Showing posts with label settimanale oggi. Show all posts
Showing posts with label settimanale oggi. Show all posts

Thursday, December 14, 2017

Lo stato non paga i fornitori

IL CASO DI SERGIO BRAMINI DI MONZA



di Mauro Suttora

Oggi, 7 dicembre 2017

«Per non licenziare 32 dipendenti ho ipotecato la casa. La mia azienda è fallita, anche se ho 4 milioni di crediti con la pubblica amministrazione».
La Icom spa dell’imprenditore Sergio Bramini di Monza va bene, si aggiudica appalti importanti. Ma i pagamentinon arrivano, lui ipoteca la casa.

L’azienda fallisce, e ora è stato sfrattato: «Vivo con i miei figli e la mia nipotina. Ho pensato di suicidarmi. La Icom andava bene, ho vinto vari appalti nel Sud Italia, in Sicilia e a Napoli per l’emergenza rifiuti, ma i pagamenti non sono arrivati e le banche hanno interrotto le linee di credito».

Bramini avrebbe potuto chiudere l’azienda licenziando tutti i dipendenti, ma non lo ha fatto: «Ho pensato alle trentadue famiglie che dipendevano da me, e ho ipotecato la mia casa. Sono comunque fallito».
Il tribunale ha decretato il fallimento della Icom nel 2011, due anni prima dell’entrata in vigore della legge europea che obbliga lo stralcio di dissesti provocati dal mancato pagamento di enti pubblici. Bramini, quindi, non può usufruirne.

Nonostante le promesse, l'Italia è ancora maglia nera in Europa per i tempi di pagamento degli enti pubblici alle imprese fornitrici.  
Per questo la Ue ha riattivato la procedura d'infrazione, aperta nel 2013. Allora il premier Matteo Renzi fece approvare il decreto Sblocca debiti. 
Ma secondo l’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) il 70% delle imprese di costruzioni registra ancora ritardi, che causano gravi ripercussioni: metà di esse hanno ridotto gli investimenti, e una su tre ha dovuto licenziare. Si arriva a ritardi di 168 giorni (più di cinque mesi), contro il limite di 60 giorni.

«La vicenda di Bramini non è la prima in Italia, e non sarà l’ultima se il governo non cambierà rotta», dice a Oggi Andrea Innocenti, consulente d’impresa.  «La procedura promessa da Renzi in tv era semplice: le aziende con crediti verso gli enti pubblici maturati entro il 2013 chiedevano la certificazione con garanzia dello stato. Poi andavano da una banca a farsi anticipare i soldi, e la banca a sua volta avrebbe ottenuto entro 180 giorni il pagamento, grazie a un fondo apposito».

Tutto semplice, quindi?
 
«No, perchè proprio lo stato ha iniziato a negare le nomine dei commissari ad acta per la certificazione, per esempio per le Ato, Autorità d’ambito territoriale ottimale, in Sicilia, sostenendo che non sarebbero enti pubblici, ma spa, società per azioni, private. Eppure sono enti istituiti per legge, che riscuotevano la tassa rifiuti».

Le ex Nettezze urbane.

«Sì. Ma ci sono voluti ricorsi in tribunale per ristabilire questa semplice verità. E nonostante le sentenze, i governi hanno continuato a non certificare. Anche nell’unico caso in cui lo hanno fatto, non hanno pagato la banca che ha anticipato i soldi all'azienda, circa 35 milioni. Hanno così creato un pregiudizio e una diffidenza di tutte le banche italiane, che a quel punto hanno negato alle aziende operazioni simili».

Perché?
 
«Un commissario ha ammesso in privato, con me, di non avere certificato dei crediti per "imposizioni informali del ministero dell’Economia"».

A quanto ammontano i crediti pubblici non pagati?

«La Sicilia da sola ha accumulato debiti per almeno due miliardi di euro, non inseriti nei bilanci dello stato. Mi sembra insomma che il governo stia “nascondendo” molti debiti alla Ue. Intanto le aziende falliscono, e vari imprenditori si suicidano».
Mauro Suttora


Wednesday, November 29, 2017

Che stangata per Veronica Lario



Clamorosa sentenza sul Cavaliere e la ex moglie
Svelati i documenti sul divorzio

CHE VITA SUPERLUSSO QUANDO ERA LA SIGNORA BERLUSCONI!

Ville, piscine, barche, viaggi in mezzo mondo e decine fra domestici e guardie del corpo. Miriam Bartolini aveva chiesto tanto e ottenuto alimenti da favola. Ora glieli hanno azzerati. E non solo: le tocca restituire le somme già incassate

di Mauro Suttora

Oggi, 23 novembre 2017

Adesso, per risparmiare, dovrà scegliere. L’attico e superattico al 18esimo piano del grattacielo Magnolia fra le Torri Bianche di Vimercate, quelle che si vedono dall’autostrada, o il palazzetto di via Bigli nel centro di Milano?

Miriam Raffaella Bartolini, alias Veronica Lario ex Berlusconi, si divide fra queste due case dopo aver dovuto lasciare la magione di Macherio da 78 milioni nel 2012: le centinaia di metri quadri in affitto di Vimercate, con vista sulle Prealpi e sui nuovi grattacieli di Milano, e l’altrettanto spazioso appartamento dietro via Montenapoleone, acquistato per 11 milioni, già set del film Happy Family (2010) del premio oscar Gabriele Salvatores. Vicini di casa: i Tronchetti Provera, i Moratti, l’ex moglie di Galliani, la Casaleggio & Associati srl.

Dopo la disastrosa sentenza che le ha azzerato gli alimenti, l’ex moglie di Silvio Berlusconi dovrà sicuramente rivedere quello che gli avvocati chiamano «il suo treno di vita».

Peggio di così, non poteva andare. E pensare che solo cinque anni fa la sentenza di separazione le aveva assegnato l’astronomica cifra di 3 milioni al mese. Ogni anno 36 milioni. Tanto che l’ex premier ci scherzò su: «Anche oggi la mia ex, quando si sveglierà, dovrà decidere come spendere i suoi 100 mila euro giornalieri».

