetti, Fantozzi in trasferta e altre "creature della notte" che a poco a poco affluiscono, come ogni sera , nel tempio principale dell' " isola della musica e dell' amore" . E l' una di notte: ancora presto, lo spettacolo e la danza cominceranno solo fra un'ora.

Vittorio Salvetti, 50 anni, ha tre figli. Il piu' grande ha appena compiuto un quarto di secolo, e si chiama Festivalbar: dopo Sanremo, e' il piu' importante appuntamento della musica leggera italiana. Scomparsi Cantagiro e Un disco per l'estate, e nonostante la riedizione di quest'ultimo da parte della Rai come premio Saint Vincent, e' il Festivalbar ogni anno a stabilire la colonna sonora dei nostri mesi estivi. Per festeggiare il venticinquennale della sua creatura, e per mantenerla à la page, Salvetti quest' anno e' emigrato a Ibiza. Anzi, l' ha invasa con un' armata di 350 cantanti , tecnici , discografici e accompagnatori vari .

Per una settimana intera , dal 12 al 17 luglio , gli ignari frequentatori tedeschi , inglesi e spagnoli della discoteca Ku hanno fatto da comparse per le registrazioni di quattro puntate del Festivalbar che andranno in onda per tutto agosto . Ma solo in Italia , su Canale 5 . E il trionfo del playback , del made in Italy , della musica facile , delle tette da esportazione di Sabrina Salerno.

"Ormai l' Italia e' troppo piccola per i grandi canali televisivi , guardiamo al mercato europeo", dice Salvetti. E promette che l' anno prossimo il Festivalbar arrivera' a Mosca , sulla scia del contratto pubblicitario firmato da Silvio Berlusconi . Quest' anno il Festivalbar e' costato sette miliardi , coperti in parte dagli sponsor Schweppes , Malizia , Carrera e Winchester , e otto Tir hanno trasportato da Cologno Monzese a Ibiza telecamere , fari , scenografie e attrezzature.

Confrontare tutto cio' con quei primi dieci dischi che nel 1964 erano in lizza in 5 mila jukebox italiani da' l' idea del cammino percorso . Di quello che e' stato guadagnato in professionalita' e perduto in spontaneita' . I premi per gli esercenti che distribuivano le cartoline voto 25 anni fa furono una Volkswagen , vinta dal bar Spiaggia d' Oro di Imperia , una lavatrice Zoppas che ando' al bar Julia di Spello (Perugia) e un televisore Geloso . Archeologia . Il meccanismo era semplice : su ogni jukebox Salvetti contrassegnava col nome Festivalbar i successi piu' grossi della tarda primavera . Il disco piu' gettonato durante l' estate vinceva la finale , che fino al 1982 veniva trasmessa ogni settembre da Asiago sulla Rai.

Oggi i jukebox , dopo aver raggiunto un apice di 50 mila nel 1970 , si sono ridotti a 20 mila . Ma oltre alle votazioni meccaniche ci sono le cartoline voto (stampate adesso sulla rivista berlusconiana Sorrisi e Canzoni) e i sondaggi dei vigili urbani . Il Festivalbar , infatti , ha una convenzione con cento comuni turistici dove , per tre domeniche d' agosto , un vigile rileva a mano le scelte su un campione di jukebox . Votazioni veramente democratiche ? Certo , meno " messicane " di Sanremo , anche se pesano pure qui le pressioni delle case discografiche , alcune esigenze di equilibrio e l' " effetto trascinamento " di altri successi . Cosi' , per esempio , nel 1964 vinse Bobby Solo , reduce dal trionfo di Sanremo . Si classificarono bene anche Catherine Spaak con L' esercito del surf e il rocker americano Gene Pitney con un pezzo scritto nientemeno che da Burt Bacharach.

Era solo l' inizio. Un po' in sordina. La kermesse di Salvetti aveva ancora da combattere contro agguerriti rivali (Un disco per l'estate , il Cantagiro) . Sull' onda di moderati cantabili si consumano i favolosi anni Sessanta . L' inglese Petula Clark vince nel ' 65 con il miagolante Ciao, ciao. Caterina Caselli , gia' casco d' oro , sbaraglia tutti l' anno dopo con Perdono, esorcismo contro complessi di colpa per fatti ancora non commessi . E nel ' 67 Al Bano, gorgheggiando Nel sole, si guadagna un passaporto per l' eternita'.

Contento e sereno , Salvetti procede . Poco lo sfiorano i tempi che stanno cambiando . Prendiamo il Sessantotto , il gran debutto di una lotta che sarebbe continuata . Proprio in quell' anno il Festivalbar supera il milione di cartoline e il ministero delle Poste gli concede addirittura un annullo speciale . Vince l' emigrante Adamo che , ignaro in mezzo a tanto furore , propone ai nuovi ribelli di "affidare una lacrima al vento". L'unica crisi che preoccupa il gran patron e' quella discografica . Ma non piu' di tanto . Infatti nel ' 71 , mentre le case produttrici hanno i magazzini pieni di dischi invenduti , il Festivalbar esulta per il nuovo record di cartoline ricevute : un milione e mezzo.

