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Wednesday, March 16, 2016

Una grillina sindaca di Roma?

Bella, concreta, telegenica: Virginia Raggi guida i sondaggi per il voto di giugno. Ma i suoi storcono il naso perchè ha lavorato per Previti. E per un vizietto di Casaleggio

di Mauro Suttora

Oggi, 9 marzo 2016

Dolce Virginia, occhi da cerbiatta, Audrey Hepburn del Tufello...
Si sprecano i soprannomi per Virginia Raggi, avvocata 37enne che a giugno potrebbe diventare sindaco di Roma per il Movimento 5 stelle. Per ora è in testa ai sondaggi davanti a Roberto Giachetti, l’ex radicale che ha vinto le primarie del Partito democratico. E distanzia anche Alfio Marchini, il bel costruttore che Silvio Berlusconi voleva candidato del centrodestra prima del veto di Giorgia Meloni. Senza speranza appaiono Guido Bertolaso e Francesco Storace.

È bastata un’intervista di Bruno Vespa per entusiasmare Gianroberto Casaleggio, ormai capo unico dei grillini dopo il disimpegno di Beppe Grillo: l’ha convocata a Milano nel suo ufficio dietro via Montenapoleone e ne ha constatato di persona la telegenicità.

La Raggi ha vinto con 700 voti le primarie online dei 5 stelle, battendo Marcello De Vito, candidato sindaco nel 2013. È stata consigliere comunale per tre anni, e ora va all’incasso dopo lo scandalo Mafia Capitale che ha fatto cadere il sindaco Ignazio Marino. «Da Marino-Forrest Gump a Virgin-Mary Poppins», scherzano i grillini, che si sentono già la vittoria in tasca.

Lingua sciolta, concreta, sorridente, Virginia dribbla le domande sui suoi tre anni di lavoro nello studio di Cesare Previti, anima nera del berlusconismo. Li aveva nascosti nel suo curriculum, e per questo Il Fatto, giornale fiancheggiatore dei grillini, ha chiesto di ripetere le primarie.
  
I problemi, però, per il M5s non finiscono qui. È scoppiato infatti anche per loro un caso Watergate: Casaleggio spiava le mail private dei suoi deputati?

Ne sono convinti i 38 parlamentari espulsi o scappati dal partito (uno su quattro), che puntano il dito su una fedelissima del capo: Paola Carinelli, deputata milanese.
 
Ma non sono solo i dissidenti ad accusarla di avere messo le loro mail nelle mani di un informatico vicino a Casaleggio. Anche le ortodosse Tatiana Basilio e Patrizia Terzoni l’hanno messa in croce: «Paola, hai dato tu le password del server a un perfetto sconosciuto, contro le decisioni del direttivo. Lo avevamo assunto con clausola di riservatezza, doveva rispondere solo a noi, ma così non è stato. Per questo volevamo sollevarti immediatamente da capogruppo».

La Raggi è specializzata proprio in diritto informatico nel suo attuale studio, quello del suo ex professore Pieremilio Sammarco (pure lui del giro Previti, chiese 20 milioni di danni a Marco Travaglio). Dipanerà lei la questione?
Mauro Suttora

Wednesday, December 18, 2013

Renzi: buoni e cattivi


di Mauro Suttora

Oggi, 11 dicembre 2013

Doppia vittoria per Matteo Renzi alle primarie del Partito democratico: 68 per cento con 2,6 milioni di votanti. Il nuovo segretario del Pd appena due anni fa sembrava un esagitato che urlava di voler rottamare tutti i dirigenti del proprio partito. Oggi se n’è impadronito, e per chi non è salito sul suo carro (come gli accorti Walter Veltroni ed Enrico Franceschini) si annunciano tempi duri.

«Ridurrò i costi della politica di un miliardo», promette Renzi, «sostituirò i senatori con un’assemblea di sindaci e presidenti di regione che lavoreranno gratis». Beppe Grillo trema: lo scettro dell’Uomo nuovo passa nelle mani del sindaco di Firenze. Ma anche gli altri protagonisti della politica italiana, da Silvio Berlusconi a Mario Monti, sembrano cariatidi rispetto a questo 38enne arrembante.

Ecco chi sale e chi scende (in politica, ma anche in economia, tv, mondo dello spettacolo e cultura) con l’inizio dell’era Renzi.

Romano Prodi sale: ha deciso in extremis di andare a votare, per vendicarsi dei 101 anonimi parlamentari Pd che otto mesi fa lo pugnalarono nella corsa al Quirinale. Massimo D’Alema, viceversa, scende: è stato lui il maggiore avversario del sindaco dentro al partito, e anche adesso non si tira indietro: «Ne ho visti tanti, passerà anche lui».
 
Piero Fassino, segretario Pd fino al 2007 e oggi sindaco di Torino, sale: diventerà presidente del partito. Stefano Fassina, viceministro dell’Economia ed esponente della sinistra interna, non condividerà il nuovo corso liberale.

Carlo De Benedetti, proprietario del giornale La Repubblica, ha messo le vele al vento: «È necessario saltare una generazione per cambiare il pd». Eugenio Scalfari invece, quasi 90enne fondatore di quel quotidiano, ha scritto sprezzante: «Renzi è un avventuriero, come piacione meglio Fabio Volo e i suoi libri».