È una vera rivoluzione per i divorziati italiani

Già due anni fa, però, la sentenza di divorzio le aveva dimezzato il sontuoso appannaggio. Ma neanche nei suoi peggiori sogni la povera Veronica avrebbe immaginato che alla fine la corte d’Appello di Milano non le avrebbe riconosciuto neppure un centesimo.

E non solo: le tocca pure restituire una sessantina dei milioni già ricevuti. Che si riducono a una quarantina perché il caro Silvio, sperando in un futuro sconto, aveva già iniziato da mesi a ridurre l’assegno.

La rivoluzione è scoppiata pochi mesi fa, quando la Cassazione ha deciso che l’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli non doveva più mantenere l’ex moglie, perché la signora era in grado di provvedere da sola. Basta con l’ex coniuge ricco che deve garantire all’altro lo stesso “treno di vita” goduto durante il matrimonio.



Patrimonio di Silvio: 7 miliardi di euro

Ora di questa svolta epocale approfitta Berlusconi, il quinto uomo più ricco d’Italia, 7 miliardi di patrimonio personale. Che non dovrà più garantire alcunché a Veronica, visto che lei può trarre sostentamento dal suo patrimonio accumulato durante il matrimonio: un centinaio di milioni.

E pensare che gli avvocati della Lario si erano dilungati fino alle minuzie per descrivere la sua vita da sposata, convinti che Berlusconi avrebbe dovuto garantirgliene una di pari livello. Prima della separazione Veronica risiedeva nella Villa Belvedere di Macherio dotata di piscina coperta e palestra, con 12 domestici (7 donne e 5 uomini: cuoco, cameriere, giardinieri, personal trainer, restauratori).

Si trasferiva nella Villa Certosa di Porto Rotondo per almeno 5 settimane all’anno, e altrettanto tempo trascorreva sullo yacht Morning Glory.
Alla signora piace molto viaggiare. Nei quattro anni prima della separazione si è recata a Galapagos, Polinesia, Figi, Nuova Zelanda, Cambogia, Laos, Thailandia, Brasile, Siria, Praga.
Andava più volte all’anno a New York, Londra, Parigi, Venezia, Roma, e in montagna nella villa di St.Moritz. E naturalmente, come precisano gli avvocati, «viaggia sempre nelle classi massime».

Berlusconi possiede non un aereo privato, ma un’intera società dotata di vari velivoli, la Alba Servizi. E Veronica ne è stata un’assidua cliente, sia sul Gulfstream 450 (viaggi intercontinentali) che sui tre Hawker e l’elicottero.
Erano ben 25 le guardie del corpo della signora, distribuiti su vari turni 24 ore su 24.
E la memoria specifica che il marito provvedeva a saldare i conti per gli acquisti di «abiti di noti stilisti», nonché per l’opera di estetiste, parrucchieri e personal trainer a domicilio.

Ora tutto è stato ridimensionato. Ma non troppo. Oltre alle due case dove abita a Milano e Vimercate, infatti, Veronica può contare su un palazzetto  a S-Chanf, accanto a St. Moritz, intestato alla madre.



Case a New York, Londra e in Sardegna

La sua società immobiliare Il Poggio incorpora residenze a Londra (valore: 3 milioni), New York (Park Avenue, 7 milioni), Porto Rotondo (600 mila euro), Bologna (117 mila euro).

I cespiti maggiori per il futuro reddito che l’ex signora Berlusconi dovrà a questo punto autoprodurre sono due interi palazzi di uffici a Milano 2 (il Canova, otto piani, valutato 33 milioni, piano terra affittato al supermercato Crai, e il Borromini), uno a Milano (12 milioni), e 55 posti auto a Segrate. Veronica inoltre avrebbe incassato 15 milioni vendendo Villa Minerva in Sardegna al miliardario russo Tariko Rustam.

Insomma, senza contare gli investimenti finanziari, la signora dovrebbe farcela a estrarre una rendita decente per vivere, visto che il totale degli  immobili a bilancio nella sua srl risulta di 46 milioni, ma probabilmente il valore commerciale reale è il doppio.
Mauro Suttora



Thursday, September 14, 2017

Clooney presidente Usa?

di Mauro Suttora
Oggi, 14 settembre 2017
«La vita dei politici è un inferno. So com’è, ne conosco diversi. Chi mai vorrebbe vivere così?» Era l’ottobre di due anni fa. George Clooney veniva indicato per l’ennesima volta come possibile candidato per le presidenziali Usa appena iniziate. E smentì di voler arrivare alla Casa Bianca.
Ma in politica, mai dire mai. Soprattutto negli Usa, dove sono diventati (ottimi) presidenti un coltivatore di arachidi (Jimmy Carter) e un attore di serie B (Ronald Reagan). Per non parlare di Donald Trump, su cui nessuno avrebbe scommesso un cent.
Clooney è da un quarto di secolo attore di serie A. Sarebbe il nuovo Cary Grant, brillante e di charme, se la sua passione politica non lo spingesse a confezionare (da attore, regista o produttore) film di impegno sociale tanto osannati dai critici quanto snobbati dal grande pubblico.
Ora ha 56 anni, e anche il matrimonio con l’avvocatessa libanese Amal Alamuddin è all’insegna delle cause nobili e planetarie che lei difende. Quindi ai democratici Usa, dopo la batosta Clinton, non resta che aggrapparsi alla speranza di una sua candidatura nel 2020. Altri presidenziabili progressisti non sono in vista. 
E la politica è una passione della famiglia Clooney. Sua zia Rosemary, cantante (Mambo Italiano), era accanto a Bob Kennedy quando questi venne assassinato in California nel 1968. Ma è un ricordo che certo non avvicina George alla candidatura.

