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Thursday, May 12, 2011

Papi Benito intercetta la escort

Il primo a spiare al telefono le sue mantenute fu il duce

Divorato dalla gelosia, Mussolini fece spiare la poetessa Cornelia Tanzi, una mondana d'alto bordo che incontrava a Palazzo Venezia. E poi ascoltava le sue parole con altre amanti, compresa la Petacci. Alla fine la spedì al confino...

di Roberto Angelino

Novella 2000, 12 maggio 2011

C' era una escort (ma all'epoca non si chiamavano ancora così) che s'infilava tra le lenzuola di Benito Mussolini, e che il Duce, per timore che lei parlasse troppo, faceva intercettare dagli agenti segreti dell'Ovra. Divertendosi poi ad ascoltare, talora in dolce compagnia di un'altra donna, tutti i colloqui che lei aveva al telefono o scambiava con conoscenti e amiche.

Lo rivela, nel secondo numero del nuovo mensile Bbc History Italia, un interessante articolo di Mauro Suttora, che curò Mussolini segreto , la raccolta dei diari di Claretta Petacci edita da Rizzoli. Proprio alla giovane amante, che l'annotò nel suo quadernetto segreto, il capo del fascismo aveva confidato: «Che vuoi, avrò avuto migliaia di donne... Molte le ho prese una sola volta e non ricordo neanche la loro fisionomia. La più fredda, anzi direi glaciale, era la Cornelia. Frigida, indifferente».

Lei è la scrittrice Cornelia Tanzi, figlia della proprietaria di una "casa di comodo". Fisicamente è bella, non bellissima. Così la descrive quel "vitellone romagnolo" di Benito: «Ha gambe lunghe, è esile, sottile, alta, bruna». Conosce Mussolini grazie alle poesie, una al giorno, che gli manda. Lui s'intriga e la fa convocare a Palazzo Venezia, dove vanno subito al sodo. Una relazione particolare, la loro. Cornelia è in pratica una mondana d'alto bordo, una via di mezzo fra la mantenuta e la escort di lusso: «Si spogliava distratta, apatica, faceva cadere la camicia, si vedevano queste due gambe lunghe, si metteva lì e via, senza scomporsi. Tutto in meno di mezz'ora. Faceva il suo servizio, si rivestiva e poi diceva: "Ricorderai che ti ho scritto nella lettera...". Io le davo una somma e via. Fino a nuovo occorrere di danaro non si faceva più viva... Viene da me quando ha bisogno di rifarsi il guardaroba. L'avessi mai veduta vibrare, mostrare interesse per me. Nulla».

Avida e glaciale. E disinibita. Benito la disprezza, ma non riesce a farne a meno. Anzi, come rivela a Claretta, è geloso di lei e dei suoi amanti, tra cui un certo Baldi, proprietario della pensione dove vive, un certo avvocato De Santis che le ha pagato la macchina, e anche il popolare poeta romanesco Carlo Alberto Salustri, più conosciuto con l'anagramma del suo cognome: Trilussa.

Mussolini la fa intercettare e poi racconta tutto alla Petacci: «Era una puttana! Una volta ha detto, in un albergo: "Sì, io ho tanta intimità col Duce e gli ho lasciato il rossetto sulle labbra...". La chiamai: "Sentite, voi mi avete reso ridicolo. Adesso vi allontanerete per due o tre anni da Roma: andate in esilio. Se non volete andarci con le buone, vi ci manderò con i carabinieri"». Benito, che non sopporta gli altri uomini, spedisce dunque Cornelia "al confino" in Piemonte. Ma anche lì ordina di intercettare le sue telefonate, che poi gira alla Petacci: «Toh, questa è un' intercettazione alla Tanzi, leggi», le dice il 19 febbraio 1938. E Claretta annota nel diario: «La Tanzi parla con un' amica a cui confida che [col duce] ormai è finita. L’amica risponde: “Come mai?” E la Tanzi: “Quando gli uomini hanno un’altra donna si dimenticano di quelle che hanno avuto e hanno”.
E l’amica: “Ma anche gli uomini hanno un cuore”.
E la Tanzi: “Sì, ce l’hanno fra le gambe (‘volgare’, commenta a questo punto Claretta). È un anno ormai che aspetto, e credo che non vale la pena attendere ancora. Ma [Mussolini] se ne pentirà”».
Benito dice orgoglioso a Claretta: «Vedi che sono sincero? Lei dice un anno, ma è molto di più che non la vedo. Ormai è finita».
Claretta gli risponde: «È pietosa e volgare, per essere una scrittrice e un’intellettuale».
Mussolini: «Sì, hai ragione, è piuttosto brutta questa espressione. Credo che la signora alla quale telefona sia la sua amica, tu intendi come. Mi ha tradito sempre, anche in modo piuttosto sporco. Ha avuto una vita un po’ strana, chiacchierava troppo. Spargeva in giro che era la mia moglie morganatica, che io facevo ciò che lei voleva. Così troncai. Adesso ha diversi amanti, anche Trilussa [poeta romanesco, 1871-1950], e prende danari. Fa marchette insomma. Un certo avvocato De Santis le ha pagato la macchina. Basta, basta».