Tempi duri per Mario Orfeo, direttore del Tg1: troppo accondiscendente con il premier Enrico Letta. Salgono in Rai le quotazioni di Monica Maggioni, direttrice Rainews (nonostante il buco sulla morte di Nelson Mandela), e Gerardo Greco (Agorà, Rai3).

Tempi durissimi per Susanna Camusso e tutti i sindacati: «È arrivato il momento di discutere seriamente dei loro bilanci e del loro ruolo in questo mondo del lavoro che cambia così velocemente», minaccia Renzi. Il cui volto nuovo, in tv, è l’angelica ma tosta 33enne Maria Elena Boschi, sua concittadina avvocata, una dei pochi deputati renziani.

Jovanotti è passato da Veltroni a Matteo, surfando sull’onda delle canzoni adottate come inni alle convention di Firenze. Fabio Fazio invece pare abbia votato Pier Luigi Bersani alle scorse primarie e Gianni Cuperlo in queste: doppio fallo. Come per il regista/attore Nanni Moretti.

Debora Serracchiani, rottamatrice della prima ora, adesso è governatrice della regione Friuli-Venezia Giulia. Per lei un futuro a Roma (ministro?). Della variopinta corte renziana fanno parte anche Oscar Farinetti (Eataly, presente a Leopolda 2) e lo scrittore Alessandro Baricco. Pippo Baudo ha votato per lui nel gazebo di piazza del Popolo.

Fra gli antipatizzanti nel mondo dello spettacolo Sabrina Ferilli (comunista storica, arroccata a Cuperlo come Monica Guerritore), Alba Parietti («Renzi ha una figura berlusconiana»), gli attori Elio Germano (sprezzante: «Sono di sinistra, quindi col Pd non c’entro») e Riccardo Scamarcio: «Incredibile che dei politici vestano giubbotti di pelle. Gli attori siamo noi, perché vogliono rubarci il mestiere? È avanspettacolo». Duro anche Claudio Sabelli Fioretti (Un giorno da pecora, Radio2): ««La linea di Renzi sarà un dramma per il Pd».

Fra i simpatizzanti, Victoria Cabello («È l'uomo del rinnovamento che serve al Pd e all'Italia») e Neri Marcorè: «Ha carisma e capacità». Il regista Fausto Brizzi (Notte prima degli esami, Femmine contro maschi), ospita Renzi a casa sua quando dorme (raramente) a Roma.

Sarà strage fra i dirigenti Pd: Anna Finocchiaro, Rosy Bindi, Bersani, Franco Marini, anche giovani ministri come Andrea Orlando (Ambiente). Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi e il viceministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà sono detestati da Renzi in quanto boiardi di Stato: «Chi guadagna di più nella pubblica amministrazione? Ridurre la burocrazia vale due punti di Pil». 

Fuori anche la ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri per le telefonate ai Ligresti. Niente di buono in vista, infine, per Berlusconi (che preferì Enrico Letta a Renzi come premier in aprile), Monti e Letta stesso (nonostante la colleganza di partito: due galli in un pollaio sono troppi).

Si sono invece riciclati in tempo Roberto Giachetti, Goffredo Bettini, Paolo Gentiloni. Che però dovranno obbedire a Luca Lotti, nuovo vice-Renzi a Roma. Gran furbo anche il ricco costruttore ed editore Francesco Gaetano Caltagirone  che fiutando il nuovo corso ha incontrato Renzi e ora lo loda, preferendolo al genero Pier Ferdinando Casini.

Nel mondo economico sono renziani anche il gestore di fondi Davide Serra (liquidato come «speculatore delle Cayman» da Bersani), Andrea Guerra (ad Luxottica), Francesco Micheli (banca Lazard, 10 mila euro da suo figlio Carlo al comitato Renzi), il finanziere Guido Roberto Vitale (5 mila euro), Yoram Gutgeld (ex consulente McKinsey, fatto eleggere deputato) e Fabrizio Palenzona (vicepresidente Unicredit e potente capo dell’Aiscat, concessionarie autostradali).
Mauro Suttora

Wednesday, May 19, 2010

Le case dei parlamentari

QUANTO PAGANO DEPUTATI E SENATORI A ROMA? RISPONDONO IN 80 (SU 945)

Oggi, 19 maggio 2010

di Mauro Suttora

Pier Ferdinando Casini è sintetico: «Abito in una casa di proprietà di mia moglie [Azzurra Caltagirone, ndr] nel quartiere Parioli». Stringato anche Francesco Rutelli: «Vivo nell’unica casa che possiedo. È di mia proprietà, ereditata da mio padre, architetto, che l’ha progettata e realizzata negli anni ‘60».

Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, appare un po’ irritato: «Come tutti i parlamentari deposito la dichiarazione dei redditi presso il Parlamento e quindi è facilmente riscontrabile non solo il mio reddito, ma qualsiasi notizia relativa alla mia persona. Voglio comunque rispondere, a puro titolo di cortesia: non posseggo alcuna abitazione a Roma, dove vivo in una casa in affitto pagando circa 2.000 euro al mese alla proprietaria. Non ho mai avuto a disposizione case di enti di qualsiasi tipo».