Thursday, August 17, 2017

Le valute locali regionali

NIENTE SESTERZI, PER ORA, A ROMA. MA LE VALUTE COMPLEMENTARI SONO REALTA’ GIA' IN VARIE REGIONI. A PARTIRE DALLA SARDEGNA. IL PIONIERE FU IL PROFESSOR GIACINTO AURITI, 17 ANNI FA IN ABRUZZO
di Mauro Suttora
Oggi, 17 agosto 2017

Non si chiamerà “sesterzio” la nuova moneta complementare di Roma, ma la città guidata dai grillini vuole affiancare all’euro un sistema di pagamento autonomo. Il Movimento 5 stelle, infatti, è critico nei confronti della valuta europea, e cerca di trovare alternative che diano fiato all’economia locale.
Qualche settimana fa abbiamo scritto scherzosamente che questa moneta parallela potrebbe prendere il nome dalla celebre moneta simbolo di Roma antica. L’ufficio stampa della sindaca Virginia Raggi ci scrive che la «presunta proposta della Sindaca di Roma («il ripristino del sesterzio, antica moneta romana») non è mai stata avanzata dalla sindaca Raggi e pertanto l’affermazione è destituita di qualunque fondamento». Ne prendiamo atto.
Eppure qualcosa è allo studio. Ha detto per esempio l’assessore al Bilancio di Roma Andrea Mazzillo: «Stiamo studiando, all’interno del progetto “Fabbrica Roma”, l’introduzione di una moneta complementare per favorire le economie locali attraverso lo scambio di servizi tra aziende».
La valuta complementare non è una bizzarria. Molti antieuro, dai leghisti a Fratelli d’Italia, la stanno studiando. E perfino Silvio Berlusconi l’ha ipotizzata come moneta nazionale, sotto il controllo della Banca d’Italia: un ritorno alla lira, accanto all’euro.
Infine, fu proprio Beppe Grillo a solidarizzare con l’eccentrico professore Giacinto Auriti che, in polemica con il «signoraggio» a suo avviso praticato dalla Banca d’Italia, nell’estate del 2000 convinse decine di negozianti del suo paese, Guardiagrele (Chieti), a farsi pagare in Simec (Simbolo econometrico). Dopo venti giorni la Guardia di Finanza sequestrò l’invenzione del professor Auriti. Poi un giudice gli diede ragione e dissequestrò i Simec, ma ormai i cittadini di Guardiagrele si erano messi paura.
Oggi che i bitcoin sono accettati in tutto il mondo come mezzo di pagamento elettronico, è più facile sfidare il monopolio delle valute ufficiali. Così da dieci anni a Napoli, Firenze e Pistoia molti esercizi commerciali adottano per i propri scambi reciproci lo “scec” («sconto che cammina»), una specie di baratto legalizzato. Ed esistono il Sardex, il Liberex, il Samex, il Marchex, il Valdex (riquadro sopra).
I vantaggi? «Permettere a privati e aziende di scambiarsi beni elettronicamente, basandosi sulla fiducia di appartenere allo stesso territorio e compensando debiti e crediti. Così la liquidità gira più veloce», spiegano da Serramanna (Vs) i fondatori di Sardex. 
Nomi più attraenti
Certo che, se invece di queste fredde e tecnocratiche locuzioni, si ripristinassero i gloriosi nomi delle monete italiane pre-lira (riquadro qui accanto), forse le valute complementari locali risulterebbero più attraenti.
Come il sesterzio, che durò più di mezzo millennio e accompagnò lo splendore dell’impero romano.
Mauro Suttora

Thursday, August 03, 2017

Lo scoop del bacio di Lady Diana

PER LA PRIMA VOLTA DOPO 20 ANNI MARIO BRENNA, AUTORE DELLE FOTO, RIPERCORRE MINUTO PER MINUTO QUEI GIORNI STUPENDI E POI DRAMMATICI DELL’AGOSTO 1997.
«VENDETTI LE IMMAGINI PER UN MILIARDO E MEZZO DI LIRE»
di Mauro Suttora
Oggi, 3 agosto 2017


«Vidi movimento sul ponte dello yacht: inquadrai, misi a fuoco, e mi apparvero Diana e Dodi che ammiravano i prati del golf e le bianchissime spiagge con le dune di sabbia».
Erano le 13 del 3 agosto 1997. Il fotografo Mario Brenna aspettava da ore nascosto su capo Sperone, estremo sud della Corsica. Un sole cocente. Da tre giorni dava la caccia alla principessa d’Inghilterra e al suo presunto amante.