Wednesday, February 10, 2010

Mussolini: che ci faceva alle donne?

LE RIVELAZIONI DEL DIARIO DI CLARETTA

Insaziabile vitellone, il duce fu un boia solo per Ida Dalser, fatta morire in manicomio. Le sue amanti invece non le lasciò mai. Anzi, voleva mantenerle tutte

Oggi, 3 febbraio 2010

di Mauro Suttora

Povero Benito. Altro che boia, come appare in Vincere, il film di Marco Bellocchio con Vittoria Mezzogiorno. Lì Mussolini fa rinchiudere in manicomio la (presunta) prima moglie Ida Dalser, causandone la morte. Stesso destino per il figlio avuto dalla Dalser, Benitino.
Ma questo è l’unico caso in cui il dittatore si comportò male (anzi, da assassino) con una delle sue numerose amanti. Di quasi tutte le altre rimase amico anche dopo la fine della relazione. Lo dimostra il libro Mussolini segreto (Rizzoli), ovvero i diari della favorita Claretta Petacci, resi pubblici dopo settant’anni dall’Archivio di Stato.

Il tappeto “galeotto”

Bastava che le ex si presentassero imploranti a Palazzo Venezia, e per quasi tutte c’era una sinecura, una somma mensile, una consolazione. Magari in cambio di un rapporto consumato sui due piedi (anzi, sui due stivali, che il duce non si levava), o in ginocchio, o addirittura sul tappeto. Alla faccia della moglie Rachele e di Claretta, che era gelosissima.

Se poi c’erano in ballo figli illegittimi, Benito si trasformava addirittura in papà amorevole: alla madre arrivavano come alimenti ben più delle famose «mille lire al mese», cioè quelle che nell’omonima canzone del 1939 erano lo stipendio sognato dagli italiani. Insomma, più che playboy crudele, o inesausto vitellone romagnolo, il «duce che seduce» era una vittima delle donne che possedeva.

E loro non si facevano scrupolo nello «spolparlo». «Quella donna è una spugna, credo che spenda tutto dalla sarta. Esagera: le ho dato ventimila per tre mesi, e lei ne voleva mille in più. Che miseria. Quella scena mi ha disgustato».
Così Mussolini si lamenta con Claretta il 30 ottobre 1938. Ce l’ha con Romilda Ruspi, ex favorita che gli ha dato un figlio, con la quale tradisce Claretta.

Il 55enne Benito in quel periodo è completamente succube della Petacci, che allora ha meno della metà dei suoi anni: 26. L’amante più famosa nella storia d’Italia abita in famiglia a Roma proprio accanto a Villa Torlonia, sulla via Nomentana, dove il dittatore vive con la possessiva moglie e i figli più giovani.
Così Renzo De Felice, massimo storico del fascismo, descrive Mussolini: «Dopo la proclamazione dell’impero nel 1936 si rinchiuse in se stesso. Non aveva amici, non frequentava nessuno fuori dai rapporti d’ufficio, diffidava di tutto e si sentiva circondato da collaboratori fragili e insicuri».