Affitti non pubblici

Ci permettiamo di ricordare al senatore che i parlamentari devono dichiarare le loro proprietà, ma non il prezzo d’acquisto e i canoni d’affitto.

Esaustivo invece Piero Fassino (Pd, già segretario Ds): «Abito in un appartamento nel centro di Roma, acquistato nel ‘96 in comproprietà con mia moglie. Per coprire le spese di acquisto e ristrutturazione ho contratto un mutuo che ho terminato di pagare nel dicembre scorso. Sono proprietario di un appartamento a Torino, acquistato da mio padre nel 1962 e ricevuto in eredità nel ‘66. In comproprietà con mia moglie ho acquistato nel 2004 un casale in Toscana per il quale ho contratto un mutuo. Tutti i contratti di acquisto sono stati registrati per l’intero ammontare».

Visto l’interesse suscitato dalla nostra inchiesta della scorsa settimana sulle case dei ministri (dopo le dimissioni di Claudio Scajola per questioni immobiliari), abbiamo chiesto (per e-mail) a tutti i 945 parlamentari informazioni sul loro alloggio a Roma. Non hanno risposto in tanti: meno del dieci per cento.

Si vede che la maggioranza dei politici non ritiene di dovere queste informazioni ai propri elettori. Fra gli alfieri della trasparenza, invece, oltre a Fassino si distinguono i radicali: «Affitto un bilocale da un privato per 1.200 euro in zona Campo de’ Fiori», ci ha risposto la senatrice Donatella Poretti, «ma tutte le informazioni su di noi si trovano nel sito dell’Anagrafe pubblica degli eletti: http://www.radicali.it/ape/eletti/parlamento"».
Così il senatore Marco Perduca, che aggiunge particolari curiosi: «Sto in trenta mq scarsi al terzo piano a Trastevere per 1.250 € al mese. Non uso riscaldamento né acqua calda (neanche in inverno)». E il deputato Matteo Mecacci: «Affitto in zona Foro romano con la mia compagna un appartamento parzialmente arredato di 90 mq. Il canone mensile di 2.700 euro più 118 di oneri condominiali».
«Tifoso» dell’Anagrafe pubblica si dichiara anche il deputato barese del Pd Dario Ginefra: «Affitto 50 mq nel rione Monti, 1.300 euro al mese, quarto piano senza ascensore».

Zaccaria chez Monica

I senatori che si dichiarano proprietari di casa a Roma oltre a Gasparri sono solo tre. Barbara Contini (Pdl): «Lo scorso novembre ho comprato 75 mq in zona Pinciano accendendo un mutuo 15ennale con rata mensile di 2.700 euro». Elio Lannutti (Idv): «Vivo a casa di mia moglie nel quartiere Cinecittà, acquistata nel 1982 dal padre con il 50 per cento di mutuo Italfondiario al tasso del 16 per cento e pagata 76 milioni di lire». Roberto Zaccaria (Pd, già presidente Rai): «Vivo a Roma, dove ho recentemente trasferito la mia residenza. La casa è di proprietà della mia compagna [l’attrice Monica Guerritore, ndr] ed è stata acquistata nel febbraio 2009. Su questa casa, in zona Roma Nord, ho l’usufrutto, avendo concorso all’acquisto con mutuo ventennale di 400 mila euro».

In albergo vanno i senatori Fabrizio Di Stefano (Pdl, da Chieti, che sta all’hotel Imperiale in via Veneto) e Vanni Lenna (Pdl, da Udine): «Spendo 1.500 euro al mese». Guido Galperti (Pd, da Brescia) preferisce un residence vicino al Senato, a 1.100 euro mensili.

Gli altri in affitto. Cristiano de Eccher (Pdl, da Trento): «Pago, con contratto depositato e bonifico bancario, 1.100 euro più circa cento euro di spese per un monolocale in piazza Rondanini, vicino al Senato». Cecilia Donaggio (Pd, da Venezia): «Divido un’appartamento con una mia amica che vi abita da circa 40 anni in zona Prati, e la mia parte è di 1.200-1.400 euro». Maurizio Fistarol (Pd, da Belluno): «Affitto nel centro storico a 1.500 euro mensili». Andrea Fluttero (Pdl, da Torino): «Ho un piccolo alloggio ammobiliato in via dei Coronari per 1.600 euro mensili con contratto registrato. Vado al Senato in bici». Cinzia Fontana (Pd, da Cremona): «Affitto 50 mq con contratto regolare a Trastevere per 1.250 euro». Fabrizio Morri (Pd, da Urbino): «Bilocale di 40 mq a Monteverde nuovo per 1.100 euro». Salvatore Tomaselli (Pd, da Brindisi): «Affitto a 1.490 euro/mese». Felice Belisario (Idv): «A San Lorenzo, 1.200 euro per 75 mq».