«Scattai la prima foto, si abbracciavano. Poi si baciarono per dieci secondi. Non mi feci prendere dal panico, li fotografai come se la cosa non mi coinvolgesse. La mia freddezza mi stupì».
Lo scoop del secolo. Paragonabile solo alle foto di Jacqueline Kennedy e Aristide Onassis sull’isola di Skorpios. «O a Papa Wojtyla in piscina nel 1980», aggiunge Brenna. Che per la prima volta dopo vent’anni racconta a Oggi la verità sulle foto che rivelarono al mondo l’amore di Lady Diana. Amore che le fu fatale: pochi giorni dopo, il 31 agosto, la principessa morì con Dodi, sfracellandosi nel tunnel dell’Alma a Parigi.
Brenna ha scritto per noi un libro, che ripercorre minuto per minuto quell’agosto magico e tragico: Il bacio di Lady Diana, in tutte le edicole da oggi.
Perché solo ora?
«Quando seppi della morte di Lady Di scoppiai a piangere, e decisi che non avrei mai raccontato nulla di quello che avevo visto e fatto fino a quando i figli della principessa non fossero stati uomini grandi e maturi. Per rispetto della sua memoria, di Dodi e delle loro famiglie».
Si è mai sentito responsabile per la tragedia di Diana? La sua auto si schiantò mentre era braccata dai paparazzi parigini.
«Me lo domandai, e andai un po’ in crisi. Avevo scoperto io la storia di Diana con Dodi, e contribuii a scatenare dietro ai due amanti i giornalisti durante quell’agosto. Ma per Lady Di essere inseguita era la normalità. E se non fossi stato io a scattare la foto del loro bacio, lo avrebbe fatto qualcun altro qualche giorno dopo. Però anche per me fu uno choc: le persone che un mese prima mi avevano donato il momento più alto nel mio lavoro, che avevo visto felici e serene, complici, appassionate, piene di vita e solarità, erano scomparse».
Per qualche giorno, attorno a quel Ferragosto ’97, anche Brenna sperimentò cosa vuol dire essere famosi e richiesti da tutti i giornali e tv del mondo, come Diana. E come lei, si nascose.
«Non volevo che il mio viso diventasse noto. Perché non sono un vanitoso, ma anche perché il mio mestiere richiede discrezione. Frequento ambienti in cui posso entrare proprio perché rimango un anonimo».
Si fantasticò sul valore dello scoop. Il Sunday Mirror lo pagò 700 milioni di lire, cifra da record per una foto. Il direttore di Oggi Paolo Occhipinti sborsò 160 milioni per l’esclusiva italiana (tirando 1.250.000 copie).
In totale, fra giornali inglesi, francesi, spagnoli, americani e italiani, un miliardo e mezzo. Brenna nel libro racconta le ore rocambolesche delle trattative che condusse di persona a Parigi e Londra. 
«Ma mi resi subito conto del valore delle foto, quand’ero ancora sdraiato dietro quella roccia fra Corsica e Sardegna. Ricordo che lanciai un urlo di gioia. Tutti i fotografi del mondo avrebbero desiderato essere al mio posto, era il sogno di ogni reporter. E io, Mario Brenna di Trecallo in provincia di Como, il figlio del Nello e della Anna, avevo fatto quelle foto. Il sogno si era avverato».
Il racconto del libro è avvincente, da missione 007. Brenna era uno dei fotografi più bravi ed esperti, frequentava da vent’anni Costa Smeralda, Monte Carlo e St. Moritz. Aveva appena realizzato un altro scoop: il primo bacio di Ernst di Hannover con Carolina di Monaco, vedova di Stefano Casiraghi (suo grande amico di gioventù).
Il primo agosto ’97 vide, dal gommone con cui perlustrava le acque di Porto Cervo, lo yacht Jonikal che sapeva essere dell’industriale Edoardo Polli. Non sapeva però che pochi mesi prima Polli lo aveva venduto al miliardario egiziano Mohamed Al-Fayed, padre di Dodi. E, soprattutto, ignorava che la bionda col costume rosa che intravedeva a bordo fosse Diana. «Me ne resi conto solo avvicinandomi, e la fotografai stupefatto. Era già un bel colpo».
Ma, raccogliendo indizi nelle ore successive, capì che poteva esserci qualcosa di molto più grosso. E che un’eventuale liaison fra la madre del futuro re d’Inghilterra (seppure divorziata da un anno da Carlo) e un playboy musulmano, il figlio di Al-Fayed, avrebbe causato uno scandalo immenso.
«Dovevo proteggere il mio segreto anche dai concorrenti, che in quei giorni erano tanti in Sardegna». Alla fine lo scoop riesce. E in solitario.
Brenna poi si rifugia a St. Moritz per sfuggire ai giornalisti dai quali è a sua volta tallonato.
«Lì incontrai Gianni Agnelli che, curiosissimo, si fece raccontare per due ore i dettagli dell’avventura, con il mio inseguimento dello yacht fra le isole di Maddalena e Cavallo».


Il 24 agosto 1997, l’avventura ricomincia. «Diana e Dodi si imbarcarono di nuovo a Monte-Carlo, e io li aspettai a Portofino. Questa volta però in squadra con altri tre colleghi, per affrontare la concorrenza di tutti i fotografi d’Europa».
Lo yacht fugge a Portovenere, poi fa rotta verso l’Elba. «Lì scompare, noi affittiamo un aereo e lo ritroviamo all’isola di Tavolara».
Altre immagini rubate, in moto d’acqua a San Teodoro, fino all’ultimo giorno al Cala di Volpe. Con un altro fotografo che perde la testa e insulta la principessa mentre scappa.
Il 30 agosto Diana e Dodi volano via da Olbia, cenano a Parigi. E dopo poche ore si compie il loro destino.
Brenna, nei suoi 40 anni di carriera quali sono i personaggi più simpatici che ha fotografato?
«Celentano, Fiorello, Alberto di Monaco, Mike Bongiorno, Pavarotti».
E quelli meno simpatici?
«La moglie di Celentano, Leonardo di Caprio, Naomi Campbell. Johnny Depp mi minacciò di morte».
Quale scoop varrebbe oggi quello di Diana?
«Mah, forse Clooney con i suoi gemellini, o Brad Pitt che pare stia con Sienna Miller, o il principe Harry con la nuova fidanzata…»
Ma basta pronunciare questi nomi per capire la distanza siderale da una leggenda come Diana.
Mauro Suttora

Thursday, June 22, 2017

Dibba diventa papà



Il deputato 5 stelle sta per diventare padre: sigarette bandite in casa per la gravidanza della compagna. E quando fanno la spesa lei è attenta a riciclare. Quanto alla politica, lui medita di non ricandidarsi

Oggi, 22 giugno 2017

di Mauro Suttora

Alessandro Di Battista, il deputato grillino più popolare, è così entusiasta di diventare padre che medita di lasciare la politica. Almeno per un po’. La sua compagna Sahra Lahouasnia, di origini franco-algerine, partorirà un maschietto (pare) a metà ottobre, e lui non sta nella pelle.

Dibba (come lo chiamano i suoi sostenitori) accarezza l’idea di dedicarsi a suo figlio a tempo pieno, e quindi di non ricandidarsi alle elezioni politiche che si terranno all’inizio del 2018.

Sicuramente non passerà l’estate in moto, come fece l’anno scorso quando girò l’Italia tenendo comizi in spiaggia. Allora non si era ancora messo con Sahra.
Di Battista è il mattatore del Movimento 5 stelle. Bello, simpatico, estroverso, è neutrale fra i grillini “governativi” di Luigi Di Maio e Davide Casaleggio e quelli “di lotta” di Paola Taverna.