Il problema è che il duce in quegli anni è costretto a telefonare almeno una dozzina di volte al giorno a Claretta. La quale lo sospetta - e a ragione - di incontrare altre amanti a Palazzo Venezia e perfino a Villa Torlonia.
Lì infatti, in una dépendance nel grande parco, alloggia assieme alla sorella (impiegata del principe Torlonia) la bellissima Romilda. Che è amante del duce fin dalla fine degli anni Venti, quando Benito si trasferisce nella villa da via Rasella. E nel 1929 ha avuto un figlio da lui, Massimo. Cosicché anche di sera, tornato a casa, gli tocca chiamare ogni mezz’ora Claretta per tranquillizzarla. Paradossalmente, la Petacci è più serena se Benito è nel suo ufficio di Palazzo Venezia, lontano dalla Ruspi.

Com’è noto, l’elenco delle conquiste femminile del dittatore è sterminato. «Quando abitavo in via Rasella ero un chiavatore», si vanta lui stesso il 12 maggio 1938 con Claretta, la quale annota diligentemente le sue parole sul diario.

“Tre donne per sera”

«Avevo quattordici donne, il pensiero di essere di una sola mi era inconcepibile. C’è stato un periodo che ne prendevo tre-quattro per sera, una dopo l’altra. Una volta alle otto la Rismondo, alle nove la Sarfatti, alle dieci la Magda [Magda Brard Borgo (1903-’98), pianista bretone], e poi all’una una brasilera terribile. Questo ti dà l’idea della mia sessualità».

Quand’era ancora socialista, a Milano, l’anarchica Leda Rafanelli (1880-1971) prima di cedere lo fece penare parecchio. Mussolini era già sposato con Rachele, e probabilmente anche con Ida Dalser (1880-1937).
La più bella fu Angela Cucciati, e il fatto che fosse sposata con il capetto fascista milanese Bruno Curti non rappresentò un ostacolo: da lei Benito ebbe una figlia, Elena, che nacque nel 1922.

“Cornelia Tanzi, frigida”

Mussolini mantenne la Cucciati e la figlia Elena dopo il naufragio del matrimonio della donna. La quale ogni tanto andava personalmente da Milano a Roma a ritirare l’«assegno di mantenimento». Gli incontri intimi col duce si esaurirono solo con l’apparire della stella di Claretta, verso il 1936. Ma la figlia Elena Curti era con Mussolini a Dongo nel 1945, quando venne arrestato. E Claretta era gelosa anche di lei.

Una delle amanti più singolari del duce fu Cornelia Tanzi. Scrittrice, gli inviava una lettera al giorno. Anche lei fu eclissata da Claretta, e si mise (fra gli altri) con il poeta romano Trilussa. Benito il 19 febbraio 1938 la descrive così alla Petacci: «Ha gambe lunghe, è esile, sottile, alta, bruna. Ma frigida, fredda fino all’inverosimile. Figurati che non ha mai sentito nulla neanche con me. Veniva lì, si spogliava, faceva cadere la camicia, si vedevano queste due gambe lunghe, si metteva lì e via, senza scomporsi. Sempre indifferente, si rivestiva e andava via. Tutto in meno di mezz’ora. Ti dico la verità: l’ultima volta per me è stata una cosa laboriosa e faticosa, perché non mi andava. Poi, non so, aveva un profumo quel giorno, un odorino disgustoso... Scusa, ma sai come sono sensibile a queste cose.

“L’avrei bastonata”

«No, non l’ho mai amata e sentivo di essere un miserabile, non dovevo farlo. Non so nemmeno io perché, sono un animale. Ho pensato: “Chissà se adesso che ha l’amico sarà meno frigida e mi riuscirà di farla scuotere“. Niente, è stata più fredda di sempre, più indifferente, ed io più di lei. Dopo ho provato disgusto. Avrei voluto bastonarla, l’avrei buttata per terra».

Ma questo duce volgare e animalesco si trasforma a volte in padre amorevole verso i propri figli segreti. Come con Duilio e Adua, che Mussolini dice di avere avuto da Alice De Fonseca Pallottelli. Lei il 16 luglio 1938 gli scrive che i bimbi sono ammalati, e lui le telefona. La Pallottelli gli dice: «Duilio ha avuto una forte dissenteria, credevo di perderlo. Ha vomitato tutta la notte. Vorrei portarlo al mare a Pesaro». Mussolini le chiede se ha bisogno di soldi. E lei: «No, per ora ce la faccio».
Mauro Suttora