Fra i deputati, prodigo di particolari è il romano Roberto Giachetti (Pd): «Da quando mi sono separato (2002) vivo in affitto in un appartamento di 90 mq nel quartiere Monteverde, per cui pago 1.650 euro, avendo lasciato l’abitazione ereditata da mia madre ai miei figli e alla mia ex moglie. Questo gennaio l’ho venduta, comprando per loro una casa di 120 mq. a Monteverde a 630 mila euro ed una casa per me, sempre a Monteverde, di 79 mq che ho pagato 550 mila euro con mutuo di 300 mila euro».

Esaustivo anche Luciano Ciocchetti (Udc, Roma): «Ho acquistato casa tre anni fa per 600 mila euro, con mutuo ventennale per 400 mila euro con una rata di 2.700 euro mensili. Il restante è stato da me versato direttamente alienando alcuni investimenti su fondi e con la liquidazione per la fine del rapporto di lavoro con l’Italgas. L’appartamento su via Acquacetosa Ostiense è di 125 mq + terrazzi e box».

Luisa Gnecchi (Pd, da Bolzano) è fra i pochi a sentirsi privilegiati: «Affitto con regolare contratto una stanza con angolo cottura e bagno. È piccola, ma molto comoda perchè vicino alla Camera. Pago molto, 1.200 euro al mese, una cifra che nessuna persona con un normale stipendio potrebbe pagare».
Giorgio Jannone (Pdl, da Bergamo) si dichiara esente da tentazioni: «Pago 1.600 euro al mese per l’affitto registrato di 50 mq in piazza del Parlamento. Ricopro la carica di Presidente della Commissione Bicamerale di Controllo degli Enti Previdenziali, ossia di tutti gli enti di previdenza che possiedono solo a Roma qualche decina di migliaia di appartamenti. Non mi sono certo mancate opportunità di acquisto o di locazione ...”agevolata”! Non intendo autoelogiarmi, ma voglio evidenziare che esistono molti politici che non meritano essere accomunati a luoghi comuni che generalizzano e offendono».

Scherza Roberto Nicco (Alleanza valdostana del Galletto): «E così siamo alla “dichiarazione pubblica di abitazione”! Comunque: ho affittato un alloggio in via della Lupa 19 (niente ipocrita privacy); il contratto è stato registrato; l’alloggio è composto di 2 vani più servizi. Il canone mensile attuale, comprensivo delle spese condominiali, è di 1.730 euro in totale».

Orgoglioso il ricchissimo avvocato Maurizio Paniz (Pdl, da Belluno): «Sono parlamentare dal 2001. A Roma ho abitato in albergo (hotel De Petris) fino al 2003 (pagavo 270/250 euro a notte); poi ho acquistato un appartamento di 50 mq. in via del Corso, vicino a piazza del Popolo, pagandolo 635 mila euro, somma integralmente dichiarata. Non ho ricorso a mutui perchè la mia dichiarazione dei redditi, che mi vede tra quelli che denunciano cifre elevate [964 mila euro nel 2009, ndr] mi permetteva di avere l’importo a disposizione».

Ce l’ha con le agenzie romane Marco Pugliese (PdI, da Avellino): «Visti i costi eccessivi degli alberghi in centro (130 euro al giorno nei tre stelle) ho affittato un miniappartamento di 55 mq. Pago 2.000 euro al mese più condominio e utenze. Anche se dimoro in zona Pantheon, mi sembra un po’ eccessivo. Tra l’altro, si deve anche subire l’arroganza di agenti immobiliari e dei titolari di case».
E ce l’ha con la capitale intera Gianfranco Paglia (Pdl, da Napoli): «Per mia fortuna non ho casa a Roma». Se può fa il pendolare anche l’umbro Rocco Girlanda (Pdl, da Gubbio): «Risiedo all’hotel Nazionale di piazza Montecitorio. È la soluzione più adatta alle mie esigenze perché, data la relativa vicinanza, talvolta posso rientrare a casa per tornare a Roma la mattina seguente».

Si lamenta Alessandro Montagnoli (Lega Nord, da Verona): «Sto in hotel vicini al parlamento, spesso diversi, e sinceramente la qualità non è sempre buona. Si va dai 90 a 130 euro per notte». In albergo vivono anche il suo collega leghista trevigiano Gianpaolo Dozzo e i deputati Michele Bordo (Pd) da Foggia («Pago 130 euro a notte»), il genovese Roberto Casinelli, Pdl («“Dimoro” all’hotel Nazionale a 165 euro»), Stefano Esposito (Pd), da Torino («Tre notti a settimana di media, 120 euro a notte»), Guglielmo Picchi (Pdl), da Firenze («Hotel non di lusso, e li cambio»), Giacomo Portas (Pd), da Torino («Hotel Cesari») e Simonetta Rubinato (Pd), da Treviso.