Thursday, May 04, 2017

Emmanuel e Brigitte Macron

RITRATTO INDISCRETO DELLA NUOVA COPPIA PRESIDENZIALE FRANCESE
Galeotto fu Eduardo
di Mauro Suttora
Oggi, 4 maggio 2017
«Mamma, c’è un pazzo nella mia classe che sa tutto su tutto!». La quindicenne Laurence tornò a casa entusiasta, e fu così che sua madre Bibi (Brigitte) sentì parlare per la prima volta di Manu (Emmanuel).
Era 24 anni fa, 1993. E 24 sono anche gli anni di differenza d’età fra Bibi, prof di francese e latino al liceo gesuita di Amiens, ed Emmanuel Macron, il presidente più giovane nella storia di Francia dopo Napoleone.
Manu è in seconda liceo, figlio di due medici: intelligente, brillante, affamato di cultura. Legge Gide, preferisce Brel e Leo Ferré ai Nirvana. Bibi è la sesta figlia della famiglia Trogneux, catena di pasticcerie, i macaron più rinomati di Francia dopo i Ladurée.
Entrambi appassionati di teatro, lei da regista lo sceglie come attore (qualcuno dice che la sua regista sia ancora lei) per recitare con la compagnia del liceo la piéce di Milan Kundera Jacques e il suo padrone (qualcuno dice che la sua padrona sia ancora lei).
Scatta la scintilla fra Manu e Bibi. Lei lo inizia a Voltaire e Baudelaire, lui è estasiato dagli occhi blu della prof 39enne madre di tre figli, sposata a un banchiere, reputazione impeccabile (fino a quel momento).
L’anno dopo scoppia l’amore grazie a Eduardo De Filippo. «Riscriviamo assieme l’Arte della Commedia per aggiungere qualche ruolo?», propone l’intraprendente Manu a Bibi. Si vedono ogni venerdi pomeriggio per aggiungere dei ruoli. I genitori di Manu pensano che lui vada a casa di Laurence. Invece è della mamma che il ragazzo è innamorato. «Sentivo che scivolavo, e lui anche…», ricorda Bibi.
Scoppia lo scandalo ad Amiens, città di provincia. La dottoressa Macron affronta Bibi a muso duro: «Signora, ma si rende conto? Lei ha già una famiglia. Il mio Manu con lei non potrebbe neanche avere dei figli». La diffida dal riavvicinarsi all’adolescente. «Non posso prometterle niente», risponde l’orgogliosa Bibi. La quale, dalla sua parte, subisce i rimproveri più dei fratelli maggiori che del marito.
Per tagliare, lei chiede a Manu di trasferirsi a Parigi, a finire il liceo e superare la maturità. «Quando torno a 18 anni, qualunque cosa tu faccia ti sposo!», le promette (minaccia) lui.
«Fu uno strazio, eravamo lacerati tutti e due», ricorda Bibi, «ma alla fine ha vinto l’amore e ho divorziato. Impossibile resistere».
Anche lei si trasferisce a Parigi, va a insegnare nel liceo San Luigi Gonzaga del XVI arrondissement, quartiere dei ricchi. Manu il perfetto frequenta tutte le scuole giuste: università a Sciences politiques, specializzazione all’Ena (Ecole nationale d’administration), fucina di tecnocrati. Viene notato da Jacques Attali, grande intellettuale socialista, che lo introduce nei circoli del partito.
Nel 2007 l’ereditiera dei macaron sposa Macron, solo una vocale in meno. I figli di Bibi cominciano ad accettare la nuova realtà. La carriera di Manu parte come un missile. Nel 2010 lascia il ministero delle Finanze e si fa assumere dalla banca Rothschild. Per farsi odiare ancora un po’ di più a sinistra diventa consulente della multinazionale Nestlé. In un anno e mezzo guadagna un milione di euro.
Poi l’Eliseo: consigliere economico del presidente Hollande, nel 2014 ministro dell’Economia. Ma capisce che la barca socialista sta affondando: molla il ministero, poi anche il partito. L’anno scorso ne fonda uno nuovo, tutto suo, con le stesse iniziali: En Marche!
La sera della vittoria al primo turno delle presidenziali Emmanuel Macron pronuncia un discorso con due frasi bellissime. La prima: «Applaudiamo i nostri avversari». Niente politica dell’odio, basta insulti. La seconda: «Ringrazio mia moglie Brigitte. Senza di lei io non sarei io». 
Sotto il palco, Bibi con le sue belle gambe da 64enne in leggings lo applaude commossa. Accanto a lei urlano di gioia due stupende donne bionde: Laurence e Tiphaine, le sue figlie. Manu di figli non ne ha avuti, ma ora sette nipotini lo chiamano daddy.
Ah, anche fra il nuovo presidente Usa Donald Trump e sua moglie Melania ci sono 24 anni di differenza. Che coincidenza. E che differenza con la Première Dame Brigitte Macron Trogneux.
Mauro Suttora

Thursday, April 20, 2017

Film su Stanlio e Ollio

di Mauro Suttora

Oggi, 20 aprile 2017

La somiglianza è incredibile. L’americano John Reilly e l’inglese Steve Coogan saranno Stanlio e Ollio sul grande schermo. La Bbc Films sta girando Stan & Ollie, pellicola biopic su Stan Laurel e Oliver Hardy. Il film è ambientato nel 1953, durante l’ultima tournée del duo in Gran Bretagna.

Stan oberato da debiti per coniugi e amanti

Dopo i fasti degli anni 20 e 30, nel dopoguerra vicissitudini varie colpirono le carriere del duo comico più famoso del mondo. Erano sempre popolarissimi, ma per esigenze di soldi si erano legati a produttori che li costringevano a fare film con copioni scadenti. Stanlio, in particolare, era oberato dai debiti perché doveva mantenere un esercito di ex mogli e amanti.

Così alla fine degli anni 40, abbandonato il cinema, cominciarono a fare tournées nei teatri, registrando ovunque il tutto esaurito. L’ultimo dei loro 107 film lo girarono nel 1951, ormai sessantenni, ma la salute precaria di entrambi provocò lunghe pause nelle riprese.