Nasce qui la grande svolta : il festival si deve trasformare in fenomeno di piazza e di Tv , e non restare legato al boccheggiante mercato dei 45 giri . Dove , comunque , la sua presenza sara' sempre egemone : nel ' 75 , per esempio , otto canzoni su sedici nella hit parade italiana sono targate Festivalbar . " Il passato , le edizioni lontane e vicine non le ho dimenticate " , dice oggi Salvetti , " ma ci sono due anni che ho stampati nel cuore " . Sono il ' 69 e il ' 70 , l' accoppiata reale di Lucio Battisti , con Acqua azzurra , acqua chiara e Fiori rosa, fiori di pesco. " Il vero re di questi venticinque anni e' stato lui . Nessun altro ha detto e fatto cose piu' importanti ".

E il gran patron cova una speranza grande : che il suo Lucio interrompa il suo esilio infinito e compaia ( " anche senza cantare " , supplica) al gran finale di questa edizione 1988 nella gran notte dell' Arena . Piano piano , comunque , anche nel calendario roseo del Festivalbar si affacciano timidi segni di mutamento . Se gli anni Settanta consacrano il filone neoromantico (Baglioni, Gianni Bella, Umberto Tozzi, Alan Sorrenti) , il decennio a seguire vede ascendere l' irriverente Rettore che addirittura porta in scena un cobra . Poi c 'e' la Berte' che grida sfacciata il suo slogan di guerra : " non sono una signora . . . " . E infine (e' il 1983) tocca al grande irregolare Vasco Rossi con le sue Bollicine .

Pagato lo scotto ai furori tardivi , a Salvetti resta comunque la certezza di essere ormai l' unico zar della canzone d' estate . Ed eccoci all' ultima fase . Quella dei nostri anni . Non si limita piu' a far da cassa di risonanza a cantanti gia' affermati . Ora li crea ex novo. Come nel caso di Sabrina Salerno e , prima di lei , di Spagna e Tracy Spencer . Successi d' ingegneria , accusano i critici , destinati a sparire nel giro di pochi mesi . " Forse " , replica Salvetti , " ma l' essenziale e' regnare per un' estate intera " .

Forse la sua grande capacita' e' stata quella di riuscire a mescolare divi stranieri o nostrani con perfetti sconosciuti , grandi voci con mezze calzette . Il Festivalbar non sfugge a una simpatica cialtronaggine che caratterizza il mondo della musica leggera , adesso come agli inizi . " Vent' anni fa davo ai cantanti solo l' albergo e un buono pasto , adesso vogliono tutti la limousine " , si lamenta il gran patron . Il quale non ha difficolta' ad ammettere che , come sempre , le case discografiche , per ogni " stella " che concedono , impongono due o tre gregari . " Ma adesso sono gli stessi cantanti che hanno dei poulain da promozionare , le case discografiche si limitano a fare le societa' di servizi " . E tanti dei giovani sono stranieri o presunti tali.

Il fenomeno piu' appariscente , nel serraglio del Festivalbar di quest' anno , e' quello battezzato " Tu vuo' fa' l' americano " : sono tutti i cantanti , o aspiranti tali , che pur italianissimi si celano dietro nomi esotici . Alcuni con la scusa di essere figli di americani in Italia , come Den Harrow . " Ho scelto questo pseudonimo perche' si pronuncia ' ' denaro' ' , e' di buon auspicio " , dice il biondino che per far piu' colpo alla fine della sua Born to love si butta in piscina .

L' arma principale di Tom Hooker , invece , sono i pattini a rotelle . Lui e' figlio di emigrati italiani negli Stati Uniti . Poi c' e' Daisy Mae , 28 anni , di Roma , che propone Sexy thing: buona volonta' , ma scarsi applausi . Dal sottobosco riesce a emergere solo Ivana Spagna , 31 anni , da Valeggio sul Mincio (Verona) : nell' 86 ha fatto centro con Easy lady, l' anno scorso con Dance dance dance . In Spagna , pero' , non e' venuta . Sabrina Salerno , infine : anche lei con Boys , All of me e I want my chico e' ricorsa all' inglese.

Il Festivalbar ha sempre avuto una regola ferrea : tutto rigorosamente in playback. E , senza la verita' del microfono , anche lo sfiatato gode . Ma Salvetti difende fino in fondo il playback: " La tv si e' sempre fatta in playback . Io ho presentato i Beatles nel 1964 al Vigorelli di Milano , ma quando hanno registrato per la tv italiana, subito dopo, hanno voluto il playback . Al Festivalbar del '77 avevo invitato Santana e i Chicago : hanno suonato dal vivo con i loro stupendi impianti a 36 piste , ma poi a casa e' arrivato solo il misero suono che esce dai nostri televisori " . A Ibiza pero' molti dei big promessi non si sono visti : Gianna Nannini appare solo nella sigla Hey bionda. Fiorella Mannoia , Oxa e Marcella sono impegnate nelle tournées italiane . In compenso e' piaciuta molto Mandy Smith che molti gia' pronosticano regina dell' estate . Salvetti ha messo a segno un nuovo colpo grosso ? " Forse " , risponde , " ma il mio sogno rimane Lucio Battisti".

Mauro Suttora