Cazzola e Castagnetti

Molti deputati che vivono a Roma da tempo hanno comprato. Enzo Carra (Udc): «Ho acquistato nel 1980 per 57 milioni di lire, in parte con mutuo ventennale dell’Istituto di previdenza giornalisti». Giuliano Cazzola (Pdl): «Lavoro da venticinque anni a Roma. La casa l’ho acquistata prima di diventare deputato due anni fa. È di 40 mq». Pierluigi Castagnetti: «Ho acquistato con mia moglie nel 2003 un minialloggio in centro per 250 mila euro, con mutuo del Banco di Napoli». Marco Causi (Pd): «Ho acquistato per 800 milioni di lire nel ‘98 un appartamento in zona Marconi/piazzale della Radio». Giuseppe Giulietti (Pd): «Ho comprato alla fine degli anni Ottanta 65 mq in zona Prati con mutuo Inpgi da tempo estinto». Roberto Rao (Udc): «Abito in una casa di 120 mq in comproprietà con mia moglie in zona San Giovanni, acquistata nel 2006 per 600 mila euro». Giuseppe Moles (Pdl) ha estinto il mutuo sui 35 mq comprati quand’era studente in zona piazza Bologna.

Fabio Gava (Pdl), da Treviso, sta in residence: «Ingresso, soggiorno con angolo cottura, camera matrimoniale e bagno, di circa mq. 40. Il costo varia a seconda dei giorni in cui mi fermo a Roma, comunque intorno a 1.500 euro al mese». Il milanese Antonio Palmieri (Pdl) abita invece in una casa di religiosi, nei pressi del Vaticano, dall’estate 2001. E Giuseppe Ruvolo (Udc), da Agrigento: «Vivo da dieci anni presso il Collegio del Sacro cuore di Gesù in corso Rinascimento 23, pagando 700 euro al mese per una cameretta più bagno». Anche Alessandra Siragusa (Pd), da Palermo, preferisce istituti di suore o bed and breakfast. Angela Napoli (Pdl), da Reggio Calabria: «Sono ospite di mia figlia, il cui appartamento di 90 mq. nella zona sud di Roma è stato acquistato nel 2002 con mutuo trentennale».

Maurizio Lupi (Pdl), da Milano, vicepresidente della Camera, divide l’affitto: «Risiedo in un appartamento condiviso di circa 80 mq in zona centro storico, la cui rata mensile di affitto è di 3.000 euro». E così Raffaella Mariani (Pd), da Lucca, e Marina Sereni (Pd): «Dividiamo un appartamento in affitto a mille euro a testa. Sono due camerette e un soggiorno più i servizi, al terzo piano senza ascensore. Siamo però vicine alla Camera, e non occorrono mezzi per raggiungerla».

Gli altri deputati, in affitto. Si va dai 650 euro più spese per il monolocale di 35 mq di Oriano Giovanelli (Pd), da Urbino ai 3.000 della bolognese Anna Maria Bernini (Pdl) e Ricardo Franco Levi (Pd), entrambi ovviamente in centro. Piano terra e 700 euro mensili per Nicolò Cristaldi (Pdl), da Trapani («Zona Corso Francia/Vigna Clara, 50 mq») e Luciano Pizzetti (Pd), da Cremona: «Affitto in centro un monolocale di 31mq per 900 euro». Trenta euro in più per i 35 mq della senese Susanna Cenni (Pd). «Risparmioso» anche Marco Zacchera (Pdl), da Verbania: «Un bilocale in centro. Il contratto è di 750 al mese più spese. Conosco i proprietari di persona e l’ho in affitto da dieci anni, quindi il prezzo è oggi minore di quello di mercato. Entrando però pagai dieci milioni di lire per una sistemazione, e 5.000 euro di riparazioni cinque anni fa». Andrea Orlando (Pd), da La Spezia, se la cava con 950 al mese. E Carmen Motta (Pd), da Parma, con 1.050.

Salendo, ecco Leoluca Orlando, Idv («Affitto un bivani di circa 35 mq in centro per 1.150 euro»), Erminio Quartiani (Pd) da Lodi («Appartamento ammobiliato di 50 mq. nel quartiere San Saba a 1.281 euro più spese condominiali» e il pavese Carlo Nola (Pdl): «Monolocale con servizi in centro: 36 mq, 1.300 euro al mese più spese». Stesso canone di Eugenio Minasso (Pdl), da Imperia, per i suoi 45 mq vicino alla Camera. A 1.400 sta Maino Marchi (Pd), da Reggio Emilia, e a 1.500 due nomi noti: il giornalista Pdl Giancarlo Mazzuca («Monolocale con servizi di 35 mq vicino al Senato») e l’ex segretario Cisl Savino Pezzotta, Udc, che quando scende dalla sua Bergamo sta in un due stanze di zona Trevi.

Enzo Raisi (Pdl), da Bologna): «Affitto 80 mq con regolare contratto vicino alla Camera per 1.515 euro mensili». Donella Mattesini (Pd), da Arezzo: «Sto in 50 mq. in via dell’Orso, tra la Camera e piazza Navona, e pago 1.600 euro, spese comprese». Walter Verini (Pd): «Vivo in una abitazione per la quale pago a un privato 1.622 euro. Sono 100 mq, al secondo piano nel quartiere Trieste». Sandro Biasotti (Pdl), già governatore della Liguria, vive in un appartamento di 42 mq in centro per 1.700 più spese. Luigi Nicolais (Pd) paga 2.037 euro. Andrea Sarubbi (Pd): «Affitto una casa di 135 mq in zona villa Pamphilj per 2.050 euro al mese. Ho anche una casa di proprietà a Garbatella che do in locazione a 1.300 euro mensili». Fabio Porta (Pd), eletto nella circoscrizione America Latina: «Vivo con la famiglia per 2.300 euro in 90 mq nel quartiere Africano». E Benedetto Della Vedova (Pdl): «In affitto da un privato a 2.500 mensili, zona Monti».