Stanlio era malato di diabete, Ollio pesava 160 chili e aveva avuto tre infarti. Ciononostante, nel 1953 si imbarcarono per la loro ultima avventura in Europa, dove la loro fama era rimasta intatta, superiore a quella negli Stati Uniti.

E in Italia il successo continua tuttora: sono 2-300mila ogni sera gli spettatori che li seguono nell’appuntamento fisso su Raimovie dalle 20 alle 21.

Stanlio era amico di Charlie Chaplin

Ollio era americano. Stanlio inglese, e nel 1910 a vent’anni si imbarcò verso gli Stati Uniti in cerca di fortuna con una compagnia comica in cui recitava anche un suo amico e coetaneo allora sconosciuto: Charlie Chaplin. Ma il sodalizio artistico lo trovò con Oliver Hardy.

Sbancarono nella nascente industria del cinema con le loro gag, e l’avvento del sonoro non solo non li danneggiò (come capitò ad altri attori), ma addirittura ne accrebbe la fama. In Italia Mussolini e papa Pio XII li adoravano, e Alberto Sordi a soli 19 anni nel 1939 cominciò a doppiare Ollio.

Questo film della Bbc rivela il segreto del loro successo: Stanlio e Ollio erano molto amici anche nella vita privata. Si prendevano cura vicendevolmente della loro salute malferma, si aiutavano, erano quasi commoventi per la reciproca sollecitudine.

Stan rispondeva a tutte le lettere

Ollio è morto nel 1957. Stanlio nel ’65, ma fino all’ultimo rispose di persona a tutte le lettere dei fans dal suo appartamentino di Santa Monica (Los Angeles), e ricevette gli omaggi delle tante star che lo omaggiavano.
Mauro Suttora

Wednesday, March 29, 2017

La Raggi in vacanza a sciare

di Mauro Suttora

Oggi, 29 marzo 2017

Nell’hotel Emmy di Fié allo Sciliar (Bolzano), dove hanno trascorso cinque giorni, avevano una suite con due stanze. Quindi niente autorizza a dire che si siano rimessi insieme. Ma queste foto che pubblichiamo in esclusiva dimostrano che fra la sindaca di Roma Virginia Raggi e il suo marito separato Andrea Severini (regista a Radio Dimensione Suono) è tornato il bel tempo.
Sarà per il bene del figlio, sarà perché lui l’ha sempre difesa in questi mesi tribolati, ma la coppia sembra aver ritrovato l’affiatamento.

E di calma la Raggi ha proprio bisogno. Nei giorni drammatici dopo l’arresto del suo braccio destro Raffaele Marra (in carcere da tre mesi e mezzo) e le rivelazioni sulle polizze assicurative da 30mila euro intestatele dal dirigente grillino Salvatore Romeo, Virginia aveva avuto un crollo nervoso ed era finita in ospedale.

Inquisita per tre reati, non si è dimessa

Si mormorava anche di una relazione con l’uno o con l’altro, vista la testardaggine con cui lei li difendeva dalle critiche del suo stesso Movimento 5 stelle.

E invece niente: con Marra la Raggi condivide soltanto due avvisi di garanzia (abuso d’ufficio e falso in atto pubblico) per avere promosso il fratello di Marra alla guida della direzione Turismo.

Con Romeo invece la sindaca è indagata per un terzo reato (abuso d’ufficio), dopo averlo nominato capo della sua segreteria triplicandogli lo stipendio, da 40 a 110mila euro annui.
Ma lei nega di aver saputo che Romeo le avesse intestato le tre polizze. E grazie a un cambio delle regole del suo movimento, non deve più dimettersi.

No alle olimpiadi, sì allo stadio

In questi nove mesi le decisioni più importanti prese dalla Raggi sono state il no alle Olimpiadi 2024 e il sì alla costruzione di un nuovo stadio di calcio per la Roma.

Altre vicende burrascose hanno fatto allontanare dal governo grillino una dozzina fra assessori e dirigenti. Cosicché la Raggi è vista più come un peso che come un aiuto in vista del prossimo voto politico nazionale: «Prima cade, meglio è», disse la senatrice 5 stelle Paola Taverna già nel luglio 2016.

Le ‘Iene’ accusano: “Firme irregolari”

Neanche fra le nevi, tuttavia, la povera sindaca ha trovato pace. È stata inseguita da un inviato del programma tv Le Iene (Italia 1), che le ha chiesto conto di irregolarità scoperte sulle firme raccolte per presentare la sua candidatura l’anno scorso: un modulo postdatato con un migliaio di sottoscrizioni raccolte successivamente, e autenticatori insufficienti.

Le Iene hanno già fatto passare i guai ai grillini palermitani, svelando firme false e facendone inquisire 14 di loro (fra cui tre deputati, sospesi dal M5s).

La Raggi ha scaricato ogni responsabilità sui due avvocati grillini incaricati della raccolta firme.
Ma molti sostenitori del movimento la sostengono, accusando i giornalisti di essere troppo severi con lei.

Mauro Suttora

Wednesday, February 08, 2017

Mamma Trump arrivò negli Usa con 50$



FUGGIVA LA FAME DELLE ISOLE EBRIDI NEL 1930

di Mauro Suttora

Oggi, 8 febbraio 2017

La mamma di Donald Trump era una poverissima immigrata scozzese, che arrivò nel 1930 a New York con appena 50 dollari in tasca. Mary Anne MacLeod aveva solo 18 anni quando s’imbarcò. Era l’ultima di dieci figli di un pescatore delle isole Ebridi, nell’estremo nord della Gran Bretagna.
Il suo villaggio, più vicino alle isole Far Oer che a Londra, negli anni 20 era devastato dalla fame. La Grande guerra aveva ucciso molti maschi in età di matrimonio, e 200 di loro annegarono sulla nave che li riportava a casa.