Infine la romana Barbara Mannucci, 28 anni, Pdl): «Vivo con i miei genitori in una casa sullla quale c’è un mutuo 25ennale preso da mio padre. Pago una rata di 1190 euro al mese». Il mutuo, ora che può, lo paga lei. Il contrario di una «bambocciona».

Mauro Suttora

Thursday, April 08, 2010

Rutelli andrà con Berlusconi?

Dopo il flop della sua Api potrebbe finire in braccio al premier

di Mauro Suttora

Libero, 8 aprile 2010

«Ah Berlusco’... Perché ce l’hai co’ mme? Io sto a lavora’ pe’ te! Ricordati deji amici! Di chi t’ha voluto bene!» Così Francesco Rutelli implorava Silvio Berlusconi nove anni fa, nell’indimenticabile satira di Corrado Guzzanti all’Ottavo Nano. L’avversario del Cavaliere alle politiche 2001, mandato allo sbaraglio in elezioni già perse, sembrava intento più a ingraziarselo che a combatterlo.

Oggi quella che sembrava soltanto una fantasia comica sta per diventare realtà: Rutelli finirà con Berlusconi. La sua Api (Alleanza per l’Italia), fondata pochi mesi fa, ha infatti ottenuto risultati deludenti al voto del 28 marzo. È riuscita a presentarsi in sole quattro regioni, raccattando il due per cento in Calabria e nelle Marche, il tre in Campania e il quattro in Basilicata, grazie a qualche capataz locale.
È vero, ha trionfato a San Nicola da Crisse (Vibo Valentia) con il 42%, e a Marcianise (Caserta) con il 23. Ma forse di queste percentuali c’è più da preoccuparsi che da rallegrarsi. In tutto il nord Api continua a voler dire solo Associazione piccole imprese. E nel resto d’Italia è una catena di pompe di benzina.

Così fra poco Rutelli compirà l’ottavo giro di valzer della sua carriera politica. Ricapitoliamo. Per quasi vent’anni radicale. Poi è cominciato il pellegrinaggio: verdi, Centocittà (movimento sindaci), Asinello con Prodi e Di Pietro, Margherita, Pd. Infine l’Api: doveva essere la grande scissione a destra del Pd, e invece quasi nessuno dei suoi lo ha seguito. Gentiloni, Realacci, Zanda e Giachetti sono rimasti con gli ex comunisti; Carra, Lusetti e la Binetti si sono rifugiati nell’Udc.

Ora mancano tre anni al prossimo contatto con la realtà (le elezioni), momento sempre più spiacevole per il bel Francesco. Quindi c’è tutto il tempo per «riposizionarsi» senza dare troppo nell’occhio. In fondo, se l’ex capo di uno schieramento passa dalla parte opposta, sarebbe come se Bush diventasse democratico, o Berlusconi socialista. Uno scandalo. Ma per Rutelli nulla è impossibile.

Ha già cominciato Francesco Carducci Artenisio, 47 anni, fedelissimo del Piacione quand’era sindaco di Roma: si è fatto eleggere consigliere regionale del Lazio nel listino personale di Renata Polverini. La quale potrebbe nominarlo assessore alla Cultura, così come Rutelli quand’era ministro dei Beni culturali lo fece amministratore delegato della società Cinecittà Holding (gran posto di potere nel superassistito cinema italiano).

Entro la fine dell’anno Pierferdinando Casini dovrebbe sciogliere la sua Udc e far nascere un non meglio precisato Pdn (Partito della nazione). Tramontato il sogno centrista di un rapido tramonto di Berlusconi, è svanito anche l’asse Casini-Fini-Montezemolo su cui Rutelli puntava. Non gli resta che accomodarsi nella «nuova» formazione centrista, contrattando buone posizioni per se e i pezzi di classe politica in cerca di ricollocazione che si porta appresso.

A quel punto, se Berlusconi com’è del tutto probabile nel 2011 sarà ancora saldamente al potere, attraverso Carducci le doti rabdomantiche di Rutelli potrebbero spingersi fino al Pdl. Come? L’ex compagno di lotte di Emma Bonino si farà portare fra le braccia del Cavaliere da colei che l’ha sconfitta: la Polverini. Per lo meno questo è il disegno della neogovernatrice del Lazio, secondo un articolo pubblicato ieri dal quotidiano Italia Oggi. Fantascienza? Figuriamoci: l’anno prossimo l’Italia festeggia i 150 anni. Ma il trasformismo dei suoi politici, dal «connubio» di Cavour a Depretis, ha più o meno la stessa età.