Per di più uno speculatore miliardario, una specie di Trump dell’epoca, Lord Lever (fondatore di quella che è oggi la multinazionale Unilever), comprò l’intera isola dove abitava la famiglia MacLeod, Lewis, costringendo i poveri contadini a lasciare i loro piccoli campi. 
Infine, una disgrazia privata: una sorelle di Mary Anne aveva avuto un figlio fuori dal matrimonio, scandalo inconcepibile per la religione protestante dell’epoca.

Fu così costretta a fuggire in America, dove pochi anni dopo la raggiunse la sorella, che andò a servizio a ore come domestica a Long Island.

Dopo qualche anno Mary Anne conosce a una festa danzante Fred Trump, padre di Donald, lui stesso figlio di immigrati tedeschi. È la svolta: l’intraprendente Fred, già attivo come costruttore, la porta via dalla sua misera vita. Nel 1934 Mary Anne torna in Scozia, probabilmente per avvertire la famiglia del fidanzamento, e ottenerne l’approvazione. Nel ’35 si sposa, ma soltanto nel ’42 otterrà la cittadinanza statunitense.

Avrà cinque figli. Il penultimo, Donald, nasce nel 1946. Il primogenito maschio, purtroppo, morirà per alcolismo a 42 anni. Ecco perché il presidente Usa ora è astemio.

Mamma Trump segue l’ascesa del marito. Fred Trump nel dopoguerra fa fortuna costruendo e affittando case popolari per i reduci della Seconda guerra mondiale. Fra questi, a Brooklyn, c’era Woody Guthrie, il famoso cantante folk (This Land is Your Land) padre artistico di Bob Dylan, che dedica al padre del presidente la poco affettuosa canzone Old man Trump, accusandolo di pretendere affitti troppo alti e di discriminare i neri.

Mary Anne MacLeod Trump muore a 88 anni nel 2000, un anno dopo l’amato marito. Non ha mai voluto trasferirsi a Manhattan, dove Donald aveva sfondato con i suoi grattacieli. Ma ritornò in Scozia per una visita, perché lì Trump ha acquistato un grande golf club, in onore di sua mamma immigrata.

Mauro Suttora

Tuesday, January 24, 2017

Trump: perle di saggezza

di Mauro Suttora

24 gennaio 2017

dai suoi tre libri:

Approccio positivo
Immaginati come un individuo vittorioso. Focalizzati su questo, invece che sui dubbi e le paure.

Pensate in grande
Qualunque cosa facciate, pensate in grande. È la regola aurea che ha ispirato tutte le grandi conquiste dell’età moderna, dai grattacieli alle scoperte scientifiche e alle invenzioni tecnologiche.

Obbedire
Imparare a prendere ordini è importante per la leadership, perché prima di diventare un leader dovete imparare a essere un buon seguace.

Insonne
Sono così innamorato del lavoro che dormo solo 3-4 ore a notte. Non vedo l’ora di alzarmi e andare a lavorare, perché mi diverto tantissimo.

Basic instinct
Ascolto tutti, ma alla fine decido io. Seguite il vostro istinto personale. Senza istinto farete molta fatica ad arrivare al top.

Brevi
Nelle riunioni non tirate per le lunghe. Devono essere corte e andare subito al punto. Il giorno ha poche ore: più si va veloci, più cose si fanno.

Gratis
Quando vado al ristorante, specie dopo The Apprentice, mangio sempre gratis. “Mr. Trump, offre la casa”, anche se sono con 10-15 persone.

Ricco, non avido
Contrariamente all’opinione comune, i ricchi non sono avidi. Gli imprenditori devono essere molto generosi per diventare ricchi.

Matrimonio
Ci si sposa per amore. Ma il matrimonio è un contratto, non c’entra niente con l’amore. Se l’amore finisce, resta solo una ex rancorosa. Niente è peggio di un’ex moglie col dente avvelenato. Se non avessi fatto accordi prematrimoniali con Ivana e Marla, sarei sul lastrico.

Viagra
È fantastico, ma non ne ho avuto mai bisogno. Vorrei un anti-Viagra, con l’effetto opposto. Non mi sto vantando, sono solo fortunato. Se ti serve il Viagra, probabilmente sei con la donna sbagliata.

Donne
Siate impertinenti, sicuri di voi, brillanti, spiritosi, e avrete tutte le donne che volete.

Politica
In politica come nella vita, gli amici vanno e vengono, ma i nemici si accumulano.

Contro Bush
Dopo l’11 settembre 2001 gli Usa avevano la possibilità di diventare il Paese più popolare del mondo. In poche settimane Bush l’ha distrutta. Ha invaso l’Iraq che non c’entrava nulla, ha mentito. Ora non siamo più rispettati come un tempo.

Cina
Non ho nulla contro la Cina, ma odio il fatto che i suoi leader siano molto più intelligenti dei nostri, e che i nostri prodotti siano fatti lì.

Amo vincere
Mi piace il successo. Sono molto competitivo. Amo vincere quando studio, gioco, faccio affari, politica.

Meglio del sesso
Amo schiacciare la controparte e portare a casa affari miliardari. Non c’è nulla di più bello. Meglio del sesso, che pure apprezzo molto.

Vendetta
Se qualcuno vi offende, fategliela pagare. Non è un consiglio edificante, ma viene dall’esperienza. Altrimenti si passa per codardi. Reagite. Così sanno che se ci provano, troveranno un osso duro.

No alcol, droga, caffè
Un mio fratello è morto per alcolismo. Era un gran bel ragazzo, personalità stupenda. L’ho visto disintegrarsi. Non ho mai preso droghe ne’ alcol. Non bevo nemmeno il caffè.

Non mi accontento mai
Non fa parte del mio carattere. Se riposate sugli allori, avete chiuso. Non si puòrestare fermi. Se lo fate, la vita vi taglia fuori. Gli immobiliaristi non vanno mai in pensione, continuano fino a 80-90 anni.

Tuffatevi
Non concedetevi il tempo per dubitare. Quando pensate «Non sono sicuro di poterlo fare», trasformatelo in «Mi sentirò grande quando l’avrò fatto!»

Forza non è arroganza
La forza è disciplina, comportamento, determinazione e grinta. Non significa che devi essere arrogante, sgarbato, sgradevole o autoritario.

(a cura di Mauro Suttora)

Friday, January 20, 2017

Cosa farà Trump nel mondo

Speciale Oggi, 20 gennaio 2017

di Mauro Suttora

Gli Stati Uniti che Donald Trump eredita dopo gli otto anni democratici di Barack Obama sono un Paese in ottima salute. L’indice di Borsa Dow Jones è ai suoi massimi storici di sempre: quasi 20mila punti. Il doppio del boom precedente, quello della New Economy di Bill Clinton alla fine degli anni 90.

La supremazia tecnologica è anch’essa senza precedenti nella storia umana. Mai tanto potere planetario si era concentrato in così pochi chilometri quadri come oggi nella Silicon Valley. Una accanto all’altra, a sud di San Francisco, stanno le sedi dei giganti che controllano la Rete mondiale: Apple, Google, Facebook, Yahoo, Amazon, Whatsapp, Twitter, Instagram.

A nord della California c’è la Microsoft di Bill Gates, con i suoi 22 miliardi di utile annuo su 86 di fatturato: una redditività astronomica. Né ha perso potere la vecchia Ibm, con i suoi 81 miliardi di ricavi.

Le difficoltà della coreana Samsung hanno rafforzato Apple come leader mondiale dei telefonini. E il 32enne Mark Zuckerberg in soli dodici anni è riuscito a connettere quasi due miliardi di persone sulla Terra con la sua Facebook.

Nonostante i progressi del proprio Pil, la Cina rimane a 11mila miliardi di dollari contro i 18mila degli Usa (terzo a grande distanza il Giappone con 4mila). 
Ma il vero indice di ricchezza è il Pil pro capite, e qui ogni americano è (in media) all’ottavo posto con 55mila dollari, superato solo da piccoli paradisi del petrolio come Qatar, Brunei, Kuwait ed Emirati, o europei come Lussemburgo, Norvegia e Svizzera (gli italiani sono 31esimi, i cinesi 84esimi).

Insomma, l’America di Trump continua a essere l’unica superpotenza mondiale, nonostante tutti quelli che da decenni ne annunciano il declino. Le sue università attraggono sempre i migliori cervelli scientifici del mondo, New York è ancora l’approdo preferito di ogni miliardario che voglia acquistare una casa prestigiosa, i film e le serie tv di Hollywood dominano il nostro immaginario.

Tutta questo potere soft è ben sorvegliato con i 600 miliardi di dollari che gli Usa spendono ogni anno per le loro forze armate, più i 500 miliardi destinati ai servizi segreti dopo il 2001 per controllare estremisti islamici e cyberterroristi. 
Per dare l’idea dell’enormità di queste cifre e della distanza rispetto agli altri Paesi, basti dire che le spese militari cinesi sono di 200 miliardi annui, le russe 60, le britanniche 55, le francesi 50.

Quale sarà l’America di Trump? In campagna elettorale lui si è dichiarato protezionista e isolazionista. Questo significa che ostacolerà il liberismo nel commercio internazionale, e non s’immischierà in tutte le crisi in cui viene chiesto l’intervento militare Usa.

Per il primo aspetto, quello economico, il conflitto principale sarà con la Cina. Trump vuole salvare i posti di lavoro che l’America (ma anche l’Europa) perde in favore dei Paesi del Terzo Mondo che producono a costi minori. 
Per giustificare l’introduzione di barriere e tariffe doganali contro i prodotti made in China accusa Pechino di violare gli standard ecologici delle fabbriche occidentali, e le nostre libertà sindacali: «Ci fanno concorrenza sleale distorcendo il mercato!», tuona.
Paradossalmente, quindi, un presidente “reazionario” potrebbe rivelarsi un campione dei diritti ambientali e umani, che se rispettati fanno aumentare i costi dei prodotti.

Sul secondo aspetto, ricordiamo che l’isolazionismo trionfò negli Usa durante gli anni 30, quando movimenti come America First di Charles Lindbergh (il primo uomo che volò sull’Atlantico) non volevano che «giovani americani andassero a morire in Europa» una seconda volta, dopo i 116mila soldati statunitensi uccisi nella Prima guerra mondiale. 
Ci volle l’attacco di Pearl Harbour per convincere gli Usa a intervenire contro i nazifascisti nel dicembre 1941, ben due anni dopo l’inizio della Seconda guerra mondiale.

Questa volta, sono i disastri combinati da Bush junior in Iraq e Afghanistan a tenere gli americani lontani da ulteriori interventi. Già Obama non si è immischiato in Siria, in Libia si è limitato a far rispettare una no fly zone, e anche contro l’Isis impiega aerei e droni invece dei «boots on the ground» (stivali sul terreno, interventi con soldati).

Se Trump proseguirà in questo disimpegno, ecco un secondo paradosso: un repubblicano potrebbe rivelarsi il presidente Usa più pacifista dopo i democratici Carter e Clinton. Quel che è certo, è che chiederà a noi europei di aumentare le spese militari cui destiniamo il 2% del loro Pil, mentre gli Usa superano il 4. 
Ma che può fare se rifiutassimo? Chiudere le basi americane in Italia e Germania? Sarebbe curioso che proprio un presidente di destra come lui attui il vecchio sogno dei comunisti: sciogliere la Nato.

L’unica cosa certa è che Trump non crede al riscaldamento globale della Terra, e quindi non ridurrà le emissioni di combustibili fossili (petrolio, carbone e gas). Proseguirà nello sfruttamento dello shale gas, il gas da argille estratto dalle rocce bituminose che ha già reso gli Usa indipendenti energeticamente e abbassato il prezzo del petrolio. Inoltre darà un giro di vite contro gli immigrati clandestini dal Messico.

Ma da un personaggio creativo, pragmatico e imprevedibile come Trump c’è da aspettarsi di tutto. Anche che litighi con il russo Putin, che ora passa per suo grande amico, ma che inevitabilmente prima o poi entrerà in collisione con gli interessi americani nel mondo.

Mauro Suttora