Wednesday, February 18, 2009

Chantal Sciuto

Lady Frattini lasciata dal ministro degli Esteri

Oggi, 11 febbraio 2009

di Mauro Suttora

Che sfortuna essere nata il 4 novembre. Aveva organizzato da mesi la propria festa di compleanno, Chantal Sciuto. La sera più importante della sua vita: perché compiva 40 anni, cifra tonda, e perché da sei mesi era la fidanzata (prima segreta, poi ufficiale con tanto di comunicato a mezzo stampa) del ministro degli Esteri Franco Frattini. Peccato non si fosse accorta che era anche la data delle elezioni presidenziali Usa, avvenimento storico per la probabile vittoria di Barack Obama.

Così quella sera il capo della diplomazia italiana, invece di presenziare a uno dei party d’alto livello programmati a Roma, o di prepararsi a commentare l’evento in uno studio tv, ha dovuto partecipare alla festa della bella dermatologa. Lei, come da copione, gli ha presentato i genitori arrivati apposta dalla Sicilia. Lui, dopo averle regalato un anello, si è persino fatto fotografare per un giornale a cui lei aveva assicurato l’esclusiva e gli è toccato sorridere a molti amici di lei, tra cui personaggi della «Roma godona» fra spettacolo e tv, come attricette e tronisti, gente lontanissima dall’aplomb della diplomazia. Ma è riuscito a eclissarsi quasi subito, prima di mezzanotte.

«Lo soffocava», sibila un ambasciatore che lavora nel bianco palazzo della Farnesina, già lambito dagli scandali rosa tre anni fa per gli appuntamenti galanti di Salvo Sottile, addetto stampa dell’allora ministro Gianfranco Fini.

In effetti, i caratteri di Chantal (soprannominata Chantal n°5 dagli amici) e dell’algido Franco sono agli antipodi. Ma in amore gli opposti si attraggono, e Frattini sembrava aver perso la testa per la dottoressa dei vip. Tanto da portarla con sé all’austero convegno Ambrosetti di Cernobbio, al vertice Ue di Avignone, e perfino all’Assemblea generale dell’Onu a New York.

Il modello della Sciuto era Carla Bruni Sarkozy. Dimenticando però che l’ex top model, prima di conquistare il presidente francese, esibiva già un carniere pieno di conquiste importanti: da Donald Trump a Mick Jagger, da Eric Clapton al genero filosofo di Bernard-Henri Lévy.

Chantal invece, Venere in miniatura dagli occhioni smeraldo, movenze da gatta e vocina sexy, prima di Frattini vantava un fidanzamento con Paolo Calissano, l’attore finito nei guai per cocaina e la morte di una ragazza nella sua casa di Genova, e amicizie con il conduttore Michele Cucuzza e gli attori Enrico Mutti e Antonio Cupo. I suoi amori però non arrivano mai all’happy end. Avrà un caratterino difficile? Cucuzza ha sempre smentito il flirt ed è rimasto in buoni rapporti con lei.

Con Calissano invece fu gelo totale, anche perché Chantal confessò (con quella sincerità disarmante che l’ha portata ad annunciare via comunicato stampa il fidanzamento con Frattini) di essere rimasta incinta di lui, ma di avere abortito spontaneamente. Calissano motivò la propria discesa nella droga anche per quell’episodio. Poi però l’attore ha precisato: «Chantal è fantastica, una persona speciale. Una delle donne più solari, dinamiche e intelligenti che abbia mai conosciuto. Forse non avevo capito la fortuna che mi era capitata».

Neanche Frattini l’ha capita, e l’ha scaricata da un giorno all’altro («Senza preavviso, fino a una settimana prima tutto sembrava filare per il meglio», dicono gli amici di lei) e, si dice, con un sms. Frattini ha addirittura scomodato l’ufficio stampa del ministero per smentire, ma una conoscente sussurra: «Sms? No, molto peggio».

Oddio, e che c’è di peggio di un messaggino per dire addio? In che modo è stata tradita l’eleganza dei modi che anche gli avversari politici riconoscono a Frattini? Nessuno sembra saperlo con certezza, anche perché Chantal, distrutta, per la prima volta in vita sua si è rifugiata nel silenzio. Ha lavorato un po’ al Villa Borghese Institute, la clinica della bellezza dei proprietari delle acque Rocchetta e Uliveto dove esercita come dermatologa. Poi è scomparsa qualche giorno.

Niente più aperitivi in piazza San Lorenzo in Lucina con l’amico Sandro Rubini, arrampicata sulle sue scarpe preferite (Caovilla tacco 12). Niente più vita sociale instancabile, dai 40 anni dell’amica del cuore Ramona Badescu alle prime con Nancy Dell’Olio (ex dell’allenatore Eriksson), fino alle feste dello sceicco arabo Rashid Al Habtoor (ex di Manuela Arcuri e Naomi Campbell).

DOMINATRICE SADOMASO

In questi giorni nel generone romano non si parla d’altro. Alcuni dicono che Chantal non andasse d’accordo con la figlia diciottenne di Frattini: il padre aveva cercato di farle diventare amiche, le portava a pranzo insieme la domenica. Altri parlano di presa coscienza di una insuperabile incompatibilità di carattere.

Forse la verità è da ricercare nella smania di apparire di Chantal. Dava interviste corredate da foto da dominatrice sadomaso con frustino da cavallerizza in pugno, si faceva paparazzare assieme a lui con perizoma in bella vista, andava in Tv a farsi pubblicità («Conflitto d’interessi», ha tuonato il deputato del Pd Roberto Giachetti). Forse un po’ troppo per l’austero Frattini, soprannominato «frigorifero».
Mauro Suttora

Monday, January 26, 2009

Mercedes Bresso, Eugenia Roccella

Tutti gli ex radicali delle sponde opposte

di Mauro Suttora

Libero, sabato 24 gennaio 2009

E pensare che si chiama come la Madonna. Mercedes Bresso, 64 anni, la governatrice del Piemonte che sul caso di Eluana Englaro ha dato dell’«ayatollah» all’arcivescovo di Torino, deve il proprio nome alla mamma, devota della chiesa Vergine della Mercede a Sanremo.

Diventata leader dei laici italiani, la Bresso è coerente con le proprie origini anticlericali. Infatti, prima che il Pci la eleggesse nel 1985 consigliere regionale piemontese, era dirigente radicale. Fece parte della segreteria nazionale nel ’75, anno caldo delle lotte sull’aborto, quando Emma Bonino finì in carcere.

Curiosamente, quello stesso posto di dirigente del partito di Marco Pannella lo occupò nell’81 (anno del doppio referendum sull’aborto) pure Eugenia Roccella, oggi sottosegretario al welfare e vicinissima al Vaticano, ma allora accesa femminista. Segretario radicale era in quegli anni un 27enne Francesco Rutelli, anch’egli irriconoscibile rispetto a oggi.

Ex pannelliani, insomma, occupano posti opposti in palcoscenico nella disputa sul diritto alla vita. Ma la diaspora radicale coinvolge molti altri nomi noti della politica italiana, alcuni dei quali sorprendenti.

Giorgio Stracquadanio, per esempio. Il 49enne ghost writer e spin doctor di Silvio nonché consigliere di Maria Stella Gelmini potrebbe passare da deputato a sottosegretario alla presidenza del Consiglio se il portavoce Paolo Bonaiuti fosse promosso viceministro. A Milano Stracquadanio era attivo radicale negli anni ’80, e portaborse dell’allora antiproibizionista Tiziana Maiolo assessore comunale nel ’90.

Anche l’ex presidente del Senato Marcello Pera può essere catalogato come ex radicale (dal ’92 al ’94), così come il ministro Elio Vito (portaborse del consigliere comunale Pannella a Napoli negli anni ’80, poi deputato) e il vicepresidente dei senatori Pdl Gaetano Quagliariello (vicesegretario nell’81 con Rutelli).

Fra i deputati c’è il rutelliano Roberto Giachetti, mentre nel centrodestra spiccano Benedetto Della Vedova e Giuseppe Calderisi (autore del progetto di nuova legge elettorale per le imminenti europee). Fuori dal Parlamento ma vicino al cuore di Silvio sta Daniele Capezzone, segretario radicale fino a due anni fa e ora portavoce di Forza Italia.

Stefano Rodotà lasciò i radicali per il Pci nel ’79 perché Pannella non gli garantì l'elezione. In quegli stessi anni scalpitava fra i radicali salernitani Alfonso Pecoraro Scanio.

Sono stati candidati della Rosa nel pugno Gianni Vattimo, Barbara Alberti, Fernanda Pivano, Luca Boneschi (oggi avvocato dei giornalisti milanesi), Giorgio Albertazzi, Salvatore Samperi, Tinto Brass, Riccardo Chiaberge (direttore del supplemento domenicale del Sole 24 Ore), Massimo Alberizzi (inviato "africano" del Corsera) e il costituzionalista Michele Ainis.

Gli editorialisti Angelo Panebianco (Corsera), Massimo Teodori (Giornale) e Piero Ignazi (Sole ed Espresso) sono ex radicali. Perfino Eugenio Scalfari è stato vicesegretario nazionale del Pr prima di Pannella e consigliere comunale a Milano nel '60 (quando l’attore Arnoldo Foà fu eletto a Roma).

Ma lista dei giornalisti politici ex radicali è sterminata: Lino Jannuzzi (direttore di Radio radicale fino all’81), Paolo Liguori, il notista politico del Tg1 Bruno Luverà, Marco Taradash (inventore delle rassegne stampa radiofoniche), Daniele Bellasio e Christian Rocca del Foglio, Laura Cesaretti (Giornale e Velino), Vittorio Pezzuto (ex segretario nazionale dei club Pannella negli anni ’90, oggi portavoce di Renato Brunetta), Stefano Andreani (cronista parlamentare di Radio radicale, poi potente capo di gabinetto di Andreotti nell'era Caf, ora dirigente Invitalia – la ex agenzia Sviluppo), Roberto Iezzi (ufficio stampa Camera).

Carlo Romeo, oggi capo del "segretariato sociale" Rai, è stato fino al ’95 direttore del mitico tg radicale di Teleroma 56, da cui passarono Mauro Mazza, Michele Plastino, Gianni Cerqueti, Giancarlo Dotto, Fabio Caressa, Paola Rivetta... Infine Iuri Maria Prado, commentatore di Libero: pure lui pannelliano fino al 2006, quando i radicali (ri)svoltarono a sinistra.

Mauro Suttora